
Cosa significa guardare ai media con un approccio ecologico? Ce lo spiega Fausto Colombo, uno dei nostri più autorevoli sociologi della comunicazione, in questo suo libro dove analisi critica e prospettiva etica si integrano in un discorso puntuale e suggestivo insieme. I media nel loro complesso appaiono un ecosistema in continua evoluzione. Come ondate sempre più potenti, si riversano sul mondo prima i mezzi a stampa, poi la radio e la televisione, poi ancora la prima digitalizzazione e l'utopia di internet, per arrivare oggi alle grandi piattaforme, macchine algoritmiche la cui benzina è costituita dai comportamenti degli utenti. Un ecosistema, quest'ultimo, che produce effetti sulla vita sociale e che, oltre a offrire straordinarie opportunità, può anche letteralmente inquinare il nostro universo simbolico, come fanno i discorsi d'odio e le false verità circolanti sui social, che le piattaforme non sembrano completamente in grado di limitare. Ma praticare un'ecologia dei media significa anche preoccuparsi di agire per migliorare le relazioni interpersonali e il rapporto con il mondo attraverso i media, non limitandoci a seguire, in modo spesso ingenuo, le impronte del progresso tecnologico o delle leggi del mercato e cercando invece di reagire alla saturazione dei nostri tempi e dei nostri spazi vitali. Perché è arrivato il momento di fermare la frenesia 'social' e di guardare come i nostri avatar o nickname ci parlano di noi stessi in quanto umani. Dopo averci guidato attraverso le riflessioni teoriche e le pratiche quotidiane che promuovono una rinnovata sensibilità etica nell'uso dei media, Colombo ci propone un 'manifesto per una comunicazione gentile', dove gentile sta certamente come invito ad abbassare i toni tornando al garbo della conversazione faccia a faccia e al rispetto degli interlocutori, ma sta anche e soprattutto come richiamo alla gens cui tutti apparteniamo, alla nostra unica famiglia, la specie umana, che, sola fra tutte le specie, attraverso la comunicazione può pensare se stessa oltre il presente, in continuità con le generazioni passate e con lo sguardo aperto sulle future. Una possibilità straordinaria e preziosa, e ora fragile più che mai nelle nostre mani.
I "Fridays for Future" li conosciamo tutti: sono le giornate di mobilitazione per l'ambiente divenute celebri grazie alla figura di Greta Thunberg. Ma esiste un'altra realtà, quella dei "Saturdays for Future", i fine settimana dedicati all'acquisto consapevole duranti i quali si è inviati a «votare con il portafoglio», secondo l'ormai celebre espressione dell'editorialista di "Avvenire" Leonardo Becchetti. In questo pamphlet Becchetti traccia il profilo di un nuovo soggetto, il "cittadino consum-attore" - interessato all'etica più che alla convenienza, allo sviluppo più che alla comodità - che è forse il vero protagonista del cambiamento sociale, economico e civile in corso nei nostri anni.
Oggi la parabola del liberalismo sembra essere giunta alla fine: l'internazionalismo liberale sta conoscendo una crisi senza precedenti, minacciato dall'esterno da sfidanti illiberali e dall'interno dai movimenti nazional-populisti. Un altro ordine del mondo lo sostituirà? Secondo John Ikenberry il liberalismo rimane il progetto più praticabile per proteggere i valori democratici ma ha bisogno di essere riformato, con uno sguardo alle conquiste e agli errori della sua lunga storia e con gli occhi aperti sui laceranti problemi dell'oggi, soprattutto in termini di disuguaglianze. In questo libro il politologo americano scrive: "Anche se l'ordine liberale ha consumato le proprie fondamenta e compromesso i propri scopi sociali, la sua logica profonda di cooperazione aperta e fondata su regole rimane intatta. Anzi, la crisi l'ha illuminata". È allora il momento di far conto sulla sua grande resilienza per reinventare non solo "un mondo sicuro per la democrazia", ma la sopravvivenza dello stesso pianeta.
Sergio Zavoli «è stato il testimone colto e popolare della grandezza della parola e dell'immagine, un'eredità preziosa in un tempo in cui esse sono spesso violate, ferite, umiliate, imbruttite»: così si esprime il cardinale Gianfranco Ravasi nell'appassionata prefazione a questo volume, che raccoglie i testi della rubrica tenuta dallo stesso Zavoli sulla prima pagina del quotidiano «Avvenire» negli ultimi mesi del 2015. Una sorta di "diario in pubblico" nel quale il grande giornalista si muove tra la memoria personale e la testimonianza civile. L'infanzia a Rimini, le immagini dell'Italia bombardata e della rinascita nel dopoguerra, l'amicizia fraterna con Federico Fellini, il lavoro di scavo nella realtà drammatica degli Anni di Piombo sono alcuni degli elementi ricorrenti in questo zibaldone dal quale affiora con insistenza l'interrogativo su Dio. Con una prosa di altissima qualità letteraria, questi elzeviri in miniatura svelano il volto più intimo di Zavoli, quello del poeta in continua ricerca, che non si sottrae allo scandalo del dolore nella Storia (di particolare intensità le annotazioni su vecchi e nuovi terrorismi) e che proprio per questo riesce sempre a ritrovare il filo della speranza. Fino al congedo, che ha il valore di un testamento spirituale: «Ho raccolto brevi tracce della realtà - scrive Zavoli - facendone una filiera che non appartenesse alla pretesa di raccontare soltanto storie mie, mentre la vita è seme e pianta, tronco e rami. Di tutti, e di ciascuno». Con interventi di Gianfranco Ravasi, Marco Tarquinio e Rosita Copioli.
Luigino Bruni continua il percorso iniziato del best seller "Il capitalismo e il sacro" rispondendo a nuovi interrogativi: che cosa del cristianesimo è entrato nel capitalismo? Che cosa è rimasto fuori? Come è entrato? Dai trenta denari a oggi, storia della contaminazione tra economia e religione. C'è un'importante tradizione di pensiero che ha letto il capitalismo come figlio del cristianesimo europeo e occidentale. Ma sebbene prima Marx e poi Benjamin avessero avanzato dubbi profondi sulla natura cristiana del capitalismo, il mito dello "spirito" cristiano del capitalismo ha retto per tutto il XX secolo. Eppure, quella tesi era in origine e resta ancora controversa e debole, in particolare se andiamo a interrogarla a monte (primi secoli cristiani) e non a valle (modernità), quando l'Europa ha formulato le sue prime promesse in rapporto all'economia. In realtà la nascita del capitalismo è stato un allontanamento dallo spirito evangelico, un abbandono della sua principale eredità: la gratuità. L'arte della gratuità non è entrata tra le competenze sviluppate dalla cultura capitalistica, che avendone intuita la natura sovversiva l'ha sostituita con la filantropia.
In "Metamorfosi dell'antico in Dante" Alessandro Ghisalberti traccia una originale chiave di lettura del cammino intellettuale che Dante ha percorso, nella continua trasfigurazione dei miti e delle storie narrate dai testi della classicità in figure che si dischiudono alla loro piena significazione nella successiva era cristiana, collegabile con la ben nota evoluzione di Beatrice: dalla Beatrice storica alla donna gentile, espressione dell'amor cortese; dalla donna gentile alla Sofìa, la sapienza dei filosofi; dalla filosofia alla sapienza mistica, la Teologia. L'espandersi poetico delle diverse figure storiche racchiude un reale intreccio con l'evoluzione della biografia personale di Dante, che dialoga in modo permanente con la storia passata e presente (Roma, Firenze, Europa), e si è caricato della forte tensione profetico-escatologica che contrassegna la cosmologia della Commedia, la quale al cosmo di Aristotele e di Tolomeo aggiunge gli spazi propri della iniziazione cristiana, l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso.
Domande all'apparenza semplici quali «come va?» o «da dove vieni?» o «come ti chiami?», se colte nel loro senso più profondo, ci conducono al centro della nostra anima, là dove - ci spiega il filosofo catalano Josep Maria Esquirol nel saggio Umano più umano - siamo toccati da quattro realtà fondamentali con cui abbiamo a che fare per tutta la nostra esistenza: la vita, la morte, il tu e il mondo. L'incontro con questi «infiniti essenziali» segna una «ferita», un'apertura inesauribile che sottrae a ogni pretesa di autosufficienza e che ci costituisce nella nostra umanità. Imparare a vivere è imparare ad accompagnare queste ferite, non a suturarle. Esse infatti sempre ci sorpassano con il loro eccesso e chiedono la pazienza di continue risposte. Risposte da cercare non nell'oltre postulato dalle odierne tendenze transumanistiche, ma restando dentro questa condizione, intessuta di vulnerabilità e debolezza.
Il Covid rappresenta una frattura generazionale: i giovani che la stanno attraversando ne escono cambiati. Così lo slogan che dà titolo al libro «Niente sarà più come prima» ha un certo valore: il modo di vivere le relazioni, di guardare al futuro, di porsi di fronte al mondo non sarà come prima. Quali effetti è destinata a produrre la pandemia sull'atteggiamento dei giovani nei confronti della vita, del futuro, della società? Che cosa stanno imparando? Quali ricadute ha ed avrà tutto questo nel rapporto con la fede e con la Chiesa? Paola Bignardi e Stefano Didoné hanno coinvolto alcuni giovani in dieci focus group: una straordinaria esperienza di ascolto, da cui è emerso lo spaccato di una generazione pensosa, che sta attraversando l'attuale momento con responsabilità, senza rinunciare ai propri progetti sulla vita.
La dimensione religiosa è complessa e assume forme diverse a seconda delle caratteristiche individuali delle persone e dei contesti in cui si colloca. Questo libro offre un valido contributo all'analisi psicologica della dimensione religiosa e spirituale, che segue tre principali linee di indagine: le esperienze, le pratiche e le credenze. Il testo, con uno stile chiaro e puntuale, offre un'ampia panoramica di prospettive, integrando quella biologica e neuroscientifica a quella sociale, cognitiva, psicoanalitica e della personalità. La teoria è supportata dai risultati di recenti ricerche, facilitando la comprensione applicativa dei fenomeni studiati. Grazie a queste caratteristiche, il libro si rivolge sia agli studenti universitari sia ai lettori interessati a uno sguardo psicologico sulla complessità dell'esperienza religiosa.
La dolcezza è un enigma difficile da identificare. È il nome di un'emozione che non sappiamo più descrivere, venuta da un tempo in cui l'umano non era separato dal resto della vita, dagli animali, dagli elementi, dalla luce, dagli spiriti. È selvatica e raffinata, come ben sa la cultura orientale, è spirituale e carnale, è una festa dei sensi alla quale il tatto, il gusto, i profumi, i suoni aprono l'accesso. Soprattutto, è una potenza, una forza simbolica di resistenza capace di trasformare la vita. In questo saggio particolarissimo, scritto all'incrocio tra filosofia e psicanalisi, Anne Dufourmantelle insegue e ripercorre le tracce della dolcezza nell'esperienza delle donne e degli uomini, dialogando con Tolstoj e Dostoevskij, passando per Flaubert e Hugo, senza dimenticare Lévinas. E arriva a toccare l'origine stessa della dolcezza, che è il nome segreto dell'infanzia, un ricordo a se stessi che inventa il futuro e che si fa potenza di relazione con l'altro, in grado di trasformare anche il dolore in creazione di una nuova promessa di sollievo e ripartenza.
"Pinocchio", il libro più diffuso e tradotto nel mondo dopo la Bibbia e il Corano, è stato sottoposto nel corso di un secolo a interpretazioni numerosissime e molto diverse, da quelle pedagogiche e letterarie a quelle storico-politiche, semiologiche, psicoanalitiche ed esoteriche. Questo saggio cerca di dimostrare che è possibile rileggere oggi in modo innovativo il capolavoro di Collodi, facendone risaltare il carattere archetipico e insieme di grande attualità. L'esplorazione avviene con un approccio inconsueto e un metodo originale, ai bordi tra scienze sociali e critica letteraria, e sviluppa una continua attenzione al testo e alla sua sotterranea valenza simbolica e poetica. Singolare è la prospettiva interpretativa, che sottolinea l'ipotesi di Pinocchio come campione della velocità, con i significati e le implicazioni del suo continuo correre e saltare. Quattro gli argomenti fondamentali affrontati: il tempo, visto tra l'altro nei rimandi tra passato, presente e futuro; lo spazio e il territorio; il denaro, esaminato nella sua relazione con la fame e con il lavoro; la morte e la salvezza, con il richiamo ai temi della violenza, dei valori e delle virtù. Dopo un raffronto tra "Pinocchio" e "Il piccolo principe di Saint-Exupéry", il saggio si conclude ponendo in evidenza gli elementi lirici del racconto collodiano e ne indica in Pinocchio stesso, sorprendentemente, il polo poetico fondamentale.
Alla galleria del realismo politico possono essere ricondotti pensatori tra loro molto lontani, da Tucidide a Sant'Agostino, da Machiavelli a Max Weber, da Thomas Hobbes a Carl Schmitt. A contrassegnare questa tradizione sono soprattutto due elementi: l'idea che la "natura umana" rappresenti un dato costante e la convinzione che una simile "natura" renda gli esseri umani perennemente insoddisfatti della loro condizione e tra loro irrimediabilmente in conflitto. Proprio in virtù di tale antropologia negativa, i realisti ritengono così che gli esseri umani puntino sempre a perseguire la sicurezza, a estendere la loro ricchezza e a difendere il loro onore. Il volume intende invece esaminare più in profondità questo pessimismo antropologico. E, in particolare, si propone di mostrare come, dietro un'apparente coerenza, si nascondano divergenze piuttosto nette. L'obiettivo è dunque esplorare le molteplici antropologie del realismo politico, riconoscendo e distinguendo le diverse modalità con cui è stata rappresentata e spiegata quell'inquietante "natura" - più o meno invariante - che conduce gli esseri umani a desiderare il potere e a inseguire la gloria. Contributi di: Oro Tapia Luis René;Patapan Haig;Continisio Chiara;D'Andrea Dimitri;Castellin Luca G.;Raschi Francesco;Zambernardi Lorenzo;Stefanachi Corrado.