
Spesso definita dagli adulti in termini 'deprivativi' (gli adolescenti 'che non') o negativi (bulli, inattivi, prepotenti ecc.), questa generazione di adolescenti sembra mancare di risorse e competenze. Ma è davvero così? Questo libro cerca di rispondere alla domanda, presentando alcuni dati emersi dalla prima rilevazione della ricerca longitudinale Generazione Z, promossa dall'Istituto Toniolo di Studi Superiori in 36 scuole distribuite sul territorio nazionale, che ha coinvolto circa 6000 studenti. L'indagine, grazie al Positive Youth Development Approach, si propone di guardare alle risorse e alle capacità degli adolescenti piuttosto che ai loro limiti. Risorse e capacità che possono emergere anche grazie al contesto in cui nascono e crescono. In particolare, in questa fase della ricerca, sono stati presi in considerazione i seguenti aspetti: la presentazione dell'approccio teorico; il contributo che gli adolescenti sentono di poter dare alla famiglia, alla scuola e alla loro crescita; il contesto scolastico; l'uso dei media; i comportamenti a rischio 'tradizionali' (abuso di alcool, rapporti sessuali non protetti ecc.); lo studio delle lingue straniere. Chiudono il lavoro alcune indicazioni pedagogiche e riflessioni psicologiche sui risultati emersi.
Giovani italiani, dai 18 ai 29 anni, vivono nella stessa nazione ma hanno storie diverse. Alcuni di loro sono cittadini italiani per nascita, altri hanno acquisito la cittadinanza provenendo da una migrazione, propria o della famiglia di origine. Il numero di ragazzi italiani con background migratorio aumenta ed è destinato a crescere in futuro: la convivenza delle differenze si fa quotidiana, innalza barriere e costruisce ponti, produce conflitti, ma anche ricchezza materiale, culturale, relazionale. Quali sono le diversità tra i giovani italiani dalla nascita e quelli che lo sono diventati in seguito? Qual è la loro disposizione nei confronti dell'altro, dello straniero, del 'diverso'? È un invasore, un fratello, un antagonista, un amico? Le indagini svolte dall'Osservatorio Giovani dell'Istituto Toniolo restituiscono un quadro nel quale prevale un atteggiamento di difesa e di diffidenza nei confronti degli immigrati. Questa disposizione incide sulla quotidianità delle relazioni? Influisce sui valori e sugli atteggiamenti prevalenti? E sulla progettualità e la visione del futuro? La ricerca, promossa da Fondazione Migrantes e i cui risultati sono presentati in questo libro, ha origine proprio dalla necessità di approfondire i percorsi e i processi attraverso i quali si formano le opinioni rispetto ai migranti, agli stranieri, all'altro percepito diverso da sé. Il campione, formato da 204 giovani distribuiti su tutto il territorio nazionale, comprende 60 intervistati con background migratorio, provenienti da 28 diversi Paesi del mondo. È questa la prima ricerca in Italia che, in maniera così ampia, si occupa di loro.
Quale futuro per la fede? E per le comunità cristiane? Dopo l'indagine che ha coinvolto 150 giovani di tutta Italia sul loro rapporto con la religione (Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia, a cura di R.Bichi e P. Bignardi, Vita e Pensiero, 2015), l'équipe di ricerca dell'Osservatorio Giovani dell'Istituto Toniolo si è convinta che il futuro della fede - ma anche dell'umanità e della società - passi anche attraverso l'educazione, perché è generato nella coscienza delle persone in cui, nella libertà, si realizza l'intreccio tra umano e divino, tra ciò che si riceve e la spinta a reinterpretarlo. Da qui l'esigenza di conoscere meglio l'ispirazione, i temi, le motivazioni dei protagonisti - genitori, sacerdoti, insegnanti, suore, catechisti, animatori - che, con un'azione spesso poco riconosciuta, contribuiscono a iniziare i giovani al rapporto con il trascendente. La ricerca sugli 'educatori alla fede' si è avvalsa di 165 interviste, condotte su tutto il territorio nazionale, con domande volte a indagare una molteplicità temi: come e dove si diventa oggi cristiani adulti? Quali sono gli obiettivi e lo stile degli educatori? Quali atteggiamenti hanno nei confronti del mutamento della Chiesa e del modo di intendere la fede? E ancora: che cos'è considerato successo o fallimento in questa azione educativa? Quali le reti e le relazioni all'interno della comunità cristiana? L'uso di tecniche di ricerca poco direttive ha consentito la raccolta di ricchissime testimonianze sui percorsi attraverso i quali gli educatori alla fede divengono tali, sulle fonti, i riferimenti, i motivi ispiratori che guidano la loro azione, sulle parole chiave e le sfide del mondo contemporaneo.
Il testo s'inserisce nel filone di ricerca storiografica che ha visto crescere negli ultimi decenni l'interesse per le nuove Congregazioni religiose dell'Ottocento. Si tratta di un fenomeno su scala europea, con singolare sviluppo in Italia, dove, nei cinquant'anni precedenti l'unità, si sono contate oltre 140 Fondazioni (in gran parte femminili), 120 delle quali al Nord. Mosse da impulso di carità, le nuove Congregazioni hanno svolto un servizio apostolico e promozionale attento soprattutto ai bisogni di categorie sociali deboli: orfani, giovani, poveri, anziani, ammalati, disabili. Il settore educativo e scolastico è stato al centro del loro impegno. L'attività di tali Congregazioni è proseguita anche dopo l'unificazione del Paese, dovendosi misurare con inedite situazioni politico-istituzionali e socio-economiche. Il testo propone approfondimenti storico-pedagogici relativi a figure ed esperienze che hanno lasciato tracce rilevanti sul piano educativo, incidendo in maniera importante anche a livello ecclesiale e civile.
Un grande narratore italiano riflette sullo stato della letteratura chiedendosi se la scrittura abbia ancora un senso, e quale, nella società di oggi. Una società senza più punti di riferimento, senza forma e volto, anonima e virtuale, che ha contaminato anche la narrativa. Lo scrittore pare infatti ormai adattato al linguaggio di massa, e infine separato dalla propria identità più profonda. Scrive Parazzoli: «Ogni nuova opera è per lo scrittore il clic del percussore del gioco della roulette russa finché non esplode il bang. È il rischio ciò che conta, non il successo o il fallimento». Ecco: è proprio la 'pallottola d'argento' del rischio che sembra essersi persa, quello stimolo di inquietudine che è invito a trovare nella pagina il luogo della vertigine verso l'alto del senso come verso il basso dell'abisso umano, e non l'amalgama piatto e orizzontale della cronaca e della 'dittatura' tecnologica. Con critiche graffianti e appassionate, nella libertà del suo stile di narratore, Parazzoli mette a fuoco il problema e insieme regala, in una sorta di piccola 'scuola di scrittura', preziose indicazioni stilistiche per chi voglia riprendersi il rischio della vera letteratura. Prefazione di Giuseppe Lupo.
È ineludibile la necessità di una rinnovata e vitale cultura etica. L'etica, intesa come quella forma di riflessione che va in cerca di coordinate di senso per fare della vita un tempo buono, riesce a generare nuovi modi di esserci se sta in relazione con la qualità ontologica essenziale della condizione umana. Poiché essenziale è la dimensione della cura e poiché il nucleo della pratica di cura consiste nell'agire secondo virtù, Luigina Mortari sviluppa una filosofia dell'educazione all'etica delle virtù secondo il paradigma della cura.
La ricorrenza del termine educazione in riflessioni, progetti e pratiche mostra la sua centralità nell’intersecare le esigenze più profonde del nostro tempo. Innumerevoli difficoltà delle persone richiedono di interpretare condizioni di crisi, emergenza, fragilità, così come di prestare attenzione a dimensioni come cura, legame, affettività, libertà, bellezza, cittadinanza. Cercando di andare al di là di atteggiamenti improntati al lanciare grida d’allarme intorno a disagi e mancanze, occorre piuttosto sottolineare la valenza trasformatrice dell’educazione, per non disperdere ciò di cui è portatrice ogni persona.
Per tali motivi, gli studi raccolti in questo volume, dedicato al prof. Giuseppe Vico nella ricorrenza dei suoi 80 anni, esplorano la questione educativa da punti di vista diversi, ma tutti convergenti sul riconoscimento della dignità dell’essere umano e della sua libertà. L’educazione, come ciò che compete in modo distintivo a ogni persona, invita a raccogliere la sfida – oggi come sempre – di un agire educativo orientato non a inibire ma a liberare potenzialità e risorse.
Contributi di: Gianni Ambrosio, Emanuele Balduzzi, Monica Crotti, Giuseppe Mari, Antonio Mazzi, Damiano Meregalli, Marisa Musaio, Concepción Naval, Juan Luis Fuentes, Ignacio Quintanilla, Milena Santerini.
Biografia dell'autore
Giuseppe Mari è professore ordinario di Pedagogia generale e sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove è coordinatore della Laurea magistrale in Scienze pedagogiche e servizi alla persona e membro del Comitato direttivo del Centro Studi e Ricerche sulla disabilità e marginalità. Autore di volumi e saggi in miscellanee, è stato visiting professor alla Pontificia Università Lateranense (Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia, 2017) e all’Università “Cardinale Stefan Wyszyn´ ski” di Varsavia (2018).
Marisa Musaio è professore associato di Pedagogia generale e sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore dove insegna Pedagogia del ciclo di vita e Pedagogia interculturale. È stata visiting scholar all’Universidad de Navarra di Pamplona e all’Università UNED di Madrid e ha svolto attività di docenza alla John Paul II Catholic University of Lublin. Componente di comitati scientifici nazionali e internazionali, per il volume L’arte di educare l’umano (Vita e Pensiero, 2013) ha ricevuto il Premio SIPED - Società italiana di Pedagogia - 2017.
Ci avviamo in Italia e in Europa verso un mondo con sempre meno giovani e sempre più anziani: lo dicono con cruda evidenza i numeri delle statistiche demografiche. È l’esito di un processo che ha conosciuto una straordinaria accelerazione negli ultimi decenni, grazie alla scienza e alla tecnologia che hanno consentito una forte diminuzione della mortalità infantile e un aumento considerevole della longevità, soprattutto in Occidente. E a questi fattori va poi sommata anche una drastica caduta della natalità, ben al di sotto del tasso che garantirebbe il rinnovo generazionale.
Il nostro futuro dovrà necessariamente fare i conti con le sfide di questo inedito paesaggio antropologico, economico e sociale. Il saggio di Alessandro Rosina invita ad affrontarle a viso aperto, senza cedere a suggestioni apocalittiche, ma valorizzando il potenziale dei soggetti coinvolti. Il corso della vita va attivamente coltivato in tutti i suoi stadi – dall’infanzia all’età anziana – con lucidità e lungimiranza, tenendo viva la tensione verso un futuro da costruire con fiducia.
Snodo decisivo di questo processo è la valorizzazione del potenziale delle giovani generazioni. Ad esse andrebbe passato il testimone, riconoscendo davvero, attraverso adeguati percorsi formativi ed efficaci politiche del lavoro, il protagonismo che spetta loro di diritto. Un futuro che non invecchia ha la sua condizione fondamentale proprio in questa alleanza tra le generazioni. Per darcene un’idea, Rosina rivisita in tale prospettiva dieci parole-chiave che iniziano con la “f” di futuro: forza/fragilità, formazione, fare, fallimento, fiducia, famiglia, facebook, femminile, fede, felicità. Abbiamo bisogno di riscoprirne il senso per appoggiarvi la nostra speranza.
Uno studente universitario e una professoressa discutono, in un 'dialogo socratico', del populismo. I chiostri dell'Università Cattolica di Milano fanno da sfondo al loro intenso scambio di idee, in cui si avvicendano argomenti storici, economici, sociologici, politici nel tentativo di circoscrivere un fenomeno che si rivela sfuggente. Ideologia 'sottile', capace di combinarsi con altre ideologie 'piene' come il socialismo, il liberalismo o il nazionalismo, il populismo ha un'ampia dimensione storica (se ne trovano tracce in molte epoche, da Giulio Cesare in poi) e geografica (dal Sud America all'Europa). Spesso ha rasentato il totalitarismo e mantiene sempre un rapporto conflittuale con le democrazie rappresentative. Diversi sono i 'fattori di domanda' che spingono la gente a richiedere politiche di protezione (globalizzazione, diseguaglianze, crisi del welfare, flussi migratori), così come i 'fattori di offerta' che stimolano la nascita di leader carismatici, movimenti e partiti populisti. Il libro li affronta affidando al personaggio dello Studente le domande che tutti vorremmo porre sull'argomento e alla Prof il compito di spiegare con rigore scientifico ma insieme con disponibilità e passione civile questo fenomeno sempre più rilevante nella politica di oggi.
Tutti ricordiamo l'immagine di Alan Kurdi, il bambino di tre anni annegato sul finire dell'estate 2015 nel Mar Egeo mentre con la famiglia cercava una nuova vita lontano dalla guerra in Siria. Anche oggi che l'onda emotiva si è calmata e in varie parti del mondo occidentale soffiano venti diversi, ci torna in mente con grande vivezza, fosse pure soltanto nel giorno dell'anniversario, dietro la sollecitazione dei media. Si è radicata saldamente nella nostra memoria. Perché proprio quella piccola foto? Si tratta di un caso di esaltazione mediatica collettiva o di una manifestazione singolarmente intensa dei nostri sentimenti più umani? È solo frutto della cultura della nostra epoca, che segna ogni cosa con lo stigma della velocità e della diffusione, o affonda le sue radici in una storia più antica, iniziata con le prime fotografie alla metà dell'Ottocento? Fausto Colombo, uno dei nostri più importanti sociologi della comunicazione, affronta queste domande non limitandosi a utilizzare gli strumenti scientifici dello studioso, ma mettendosi anche in ascolto delle proprie emozioni di spettatore tra gli altri e cercando l'origine della propria commozione di fronte all'immagine di quello sfortunato bambino. Ecco allora il suo 'diario di viaggio'. La ricostruzione delicata della storia della famiglia di Alan e quella della velocissima diffusione delle immagini attraverso i social, rilanciate e ridisegnate da utenti comuni e da grandi artisti. L'analisi della forza simbolica dell'immagine già agli albori della storia della fotografia, con il suo profondo legame con il tempo e la morte. Il racconto delle storie delle più famose immagini giornalistiche di guerra o sofferenza, diventate icone in grado di segnare la storia, e dei reporter a cui quello scatto spesso ha cambiato la vita. La riflessione sul discorso umanitario e sulla potenza del dolore infantile. Un'indagine nei meccanismi comunicativi e nel sentire umano fino all'ultima domanda: la nostra compassione vincerà la sfida dell'empatia? Sapremo riconoscere nell'immagine di Alan, e attraverso essa nelle altre vittime come lui, un nostro figlio, uno dei nostri piccoli fratelli nella famiglia umana che ci lega tutti in un'unica comunità di destino?
La contestazione, fino al rifiuto, dell'autorità quale freno alla libera espressione del sé è una delle eredità del secondo Novecento, soprattutto delle lotte del '68, con la messa sotto accusa dei pilastri su cui l'autorità poggiava - la tradizione, il padre, l'insegnante, la Chiesa - in nome dell'affermazione dello spirito individualistico. Eppure, come l'araba fenice, l'autorità risorge in continuazione dalle sue ceneri, ricostituendosi in forme inedite, più fuggevoli e indeterminate, ma non per questo meno efficaci. Assistiamo al moltiplicarsi di spinte per un ritorno all'ordine di un padre autoritario, tirannico e fondamentalista, oppure, in modi più sottili ma insidiosi, al presentarsi di un dominio tecnocratico che di fatto punta al superamento della condizione umana come la conosciamo. A chi dunque dobbiamo guardare? Non si tratta di tornare indietro, come qualcuno immagina. Si tratta, piuttosto, di andare avanti, riflettendo in forme nuove su un termine che rimane essenziale e insieme difficile. Perché, scrivono Mauro Magatti e Monica Martinelli nel saggio "La porta dell'autorità", un mondo senza autorità non è possibile, se non a costo di perdere la libertà. Quella libertà in cui proprio il limite diventa risorsa per l'azione, dando una prospettiva al nostro punto di vista sul mondo. Occorre insomma ricostruire il legame tra le generazioni, riconoscendo all'autorità la capacità di essere lo snodo tra chi viene prima e chi viene dopo (e non solo in senso temporale). In tal modo l'autorità può essere vista come una porta che, mentre inquadra - definendo così una direzione -, al tempo stesso apre a un futuro che ancora non c'è ma che pure non procede dal nulla.
Oggi più che mai occorre riprendere, e a volte anche ricostruire, quell'intreccio tra spiritualità e politica che dà senso e forma alla nostra esistenza singolare e plurale. Perché se l'uomo è, per definizione aristotelica, un animale politico, cioè un essere che vive nella pluralità della polis, è anche vero che ciascun uomo di fronte al progetto dell'esistenza si pone da solo, con la sua originalità unica. Ecco allora la necessità di riflettere sulle questioni essenziali che accompagnano la costruzione del senso dell'esistenza (oggetto della spiritualità) per arrivare a disegnare l'orizzonte del proprio camminare nel tempo e nella comunità umana (che è essenza della politica). È quanto fanno gli autori di questo libro, che declinano il tema in modi diversi e peculiari: rintracciando le intime connessioni tra politica e anima nella filosofia greca; dialogando con le riflessioni della modernità, da Hannah Arendt a Simone Weil, da Heidegger a Lévinas, a Weber e tanti altri; ricostruendo le sembianze dello 'spazio interiore' come primo spazio di libertà e di resistenza; puntando l'attenzione sulle forme etiche del prendersi cura e dello sguardo accogliente nei confronti del diverso e della fragilità così facilmente ostaggio della violenza; ripercorrendo la metamorfosi dello spirituale e la sua resilienza nella società dell'imperio economico e secolare... Questa è la strada da percorrere se si vuol togliere la spiritualità dal recinto chiuso della vita unicamente privata e restituire alla politica il senso di pratica al servizio della comunità, orientata a costruire una polis dove vivere una vita giusta, bella e buona.