Manifesto che ha reso celebre in tutto il mondo don Milani e la scuola di Barbiana, "Lettera a una professoressa" ha lasciato segni profondi nella cultura e nella società, nonostante travisamenti e strumentalizzazioni. Frutto di una scrittura collettiva sostenuta da un imponente lavoro preparatorio e di cesello linguistico, questo libro-icona rivendica il diritto allo studio di fronte a una realtà scolastica che riproduceva ferocemente le diseguaglianze sociali. E ancora oggi rivolge alla classe docente il suo appassionato appello morale e civile, il rivoluzionario messaggio di un sacerdote convinto che un maestro amante del vero e del giusto può cambiare il mondo.
Dobbiamo riconoscere a don Lorenzo Milani un posto di giocoliere nella storia letteraria italiana? E’ quello che l'autore si domanda in questo commovente mosaico di manifestazioni laiche di fede cristiana, tessuto da don Milani, che si dipana da oltre 100 anni. Forse sì. Il suo gioco serissimo con le parole e la lingua ha risvegliato, divertito e commosso milioni di lettori. E il miracolo continua e cresce anche quando ci si accorge che la lingua che usa rientra nella vitalità rinnovata del vernacolo, la "lingua dei poveri" in coerenza col fatto che i poveri fanno la lingua e i ricchi le regole di grammatica. In tutto questo ci sono i segni della più alta nobiltà umana in fedeltà a un servizio agli ultimi, a una terra che non piaceva più a nessuno ma a cui migliaia si recano ogni anno a rubare il segreto per rinascere come paese e come popolo, e perché "chi ha ragione non invecchia".
Il catechismo storico di don Lorenzo Milani può essere considerato una della prime fatiche di don Lorenzo, quando nell'ottobre del 1947 arrivato a San Donato - Calenzano in provincia di Firenze gli fu affidato di tenere quelle che allora erano le 20 lezioni integrative nelle scuole elementari. Don Lorenzo dette subito alle sue lezioni un'impostazione biblica aiutandosi con la cartina della Palestina e con fotografie dei luoghi santi. Il testo appare, ancora oggi, tanto vivo e fu scritto tenendo conto del linguaggio dei ragazzi perché don Lorenzo lo fece insieme a loro. Il segreto di questo catechismo storico è l'ispirazione religiosa, c'è sotto un'esperienza spirituale autentica , c'è l'esigenza di ritrovare l'umanità di Gesù così come lui la incarnò.
Il volume indaga gli anni giovanili e la formazione di Lorenzo Milani. La ricostruzione della vita di Lorenzo prima della decisione di diventare sacerdote si appoggia principalmente su due fonti: le testimonianze scritte e orali di coloro che l'hanno conosciuto e frequentato, e il materiale archivistico e iconografico. Il libro ha un ricchissimo repertorio di immagini, tra cui spiccano (oltre alle fotografie della famiglia, degli amici, degli anni di scuola) i dipinti di Lorenzo, che aveva frequentato l'Accademia di Brera e voleva fare il pittore. Da ciò l'autore trae «riflessioni storico-artistiche e intuizioni interpretative volte a delineare la complessa formazione di un giovane benestante e geniale al quale il destino offrì ulteriori opportunità».
Perché un libro su don Lorenzo Milani? Che cosa aggiunge di nuovo questo testo? Sostanzialmente la testimonianza diretta di chi ha conosciuto il Priore di Barbiana da vicino. Landi, prete fiorentino, ha conosciuto don Milani quando era un giovane seminarista e con altri seminaristi si recava a Barbiana per incontrare di nascosto dai superiori questo prete "ribelle" ed "esiliato". Dando vita ai suoi ricordi personali, don Mario Landi ci presenta un Milani sì in conflitto con i vertici della Chiesa fiorentina del suo tempo e con alcuni preti, ma anche un don Milani alla ricerca di una «comunione ecclesiale, rude, ma vera» con il suo vescovo e con i suoi confratelli. Cosa che avverrà purtroppo solo dopo la sua morte, con un tardivo riconoscimento della sua opera, suggellata dalla visita di Papa Francesco a Barbiana il 20 giugno 2017. Dal libro emerge soprattutto come oggi la Chiesa abbia riconosciuto don Milani nella sua verità: un uomo che dopo venti anni vissuti «nelle tenebre dell'errore» a pensare solo a stesso, diventa prete e trova il senso della propria vita nel donarsi a Dio donandosi ai poveri. A chi in punto di morte gli ha rimproverato di aver amato i suoi ragazzi più di Dio e della Chiesa, don Lorenzo rispose: «Tutto al suo conto», cioè metto tutto sul conto di Dio, sarà Lui a giudicare.
La figura e gli scritti di don Lorenzo Milani hanno scosso in profondità le coscienze e diviso gli animi. Ma chi è stato davvero don Milani? A tale interrogativo ha voluto rispondere questo libro di Michele Gesualdi, uno dei primi sei "ragazzi" di Barbiana. Dando voce alle vive testimonianze di quanti lo hanno conosciuto direttamente, basandosi anche sulle sue lettere, alcune delle quali inedite, Gesualdi ricostruisce il percorso che ha portato don Milani all'"esilio" di Barbiana. La sua narrazione prende il via dagli anni del Seminario, ma si sofferma sul periodo in cui don Lorenzo è stato cappellano a San Donato di Calenzano, perché se Barbiana è stato il "capolavoro" di don Milani, Calenzano ne è stata l'officina. È però nel niente di Barbiana, di cui don Lorenzo diviene Priore nel 1954, che si compie il "miracolo" del Milani, quel niente che egli ha fatto fiorire e fruttificare, prendendosi cura degli esclusi e degli emarginati. Un libro straordinario e commovente in cui Gesualdi, che ha vissuto in casa con don Lorenzo tutto il periodo di Barbiana, apre il suo cuore e ci svela il vero volto di Milani: un prete, un maestro, un uomo, un "padre" che ha fatto del suo sacerdozio un dono ai poveri più poveri, attraverso la scuola. Prefazioni di Andrea Riccardi e Tomaso Montanari. Postfazione di don Luigi Ciotti.
Il libro raccoglie le testimonianze inedite di chi ha conosciuto personalmente don Lorenzo Milani. L'opera, edita dalla LEF come tutti i libri del sacerdote (Esperienze Pastorali, L'obbedienza non è più una virtù, Lettera a una professoressa, L'obbedienza nella chiesa), si sofferma sulla descrizione dei fatti realmente accaduti e sul modo di agire di don Lorenzo, gettando nuova luce sull'educatore e Priore di Barbiana a 100 anni dalla nascita. Si dà conto poi di esperienze che, fino ai giorni nostri, hanno cercato di trarre lezione dal grande sacerdote ed educatore, dando spazio anche alla voce di bambini e ragazzi. Prefazione di Eraldo Affinati.
Don Lorenzo Milani è stato una delle personalità più significative del dibattito culturale del secondo dopoguerra. Forte di una convinzione che nasceva da una matura e disincantata osservazione del contesto sociale nel quale gli operatori culturali dovevano agire, don Milani giunse a rivoluzionare completamente il ruolo dell'educatore, denunciando la natura classista dell'istituzione scolastica italiana, andando incontro concretamente alle esigenze dei ceti meno privilegiati. Queste lettere ben rappresentano le speranze e la tenace volontà di questo coraggioso innovatore oltre a essere uno straordinario documento di accesso alla figura "privata" di don Lorenzo Milani. Scritte ad amici, collaboratori ed avversari, esse delineano un disegno educativo che ha lasciato una traccia profonda e indiscutibile nella didattica e nella pedagogia moderna. Prefazione del Cardinale Matteo Maria Zuppi.
«È un qualsiasi meriggio d'estate, attorno al 1960. Una vecchia incisione, un giradischi a batteria ed il rinforzo della fisarmonica di Bruno, il sagrato della Chiesa diviene l'aperto teatro della lezione di musica. Attorno il silenzio dei boschi e, all'orizzonte, la dolce giogaia dei monti che delimitano il Mugello. Si "esegue" il Concerto Imperatore di Beethoven. Sulla partitura, trascritta sul grande rotolo, la canna del priore segnala le note. Ragazzi ed amici studiano come sempre la materia, questa volta cantata a pieni polmoni. Un miracolo della volontà e dell'intelligenza: una scuola aperta, se- vera, gioiosa». (Gian Carlo Melli)
Su don Lorenzo Milani è stato scritto molto. La sua figura, infatti, ha scosso in profondità le coscienze e diviso gli animi. Ma chi è stato davvero don Milani? A tale interrogativo vuole rispondere questo libro di Michele Gesualdi, uno dei primi sei "ragazzi- di Barbiana. Dando voce alle vive testimonianze di quanti lo hanno conosciuto direttamente, basandosi anche sulle sue lettere, alcune delle quali inedite, Gesualdi ricostruisce il percorso che ha portato don Milani all'"esilio- di Barbiana. La sua narrazione prende il via dagli anni del Seminario, ma si sofferma diffusamente e opportunamente sul periodo in cui don Lorenzo è stato cappellano a San Donato di Calenzano, perché se Barbiana è stato il "capolavoro" di don Milani, Calenzano ne è stata l'officina. È però nel niente di Barbiana, di cui don Lorenzo diviene Priore nel 1954, che si compie il "miracolo" del Milani, quel niente che egli ha fatto fiorire e fruttificare, prendendosi cura degli esclusi e degli emarginati. Un libro straordinario e commovente in cui Gesualdi, che ha vissuto in casa con don Lorenzo tutto il periodo di Barbiana, apre il suo cuore e ci svela il vero volto di don Milani: un prete, un maestro, un uomo, un "padre" che ha fatto del suo sacerdozio un dono ai poveri più poveri. «Michele Gesualdi ha incontrato davvero don Milani. Con questo libro ci offre il distillato della sua ricerca e della sua memoria.» (dalla Prefazione di Andrea Riccardi) «A emergere da queste pagine è un don Milani ben diverso da quello stilizzato - a volte stereotipato - di certi testi.» (dalla Postfazione di Don Luigi Ciotti)
Cosa c'entra la santità penitente di Francesco e il suo ruvido amore per madonna povertà, la santità violentata dalla Chiesa che don Milani porta con sé nel suo amore incendiario per la parola con papa Francesco, il cristiano che viene dal sud del mondo per dire che la forma del santo Evangelo non diventerà mai la forma della santa chiesa romana, ma può abitarne il centro? È questa la domanda che nasce e viene da queste pagine che Valdemaro Baldi scrive, ponendosi dal punto di vista di un non credente. Perché queste figure così diverse catturano l'interesse di chi vede non tanto un fare, ma un lasciarsi fare dal Vangelo, che diventa eloquente. Il Vangelo non è trasmissione di nozioni religiose o sapienziali e tantomeno di "valori": è "cosa" che agisce e la cui efficacia lega indissolubilmente tre dimensioni: la sua propria forza, la credibilità di chi parla e la condizione di chi ascolta. Il percorso dei temi trattati dai tre Personaggi invita a riflettere, ieri come oggi.
Don Lorenzo Milani non era tenero con i vescovi. Era un «obbediente scomodo» per il quale la virtù non consisteva nell'acquiescenza e neppure nella rassegnazione o nell'accettazione passiva. Era invece libertà di parola, correzione filiale, dissenso leale e aperto, nella caparbia volontà di rimanere dentro la Chiesa e vedersi riconoscere dai superiori. Nient’altro ha fatto soffrire tanto don Milani quanto l’indifferenza, il sospetto e l’ostilità che percepiva da parte della Curia fiorentina e in parte anche dal suo vescovo. D’altronde non era certamente semplice fare i conti con un carattere forte come quello di don Milani, dotato di un linguaggio tagliente e provocatorio e di una personalità allergica a ogni compromesso.
Sommario
Premessa. Il vescovo come uno scolaretto. Il vescovo giù dal piedistallo. Lo spazio, il tempo e le competenze del vescovo. Il rischio del vescovo ingannato.
Note sull'autore
Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, ha insegnato Teologia sistematica alla Facoltà teologica dell'Emilia Romagna dal 1989 al 2010. Dal 2009 al 2015 è stato parroco a Forlì e si è occupato, in particolare, di animazione vocazionale e giovanile e di formazione dei diaconi. Con EDB ha pubblicato di recente La tua Parola mi fa vivere (2017) e Il sale e la luce (2018).