
Clemente Rebora (1885-1957) in reazione al materialismo cercò una forma poetica carica di idealismo, che potesse rinnovare l'anima. Tuttavia sarà solo con l'esperienza della Prima Guerra mondiale che Rebora approdò a un vero rinnovamento interiore: la conversione al cattolicesimo e la decisione di diventare sacerdote e entrare nell'Istituto della Carità di Domodossola, fondato da Antonio Rosmini. Questa serie di saggi fanno luce proprio sul passaggio dal primo al secondo Rebora, sottolineandone la continuità di pensiero e l'idea della missione del poeta cristiano, in un tempo in cui la presenza di Dio viene ignorata dalle coscienze.
Con la sua analisi e partecipazione attiva, il suo scrivere e sorprendere il testo di Morgan nei suoi anfratti dove si nasconde e si rivela quella sua fede poetica nella "visione" di Lucca, Chiara Calabrese si assume efficacemente il bellissimo compito di rivelarci e comunicarci la profondità e la bellezza di queste pagine di Morgan in cui la "città del Guinigi" è luogo per eccellenza per aprire e dispiegare quanto Coleridge ha riassunto in una frase perfetta: "la fede poetica consiste in un momento di volontaria sospensione dell`incredulità". In questo senso, anche Chiara Calabrese, nel suo dolce e fermo concentrarsi sulle pagine del romanzo di Morgan, compie un atto di fede verso la sua Lucca. Un omaggio, diretto e indiretto, verso questa sua città che lei sente vibrare nelle "scintille" dei grandi viaggiatori inglesi.
"Credo che l'artista debba operare per svegliare e dilatare questa scintilla di assoluto che è in tutti, e che ci fa veramente uomini", affermava Diego Fabbri (1911-1980), una delle più alte e intense espressioni di quel "teatro cattolico" che darà altri straordinari esempi di feconda vitalità. Nel suo teatro, in effetti, Diego Fabbri, riconosciuto come autore di sicuro talento anche dai suoi critici più prevenuti, mette in scena una fede cristiana che si interroga e interroga senza posa lo spettatore fino a delineare quel senso "tragico della vita" che accomuna l'umanità migliore e più attenta alla realtà spirituale del vivere, e molto al di là degli steccati ideologici o confessionali. Scandagliare l'uomo, dunque, per giungere a quel mistero di Dio rivelato nella vicenda, scandalosa e luminosa, della croce e risurrezione di Gesù di Nazaret. A distanza di tanti anni, in un clima culturale mutato, sempre più teso ma anche aperto alle ragioni della speranza, cosa rimane e cosa può dirci ancora il teatro di Diego Fabbri? È la domanda a cui cercano di rispondere, da vari angolazioni, i contributi qui proposti.
La Rivoluzione Francese del 1789 costituisce un punto di riferimento storico di grande rilevanza perché durante il suo corso, per la prima volta in epoca moderna, l'idea di fratemità, affiancata dai principi di uguaglianza e libertà, viene interpretata e praticata politicamente. La fortuna dei tre principi nella storia è stata però diversa: mentre libertà e uguaglianza hanno conosciuto un'evoluzione che le ha portate a diventare vere e proprie categorie politiche, capaci di esprimersi sia come principi costituzionali, sia come idee-guida, di movimenti politici, sull'idea di fraternità è calato il silenzio. Di fronte alla problematica realizzazione della libertà e dell'uguaglianza anche nei Paesi democratici più sviluppati, la riflessione politologica oggi si chiede se tale situazione non sia dovuta proprio al fatto che l'idea di fratemità sia stata a livello politico disattesa. Attraverso il contributo di diverse discipline (dalla filosofia politica al diritto costituzionale, alla storia delle dottrine politiche) l'Autore propone una originale pista di riflessione circa la possibilità della fratemità come categoria politica.
L'idea di fraternità, pur presente in culture anche molto diverse, non sembra che possa facilmente assumere di per sé una qualche rilevanza giuridica. Nato nell'ambito della religione giudaica, tale concetto nel venir accolto dalla religione cristiana si arricchisce dell'idea di uguaglianza di tutti gli uomini senza distinzione di razza o di appartenenza politica. Un ulteriore passo in avanti nella sua elaborazione si compie con l'affermazione delle dottrine giusnaturalistiche: queste aspirano infatti ad universalizzare la fraternità sganciandola da una qualsivoglia credenza religiosa, senza riuscire però a trasformarla in un principio giuridico. È proprio attorno al concetto di fraternità e alla sua elaborazione come principio giuridico che ruotano i contributi del presente volume.
L'ambito di ricerca del presente volume si incentra sul binomio democrazia-partecipazione. La resistenza del fascino della democrazia, dopo venticinque secoli da quando se ne coniò il termine, ne conferma uno dei caratteri essenziali: la possibilità di correggere se stessa, di modificare il proprio statuto e adattarlo all'evolvere dei luoghi e dei tempi, in modo coerente alla cultura dei popoli, ai loro principi e ai loro valori. La partecipazione è il denominatore comune che definisce tutti e quattro i cardini di una definizione minima di democrazia: il suffragio universale della popolazione adulta; elezioni libere, ricorrenti, corrette; un sistema plurale di partiti politici; diverse e alternative fonti di informazione. Potenziando le dinamiche partecipative, si presta maggiore attenzione alla dimensione della sussidiarietà, ai mutamenti della struttura sociale e ai suoi valori, ai caratteri specifici dei territori e agli elementi culturali, e favorendo la partecipazione dei cittadini si opera senza dubbio una scelta di intelligenza democratica. In questo quadro, partecipare è anzitutto espressione di una universale e incomprimibile attitudine a coinvolgersi, e concorrere al bene comune chiede azioni sensate e intelligenti, capaci di integrare anche nella decisione politica le modalità specifiche dell'agire umano, valorizzando e sostenendo anzitutto le capacità di tutti i soggetti coinvolti, nella ricerca costante di una democrazia «tuttora in corso di invenzione», scenario di continue sperimentazioni e, per questo, spazio aperto alla speranza di una convivenza autenticamente umana.
Il principio di fraternità è presente nell'ordinamento costituzionale? È la domanda sulla quale si traccia un itinerario di ricerca. L'esperienza di altri ordinamenti (quello francese in primis) e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo dell'ONU lo conferma. In questi anni l'attenzione a tale principio è cresciuta anche tra i giuristi, stimolati a rivisitare l'applicazione del principio di solidarietà dalla crisi che attraversano i sistemi di welfare state. Lo studio intende mostrare come la Costituzione italiana rappresenti una traduzione fedele e paradigmatica di un modo di pensare l'organizzazione politica attorno a un'interpretazione del rapporto uomo-società centrata sul principio di fraternità.
Vivere governandosi attraverso leggi condivise è difficile, ma inevitabile. Lo riassume bene la figura di Caino: egli rifiutò suo fratello; ma fu poi il fondatore, nella tradizione biblica, della prima città, nella quale la convivenza fraterna era resa possibile attraverso la legge. Il libro costituisce uno dei frutti più maturi delle ricerche sulla fraternità, mettendo al centro dell'interesse la fraternità intesa come principio relazionale. I contributi affrontano le prospettive diverse e complementari del dibattito contemporaneo.
Uno studio teologico e filosofico che attinge alle recenti teorie linguistiche, per una prospettiva di etica della comunicazione.
La relazione tra governanti e governati un ruolo fondamentale nella rifondazione delle nostre democrazie. Il dibattito sulla riforma della legge elettorale e il crescente sentimento di disaffezione dell'opinione pubblica verso la politica conferiscono nuova attualità alla riflessione in corso da anni sui fondamenti della democrazia e sulle sue caratteristiche di rappresentatività e partecipazione. In tale dibattito ritorna spesso il concetto dell'accountability che regola la relazione tra governanti e governati, fondata sui meccanismi di domanda, giustificazione e controllo, che rendano più agibile la partecipazione politica. Si tratta di uno strumento che può giocare un ruolo fondamentale nella rifondazione delle nostre democrazie. Nel presente studio gli autori spiegano il concetto di accountability, ne indagano le origini, le evoluzioni nella storia e, infine, ne individuano le possibili applicazioni nel contesto contemporaneo.
L'incidenza delle religioni nelle relazioni internazionali, un ruolo chiave nella promozione di forme organizzate di collaborazione internazionale. Lo scenario politico e sociale internazionale è oggi in profonda trasformazione. L'attentato alle Torri Gemelle, la globalizzazione, l'emergere di nuovi giganti economici hanno ridisegnato il quadro geopolitico mondiale. In tale contesto gli analisti di politica internazionale guardano con sempre maggiore interesse alle religioni come ad un elemento chiave. Alcuni importanti processi che vedono coinvolti come attori importanti le religioni infatti ne hanno determinato la riapparizione sulla scena pubblica: come elemento talvolta problematico (ad esempio la rivoluzione islamica in Iran, l'11 settembre 2001 e la minaccia del terrorismo di Al Qaeda) o come straordinaria risorsa per il ruolo sempre più rilevante nella promozione di forme organizzate di collaborazione internazionale. L'autore, grazie anche ad una ampia e lunga esperienza diplomatica, offre una lettura originale, approfondita e ben documentata dell'incidenza delle religioni nelle relazioni internazionali attuali.
Il conflitto caratterizza e costituisce la relazione con sé, con gli altri coinvolge il nostro mondo interno, gli interessi, i nostri valori e le nostre culture, la conoscenza di noi stessi e del mondo. I livelli a cui si può esprimere, quindi, sono quello intrapsichico, le relazioni con gli altri, i gruppi in cui siamo coinvolti, le istituzioni e le organizzazioni, la nostra vita pubblica e collettiva. L'autore propone, in modo accessibile e documentato, le principali riflessioni che possono aiutare a comprendere che il conflitto non è la guerra, ma indica le vie del dialogo e del confronto generativi. Molto spazio è dato ai suggerimenti operativi per una pratica efficace e evolutiva del conflitto nella vita, nel lavoro, nella nostra esperienza sociale e nel cercare di cambiare idea e comportamenti, in ogni campo e, in particolare, nel divenire parte del tutto nei sistemi viventi a cui, di fatto, apparteniamo.