
A Reinhart Koselleck, uno dei grandi protagonisti della storiografia contemporanea, dobbiamo l'elaborazione di un ambizioso e influente modello di storia concettuale, fondato sulla convinzione che la dissoluzione del mondo antico e la nascita del mondo moderno abbiano lasciato tracce vistose nella storia dei termini e dei concetti politico-sociali. "Storia", "progresso", "sviluppo", "emancipazione", "crisi", "utopia": interrogando le trasformazioni, in termini sia di continuità sia di scarto, di questo lessico è possibile cogliere le complesse dinamiche che hanno caratterizzato il passaggio alla modernità. Non solo: le riflessioni di Koselleck si prestano anche ad un fertile confronto con le grandi sfide della contemporaneità, dalla crisi ecologica al tramonto delle tradizionali forme di associazione politica, al problematico rapporto tra memoria e identità.
"La Grande Guerra sul Carso. Vidi il fiume diventare arancione e poi rosso sempre più rosso. Provai a capire se il sangue era italiano o nostro e mi resi subito conto che il nostro si era mischiato con quello italiano e scorreva il dolore di due popoli. Mi girai verso il Carso e piansi lacrime rosse. Adesso s'incontrano i primi morti. Non c'è stato ancora tempo per sepperlirli. Son stesi al suolo, incollati alle posizioni, gli sconosciuti, gli ignoti, i silenziosi difensori di questa terra dura e sterile. Si vedono anche parecchi Italiani. I nostri però sono in maggior numero." (Kornel Abel)
Pubblicato nel 1930, al termine della repubblica di Weimar e poco prima dell'avvento del nazismo, "Bollettino di guerra" è un romanzo di forte impatto. Con l'immediatezza della testimonianza diretta, ma nello stile impartecipe della Nuova Oggettività, mostra come nessun altro gli orrori della Prima guerra mondiale. Il giovane studente Adolf Reisiger, partito volontario per il fronte francese come artigliere, impara a conoscere la carneficina che avviene sul fronte, dal fuoco in trincea agli attacchi col gas, dai bombardamenti aerei agli assalti dei carri armati. Il giovane lotta con tutto il suo ardore contro la forza devastante di una guerra disumana, "moderna". Gettato letteralmente in un bagno di sangue scopre che eroismo, abnegazione, trionfi sono parole vuote, dietro le quali resta solo il cieco, brutale, insensato obbligo di "obbedire all'ordine di uccidere". Proibito dai nazisti, dimenticato per decenni in Germania e inedito in Italia, questo romanzo, giudicato dai critici contemporanei il migliore sull'esperienza della Grande guerra, regge senza timore il confronto con altri assai più noti, come "Niente di nuovo sul fronte occidentale" di Erich Maria Remarque. Nato nel 1893 Köppen partì per il fronte francese nel 1914. Più volte ferito e promosso sul campo, al termine della guerra fu rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Congedato nel 1918, divenne redattore e traduttore lavorando per la prima radio di Berlino. Licenziato con l'avvento del nazismo, morì nel 1939.
«Nella luce limpida del mattino si disegnava chiaramente il fumo scuro che usciva dai camini dei forni crematori». Con una prosa concisa e stringata, il diario inedito dell’ebreo olandese Jo Koopman giunge direttamente da Auschwitz. Scritto quasi in presa diretta, tra il 1945 e il 1946, questa testimonianza restituisce la vita quotidiana nel campo di sterminio nazista, le paure, le vessazioni, l’incombere della morte. Ma anche la liberazione ad opera dei russi e il lungo viaggio attraverso l’Europa orientale che ricorda quello descritto da Primo Levi nel libro La tregua. «Non fu toccante – scrive Koopman - ma ben deludente, dopo un viaggio così lungo e pieno di emozioni, il nostro arrivo in Olanda», esperienza purtroppo comune a molti dei sopravvissuti alla notte del Novecento.
Questo libro è un'accurata ricostruzione delle attività dei pirati attivi nei Caraibi e lungo le coste atlantiche del continente americano nel "periodo d'oro" della pirateria, tra il 1660 e il 1730, e dei corsari attivi nelle medesime zone - come pure in Atlantico - sino ai primi decenni del secolo XIX. Partendo dalle origini di queste situazioni nel secolo XVI, e attraverso il particolare fenomeno dei Bucanieri In Giamaica e a Hispaniola, si comprenderà come e perché molti marinai diventarono pirati, descrivendo il loro abbigliamento, le armi, le navi che utilizzavano e le consuetudini su cui basavano la propria attività. Considerati, a seconda dei casi, criminali o vittime della società, i pirati costituirono una grave minaccia per la navigazione e i commerci nell'Atlantico occidentale per più di settant'anni. Una volta conclusosi il "periodo d'oro" della pirateria all'inizio del secolo XVIII, molti comandanti di nave si trasformarono in corsari, dando avvio a un'attività che, sotto certi aspetti, era né più né meno una nuova forma di pirateria, questa volta condotta con il beneplacito di questa o quella nazione.
Per gran parte del XVI secolo, il Mediterraneo fu il teatro di guerra in cui si affrontarono cristiani e musulmani e, tra i numerosi scontri navali che videro contrapporsi i due schieramenti, quello che ebbe luogo a Lepanto il 7 ottobre 1571 è indubbiamente il più noto. Una flotta ottomana composta da 235 unità, tra galere e navi di altro tipo, fronteggiò la pressoché equivalente forza a disposizione della Lega Santa: dopo aver ingaggiato i turchi per oltre cinque ore, i cristiani li sconfissero. Quello di Lepanto è stato l'ultimo, grande combattimento tra galere, e una delle più importanti battaglie della storia. In questo volume, con l'ausilio di un vasto apparato iconografico, vengono approfonditi gli aspetti strategici, storici, tecnici e biografici di una tra le maggiori campagne navali del Rinascimento.
Il libro ripercorre dapprima la storia dei Celti, adottandone il punto di vista, concentrandosi poi sulla spiritualità celtica, la cui eredità (anche attraverso la letteratura, l'arte, la musica) è ancora vitale, sia pure in modo sotterraneo, nell'Europa del XXI secolo. Una spiritualità che presenta molti elementi di interesse per l'oggi, perché è caratterizzata da un senso forte del contatto con la natura, dal rispetto per le sue forme, per i suoi ritmi, per la ciclicità del passaggio del tempo, e dalla ricerca di una consonanza con la struttura profonda dell'universo.
Arrestata dalla Gestapo a 19 anni, nel 1944, e deportata a Birkenau con il padre, il fratellino di dodici anni e il nipote, sarà la sola a tornare, dopo essere stata trasferita a Bergen-Belsen, Raguhn e Theresienstadt. Per oltre sessant'anni non ha parlato con nessuno della sua esperienza. Negli ultimi anni ha deciso di parlare, ed è tornata per la prima volta laggiù con una classe di liceali francesi. Questo libro racconta la sua deportazione, ma anche - in maniera altrettanto toccante e originale, con una voce popolare, di una persona semplice - gli anni delle persecuzioni razziali e poi gli anni successivi al ritorno, i difficili anni in cui trovare un senso alla vita, viverla; e infine gli anni, così tardi, della testimonianza. I colpi, la fame, il divieto del pudore fra donne e verso i soldati. Le latrine di cemento e terra battuta. La crudeltà. A volte la fraternità, o il cinismo. La misera veste che le offrì Simone Veil e che le salvò la vita.
Il libro ricostruisce le pratiche educative attuate dal nazionalsocialismo (1933-1945) nella scuola, indagando in particolare metodi e contenuti dell'insegnamento della lingua e della letteratura tedesca. Attraverso una dettagliata analisi delle fonti primarie, si evidenzia la centralità che nella Germania del tempo fu attribuita alla lingua e all'educazione linguistica nel quadro dell'organizzazione politico-culturale del Terzo Reich. Il volume, che muove dal caso del nazionalsocialismo e dai delicati interrogativi storico-politici da esso posti, focalizza l'attenzione sul concetto di educazione e sulla struttura delle istituzioni educative, sui programmi per la scuola e i relativi orientamenti didattici e sul materiale utilizzato, sollevando il problema della centralità del nesso scuola-linguaggio nelle società novecentesche.
Scritto mentre era rifugiato a Londra nel 1941, "Schiuma della terra" racconta le avventure di Koestler nella Francia del 1939-40, dallo scoppio della guerra all'invasione tedesca, all'espatrio clandestino dell'autore. "Straniero indesiderabile", ebreo e antifascista, prima rinchiuso in un campo di prigionia sui Pirenei, poi fuggiasco per la Francia in rotta, arruolato nella Legione straniera, Koestler riassume nelle sue concitate avventure il destino di una generazione di esuli che nell'età dei totalitarismi furono braccati e perseguitati, a un tempo protagonisti e vittime della storia.
Il volume ricostruisce la storia dei Cristiani per il socialismo (Cps) in Italia, dove il movimento - nato nel 1971 nel Cile di Allende - si costituisce nel settembre 1973, per iniziativa di cristiani di sinistra provenienti da Acli, Cisl, Comunità cristiane di base, gruppi e riviste della contestazione cattolica, chiese protestanti. L'intento generale dei Cps è trasformare la società in senso socialista e rinnovare la Chiesa in senso evangelico, quello contingente è rompere l'unità politica dei cattolici nella Dc e spostare a sinistra la militanza dei credenti. Il movimento - che coinvolge decine di migliaia di persone - attraversa i fondamentali eventi politici e sociali degli anni '70, fino al progressivo esaurimento all'inizio degli anni '80, per cause interne (conflittualità fra sinistra storica e nuova sinistra, contraddizioni fra fede e politica, crisi identitaria) ed esterne (riflusso della militanza politica, ricomposizione nel mondo cattolico, accelerata dalla prima fase del pontificato di Wojtyla).

