"Ecco la grazia di prendere a cuore e in mano l'annuncio del Vangelo, senza rassegnazione o vittimismo".
Ci sono storie che vanno raccontate. Per senso della memoria, perché rappresentano un pezzo importante della nostra storia. Vanno narrate anche quando accadono a Casal di Principe o a Castel Volturno. È terra del clan dei casalesi che, in un capovolgimento semantico e culturale, ha scippato il nome ad una comunità. Ma questi sono luoghi in cui vivono soprattutto tante persone perbene. Domenico Noviello era una di queste. Uno degli “altri Casalesi”. Uno dei veri Casalesi.
In questo volume, Paolo Miggiano ne ripercorre l’impegno antiracket e la rettitudine morale, testimoniata oggi dai figli, che mostrano, con fragile fierezza, il loro dolore di sopravvissuti all’immane tragedia. L’altro Casalese è un libro sulla camorra e l’anticamorra, ma restituisce dignità narrativa a una persona che non si è chinata alle imposizioni dei clan. Quella di Domenico Noviello è una storia importante. Una storia non proprio troppo comune, ma che può ripetersi e accadere ovunque. La sua è la storia di un uomo che non voleva affatto diventare un eroe, ma essere solo un uomo normale. Noviello fu ucciso perché lasciato solo. Per la sua morte ci dobbiamo sentire tutti un po’ vittime, ma anche un po’ carnefici. Per questo la sua è una storia che dobbiamo conoscere.
Nura vive a Gerusalemme, in una casa dal grande cortile, con mamma, fratelli, nonno e... Abu Elias, uno zio scorbutico e solitario, dai grandi baffi ben curati che incutono soggezione: le ricordano le lettere arabe, quelle che fa tanta fatica a leggere e scrivere. Abu Elias è un famoso cantastorie. Nura si ferma spesso ad ascoltarlo, restando quasi ipnotizzata da quei grandi baffi che vanno su e giù, su e giù, seguendo i movimenti delle labbra... Una notte, la bambina viene svegliata da un lieve fruscio, accompagnato da una strana sensazione sul viso, come di... peli! Un grande Baffo è comparso nella sua stanza. È uno dei baffi di Abu Elias! Comincia un viaggio meraviglioso, nel cuore della notte, in volo sopra i tetti della sua amata e martoriata città. Un'avventura in compagnia di quel curioso ammasso di peli che sa leggerle nel pensiero (!) e che la porterà a non avere più paura dello zio, a riscoprire la bellezza della scrittura araba e, soprattutto, a far diventare realtà il suo più grande sogno: unire parole e musica per diventare la prima cantastorie di Gerusalemme. Età di lettura: da 7 anni.
Sono 150 anni che il Circolo di San Pietro risponde alla vocazione di essere "il braccio della carità del Papa", svolgendo attività di volontariato in ogni angolo di Roma: migliaia di pasti serviti, altrettanti pacchi viveri distribuiti dalle Cucine economiche; tanti pernottamenti nelle Case famiglia e negli asili notturni... In queste pagine l'attività del passato e del presente è percorsa con racconti in cui sono i protagonisti di ieri e di oggi a parlare e raccontarsi.
A ventinove anni Antonio Megalizzi, «il Mega» per gli amici, si batteva per unire le due grandi passioni della sua vita, l'Europa e il giornalismo, mettendo nel lavoro tutto il suo contagioso entusiasmo. Quel sogno si è spento il 14 dicembre 2018, pochi giorni dopo la strage di Strasburgo in cui Antonio era stato colpito dai proiettili di un estremista. Non si è spenta però la sua memoria di ragazzo vitale, un «trentino di sangue calabrese», dolce e ironico con passioni intense: la famiglia, l'amore per la «sua» Luana, ma anche la radio, i tanti progetti, la passione per la conoscenza e la scrittura. La sua era una forma sempre vivace di partecipazione: i suoi scritti erano pungenti e precisi e non si è mai tirato indietro quando si trattava di criticare i comportamenti scomposti dei nostri rappresentanti politici. A raccontarci la sua storia, a un anno dalla scomparsa, è Paolo Borrometi, come lui giovane giornalista animato da forte spirito civile, che raccoglie in questo libro gli scritti di Antonio e le testimonianze dei genitori, della sorella, della fidanzata e degli amici, per continuare a far vivere le sue passioni e l'esempio ideale di un giovane europeo. Una storia inedita che è anche un manifesto dell'impegno sociale e democratico al di là di ogni muro.
Da sempre l'umanità è abitata da un sogno, lo stesso di Dio: essere felice! Eppure, "l'idea" di Dio quasi mai è associata alla felicità, anche se Gesù, parlando di Dio molte volte la evoca: racconta di un Dio che ama i suoi figli e li ha creati perché siano felici. La felicità di donne e uomini è il motivo stesso della venuta del Figlio di Dio nel mondo. Perché allora non considerare i Vangeli come autentiche mappe per la caccia al tesoro della felicità? È proprio dai Vangeli, infatti, che i tredici capitoli di questo libro attingono le caratteristiche della felicità. La felicità è una scelta, è la pienezza di quella gioia di cui il cuore ha bisogno, non è solitaria, è contagiosa e mette in circolo energie in grado di cambiare il mondo. Dalla felicità dipende la qualità della vita. Siamo fatti per lui, ecco il segreto della felicità! Dio desidera la tua felicità perché... Dio è felicità!
Questo libro narra una storia d'amore. L'amore di un giovane per il suo lavoro di ?sioterapista, il suo amore per le persone che si trova a curare. Un amore straordinario che si riversa in quel contenitore che troppo spesso, e ingustamente, è dipinto di grigio e dentro cui si svolge la vita di anziani, disabili, malati. Un amore che genera allegria, condivisione, un affetto mai melenso, anzi schietto. Il protagonista del romanzo si innamora così tanto che con tenerezza ci accompagna a conoscere dei personaggi un po' speciali. Franco, Giovanni, Mario...
Immersi nell'acqua, rinasciamo a vita nuova. E Dio, in quel gesto, pone nel nostro cuore il seme della sua presenza.
Che bello innamorarsi! È una delle esperienze più entusiasmanti che la vita ci regali. Poteva Dio restarne fuori?
Mussolini mutò profondamente il volto di Roma, perché nella sua visione la città doveva trasformarsi nel centro politico e nel simbolo per eccellenza del potere imperiale. Vennero quindi ridisegnati gli assetti urbanistici della capitale e pianificata la sua monumentalizzazione in senso fascista: le tracce dell'antichità furono isolate, intere aree del centro storico vennero demolite e furono celebrati, attraverso la pietra, fasti e conquiste del regime. Attorno a lui si radunarono così uomini di cultura, archeologi e architetti e prese corpo un rinnovato e multiforme spazio pubblico in cui l'intento celebrativo ricopriva un ruolo talmente dominante che, ancora a settant'anni di distanza, Roma reca indelebili segni di quella che era.
Paolo Ricca traccia la storia della confessione dei peccati attraverso i secoli e riflette su come la si potrebbe riportare a semplice mezzo di comunicazione dell'evangelo alle persone tormentate dal rimorso nonché su come si potrebbe ripensare il culto cristiano in modo che sia il luogo della festa del perdono di Dio invece del luogo di un'eterna penitenza. «La "confessione dei peccati" occupa il primo posto nel culto pubblico di tutte le maggiori chiese cristiane: subito dopo l'invocazione della presenza di Dio, si passa infatti alla dichiarazione, sia personale sia collettiva, della propria colpa e all'invocazione della misericordia di Dio. Ma il sentimento di colpa è davvero il primo da provare, ed esprimere, in presenza di Dio? Non sarebbe più logico provare stupore, gioia, gratitudine? Il culto cristiano non potrebbe, e dovrebbe, cominciare in altro modo? Come lo si potrebbe ripensare in modo che sia il luogo della festa del perdono di Dio anziché il luogo di un'eterna penitenza?».