
L'epidemia ha travolto le nostre sicurezze e sconvolto le nostre abitudini. La paura si è imposta nella nostra quotidianità, impedendoci di distogliere lo sguardo dalla sofferenza, come eravamo invece abituati a fare soprattutto di fronte al dolore degli emarginati. Abbiamo oggi la possibilità di ripartire abbracciando una nuova prospettiva. In questa forte e sentita intervista, Ivo Lizzola cerca il senso di questi giorni, che devono portarci a ridisegnare la convivenza nella sobrietà, nell'aiuto reciproco, nel buon uso dei saperi, nel forte senso di giustizia. È arrivato il tempo di essere umili, di affrontare la realtà e costruire insieme un futuro più dignitoso e più sicuro per tutte le generazioni a venire.
Nel tempo della quarantena abbiamo assistito a vere sospensioni della democrazia partecipativa e rappresentativa, con una generale riduzione del potere delle assemblee. Dopo la pandemia non ci aspetta dunque il ripristino di una qualche "normalità", ma l'attuazione del nuovo modello che queste sospensioni ci sollecitano: la riapertura del "cantiere Europa". Per arrivare a esporre un «progetto, un metodo e un'agenda», Pier Virgilio Dastoli ripercorre la storia della capacità fiscale, della democrazia e del bilancio comune europei, ma anche della crisi del modello del welfare state. La via da percorrere passa dalla risoluzione della crisi di fiducia tra l'Unione Europea e i suoi cittadini, offrendo una nuova prospettiva economica e politica a tutti gli europei.
Con il Coronavirus e la pandeconomia che ne è derivata siamo di fronte a un bivio: riprendere la vecchia strada, con tutto quello che ne consegue in termini di disuguaglianze sociali, inquinamento e distruzione dell'ecosistema, o procedere verso un'equonomia, ovvero la ricerca di un equilibrio tra uomo e habitat, fondato sull'equità, sugli insegnamenti e i valori positivi che questa crisi ha fatto emergere.
La pandemia di Covid-19 ha imposto al mondo di fermarsi. L'umanità si è trovata costretta ad avviare un processo di apprendimento collettivo che, in quanto universale, ha imposto di ripensare in modo radicale la responsabilità di tutti verso i più elementari diritti umani. Siamo arrivati alla conclusione che nulla debba essere più come prima. Da decenni, infatti, il sistema capitalista e la globalizzazione hanno contribuito alla sistematica distruzione delle risorse della Terra, e oggi è più che mai necessaria una trasformazione delle nostre abitudini e dei nostri sistemi di produzione. È possibile che una cultura del cambiamento possa diventare egemone e che un'altra politica possa realizzarsi? Con una democrazia in grado di riappropriarsi di uno sguardo dal basso, e quindi attraverso il civismo, capace di segnalare alla classe dirigente come intervenire per il benessere collettivo, sarà possibile costruire un governo mondiale che impieghi tutte le sue forze per la pace globale e la salvaguardia del nostro pianeta?
Cosa unisce il ronzio di una zanzara al destino economico e politico dell'Italia, e quindi dell'Unione Europea? Tanto. Molto più di quanto si possa immaginare. "Non è andato tutto bene" investiga, scava e disegna il possibile scenario che emergerà nel mondo e nell'Italia del dopo Coronavirus. Con ironia e leggerezza, passione e precisione, si analizzano i mesi marchiati dal demone Covid-19, che rappresenta la logica e inevitabile conseguenza degli eventi accaduti negli ultimi quattrocento anni. Attraverso osservazioni, annotazioni e interviste a esperti, il libro ricostruisce il fil rouge multidimensionale che lega eventi lontani tra loro nello spazio e nel tempo, narrando le occasioni perse e quelle da non perdere nel nostro prossimo futuro: dalla devastazione delle foreste vergini ai rischi dell'homo deus; dagli allarmi pandemici ignorati per anni alla politica sempre più evanescente e rivolta al controllo dei cittadini.
Il coronavirus sta velocizzando la mutazione tecnologica e sta rendendo il dibattito sui gemelli digitali più che mai urgente. Il gemello digitale è la nostra vita riprodotta e raccontata dai dati; un "altro noi" che si fa strada grazie al mondo degli assistenti virtuali, che incarna tutte le facoltà umane e le trasforma in un tutt'uno, rendendoci «trasparenti». Saremo capaci di gestire questi strumenti per il bene di tutti, o finiremo per delegare loro poteri considerevoli, perdendo le capacità che ci rendono esseri umani, come l'intelletto, il giudizio, l'immaginazione? L'unico modo per non farci sopraffare è riuscire a riappropriarci della gestione dei nostri dati, pretendendo garanzie politiche e giuridiche più elaborate di quelle già esistenti. Dobbiamo essere noi a costruire il nostro gemello prima che lo facciano altri. Prefazione di Roberto Saracco.
La lingua madre della Città Eterna è il latino, ma davvero gli antichi romani parlavano solo quello? E come siamo passati dal latino al romanesco? Si può dire che Roma non abbia un vero dialetto ma una parlata? Luca Serianni risponde a queste domande partendo dai primi insediamenti etruschi e latini per arrivare alle lingue contemporanee della capitale, passando per la fase cruciale dei Papi medicei del Cinquecento, la cui corte è principale artefice della "toscanizzazione" del volgare parlato a Roma. Ma sono tante le incursioni linguistiche che hanno modificato il romanesco arcaico. "Le mille lingue di Roma" è una mappa che segue le sorti alterne di una lingua forgiata da dinamiche costanti di integrazione e che ha per risultato l'essenziale e originario plurilinguismo della nostra capitale.
Se il migliore scenario possibile, per molti, è un rapido ritorno alla normalità dopo la lunga parentesi del Covid-19, è lecito chiedersi come sarà questa normalità. Il "domani" è da virgolettare, perché non si tratta solo di individuare l'orizzonte che segnerà la fine dell'emergenza: avremo una fase di benessere, pace serenità, più simile a una situazione post-bellica, e perché non post-patologica, di post-povertà? Oppure tutti questi post- potranno collassare in un dis-, un contesto dis-umano arido di valori condivisi e comunione sociale?
Con la crisi cambiano relazioni, potere, politica, economia, religioni, Europa, mondo globale. Le crisi svelano il meglio di una comunità nazionale, o il peggio. Anche in termini di potere. Il tentativo di rispondere alle domande fondamentali sul potere non appartiene solo alla ricerca scientifica, ma anche alla vita quotidiana, all'esperienza che ognuno di noi fa nelle varie istituzioni in cui è inserito, da quelle più semplici come la famiglia, o una piccola associazione, a quelle più complesse, come aziende, scuole, università, comunità di credenti, sindacati, partiti politici, strutture burocratiche, organismi nazionali e internazionali. Rocco D'Ambrosio analizza i tanti aspetti antropologici ed etici che stanno alla base di queste dinamiche, perché chi esercita il potere è prima di tutto uomo o donna, con tutto il suo carico fisico, intellettuale ed emotivo.
Marzo 2020, ha inizio la reclusione forzata. I media rilasciano notizie allarmanti e contraddittorie, gli stessi medici che minimizzavano sono in tv a fornire cifre catastrofiche. C'è un'emergenza reale, il collasso della sanità, che viene affrontata in maniera fallimentare: molti dei malati non sono curati adeguatamente o non sono curati affatto, e la strategia del "contatto zero" ha come risultati l'isolamento del paziente, innumerevoli morti evitabili e azioni disumane. C'è poi un'altra emergenza che esiste soprattutto nella propaganda, si nutre di capri espiatori, è assecondata dai giornalisti e arriva a reti unificate; il popolo rimane in balia del copione che perpetua il lockdown per tutti, nelle regioni più colpite come in quelle con bassa circolazione del virus, e chi dissente da questa narrazione viene stigmatizzato. "La vita che ci state rubando" è un'analisi critica dei numeri della pandemia che racconta gli effetti sociali del virus, le inadempienze nella risposta delle istituzioni, il ruolo dei mass media, lo smarrimento del senso di libertà dei cittadini, e della stessa capacità di reagire agli abusi.
L'esasperazione delle disuguaglianze nel nostro Paese si può combattere solo agendo sui meccanismi di formazione della ricchezza. Si può ancora intervenire nella rivoluzione tecnologica, con un programma che si interessi al lavoro, alle donne e al futuro delle giovani generazioni? Fabrizio Barca espone l'ambizioso lavoro collettivo del Forum Disuguaglianze Diversità, le cui proposte sollecitano una radicale riconsiderazione delle politiche pubbliche attuate finora. Punti concreti e attuabili volti a rovesciare la retorica pessimistica, per trasformare la rabbia in leva per l'avvento di una nuova stagione di emancipazione e giustizia sociale.
Oscuro stregone o geniale scienziato, artista illuminato da Dio o eretico miscredente? Tra la Firenze di Savonarola e Machiavelli e la Roma dei rivali Michelangelo e Raffaello, nella vita di Leonardo da Vinci si ritrovano tutta la magnificenza e le contraddizioni del Rinascimento: un'età dell'oro per le arti, con l'umanesimo e la scoperta dell'America, ma anche un'epoca di fanatismo religioso e caccia alle streghe, con l'Inquisizione e i roghi di libri. Nel 1901 Merekovskij non pubblicò solo un romanzo storico, ma anche la più penetrante delle biografie di Leonardo: un uomo semplice e tormentato che viveva il mondo come un'eterna scoperta, curioso come un bambino; capace di studiare per settimane il volo di una mosca "con la stessa matita e lo stesso amore con cui poco prima aveva disegnato il divino sorriso della Vergine". Un precursore che diede tutto se stesso nel tentativo di donare le ali all'umanità, ma che era destinato a rimanere incompreso fra i suoi contemporanei, come un "uomo che si sveglia nel buio, troppo presto, mentre tutti gli altri dormono ancora".
Merezkovskij Dmitrij S. (San Pietroburgo, 1865 - Parigi, 1941) Scrittore, poeta e critico, è annoverato tra i padri del simbolismo russo. Spirito libero poco incline ai compromessi, combatté sia l'autocrazia zarista sia la rivoluzione bolscevica, e nel 1917 fu costretto a emigrare a Parigi. Dopo aver ricoperto per oltre cinquant'anni un ruolo predominante nella cultura russa ed europea, dalla fine degli anni Trenta è stato progressivamente dimenticato, per essere riscoperto solo negli ultimi decenni. Nel 2013 Castelvecchi ha pubblicato il suo romanzo La morte degli dèi, sull'Imperatore Giuliano l'Apostata.

