
Quando ci s'inoltra in un territorio, non tanto ignoto quanto anche semplicemente nuovo o non del tutto conosciuto, ci si rifornisce di cartine, guide e dizionari, in modo da affrontare ben attrezzati l'esperienza, e non correre il rischio di perdersi. Tanto più se questo territorio invece che essere reale è totalmente immaginario, ma di un tipo di immaginazione che è andata nel corso degli anni così ben strutturandosi da diventare qualcosa di simile a una pseudorealtà: è quanto è avvenuto per la Terra di Mezzo di J.R.R. Tolkien. Questo dizionario è un po' tutto insieme una guida, un vocabolario e un beadecker, in cui si alternano in ordine alfabetico brevi "voci" e interventi più ampi, piccoli saggi dedicati ad argomenti o personaggi. Introduzione di Gianfranco de Turris.
Esiste ancora la letteratura italiana? Qualche "apocalittico" dice di no. Qualche "continuista" dice di sì: si nasconde in angoli remoti e refrattari all'attuale italiano mediatico, che è una cattiva traduzione da un cattivo inglese. A differenza del banco dell'ortolano, dove il carciofo e il tarocco di origine protetta fanno bella mostra di sé, in libreria si trova, comunque, pochissima letteratura italiana "biologica". Che fare? In "Lettere non italiane" si discutono alcune tesi classiche nel dibattito tra apocalittici e continuisti, anche alla luce della possibile sopravvivenza e addirittura della mera esistenza storica del romanzo italiano oggi. D'altra parte, di alcuni grandi e solitari scrittori contemporanei (da La Capria a Biamonti ad Atzeni) si considera la lampante continuità con i difficili padri novecenteschi: una porta socchiusa a un riaffluire di voci familiari, un segnale di resistenza e di attesa, secondo il principio che in ogni tempo una lingua e una nazione esistono solo se esiste una letteratura, si interrompono se si interrompe la letteratura.
Qual era la lingua parlata da Adamo ed Eva nel Giardino dell'Eden? L'ebraico, il greco, il latino? Olender ripercorre il dibattito delle grandi discipline (filologia, linguistica comparata, storia delle religioni), mostrando come nel momento di massima "positivizzazione" delle scienze umane emerse una biforcazione tra Ariani e Semiti, decisiva per tutto il sistema culturale occidentale. Lo studioso ci conduce alle radici della nostra identità religiosa e culturale, e ci consente di intravedere come all'incrocio tra filologia e mitologia, tra religione e scienza si stagliano, già nell'800, come scrive Jean-Pierre Vernant nell'introduzione "quasi sullo sfondo oscuro di un quadro le ombre dei lager e il fumo dei forni".
Gianni Cervetti è un universitario nella Milano del dopoguerra che sogna di fare il medico. Ben presto però la sua passione politica lo avvicina al PCI e nel 1956 viene inviato a Mosca per studiare da quadro del partito. Sono anni decisivi tanto per la sua formazione politica e intellettuale quanto per la sua vita personale; qui comincia il lungo percorso che lo porterà a diventare, nei decenni, un grande conoscitore di cose, ambienti e personaggi russi. Nel 1961 torna a Milano e continua il suo impegno nel partito fino ad approdare nel 1975 alla segreteria nazionale con Berlinguer. In una ricostruzione vivida dei fatti salienti della sua epoca, Gianni Cervetti non solo ci restituisce il clima politico di quegli anni di speranze e disillusioni, ma ci offre personalissirni ritratti umani e aneddoti sui suoi protagonisti: da Giorgio Napolitano a Bettino Craxi, da Concetto Marchesi a Luigi Longo, Emilio Sereni, Giancarlo Pajetta, Emanuele Macaluso e molti altri.
Primavera 2017. Vendere il Colosseo per ridurre il debito pubblico: per quanto incredibile, l'ipotesi avanzata da un economista dal nome rivelatore, Ermanno Buio, sulla prima pagina di un quotidiano romano in crisi prende corpo nella Capitale grazie alla combinazione di una serie di fattori imprevedibili. Il Governo dei Ragazzi è caduto dopo che il suo Capo ha perso le elezioni; al suo posto è arrivato un Successore privo di scrupoli, pronto a tutto pur di salvare l'Italia dal default, scaricando su chi lo ha preceduto le colpe di una situazione ingestibile. "Il Vento", diretto da uno stravagante cronista di nera, Dino Bricco, si trova così al centro di una vicenda internazionale, in cui i mercati e i grandi quotidiani che li rappresentano, il "Financial Times" e il "Wall Street Journal", premono perché l'Italia risani al più presto il suo bilancio. E spunta a sorpresa uno sceicco arabo, Ibn Al Taib, che vuole togliersi il capriccio di comperare il monumento più conosciuto al mondo, smontarlo e portarselo a casa. Nei palazzi romani della politica si moltiplicano le opposizioni a un piano che rasenta la follia, ma il Successore è inarrestabile. Tutti i protagonisti ignorano un'angosciosa profezia che grava sul Colosseo e su Roma. Sarà questo dettaglio niente affatto trascurabile a provocare in conclusione un inatteso capovolgimento.
Il David di Michelangelo, la cupola del Brunelleschi, la Venere del Botticelli: capolavori che suggeriscono ideali di armonia ultraterrena e spiritualità purissima. Ma non tutto è come sembra, e in queste pagine Alexander Lee ci mostra le contraddizioni nascoste sotto l'elegante superficie dell'arte rinascimentale italiana. Perché dietro alle sue opere simbolo ci sono le storie misconosciute legate al brutale ambiente degli artisti dell'epoca, ai meschini interessi dei loro mecenati e a inconfessabili pregiudizi sulla "scoperta del mondo". Un ritratto duro e anticonvenzionale dell'"epoca della bellezza", i cui splendidi frutti sono indissolubilmente legati all'uomo, alla sua carne e alle sue bassezze.
Non c'è lingua e non c'è epoca in cui non si sia giocato con le parole: troviamo giochi di parole nei testi più solenni di religioni, letterature, filosofie. Sono una dimensione comune a tutti: dagli analfabeti ai premi Nobel. Ed è proprio dalla classicità e dal folklore che la cultura di massa ha ripescato le più curiose ed enigmatiche combinazioni linguistiche per adattarle alla contemporaneità. Dall'enigmistica alla pubblicità, dalla satira ai tweet, la lingua mette in gioco le parole in modo che ci avvincano ancora prima che convincerci. In queste pagine Stefano Bartezzaghi, finissimo e spericolato funambolo del linguaggio, ci spiega la natura di queste scintille dell'intelligenza e ci invita ad appropriarcene.
Per la generazione di Giampiero Mughini, che ha vissuto in pieno gli anni della contestazione, i libri non erano semplicemente libri: erano l'obiettivo e l'emblema della vita stessa. E nelle biblioteche di quei ragazzi, pareti coperte di bianchi dorsi Einaudi o piccole raccolte di testi fondamentali, era racchiusa la loro identità. Così è stato per Mughini, che per i libri ha sempre nutrito una passione smodata e che ora rifiuta il sapere liquido che scorre incessantemente sui nostri schermi. Come può una fruizione bulimica di grosse quantità di nozioni sostituire il rapporto profondo e riflessivo con testi accuratamente scelti, che vivono per molto tempo tra le nostre mani e che diventano parte di noi?
Da quando fu pubblicata per la prima volta in due volumi, nel 1998 "Hitler 1889-1936: Hubris e nel 2000 "Hitler 1936-1945: Nemesis, questa biografia è considerata una pietra miliare dello studio su Adolf Hitler e sul Terzo Reich. Un'opera monumentale che oggi è disponibile in un unico volume: il risultato è il racconto spaventoso e affascinante di come un misero provinciale venuto da un angolo remoto dell'Austria asburgica sia riuscito a conquistare un potere senza precedenti; di come le idee improbabili e spregevoli di un ex studente di storia dell'arte perdigiorno siano riuscite a saldarsi in un'ideologia che per dodici anni segnò il destino di milioni di persone; e di come la folle determinazione a imporre militarmente la sua volontà e a respingere i suoi molti nemici abbia scatenato una catastrofe genocida. In queste pagine Kershaw ricostruisce la parabola dell'uomo che trascinò il mondo sull'orlo del baratro e lo fa con rigore appassionato e indiscussa autorità.
Che cos'è il genio? Come nasce? Perché certi luoghi, in certi momenti, hanno prodotto una grande quantità di menti brillanti e di buone idee, mentre altri no? Oggi sappiamo che le persone geniali non nascono singolarmente, a caso, bensì a gruppi. Il genio tende a fare massa, e la genetica c'entra pochissimo: le epoche d'oro vanno e vengono molto più rapidamente di quanto cambi il patrimonio genetico. Quali sono le cause, quindi? Il clima? La ricchezza? Con piglio sicuro e humor irriverente, Weiner esamina le connessioni, anche le più inaspettate, tra l'ingegno e l'ambiente in cui si sviluppa, e lo fa accompagnandoci in sette luoghi esemplari: alcuni sono enormi metropoli, come la Vienna del 1900, altri sono piccoli centri, come la Firenze del Cinquecento. Certi, come l'antica Atene, sono ben noti; altri, come la Calcutta del XIX secolo, lo sono meno. Ciascuno di questi posti, tuttavia, ha rappresentato un momento culminante nella storia dell'umanità. E quasi tutti sono città: possiamo essere ispirati dalla natura, ma è chiaro che il contesto urbano ha qualcosa di particolarmente favorevole alla genialità, che questo libro ci invita a ripensare come il frutto di una cultura che la incoraggia, non come atto individuale ma come responsabilità collettiva.
"Esser volpe" offre un resoconto avvincente e accurato della vita di uno dei pensatori politici più celebrati e controversi della storia: Niccolò Machiavelli. E lo fa nella forma di una biografia non convenzionale, animata dal ritmo e dall'energia della narrazione romanzesca. Intrecciando abilmente un corpus esteso di lettere, diari e numerose altre fonti, Erica Benner ci conduce in un viaggio nel mondo e nella mente di Machiavelli: lo cala nel suo tempo, tra familiari, amici, colleghi, concittadini; ne descrive gli incontri e le relazioni; ne riporta le conversazioni, i commenti e le parole, insieme a quelle dei suoi amici e dei suoi nemici. Ne emerge il ritratto di un ardente repubblicano, per nulla disponibile a compromettere i suoi valori, ma che talvolta, come un attore nelle sue commedie, ha dovuto indossare maschere e giocare ruoli, diventando maestro di ironia, un dissimulatore astuto come una volpe.
Manuel, sedici anni, vive a Catanzaro e sta per finire la quarta ginnasio. Non possiede le parole parlate, ma quelle scritte sì: ha trovato attraverso la scrittura il suo modo di mettersi in comunicazione col mondo. È lui, con grande consapevolezza, a raccontare la sua storia e quella della sua famiglia, e il loro lento aprirsi verso gli altri, anche quando non capiscono o non sanno. Fino a nove anni non ha parlato: semplicemente, urlava il suo malessere al mondo, come faceva la scienziata autistica Temple Grandin da bambina, sognando di liberarsi del silenzio che lo opprimeva. Poi grazie ai genitori e a un percorso attento ha scoperto la comunicazione facilitata e ben presto ha cominciato a scrivere. Da allora scrive sempre, con grande passione e precisione, e col gusto di chi ama le parole e le possibilità che offrono, per raccontare quello che non riesce a dire, per smentire chi pensa che "il quoziente intellettivo sia proporzionale alla quantità di parole emesse nell'aria".