Questo libro racconta il passaggio da un «finimondo» all’altro. Dall’orrenda conclusione della seconda guerra mondiale, con la morte violenta e quasi simultanea di Hitler e Mussolini, all’inatteso sconvolgimento dell’ordine mondiale per opera di Donald Trump. Mai dal 1945 l’Europa si è sentita così intrappolata dalla fine dell’atlantismo, decisa per decreto dal presidente americano, e dalla crescente aggressività russa in Ucraina e nell’Europa dell’Est, nella sostanziale indifferenza degli Stati Uniti. Esercitando con brutalità la supremazia economica, diplomatica e militare, Trump è riuscito a imporre una tregua a Gaza dopo due anni di massacri compiuti da Israele in risposta all’orribile strage del 7 ottobre 2023 per mano dei terroristi di Hamas. Tutto ciò ha avuto inevitabili ricadute sulla politica italiana. Giorgia Meloni ha festeggiato il terzo anno di governo (il terzo più longevo della nostra Repubblica) mantenendosi ancorata alla tradizione europeista, pur facendo da interlocutrice privilegiata nei rapporti con Trump. I suoi crescenti consensi garantiscono all’esecutivo una stabilità curiosamente unica in Europa, visto che i suoi due partner principali, Antonio Tajani e Matteo Salvini, che qui raccontano le loro diverse strategie, nonostante le forti differenze di vedute in campo internazionale non sfiorano mai il punto di rottura. Meloni confida a Bruno Vespa retroscena familiari legati alla lunga permanenza a palazzo Chigi, i frequentissimi incontri con Trump, i contrasti con Elly Schlein, la battaglia per il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati, vero punto di partenza della campagna elettorale per le elezioni del 2027. E Guido Crosetto gli spiega perché la sconfitta dell’Ucraina porterebbe l’Europa virtualmente in guerra con la Russia. Con Schlein, molto critica sull’attuale governo, Vespa riflette sulla progressiva radicalizzazione del Pd, contestata dalla minoranza riformista interna, e con Giuseppe Conte su un Campo che sarà «largo» soltanto dopo un’intesa all’immediata vigilia delle elezioni politiche. Nell’ampia parte storica del libro, si racconta la drammatica inversione dei rapporti tra Hitler e Mussolini a partire dal 1938, quando con il «patto d’acciaio» il Duce si mise totalmente nelle mani del Führer, seguendolo nella rovinosa campagna di Russia. Fino ai suoi ultimi giorni di vita, tradito dai tedeschi che lo consegnarono ai partigiani di Dongo. Pagine intense sono dedicate ai rapporti dei due dittatori con le loro amanti, Eva Braun e Claretta Petacci, fatti di insospettabili tenerezze e acute gelosie, in un tragico crescendo culminato nella decisione comune di morire accanto ai loro uomini.
Negli anni del suo apprendistato letterario Simenon sfornava a un ritmo forsennato romanzi popolari, molti dei quali ambientati in luoghi esotici a lui del tutto ignoti, con il solo aiuto di un mappamondo e di un'enciclopedia. Il mondo che creava era bello, perché, dichiarerà in seguito, era "artificiale". Un giorno, però, gli viene voglia di vedere com'è fatto davvero, il mondo. Cominciando dall'Africa. Si imbarca quindi, insieme all'inseparabile Tigy, per Il Cairo, da dove raggiunge Assuan; da lì sorvolerà il Sudan, per poi discendere il Congo fino a Kinshasa, e sulla via del ritorno fare scalo a Port-Gentil, Libreville e Conakry. Solo dopo essere rientrato in Francia ricaverà da questo lungo viaggio i reportage qui raccolti nei quali non solo non indulge all'esotismo, ma soprattutto assume un tono di denuncia che a molti, all'epoca, farà storcere il naso. "L'Africa ci manda al diavolo" scrive Simenon "e fa bene!". Quello che ha visto non gli è piaciuto affatto anzi, il più delle volte lo ha profondamente disgustato. Certo, alcuni degli aneddoti che racconta con la verve che gli conosciamo, lo hanno stupito, a momenti anche divertito; e, con quella voracità impudica che è nella sua natura, non ha perso occasione di scattare fotografie (più di settecento). Tuttavia non nasconde in alcun modo il fondo più torbido e atroce della realtà coloniale; né il disprezzo che i bianchi nutrono nei confronti dei neri, né lo sfruttamento e la violenza di cui questi sono vittime né tantomeno il sordido abbrutimento dei coloni stessi, che Simenon descriverà, a caldo, in quel formidabile romanzo che è "Colpo di luna".
Un «cuore capace di ascoltare»: la religione al tempo della società accelerata Stato e Chiesa: un'alleanza che serve e fa bene a tutti, oggi più che mai A che serve la religione nella società del nostro tempo? È solo un anacronismo? O una sorta di superstizione da vivere in privato ma di cui non discutere in pubblico? Ma cosa accadrebbe alla democrazia se la «risonanza» della religione dovesse svanire del tutto? Una domanda fondamentale, a cui questo piccolo libro risponde inducendoci a ripensare alla religione e alla sua funzione nelle democrazie contemporanee. Hartmut Rosa rileva che essa favorisce una cultura del dialogo, dell'ascolto e della riflessione, consentendoci così di creare legami con gli altri e di sperimentare il nostro mondo così denso di significato. Questo aiuta i cittadini a coltivare una sensibilità democratica che può fare da àncora in tempi instabili. Con la finezza di sguardo che gli è propria, l'autore s'arrischia a riflettere su cosa accadrebbe se il secolare patrimonio di saggezza distillato nella religione andasse dissolto nella temperie ultramoderna.
Il genere è una delle principali determinanti sociali della salute e, da solo o in relazione con altri fattori, è in grado di condizionare molte delle esperienze vissute dalle persone nei vari contesti. La psicologia sociale ha indagato in profondità questa influenza, fornendo conoscenze cruciali sui processi sottostanti a tale legame, sulle conseguenze che può determinare e sulle strategie che possono essere adottate affinché il genere non incida negativamente sul benessere fisico e psicosociale delle persone. In questo volume gli autori offrono una visione articolata e aggiornata degli effetti della dimensione di genere sui processi di salute, accompagnando alle riflessioni teoriche delle indicazioni più applicativo-operative. Pertanto, oltre a essere un valido strumento per le persone laureate in psicologia, il testo può essere apprezzato da chiunque voglia approfondire gli effetti delle discriminazioni nei diversi contesti che viviamo quotidianamente, dalla sanità ai luoghi di lavoro, fino alle relazioni intime.
Il mestiere di vivere oggi appare sempre più faticoso. Avvertiamo la mancanza di istruzioni, anche elementari, che abilitino alle esperienze umane fondamentali: il rapporto tra uomo e donna, la generazione e l’educazione dei figli, l’attraversamento delle età della vita. Un tempo, neanche tanto lontano, queste competenze venivano spontaneamente assimilate a partire da un costume diffuso, che plasmava mentalità, decisioni e comportamenti. Oggi invece ci muoviamo incerti in un paesaggio precario. Sullo sfondo di questa radicale trasformazione culturale si collocano le pagine di Giuseppe Angelini, che hanno l’ambizione di proporre alcune ‘istruzioni’ essenziali a proposito del matrimonio cristiano. Indicazioni che non suonano astratte, come spesso accade alla parola ecclesiastica, ma convincenti perché radicate nell’ascolto dell’esperienza effettiva della vita di coppia, con i suoi entusiasmi, gli slanci e le aspettative, ma anche con le sue fatiche, le delusioni e le fragilità.
Nel mondo dello spirito non ci sono frontiere. Un mistico di oggi può sentire un mistico di qualsiasi passato, sia della propria tradizione che di un’altra, come un vero fratello. Questa conclusione, tanto semplice quanto universale, è raggiunta da Pablo D'Ors nella sua versione, in chiave contemporanea, dei "Racconti di un pellegrino russo", un classico del cristianesimo ortodosso e della letteratura devozionale. A fianco si sviluppa la sua proposta spirituale, una riflessione sulla devozione che il sacerdote madrileno divide in due sezioni: poetica e mistica. Due strade che incrociano meditazione e devozione, perché in fondo «come può un cristiano meditare senza riscaldare il cuore?».
Un piccolo libro che contiene una grande verità: abitati dalla malinconia, dal sentimento di un destino incombente, pensiamo alla nostra vita come a una corsa che dalla nascita ci porta verso la fine, ci sentiamo come crepuscoli che preparano il buio; e invece siamo semi, piccoli e magnifici inizi di vita. Siamo semi invece di crepuscoli. Prima uscita della collana «Soul», che intende raccogliere alcuni significativi interventi tenuti durante le varie edizioni dell’omonimo festival milanese di spiritualità, questo libro non rinuncia a riconoscere le difficoltà che affliggono la nostra vita, ma ci ricorda che, partendo dalle cose più piccole, dagli incontri più semplici, possiamo accorgerci che ogni giorno riceviamo semi e opportunità. Possiamo vederci come terra buona in cui, in silenzio e umilmente, nasce la vita.
Questo lavoro di Giancarlo Toloni è nuovo non soltanto per affrontare nei suoi aspetti linguistici, letterari, ecclesiali e storici un argomento solitamente preso in esame da angolature circoscritte, ma per tentare di ricostruire la storia contrastata della Bibbia in italiano nel quadro più generale di una storia europea, alla quale la cultura italiana ha concorso in modi e termini specifici. La Bibbia giunta a noi ha attraversato epoche e stagioni non tutte gloriose, combattuta o favorita da istituzioni e uomini spesso tra loro in dissidio, sempre sulla spinta di grandi passioni. Elemento di novità non ultimo sono due capitoli dedicati l’uno alla Bibbia in lingua italiana in Svizzera, l’altro alla Bibbia degli ebrei italiani, dal giudeo-italiano al toscano all’italiano dei giorni nostri. Un’opera imponente, arricchita di nutriti indici di nomi, luoghi, edizioni, temi e motivi, lingue e fonti.
Una secolare tradizione iconografica e una vasta letteratura si sono diffusamente interrogate sulla sequenza centrale del processo a Gesù: il «faccia a faccia» con Ponzio Pilato e con le istituzioni degli occupanti romani, le sole tenute a eseguire la sentenza. Pressoché sconosciuta, invece, è la sequenza precedente, cioè la disputa tra farisei e sadducei intorno all’identità di Cristo come Messia. Una sequenza che ora Israel Knohl restituisce in modo magistrale, seguendo in un percorso inedito lo sviluppo millenario di due correnti contrapposte del pensiero biblico, messianica e antimessianica, che collidono drammaticamente nel processo a Gesù. Portatori di una visione «popolare», i farisei credono alla venuta di una «figura eccelsa» in grado di restaurare «la grandezza della Casa di Davide», e pur non riconoscendo in Gesù quella figura, abbracciano la posizione filomessianica. All’opposto, è l’idea stessa di messianismo a risultare blasfema per i sadducei, che ne rigettano le ragioni ultime, dalla resurrezione dei morti ai concetti di premio e castigo. Alfa e omega di questa radicalità dottrinaria, la distanza incolmabile tra il divino e l’umano, a sua volta riconducibile a un’interpretazione severa della Torah. Nel rimarcare come il giudizio su Gesù spettasse proprio ai sadducei - egemoni nel Sinedrio -, Knohl smantella con la sua avvincente narrazione una serie di stereotipi e pregiudizi consolidati: dimostra come le radici teologiche del processo a Gesù siano da ricercarsi in un conflitto interno al giudaismo, non tra giudaismo e (proto)cristianesimo; e come le responsabilità della sua morte non si possano in alcun modo ascrivere al «popolo ebraico nel suo complesso» (Concilio Vaticano II), come vuole l’adagio «deicida» a lungo impresso quale marchio indelebile su un’intera comunità.
Dieci avventure esemplari, capitate post mortem a uomini e donne che nei secoli hanno goduto di fama mondiale. Personaggi illustri della storia e dell’arte, della letteratura e della scienza, pontefici, santi, statisti, rivoluzionari, filosofi che durante la loro vita erano stati forse padroni del proprio destino (e del destino di molti altri), fino al fatale momento in cui, nel tempo di un respiro, hanno perso per sempre il potere di incidere sul mondo. Sia detto con più coraggio e onestà: sono morti. Ma poiché, come si legge in esergo a questo libro, fortunatamente «a morire sono sempre gli altri» (Duchamp), è proprio a partire da questa inevitabile piega del destino che Roberto Alajmo e Marco Carapezza si sono divertiti a raccontare con arguzia e intelligenza le vicissitudini postume di donne e uomini straordinari, le strade imprevedibili che hanno imboccato i loro resti terreni, le avventure spesso grottesche delle loro spoglie mortali. «È del corpo», scrivono gli autori nel preludio a questo libro, «che bisognerebbe preoccuparsi quando viene a mancare il suo legittimo proprietario. Sul destino di alcuni cadaveri eccellenti, infatti, si apre un sipario imprevedibile, oltre il quale agiscono amore, fanatismo, anelito d’eternità, scaramanzia e molti altri fattori, secondo una ricetta variabile capace di trasformare in commedia anche la più fosca delle tragedie». E così potremo seguire l’odissea, degna di una spy story, dei resti di Evita Perón, o la storia paradossale delle due teste di Cartesio, o ancora i tre funerali e mezzo di Pirandello e la sovietica manutenzione della mummia di Lenin. Fino all’incredibile macabro processo al cadavere di un papa dissepolto per l’occasione. Questo libretto divagante e originale racconta in fondo come il culto delle reliquie, nato col cristianesimo, ha resistito alla modernità più razionalista per arrivare ai giorni nostri, trasformandosi però in una sorta di accanimento, una forma di inconscia vendetta della mediocrità sulla grandezza, in una miscela inestricabile di ammirazione, feticismo e invidia.
Prima di tutto ascoltare, perché il coraggio viene dall’ascolto. Poi, avere come bussola l’amare poiché amore e unità sono le due dimensioni della missione affidata da Gesù a Pietro, il primo papa. Con questi e molti altri insegnamenti, che Leone XIV attinge dal faro spirituale del suo Ordine, Agostino di Ippona, si apre il pontificato di uno dei papi più imprevisti della storia della Chiesa: uomo riflessivo e pieno di spirito di servizio, religioso agostiniano convocato dal Perù a Roma per volere di Bergoglio, Robert Francis Prevost non si aspettava di essere chiamato a guidare la cristianità, eppure ha trovato da subito le parole più giuste per trasmettere a tutti speranza, spirito di dialogo e impegno universale. In queste pagine sono condensati i punti principali che hanno segnato l’avvio del cammino pastorale di Leone XIV. Discorsi, messaggi e omelie si alternano a citazioni tratte dalle opere del maestro Agostino, ma anche alle parole dei due papi precedenti, in una continuità d’ispirazione ricca di spunti originali: dalla centralità dell’amore all’appello per una pace disarmata e disarmante, dalla visione del futuro all’attenzione ai giovani, fino ad arrivare alle sfide vecchie e nuove che la Chiesa, ma anche l’umanità tutta, si trova ad affrontare.