
L'egemonia americana ha subito una battuta d'arresto con l'avventura irachena. Se la fine della guerra fredda aveva segnato la transizione da un mondo bipolare a un mondo unipolare, l'11 settembre ha dato il via a un progetto unilateralista in Medio Oriente, Asia Centrale, Europa Orientale. Le altre potenze del mondo - Europa, Russia, Cina, Giappone, India - non sono però rimaste inerti di fronte al nuovo corso della politica estera americana. Il saggio di Buzan indaga relazioni e tensioni fra l'unica superpotenza rimasta e le grandi potenze regionali. La discussione si basa sul contrasto fra i due principi cardine della geopolitica contemporanea: polarità e identità. Secondo il primo concetto, proprio della Realpolitik, sono il numero e il peso relativo degli attori in campo a definire le strategie geopolitiche. Se una potenza si lancia in un tentativo egemonico, le altre potenze coalizzeranno le proprie diplomazie, e se necessario i propri eserciti, per cercare di ristabilire l'equilibrio di potenza. In base al secondo concetto, sviluppato dalla sociologia internazionale, la storia e la cultura politiche di un paese ne condizionano le azioni sulla scena internazionale.
Nel 2050 sulla Terra vivranno più di 9 miliardi persone: la FAO stima che per nutrire tutti sarà necessario produrre almeno un miliardo di tonnellate in più di cereali. Il cibo sta diventando il problema più grosso e l'affare più ghiotto di questo secolo. Paesi come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Libia, Corea del Sud, India e Cina, che dispongono di risorse, ma non di spazi sufficienti per garantire la sicurezza alimentare ai propri abitanti, hanno cominciato ad affittare o comprare terra agricola nei paesi in via di sviluppo: soprattutto in Africa e in Asia. Un bottino che interessa anche i signori della finanza, in cerca di nuove possibilità di guadagno, e soprattutto le aziende desiderose di afferrare "il miglior investimento della nostra vita", per usare le parole di Jim Rogers, guru delle materie prime. Dal luglio 2007 ad aprile 2OO9, quasi 20 milioni di ettari di terreni coltivabili sono stati oggetto di negoziati e accordi tra governi e società private. Un fenomeno che è stato definito "neocolonialismo". Il libro racconta chi sono i cacciatori di terra, dove agiscono e quali insidie, ma anche quali opportunità, si nascondano in questo rinnovato interesse per l'agricoltura.
Negli ultimi due decenni si è parlato poco di disuguaglianza, rispetto, per esempio, alla crescita, al debito pubblico, agli andamenti finanziari e, ovviamente, alla crisi scoppiata a fine 2008, che solo molto indirettamente viene collegata a essa. Certo è stato detto che la disuguaglianza è alta, ma poco altro: non si è mai discusso se sia accettabile, quasi che possa essere soltanto pesata e non valutata. Il punto importante è invece proprio analizzare e discutere, a livello culturale e politico, le disuguaglianze accettabili. Il libro lo fa, con riferimento all’Italia anche in confronto con altri paesi, ripercorrendo in modo rigoroso, documentato e accessibile i cambiamenti intervenuti nella distribuzione dei redditi negli ultimi anni e i meccanismi più profondi del fenomeno, inclusa la trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza; fornendo dati assolutamente inediti sulla percezione e l'atteggiamento rispetto a essa, e indagando le ragioni per cui le alte disuguaglianze non generano le reazioni che ci si potrebbe aspettare.
L'elezione di Barack Obama, riaccende la speranza di progresso sociale in America e nel mondo. Il nuovo presidente si trova alle prese con la più grave crisi economica e finanziaria dai tempi della Grande Depressione. Come per Franklin Delano Roosevelt, il New Deal di Obama è un programma sia di giustizia sociale sia di rilancio economico, ma diversamente dal primo, è più emancipazione comunitaria dal basso che imposizione statalista dall'alto. Obama intende far leva sulla mobilitazione della società americana, simile a quella che ha galvanizzato donne, giovani, neri, latinos durante la campagna presidenziale. L'amministrazione Obama punta sulla riduzione delle forti disuguaglianze, spendendo in istruzione, sanità, infrastrutture, green jobs ed energie rinnovabili per uscire dalla recessione e trasformare tecnologicamente l'economia. Il nuovo presidente vuole che l'America si affermi come leader nel fronteggiare la crisi climatica. Per Talbott non ci sono dubbi: l'obamanomics è l'abbandono totale della reaganomics e delle ricette economiche ispirate all'individualismo di mercato che hanno trascinato l'America nel baratro. Nell'introduzione appositamente scritta per l'edizione italiana, l'autore ripercorre gli eventi delle ultimissime settimane e commenta le iniziative annunciate e/o intraprese nell'ottica-guida di tutto il libro: guardare al lungo periodo, attraversando indenni il breve. Il volume contiene un intervento di Tito Boeri.
"Il giudice Borsellino era un dipendente pubblico, il professor Biagi anche, così come gli uomini della scorta del giudice Falcone. E questi sono gli eroi. Enrico Fermi era un dipendente pubblico, così come lo è la maestra di mio figlio, che ha fatto un lavoro importantissimo e straordinario. E questi sono i campioni. Anche l'impiegato che ha accumulato centoventi giorni di assenza in un anno è un dipendente pubblico, così come lo è quello che si fa timbrare il cartellino dal collega compiacente. E questi sono i fannulloni. Come possono convivere nelle organizzazioni pubbliche persone tanto diverse? Semplicemente, non possono". Il libro descrive, con ampi riferimenti alla realtà, la situazione delle organizzazioni pubbliche e illustra alcune fondamentali proposte per il cambiamento delle stesse, nell'ambito del nuovo quadro di riforma del lavoro pubblico delineato dalla "legge Brunetta" (Legge delega 15/09). Un libro destinato a far discutere, che si inserisce a pieno nel dibattito sulla pubblica amministrazione, con una prospettiva però capace di superare gli stereotipi e, soprattutto, di concentrarsi sulle cose che si possono e si devono fare.
Laicità: una, nessuna, centomila. Il dibattito in Italia è più che mai attuale, assumendo a volte toni aspri. Sollecitare la riflessione sulle questioni aperte, riunendo in modo sistematico più voci di intellettuali laici in un progetto unitario e unico nel suo genere, è lo scopo di questo libro. Competenze ed esperienze diverse concorrono a disegnare un percorso in cui vengono toccate le tematiche più stringenti: definizioni di laicità, laicità e cittadinanza democratica, laicità e liberalismo politico, laicità e ruolo pubblico delle religioni, laicità e bioctica, laicità e diritto penale e civile.
Anche per via della lingua - sconosciuta a pressoché tutti gli italiani (non si dice alternativamente "parlo arabo?" o "parlo turco?") - la Turchia resta nel nostro immaginario collettivo un paese in gran parte sconosciuto, affidato a luoghi comuni fuorvianti. Chi meglio di Carlo Marsili, ambasciatore in Turchia dal 2004 al 2010, ha le carte in regola per farci scoprire questo paese e le sue contraddizioni? Dalle minoranze etniche alla condizione femminile; dalle contraddizioni dell'islamismo moderato alla questione armena; dalla stratificazione sociale alla classe politica e ai partiti; ai mezzi di comunicazione e alla lotta per la libertà di stampa, al ruolo dell'esercito e alla politica interna ed estera; sino ai capitoli finali, dedicati a come i turchi vedono gli europei, allo sviluppo economico, e alla presenza italiana: ricco di aneddoti ed episodi vissuti in prima persona, il libro dà finalmente un quadro realistico e privo di pregiudizi della Turchia d'oggi. E ci spiega anche perché un'Unione Europea senza la Turchia sarebbe inevitabilmente destinata a un ruolo di secondo rango rispetto non solo a Stati Uniti e Cina, ma anche a India, Brasile e altre potenze emergenti.