Una lettura troppo spiritualizzata di Gesù e del Vangelo ci ha resi forse poco sensibili agli aspetti concreti della sua vita e del suo messaggio. Ma singolare è la quantità di situazioni nelle quali Gesù si preoccupa del cibo o invita a mangiare o partecipa a cene e banchetti. Gesù propone e vive il banchetto come l'immagine più alta del Regno di Dio, accetta inviti o si fa invitare ai banchetti e con i suoi insegnamenti ne rivoluziona le ritualità convenzionali. Di capitolo in capitolo gli autori ci conducono tra i banchetti vissuti o raccontati da Gesù nei Vangeli. Non si tratta di una semplice esegesi dei testi, ma di un'ermeneutica partecipe, disponibile a farsi interrogare dal testo e a porgli continue domande, rileggendolo nella nostra attualità. Il titolo Venite a mangiare con me prende spunto dall'ultima pagina del Vangelo di Giovanni che racconta del pasto di Gesù risorto con gli apostoli, all'alba, sulla riva del lago. Fu l'ultimo incontro con i suoi, quasi un sigillo della sua compagnia con gli uomini che nella convivialità trovava il suo simbolo più intenso. Quel momento di condivisione del cibo fu anche l'alba di un nuovo inizio per i discepoli. Così accade nella nostra esperienza, quando accogliamo, ascoltiamo, dialoghiamo nell'incontro: torniamo a essere umani.
La storia della gioventù cattolica durante i lunghi anni Sessanta è indispen- Maria Bocci sabile per capire la contestazione studentesca. All'origine della solidarietà generazionale e della sollevazione simultanea dei ragazzi del Sessantotto ci sono infatti tensioni ideali pregnanti e capaci di creare orizzonti comuni di senso, tanto più presenti nelle fasce della popolazione giovanile collegate al mondo cattolico. Questa è la storia di una delle avanguardie più notevoli del Sessantotto italiano, gli studenti dell'Università Cattolica. Il volume ne segue le prospettive ideologiche e le dinamiche di sviluppo tra anni Cinquanta e Sessanta, grazie a un notevole apparato di documenti editi e inediti che permette una ricostruzione puntuale e complessiva degli eventi, suggerendo chiavi interpretative utili per capire come e perché i ragazzi dell'ateneo del Sacro Cuore hanno anticipato i tempi e hanno fornito reparti avanzati che nel '68 si sono collocati in prima linea.
Igino Giordani (Tivoli, 24 settembre 1894 - Rocca di Papa, 18 aprile 1980), nato da famiglia artigiana, è figura rappresentativa della vita ecclesiale, culturale e politica dell’Italia del secolo XX. Combattente eroico della prima guerra mondiale, antifascista, pioniere della Democrazia cristiana con Sturzo e De Gasperi, sposato e padre di famiglia, amico di Paolo VI, la sua vita è stata innanzi tutto un intenso impegno ecclesiale, esplicato da giornalista, scrittore, testimone, incidendo in ambienti culturali italiani ed esteri. Lo storico francese della Chiesa, Daniel- Rops, lo paragonava a scrittori francesi quali L. Bloy e C. Péguy. Nonché al grande europeo T. Moro. Nel settembre 1948, Giordani ricevette a Montecitorio Chiara Lubich, fondatrice del nascente movimento dei Focolari, a cui aderì subito, colpitone dalla spiritualità. Ne mise in luce aspetti interiori e sociali, fino a diventarne «cofondatore». Negli ultimi anni della sua vita, ne curò in particolare l’attività ecumenica. È una traduzione dal francese.
Gli autori
Jean-Marie Wallet, francese nato nel 1941, sposato, padre di tre figli e nonno di tre nipotini, è stato professore di Inglese all’Università di Angers. Ha organizzato e diretto vari programmi europei di collaborazione universitaria, in particolare con la Romania. Traduttore dall’inglese e dall’italiano in francese, collabora con Nouvelle Cité, editrice del movimento dei Focolari, a cui appartiene dagli anni Sessanta. Ha avuto modo di conoscere bene la personalità di Igino Giordani.
Tommaso Sorgi, già docente di sociologia, è stato deputato al Parlamento italiano dal 1953 al 1972. Autore di numerosi articoli e libri di sociologia politica e religiosa, è uno specialista di Igino Giordani, di cui è stato collaboratore quando venne creato il movimento «Umanità Nuova», espressione dei Focolari in campo sociale, culturale, economico e politico. Dal 1985 al 2010 ha diretto il Centro studi Igino Giordani in Italia.
Nel suo discorso alle Nazioni Unite del 4 ottobre 1965 San Paolo VI esortava: «Dobbiamo abituarci a pensare [...] in maniera nuova la convivenza dell'umanità, in maniera nuova le vie della storia e i destini del mondo. [...] È l'ora in cui [...] ripensare, cioè, alla nostra comune origine, alla nostra storia, al nostro destino comune». L'università non può sottrarsi al compito di "pensare in maniera nuova" alla politica internazionale: un pensiero che per essere generativo ha bisogno di incontrarsi - e forse anche di scontrarsi - con l'esperienza; di misurarsi non solo con gli esperti, ma anche con i testimoni. Le testimonianze, raccolte nel volume, di Monsignor Tomasi, Mariano Crociata (Vice Presidente della Commissione degli Episcopati dell'Unione Europea), e Fr. Olivier Poquillon (O.P., allora Segretario Generale della COMECE) ci hanno davvero fatto respirare questa possibilità, suscitando una riflessione più profonda e un rafforzato impegno per una buona convivenza fra "noi tutti" che formiamo la famiglia umana. Dall'introduzione al libro di Simona Beretta.
La buona novella non è il disco dell'abiura. Non è il disco in cui Fabrizio De André ripiega su sponde confessionali o, addirittura, metafisiche. La buona novella si offre all'ascolto piuttosto come album cruciale, che aggiorna il peace & love della cultura hippy alla protesta pre e post sessantottina. Per i suoi tratti contenutistici e formali l'album si staglia ancora come insuperato, assoluto, fulgido esempio di concept-album italiano. Il precoce testamento etico - e artistico - della discografia del grande cantautore genovese. Cinque canzoni-stazioni con dentro vicende e personaggi anteriori alla nascita di Gesù. E cinque gravitanti attorno al tema della sua morte. Spazio a figure "minori", ai derelitti taciuti dai vangeli ufficiali e qui caricati di valenze aggiunte che ripudiano l'agiografia tradizionale. Cinquant'anni dopo la pubblicazione di La buona novella, questo libro ne racconta l'attualità. Ragionandoci intorno, attraverso analisi dei testi, interviste e dichiarazioni dello stesso De André.
1965. Un uomo e una donna, dopo aver abbandonato nel parco di Villa Borghese la figlia di otto mesi, compiono un gesto estremo. 2021. Quella bambina abbandonata era Maria Grazia Calandrone. Decisa a scoprire la verità, torna nei luoghi in cui sua madre ha vissuto, sofferto, lavorato e amato. E indagando sul passato illumina di una luce nuova la sua vita. "Dove non mi hai portata" è un libro intimo eppure pubblico, profondamente emozionante e insieme lucidissimo. Attraversando lo specchio del tempo, racconta una scheggia di storia d'Italia e le vite interrotte delle donne. Ma è anche un'indagine sentimentale che non lascia scampo a nessuno, neppure a chi legge. Quando Lucia e Giuseppe arrivano a Roma è l'estate del 1965. Hanno con sé la figlia di otto mesi, sono innamorati, ma non riescono a liberarsi dall'inquietudine che prova chi è braccato. Perché Lucia è fuggita da un marito violento che era stata costretta a sposare e che la umiliava ogni giorno, e ha tentato di costruirsi una nuova vita proprio insieme a Giuseppe. Per la legge dell'epoca, però, la donna si è macchiata di gravi reati: relazione adulterina e abbandono del tetto coniugale. Prima di scivolare nelle acque del Tevere in circostanze misteriose, la coppia lascia la bambina su un prato di Villa Borghese, confidando nel fatto che qualcuno si prenderà cura di lei. Più di cinquant'anni dopo quella bambina, a sua volta diventata madre, si mette in viaggio per ricostruire quello che è davvero successo ai suoi genitori. Come una detective, Maria Grazia Calandrone ricostruisce la sequenza dei movimenti di Lucia e Giuseppe, enumera gli oggetti abbandonati dietro di loro, s'informa sul tempo che impiega un corpo per morire in acqua e sul funzionamento delle poste nel 1965, per capire quando e dove i suoi genitori abbiano spedito la lettera a «l'Unità» in cui spiegavano con poche parole il loro gesto. Dopo "Splendi come vita", in cui l'autrice affrontava il difficile rapporto con la madre adottiva, "Dove non mi hai portata" esplora un nodo se possibile ancora più intimo e complesso. Indagando la storia dei genitori grazie agli articoli di cronaca dell'epoca, Calandrone fa emergere il ritratto di un'Italia stanca di guerra ma non di regole coercitive. Un Paese che ha spinto una donna forte e vitale a sentirsi smarrita e senza vie di fuga. Fino a pagare con la vita la sua scelta d'amore.
Quando si perde un genitore, un compagno, un figlio, un lavoro, una sfida decisiva, quando si commette un errore, quando si va in pensione o ci si trasferisce, c'è sempre una mattina dopo. Un senso di vuoto, una vertigine. Che ci prende quando ci accorgiamo che qualcosa o qualcuno che avevamo da anni, e pensavamo avremmo avuto per sempre, improvvisamente non c'è più. Perché dopo una perdita o un cambiamento arriva sempre il momento in cui capiamo che la vita va avanti, sì, ma niente è più come prima, e noi non siamo più quelli di ieri. Un risveglio che è inevitabilmente un nuovo inizio. Una cesura dal passato, un da oggi in poi. A questo momento, delicato e cruciale, Mario Calabresi dedica il suo libro, partendo dal proprio vissuto personale e familiare, per poi aprirsi alle esperienze altrui. E racconta così prospettive e vite diverse, che hanno tutte in comune la lotta per ricominciare, a partire dalla mattina dopo. Storie di resilienza, di coraggio, di cambiamento, storie di persone che hanno trovato la forza di guardare oltre il dolore dell'oggi, per ricostruirsi un domani. Perché, realizza Calabresi, «il giorno dopo finisce quando i conti sono regolati, quando ti fai una ragione delle cose e puoi provare a guardare avanti, anche se quel davanti magari è molto diverso da quello che avevi immaginato».
La narrazione del Sé, specialmente nel rapporto con l'altro, costituisce un esercizio fondamentale nella tensione verso la comprensione della vita e del mistero, come risulta dallo studio dei testi mistici. Un percorso di scrittura che nel tempo ha visto un protagonismo femminile altrimenti inedito nella storia della letteratura. Attraverso un confronto fra i primi scritti autobiografici di Chiara Lubich e quelli di altre personalità significative del '900, come Etty Hillesum, Madeleine Delbrêl, Itala Mela, Giorgio La Pira e Divo Barsotti, emerge come il linguaggio mistico, inteso come lingua speciale dell'amore, apra il testo a sorprendenti possibilità di conoscenza, nonché di costruzione, della realtà. Un confronto che mette in evidenza anche le potenzialità e le caratteristiche proprie della scrittura femminile e maschile.
La Divina Comedia, Los novios, Las aventuras de Pinocho, Corazón y Don Camilo son los cinco clásicos que analiza el autor en esta obra y que ofrecerá al lector un mayor conocimiento de la literatura italiana. Italia, il bel paese, el país bello. Así la llama Dante en su Divina Comedia. La cultura de ese bello país se configura sobre su tradición clásica, su fe cristiana y su apertura a lo universal, que hará de Italia un puente entre culturas, de paso obligado también en nuestros días. Shakespeare y Cervantes sueñan con Italia, como Goethe, Dickens y tantos otros. El autor ofrece aquí una introducción a algunos clásicos de lectura indispensable (Divina Comedia, Los novios, Las aventuras de Pinocho, Corazón y Don Camilo), que ayudarán a entender mejor la inestimable contribución de il bel paese a la cultura universal.