
La versione ufficiale racconta che Aldo Moro viene rapito il 16 marzo 1978 dalle Brigate rosse e che lo Stato rifiuta ogni tipo di trattativa con i rapitori. La conseguenza: l'ostaggio viene ucciso il 9 maggio. Nel corso degli anni però si sono rincorse le voci su un'altra trattativa politica e segreta, fallita in extremis. Più volte si è ipotizzato anche che il prigioniero possa essere stato ucciso non nella periferia di Roma, come dicono le Br, ma al centro della capitale, in quella via Caetani dove fu ritrovato il corpo. Per la prima volta attraverso queste pagine alcuni testimoni diretti, molto vicini alla vicenda, raccontano che il 9 maggio del 1978 lo statista democristiano doveva essere liberato, a seguito di un accordo. La Santa Sede, infatti, stava per consegnare ai brigatisti un riscatto di 25 miliardi di vecchie lire. Contestualmente, la Dc stava per esprimersi a favore di una trattativa umanitaria mentre il Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, si apprestava a firmare un provvedimento di clemenza nei confronti di un terrorista in carcere. Ma, soprattutto, ci sarebbe stato il riconoscimento delle Br come soggetto politico da parte del governo della Jugoslavia del maresciallo Tito, leader dei Paesi non allineati. Via Caetani doveva essere dunque il luogo dello scambio ma divenne quello del delitto. Perché quell'accordo saltò?
«Ho conosciuto il sistema massonico dall'interno. Ho voluto offrire un affresco inedito degli ultimi venti anni che consenta di entrare dentro le storie segrete dei tre più importanti gruppi massonici italiani. Uno spaccato delle vicende che hanno segnato le logge trascinandole, anche più volte, nelle aule di giustizia».
Niccolò Machiavelli è uno dei padri del pensiero politico moderno e i suoi libri – da Il Principe ai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio alle Istorie fiorentine – continuano ad essere letti, studiati e discussi. Persiste ancora tuttavia il luogo comune di un Machiavelli cattivo maestro, teorizzatore dell’opportunismo politico, pronto a giustificare l’amoralità del potere e di chi lo esercita. Maurizio Viroli, uno dei maggiori esperti del filosofo italiano, dimostra in questo libro agile e denso quanto questa idea sia sbagliata. Il pensiero di Machiavelli è infatti ispirato a un sincero amore per la libertà repubblicana, vive di un confronto intenso con i classici dell’antichità, appare complesso e articolato perché si confronta costantemente con la realtà dei fatti, con l’azione politica.
Viroli ci introduce così, senza pregiudizi, alla lettura di Machiavelli, restituendoci l’immagine di un autore mosso da profonde passioni e, soprattutto, ancora necessario per interpretare il nostro presente.
«Viroli riesce a offrirci un ritratto affascinante, un necessario antidoto ai cliché di opportunismo disonesto per i quali Machiavelli è largamente conosciuto» The New New York Times Book Review
Cosa rimane delle rivolte scoppiate spontaneamente nei principali Paesi della sponda Sud del Mediterraneo? Tra la fine del 2010 e l'inizio del 2011 la "Primavera araba" per mesi ha inondato di notizie i media di tutto il mondo. E la caduta dei regimi sembrava coincidere con l'inizio di un periodo di ritrovata stabilità. Oggi, però, lontano dalle telecamere, l'area del Maghreb continua a mutare in modo caotico. Le giovani e fragili democrazie vengono minate da continui eventi drammatici - come, di recente, l'uccisione in Tunisia di Chokri Belaid - che ci obbligano a non chiudere gli occhi. Un caos con inevitabili ripercussioni anche sull'Europa. Dove sta andando il Mediterraneo? Quale ruolo avrà l'Italia nello scacchiere del Mare nostrum? E come dovrà guardare, d'ora in poi, l'Europa il proprio passato coloniale, al cospetto di un mondo - l'Africa, innanzitutto - da cui inaspettatamente sono spirati nuovi venti di rivolta? L'attenta penna di Franco Rizzi, tra i massimi esperti di storia del Mediterraneo, risponde a tutte queste domande, lasciando intravedere cosa sarà dell'intero assetto geopolitico dell'area.
Ogni mutamento epocale provoca profondi mutamenti nel lessico, che si presenta come espressione neutrale e oggettiva di processi sociali "naturali", ma nasconde invece una gerarchia di poteri: siamo immersi in un groviglio di parole attraverso cui pensiamo di esprimerci liberamente, ma in realtà siamo per lo più "parlati". L'analisi di Pietro Barcellona, filosofo e originale interprete della società contemporanea, è puntuale e spiazzante, rifiuta ogni tentazione riduzionista e attraversa con agilità i diversi campi del sapere, mette a confronto i filosofi, i poeti, gli economisti, ricostruisce la storia di alcuni termini chiave - riformismo, cittadinanza, merito, rivoluzione evidenziandone i progressivi slittamenti di significato. Un'espressione come "i mercati ci guardano", reiterata nella strategia comunicativa del neoliberismo, rievoca ad esempio le formule che, in epoche remote, facevano appello all'occhio divino che scruta il mondo per ottenere l'ossequio all'autorità; un termine come esodati nasconde invece, dietro la suggestione biblica, l'imposizione di un commiato dalla società, senza nemmeno la speranza della tragedia greca, in cui nell'esodo, ultimo canto del coro, il deus ex machina risolve improvvisamente una situazione senza via d'uscita. Mostrando come la crisi che viviamo sia tanto economica e politica quanto antropologica e spirituale, Barcellona esamina i rischi di un inaridimento del linguaggio celati dietro l'affermazione del pensiero unico...
Scrittore e credente, seduttore e martire, Søren Aabye Kierkegaard per primo ha costruito il suo mito. Dal peso della figura paterna, con la sua eredità di rigorismo religioso e senso di colpa, alla storia d'amore con Regine Olsen; dal rifiuto dell'hegelismo allo scontro con la Chiesa danese, il suo pensiero ostenta le fratture e gli slanci di una vita interiore che è stata una drammatica avventura dello spirito. A partire da questo materiale incandescente e contraddittorio, alternando analisi filosofica e introspezione psicologica, Garff ci restituisce la complessità di un uomo in balìa della sua opera. Dai tormenti del singolo prendeva così forma l'intransigenza del suo pensiero, la sua universalità e persistenza che farà di Kierkegaard un precursore dell'esistenzialismo e della sensibilità contemporanea.
Ma chi sono in realtà questi dissidenti? Da dove nasce la loro opposizione e che senso ha? Possono in definitiva cambiare qualcosa? Con questi interrogativi Vàclav Havel apre "Il potere dei senza potere", lo scritto che lo rese celebre e che terminò nel 1978, pochi mesi prima di essere arrestato. Il futuro Presidente della Repubblica Ceca qui porta a compimento la sua analisi dell'ordine socio-politico nei Paesi dell'Europa comunista: è il mondo del post-totalitarismo, che impone ai cittadini una "vita nella menzogna", dove i bisogni autentici dell'esistenza sono assenti o presi in considerazione solo come ingranaggi della macchina del sistema. In questo quadro, il dissenso non nasce da una presa di posizione ideologica - "l'uomo prende coscienza di essere un dissidente quando lo è già da un pezzo" - e il "potere dei senza potere" è il risveglio del bisogno di "vivere nella verità", è una fase elementare e sponranea della rivolta contro le manipolazioni che, da qualunque parre provengano, tendono sempre ad annullare il valore dell'individuo. Scritto con implacabile esattezza poetica, al di là del suo enorme valore storico e nella spietata disamina dei meccanismi del consenso, "Il potere dei senza potere" mostra allora la sua inquietante attualità.
Perché ci innamoriamo? Come si spiegano le nostre diverse reazioni di fronte all'arte, alla filosofia e alla religione? Perché i ricordi svaniscono? E dove nascono gli stereotipi etnici oppure la credenza nei fantasmi? Le innumerevoli domande sull'origine, la natura e il funzionamento della nostra mente finiscono spesso per perdersi nella vaghezza del mistero. Questo, invece, è un libro di risposte. Sfidando pregiudizi consolidati e demolendo teoremi un tempo indiscutibili, Steven Pinker ci guida alla scoperta dei più recenti progressi delle scienze cognitive e ricostruisce il programma straordinariamente complesso che rende possibili gli eventi della vita mentale che siamo abituati a dare per scontati: le meccaniche del pianto e del riso, dell'empatia e della percezione visiva. Facendo ricorso all'ingegneria inversa, che si interroga sugli scopi e l'organizzazione dei vari elementi che compongono una macchina, Pinker individua le funzioni alle quali la selezione naturale ha destinato la mente, un sistema di organi di calcolo che ha permesso ai nostri antenati cacciatori-raccoglitori di lottare, sopravvivere, prevalere. L'approccio di Pinker, uno dei più autorevoli studiosi di scienze cognitive, è rigoroso e multidisciplinare, spazia dalle neuroscienze alla biologia evolutiva compiendo efficaci e frequenti incursioni nelle discipline più disparate, come l'economia la psicologia sociale e la letteratura. Il risultato è una sintesi avvincente e monumentale - troppo ricca, esatta e pionieristica nei collegamenti e nelle conclusioni per essere ridotta a semplice divulgazione scientifica -, scritta con l'intelligenza, il ritmo e l'umorismo del grande narratore.
Esiste un'età nella vita di ciascuno in cui fioriscono le prime domande sul destino, sul significato dell'esistenza, sul senso spirituale delle cose. Premiato con il Premio Pulitzer per le sue ricerche sulla vita emotiva del periodo infantile, lo psichiatra Robert Coles conclude con questo volume uno studio di oltre trent'anni che ha saputo raccontare la sorprendente complessità interiore dei bambini, la loro capacità di analizzare in profondità questioni religiose, filosofiche e morali. Il professor Coles ha preso in esame 500 bambini tra gli otto e i dodici anni di differente formazione religiosa (cristiani, ebrei, musulmani, agnostici) e di differente provenienza (Nord e Sud America, Europa, Africa e Medio-Oriente). Ha condotto con ognuno di loro interviste approfondite, scoprendo la loro incredibile abilità penetrativa sui più complessi argomenti. Le loro risposte erano dettagliate, sapevano discuterne, mostravano disinvoltura a parlare di Dio, di etica, di giustizia, e sapevano affrontare con particolare equilibrio gli aspetti critici o contraddittori delle diverse dottrine. Libro di testo in molte università, La vita spirituale dei bambini costituisce uno degli studi che più hanno arricchito e influenzato l'evoluzione della psichiatria infantile.
Per la prima volta in un volume monografico le riflessioni sul sentimento dell’amicizia del grande pensatore, matematico e mistico russo.
«L’amicizia è la visione di sé negli occhi dell’altro», e in questo riconoscersi, nella condivisione totale della gioia e del dolore dell’esistenza, incomincia la rivelazione della Verità. Per Pavel Florenskij – il filosofo che ha saputo unire la poesia e la scienza nella fede – l’amicizia è la più elevata forma di conoscenza. Una conoscenza che si attua nell’azione, che vive di fedeltà assoluta e che rappresenta, sulla Terra, l’emanazione della forza di Dio che ama.
L’amicizia è l’undicesima delle dodici lettere contenute nel trattato La colonna e il fondamento della verità, uscito per la prima volta nel 1914 e summa del pensiero del filosofo russo. La scelta della forma epistolare non è un espediente retorico, ma una necessità profonda nella quale il vissuto di Florenskij e la sua riflessione teoretica si riflettono l’uno nell’altra.
Il “tu” a cui sono rivolte le lettere è infatti il genero Sergej S. Troickij, tragicamente morto anni prima. Tutto il testo, nella sua ricchezza enciclopedica e nei suoi vertici di lirismo, è allora anche il frammento di un dialogo ininterrotto con l’amico perduto, eppure, per sempre presente.
«L’amicizia come nascita misteriosa del Tu è il luogo nel quale incomincia la rivelazione della Verità […]. Questa rivelazione si compie nell’amore personale e sincero di due persone, nell’amicizia, quando a chi ama è concesso in forma previa, di distruggere l’autoidentità, di abolire i confini dell’Io, di uscire da se stesso e di trovare il proprio Io nell’Io dell’altro».
Pavel A. Florenskij
(Evlach, 1882 – Leningrado, 1937) Filosofo, teologo, matematico, inventore e religioso russo. La recente riscoperta della sua opera, dopo la fine del regime sovietico, lo ha collocato tra i massimi pensatori del Novecento. Laureato in matematica e fisica, si iscrive all’accademia di teologia e viene in seguito ordinato sacerdote. Nel 1933 viene accusato di attività controrivoluzionaria e condannato ai lavori forzati, dove continua tuttavia a scrivere e a brevettare invenzioni fino alla fucilazione, avvenuta l’8 dicembre 1937 nei pressi di Leningrado. Nei suoi scritti ha toccato, e intrecciato tra loro, i domini dell’arte, della fede, della scienza , della poesia e dell’esperienza intima; ricordiamo: Le porte regali (Adelphi, 1977), Il simbolo e la forma (Bollati Boringhieri, 2007), La colonna e il fondamento della verità (San Paolo, 2010) e Non dimenticatemi. Lettere dal gulag (Mondadori, 2000).
La vita di Dostoevskij è «un’opera d’arte, una tragedia, un destino». Per Stefan Zweig, nella biografia dei geni non solo possiamo scoprire la radice dei loro capolavori, ma anche la chiave per interpretarli e comprenderli. In questo libro, il saggio letterario e il ritratto psicologico s’intrecciano, si rispecchiano e si fondono l’uno nell’altro. Analizzando minuziosamente il volto segnato del grande scrittore russo, Zweig ne elenca le tragedie, le passioni e i rovesci, cerca con parole appassionate di rendere la grandezza spaventosa dell’opera e la sua spietata rivolta contro il destino. Mostra come Dostoevskij riuscisse a vivere fino in fondo anche le sofferenze più atroci, quelle dalle quali gli altri escono schiantati, e trarne ragione di vita e di scrittura. La povertà, l’epilessia, la deportazione in Siberia sono per lui la strada che scende nelle profondità dell’animo umano e lo eleva verso l’assoluto. E così il crimine e il vizio sono vissuti sia come caduta sia come missione. Il martirio e il peccato sono allora il nutrimento di un’arte che rifiuta ogni limite, attraversata da dualismi irrisolvibili e feroci: l’anelito alla fratellanza e il nichilismo, un sarcastico materialismo e il bisogno di Dio. La trascinante lettura di Zweig diventa così una riflessione sui confini e gli abissi della creazione attraverso l’opera di uno scrittore che si era imposto di esplorarli anche a costo della sua stessa vita.
Gerusalemme è il cuore del conflitto israelo-palestinese? O forse parlare di una "Gerusalemme Est" e di una "Gerusalemme Ovest" non ha più senso, dal momento che Israele pare aver definitivamente "annesso" l'altra metà? Secondo alcuni osservatori, il governo del territorio rappresenta una delle armi principali di una guerra "a bassa intensità" con cui ciascuna parte cercherebbe di consolidare la propria superiorità demografica e influenzare le opzioni in gioco, in vista dei negoziati finali. Si può dunque parlare di una città "normale"? In un contesto etnicamente e geopoliticamente diviso, in cui persino il nuovo treno metropolitano diventa oggetto del dibattito politico tra due gruppi nazionali che si scontrano nella pianificazione e nell'esperienza quotidiana della città, è possibile pensare a forme di convivenza tra comunità, che ne assicurino la coesistenza, il governo e lo sviluppo, traghettando Gerusalemme nel XXI secolo? In questa raccolta di saggi, alcuni tra i più illustri architetti, artisti e storici esperti di Medio Oriente spiegano come la regolare coabitazione tra i diversi gruppi all'interno della "Città Santa" rappresenti un effettivo strumento di tutela delle loro reciproche ragioni e dei loro diritti e quindi una concreta possibilità di pace durevole.