
Uno dei maggiori esperti italiani della nonviolenza sintetizza, per un primo approccio propedeutico, i luoghi comuni più erronei sul tema e, dopo aver analizzato i tre ambiti in cui sperimentiamo la violenza (nella comunicazione sociale, negli scontri istituzionali e nei rapporti interpersonali quotidiani), l'autore illustra i principi essenziali della nonviolenza (da Gandhi a Galtung), le sue tecniche, le sue regole etiche, i suoi campi d'applicazione (dalla mediazione familiare all'opposizione alle guerre fra Stati). L'agile volumetto è completato con delle schede bio-bibliografiche su alcuni dei maggiori protagonisti della storia della nonviolenza nel mondo e con delle indicazioni pratiche per collegarsi con le 2 maggiori associazioni nonviolente in Italia.
Il volume è la testimonianza di un medico che ha dovuto affrontare innumerevoli sfide fin dall'inizio della carriera per preservare la propria integrità. L'autore rivela le umiliazioni subite in un sistema sanitario permeato da favoritismi e ingiustizie, alimentati da interessi e relazioni non sempre trasparenti. Queste difficoltà hanno continuato ad affliggerlo nel corso degli anni, sia durante il lavoro in ospedale sia nelle attività di consulenza giudiziaria, esperienze segnate da ripetute e gravi forme di intimidazione. Il racconto illustra i rapporti con valorosi magistrati che hanno sacrificato tutto nella lotta contro la criminalità organizzata. Inoltre, mette in luce la prepotenza di una parte del mondo sanitario, determinata a mantenere i privilegi e a ostacolare l'integrazione di una nuova generazione di professionisti che non si piega al sistema esistente. Alla fine, emerge la sensazione di solitudine di un individuo che, nonostante opportunità allettanti, è rimasto saldo nel difendere i suoi principi e la sua integrità.
Il cristianesimo è compatibile con il modo di pensare e di vivere dei mafiosi? Perché le chiese cristiane nel Meridione italiano albergano e nutrono questo male? Vescovi, preti, frati, suore, laici impegnati in associazioni cattoliche, membri di chiese derivate dalla Riforma protestante, movimenti evangelicali... talora praticano dolorose collusioni, talatra testimoniano coraggiosa contrapposizione, spesso - purtroppo - mostrano illusoria indifferenza. Per avere dei materiali scientificamente attendibili, sull'ultimo secolo e mezzo di queste alterne vicende, vengono qui proposti alcuni fra i testi più significativi, con particolare attenzione a eventi e personaggi degli ultimi decenni. Nella speranza che una ripresa convinta e coerente del messaggio originario di Gesù induca i credenti a spezzare ogni compromesso con il dominio mafioso.
Don Giuseppe Diana fu ucciso il 19 marzo del 1994 nella sua chiesa a Casal di Principe. A vent'anni da quel delitto di camorra, il libro racconta, attraverso il dialogo tra don Diana e il padre Gennaro, cosa è avvenuto dopo la morte del sacerdote. Una storia tra romanzo e cronaca che descrive le tappe più significative di una vicenda che ha fortemente segnato un territorio che oggi tenta il riscatto proprio nel nome di don Diana. I capi camorra sono tutti in carcere e le nuove generazioni cercano altri punti di riferimento. La camorra e la violenza sono i protagonisti di ieri. I giovani e le associazioni che gestiscono i beni confiscati sono i protagonisti di oggi. L'eredità del passato è pesante e la crisi sociale non aiuta a scegliere nuove strade. Il rischio di tornare indietro è concreto. Un argine lo sta faticosamente costruendo un popolo nuovo. È il popolo di don Peppe, che vuole trasformare quelle che una volta erano conosciute come le terre della camorra, nelle terre di don Diana.
Peppino Impastato, assassinato a trent'anni dai mafiosi di Cinisi nel 1978, non era un "eroe solitario" in lotta contro le cosche: era un militante politico dell'estrema sinistra che aveva coagulato intorno a sé, nella Cinisi del capomafia Tano Badalamenti, un gruppo di giovani e di collaboratori che, in tempi e modi diversi, lo hanno affiancato sino alle ultime ore di vita, continuando dopo la battaglia per riabilitarne la memoria, contro il depistaggio delle indagini. Salvo Vitale, che ha condiviso il percorso politico e culturale di Peppino, ha raccolto, inquadrandoli nel loro momento storico, ricordi e testimonianze di alcuni compagni, ai quali la vicenda umana e politica del militante siciliano dell'Antimafia ha lasciato un segno indelebile.
Le interpretazioni sulla mafia sono state sviluppate in molti libri e nelle sentenze dei tribunali, quello che continua a difettare è la genesi delle cause. Ci vengono offerti ragionamenti irti di nomi, strategie, traffici internazionali, guerre fra cosche vincenti e perdenti, sempre dentro scenari recenti e con protagonisti feroci finché si vuole, il cui potere però non si spiega senza chiarire le circostanze che lo hanno reso possibile. Forse si teme che la strada da fare a ritroso nel tempo porti lontano, smarrendosi in contrade dove gli indizi diventano vaghi e i contrasti poco definiti. Ma tentare di ricostruire come il sistema mafioso si è radicato nel tempo lungo della storia, così duttile da mimetizzarsi e poi rispuntare esibendo nuove vitalità, serve a comprendere il nostro frastornato presente.
Ci sono storie che vanno raccontate. Per senso della memoria, perché rappresentano un pezzo importante della nostra storia. Vanno narrate anche quando accadono a Casal di Principe o a Castel Volturno. È terra del clan dei casalesi che, in un capovolgimento semantico e culturale, ha scippato il nome ad una comunità. Ma questi sono luoghi in cui vivono soprattutto tante persone perbene. Domenico Noviello era una di queste. Uno degli “altri Casalesi”. Uno dei veri Casalesi.
In questo volume, Paolo Miggiano ne ripercorre l’impegno antiracket e la rettitudine morale, testimoniata oggi dai figli, che mostrano, con fragile fierezza, il loro dolore di sopravvissuti all’immane tragedia. L’altro Casalese è un libro sulla camorra e l’anticamorra, ma restituisce dignità narrativa a una persona che non si è chinata alle imposizioni dei clan. Quella di Domenico Noviello è una storia importante. Una storia non proprio troppo comune, ma che può ripetersi e accadere ovunque. La sua è la storia di un uomo che non voleva affatto diventare un eroe, ma essere solo un uomo normale. Noviello fu ucciso perché lasciato solo. Per la sua morte ci dobbiamo sentire tutti un po’ vittime, ma anche un po’ carnefici. Per questo la sua è una storia che dobbiamo conoscere.
Quando il pregiudizio è più importante del giudizio Gli atti di violenza contro le donne costituiscono la spia rossa di un retroterra culturale e sociale più ampio: il sistema patriarcale, maschilista, in cui gli uomini godono di posizioni privilegiate rispetto all'altra "metà del cielo". Lavorare per equilibrare diritti e doveri fra i due generi è interesse delle donne, ma anche dei maschi. In un mondo in cui il modello maschile è unico (l'uomo duro, combattivo, produttivo, cacciatore, dominatore...), essi rinunciano alla ricchezza di tante potenzialità intellettive, affettive, sessuali. Ecco perché in Italia è nato il movimento "Maschile plurale": gruppi di uomini che si riuniscono periodicamente, in varie città, per incontri di autocoscienza e per progettare interventi formativi nel sociale. In queste pagine, per la prima volta, a raccontare la propria esperienza sono maschi meridionali.
Francesco Renda prende come punto di riferimento il 1961, anno in cui viene realizzato il film di Rosi su Salvatore Giuliano, e scrive quella che più volte definisce "una biografia storica" analizzando le fonti con l'obiettivo di proporre al lettore la verità storicamente determinata sul bandito di Montelepre. Intorno a Salvatore Giuliano trasformato in mito tornano ad addensarsi le nebbie sentimentali che lo promuovono a bandito sociale, una sorta di Robin Hood siciliano. Renda lo riporta invece nel quadro temporale della Sicilia del secondo dopoguerra, e bastano i numeri a tracciarne il profilo perché, come scrive lo storico, "i morti ufficialmente attribuiti a Giuliano assommano alla cifra impressionante di 430, per lo più povera gente, contadini innocenti, battaglieri sindacalisti, carabinieri e poliziotti". Questo saggio, proposto nel 2020 in cui cadono i 70 anni dall'uccisione di Salvatore Giuliano, è arricchito da un contributo di Francesco Giuffrida e dalla postfazione di Rosario Mangiameli.
Questo lavoro è stato pensato per favorire un approccio alla Commedia agile e capace di suscitare interrogativi, quando non veri e propri percorsi meditativi, su temi esistenziali particolarmente caldi, quali amore, odio, desiderio, crudeltà, libertà, responsabilità, coraggio, essenzialità ed altro ancora. Il poema dantesco entra in dialogo con intellettuali di primissimo piano quali Bauman, Morin, Galimberti, Savater, Recalcati, Giorello, ma anche con artisti quali Doré, Dalì, Blake o cantautori come Battiato, Dalla, De André o Vecchioni, e questa incessante conversazione culturale che attraversa le epoche ha lo scopo di coinvolgere non solo gli insegnanti che desiderino rendere quanto più possibile formativo, trasversale, e soprattutto per nulla nozionistico, lo studio del capolavoro dantesco, ma anche tutti coloro che, pur avendo studiato Dante da giovani, vogliono recuperarne tutta la freschezza e l'attualità.
Questo libro è insieme la storia di vita di una donna divisa tra un marito mafioso e un figlio schierato radicalmente contro la mafia e un punto di svolta nel percorso che ha portato a fare giustizia di un delitto di mafia camuffato da attentato terroristico. Il racconto di Felicia è la rappresentazione di una tragedia quotidiana, in cui lo scontro tra padre e figlio, al di là del conflitto generazionale, diventa prologo di una guerra di liberazione, tanto più difficile e traumatica quanto più è legata a vincoli di sangue. Di questa guerra Felicia è protagonista e narratrice, acuta e instancabile, tenera e impietosa, e la sua volontà di tenere aperta la porta di casa, dopo la sua morte, è la predizione di una storia che continua.
Uno straordinario racconto scritto da un testimone diretto delle stragi del 1992. Ripercorrendo le idee-guida che Falcone e Borsellino hanno lasciato come testamento politico-culturale, il volume ne sottolinea l'attualità a 30 anni dalla morte dei magistrati. Un bilancio di ciò che in questi anni è avvenuto, di positivo e di deludente, nella storia dell'antimafia in Italia. La mafia come soggetto militare è in forte difficoltà; non altrettanto come soggetto politico, economico e culturale dal momento che i circa cinquemila affiliati a Cosa Nostra possono contare su un'ampia area di sostenitori e simpatizzanti per convenienza o per paura. La diagnosi, impietosa, si intreccia con alcune indicazioni terapeutiche affinché questa lunga battaglia per la giustizia e la democrazia possa essere finalmente vinta.