
Privilegi. Carriere. Misfatti e fatturati da multinazionale
L’inchiesta sul sindacato
Con un intervento del segretario della CISL Raffaele Bonanni
I sindacati sono oggi nel pieno di una profonda crisi di legittimità, che rischia di cancellare anche i loro meriti storici. Lo strapotere e l’invadenza delle tre grandi centrali confederali, e le sempre più scoperte ambizioni politiche dei loro leader, hanno prodotto nel paese un senso di rigetto. Lo documentano tutti i più recenti sondaggi di opinione: solo un italiano su venti si sente pienamente rappresentato dalle sigle sindacali e meno di uno su dieci dichiara di averne fiducia. L’immagine del sindacato come di un soggetto responsabile, capace di interpretare gli interessi generali, si è dunque dissolta. E ha lasciato il posto a quella di una casta iperburocratizzata e autoreferenziale che ha perso via via il contatto con il paese reale, quello delle buste paga sempre più leggere e delle fabbriche dove si muore troppo spesso. Un apparato che, in nome di una concertazione degenerata in diritto di veto, pretende di avere l’ultima parola sempre e su ogni cosa. Che si presenta come il legittimo rappresentante di tutti i lavoratori. Ma bada in realtà solo agli interessi dei suoi iscritti, che valgono ormai meno di un quarto dell’intero sistema produttivo nazionale. E perciò si mette puntualmente di traverso a qualunque riforma in grado di porre in discussione uno status quo fatto di privilegi.
Questo libro parla della nostalgia
che si appropria di oggetti e luoghi,
parla dell’incuria che l’uomo ha per il suo destino,
parla della violenza che la tecnologia moderna
opera sui nostri luoghi e sul nostro mondo,
del silenzioso camminare in un viottolo di campagna,
di cortili abbandonati,
della pioggia che cola sui vetri.
“La nostalgia è la nostra vita”, afferma Roberto Peregalli nelle prime pagine del suo nuovo saggio. Ma ci può ancora essere nostalgia di qualcosa in questo mondo tiranneggiato da scopi da perseguire a ogni costo, da violenze legalizzate e da un eterno presente in pace con se stesso? Sì, a patto di ripensare oggetti, luoghi e persone da un altro punto di vista, quello del tempo che lascia tracce del suo passaggio per chi sa coglierle. E allora, la facciata di una casa si pone come il volto di una persona, una finestra diventa lo sguardo di un edificio, la sottile membrana fra interno ed esterno, e il colore bianco rivela la sua sacralità legata all’irrompere della luce, quella vera, non il suo doppio artificiale in quei “lego” impazziti che sono le moderne costruzioni imposte da una tecnica scriteriata. È così che il silenzio delle case, degli oggetti, dei luoghi resta “in disparte tra le pieghe del mondo senza cedere ai trucchi e alle lusinghe del progresso”. E la nostra vita può ancora essere ritessuta secondo un orizzonte alternativo di senso. Dopo averci raccontato i segreti dell’invisibile per i Greci, Peregalli ci offre un’altra riflessione narrativa, tutta giocata sul filo di una memoria in cui il passato nelle sue innumerevoli sfaccettature ammaestra il nostro presente.
“Questo non è l’ennesimo libro divulgativo
sul contenuto o la storia delle teorie fisiche
einsteiniane: di libri del genere esistono
in commercio svariati buoni esempi tanto
in inglese quanto in italiano. Il nucleo più
importante del libro che avete tra le mani
vuole essere filosofico: nella misura in cui
riflessione filosofica e indagine scientifica
creano un fecondo cortocircuito speculativo
– e il caso di Einstein è da questo punto
di vista emblematico – esse contribuiscono
alla costruzione di un’immagine coerente
e concettualmente ‘robusta’ del mondo fisico.”
Il volume si concentra sulle riflessioni filosofiche ed epistemologiche del pensiero scientifico di Einstein e si propone di mostrare come tali dimensioni, spesso trascurate o sottovalutate, rappresentino un contributo profondo alla filosofia della scienza del Novecento e svolgano un ruolo strutturale nell’architettura concettuale dell’opera scientifica stessa di Einstein. Ne emergono la vitalità e l’attualità delle riflessioni epistemologiche einsteiniane per le discussioni contemporanee sulla natura e il ruolo delle teorie scientifiche, nonché su grandi questioni di fondamenti della fisica. Particolare attenzione è dedicata alle implicazioni del pensiero filosofico ed epistemologico scientifico di Einstein per il campo dei fondamenti della meccanica quantistica, nel quale – nonostante i luoghi comuni – la fecondità delle posizioni di Einstein appare incomparabilmente superiore a quella di altri “padri fondatori” come Bohr, che pure hanno per lungo tempo oscurato le profonde intuizioni di Einstein in materia.
Scritti tra il 1917 e il 1920, e ripubblicati nel 1928, i saggi che compongono Il bosco sacro costituiscono la prima fondamentale affermazione di Eliot come critico e teorico. Incentrato sul concetto di “integrità della poesia”, il volume rappresenta una vera e propria introduzione all’estetica eliotiana così come al suo mondo poetico. “La tradizione non è un patrimonio che si possa tranquillamente ereditare; chi vuole impossessarsene deve conquistarla con grande fatica.” Impostato come confronto costante con l’individualità del poeta (tra gli altri, Swinburne, Rostand, Ben Jonson, Dante, Blake) e come storia della poesia quale esperienza collettiva, il pensiero critico di Eliot è volto a tessere le connessioni tra “senso storico” e “esistenza simultanea della letteratura”. Punto di partenza per tutta la successiva produzione, Il bosco sacro è un testo fondamentale per conoscere l’opera di Eliot, ma anche una prova sorprendente del fascino della sua prosa.
“Qualcuno mi ha chiesto quale sarebbe
il primo provvedimento che prenderei
se fossi eletto democraticamente ‘presidente’.
Ebbene il primo provvedimento che prenderei
sarebbe quello di dimettermi,
perché se il paese mi eleggesse democraticamente
vorrebbe dire che non ha più bisogno di me.”
Marco Pannella è parte della storia della politica italiana del dopoguerra. Ma, pur avendo molto parlato e comunicato, prima di questo libro non si era mai raccontato. Per lui hanno parlato le sue battaglie, i suoi discorsi parlamentari a Roma e a Bruxelles, le sue resistenze, i suoi scioperi della fame e della sete. Alla guida di un “piccolo partito”, è spesso stato espressione di maggioranze degli italiani, interprete dei loro desideri, delle loro necessità, dei loro bisogni. Per questo non considera il suo un “partito minoritario”.
Stefano Rolando lo interroga, qui, a tutto campo: dalla formazione della classe dirigente nella Goliardia alla nascita del Partito Radicale, alle battaglie vinte per aborto, divorzio, obiezione di coscienza, all’attualità della politica. E gli chiede conto del suo retroterra politico e culturale. Su padri, figli e compagni di viaggio: da Mario Pannunzio ad Arrigo Benedetti, da Leonardo Sciascia a Elio Vittorini, da Pier Paolo Pasolini a Emma Bonino. Un libro agile e approfondito, punto di riferimento per chi voglia capire una personalità che ha marcato per sessant’anni la politica italiana.
“Dove il potere nega, in forme palesi ma anche con mezzi occulti, la vera libertà, spuntano ogni tanto uomini ispirati come Marco Pannella che seguono la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronte al suo oppressore: il rifiuto passivo. Soli e inermi, essi parlano anche per noi.”
Eugenio Montale (Corriere della Sera, 1974)
“Quel Pannella, credetemi, è il diavolo!”
Flaminio Piccoli (Segretario nazionale della Democrazia Cristiana, 1978)
Marco Pannella (Teramo, 1930), in gioventù nella sinistra liberale, ha rifondato a metà degli anni cinquanta il Partito Radicale di cui è tuttora leader. È entrato in Parlamento nel 1976. È stato per trenta anni europarlamentare. Ha condotto storiche battaglie referendarie per i diritti civili che hanno portato alla legalizzazione dell’aborto, alla scomparsa degli aborti clandestini, alla chiusura dei manicomi, alla legittimazione dell’obiezione di coscienza. Tra le molteplici iniziative internazionali quella che ha permesso di formare nel 2008 una maggioranza all’ONU contro la pena di morte.
“Apparteniamo all’umanità più agiata,
nutrita, sana, protetta e longeva
che abbia mai calcato la faccia della terra,
eppure sembriamo la più impaurita,
insicura, delusa, sfiduciata e isterica.
C’è qualcosa che non torna.”
Dal delitto di Cogne a quello di Garlasco, dalla strage di Columbine a quella di Erba, dall’attentato di Nassirya al terrorismo mediatico, i funerali di Giovanni Paolo II e l’elezione di Barack Obama, l’allarme pedofilia e l’emergenza ambientale, il nichilismo sessuale e quello giovanile, e poi gli outlet, i centri benessere, le sale massaggi, le badanti romene e le badanti oscene. Raccontando una serie di clamorosi casi di cronaca e analizzando i nuovi miti d’oggi, Antonio Scurati offre una mappatura del presente – dei suoi vizi, dei suoi limiti, delle sue inconsistenze. Con sguardo lucido e impietoso, con forza etica e polemica, con affilata sensibilità letteraria, Scurati riflette sulla trasformazione della nostra società, caratterizzata da un tempo che si consuma nella frammentazione e nell’istantaneità, senza darci modo di capirlo. E neanche di viverlo. Non a caso, in questa nuova dimensione dell’effimero trionfante – della futilità agghiacciante – pare non ci sia più nessuna voce abbastanza forte e libera da elevarsi al di sopra del frastuono televisivo. Ma non è così. E questo libro lo dimostra.
La prima biografia ufficiale di Paulo Coelho, per scoprire finalmente la verità su un’esistenza trascorsa tra le avventure più estreme, affrontate con il coraggio di un “guerriero della luce”. Fernando Morais ha avuto libero accesso alle carte segrete di Paulo Coelho, ai suoi diari, alle immagini mai pubblicate. E in anni di lavoro, ha scritto la storia entusiasmante di un uomo che ha affrontato e vinto le sfide delle sue tante vite: ha rischiato di morire alla nascita, ha flirtato con il suicidio, ha subìto il ricovero in un ospedale psichiatrico, ha sofferto la brutalità dell’elettroshock, è caduto nell’abisso della droga, ha provato diverse esperienze sessuali, ha incontrato il diavolo, è stato arrestato sotto la dittatura, ha contribuito alla rivoluzione del rock in Brasile, ha riscoperto la fede ed è divenuto uno degli scrittori più letti al mondo.
Paulo Coelho è nato a Rio de Janeiro nel 1947. È considerato uno degli autori più importanti della letteratura mondiale. Le sue opere, pubblicate in più di centosessanta paesi e tradotte in sessantasette lingue, hanno venduto oltre cento milioni di copie. Tra i premi più recenti ricevuti dall’autore, il “Crystal Award 1999”, conferitogli dal World Economic Forum, il prestigioso titolo di Chevalier de l’Ordre National de la Légion d’Honneur, attribuitogli dal governo francese, e la Medalla de Oro de Galicia. Dall’ottobre del 2002 è membro della Academia Brasileira de Letras. Dal settembre 2007 è stato nominato Messaggero di Pace delle Nazioni Unite. Bompiani ha pubblicato con enorme successo L’Alchimista (1995), Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto (1996), Manuale del guerriero della luce (1997), Monte Cinque (1998), Veronika decide di morire (1999), Il Diavolo e la Signorina Prym (2000), Il Cammino di Santiago (2001), Undici minuti (2003), lo Zahir (2005), Sono come il fiume che scorre (2006), La strega di Portobello (2007), Henry Drummond Il dono supremo (2007) e Brida (2008).
Fernando Morais è uno dei più famosi e importanti giornalisti sudamericani, ed è noto per aver reso la biografia un genere popolare in Brasile. È anche politico e attivista: i suoi articoli hanno un’ampia eco sia nel suo paese natale che nell’intero Sud America. Vive a San Paolo del Brasile.
Negli ultimi tempi è in corso una profonda riflessione sulla figura dell’eroe, come ci è stata tramandata dai miti classici e dalla Poetica di Aristotele: sulla sua crisi, sulla sua decadenza o esaurimento, sul suo “lato oscuro” e nondimeno sulla sua necessità. Smontare la figura dell’eroe nei suoi aspetti odiosi e deteriori, per riconnotarla, sembra necessario e soprattutto stimolante. Chi è, in fondo, l’“eroe” oggi? Come raccontare di un eroe che però non sia... quell’eroe? Che possa, cioè, essere identificato e ricalato nell’agire sociale quotidiano? Si tratta di riempire quella “sfera d’azione” (anche etica) con gesti sensati, emblematici, fecondi per la comunità. Ma dove trovare le basi per ricostruire l’eroe/eroina? Con quale lanterna farci luce mentre lo/la cerchiamo? Porre queste domande è fondamentale, ed è il campo d’azione di questo nuovo libro di Wu Ming 4. L’obiettivo è di verificare se gli elementi classici in base ai quali la storia e la mitologia hanno identificato il profilo dell’eroe abbiano ancora un senso per noi, possano cioè ancora parlare alla nostra ragione, ai nostri sentimenti, anche in relazione alla drammaticità del vivere contemporaneo, che richiede sempre più prese di posizione in prima persona. Una ricerca sul campo, densa di echi letterari, sociali, psicologici, etici, un libro a tutto tondo firmato Wu Ming 4.
Wu Ming 4 è membro del collettivo di narratori Wu Ming, già autori del romanzo Q (Einaudi 1999) con lo pseudonimo “Luther Blissett”. Oltre ai romanzi di gruppo (54, Manituana, Altai), Wu Ming ha al suo attivo romanzi solisti, racconti di viaggio, reportages, saggi sulla letteratura. Ogni membro ha adottato un nome d’arte composto dal nome del collettivo più un numerale. Wu Ming 4 è autore solista del romanzo Stella del Mattino (Einaudi 2008), incentrato sulla figura di Lawrence d’Arabia.
“Avevamo gusti molto simili. Lui aveva
venticinque anni più di me ma era come se
quei venticinque anni li avessimo vissuti
insieme. Come se ci conoscessimo da
sempre.
Innamorarsi fu inevitabile.
Vivere insieme diventò indispensabile.”
Da questo testo, l’omonimo spettacolo teatrale con Paola Cortellesi, diretto da Piero Maccarinelli e prodotto dal Teatro Stabile di Catania con Artisti Riuniti “Ma a farmi diventare comunista furono quei morti ammazzati. Furono loro a convincermi, non le loro idee. Non ancora. Fu vederli ammazzati così, alla fine di una guerra che stavano per vincere. Alle spalle di una Storia che gli avrebbe dato ragione. Ammazzati. Non per qualcosa che avevano fatto. Per qualcosa che avevano pensato. Un pensiero che gli era costato la vita. E che adesso sentivo di dover fare mio, per non lasciarli morire del tutto.” Con prosa ritmata e incalzante, Sergio Claudio Perroni racconta la tempra drammaturgica di Nilde Iotti, l’agguerrita soavità con cui, tra la fine del Fascismo e la morte di Togliatti, questa “regina plebea” seppe reagire alle invidie e alle insidie di una corte che non le perdonava i tanti successi, primo fra tutti quello di essere amata dal capo del PCI. Una vita densa di passioni non solo politiche, di intrighi, rinunce, conquiste e sentimenti strettamente intrecciata – e a volte perfettamente coincidente – con i drammi, le conquiste e le contraddizioni dell’Italia di quegli anni.
Sergio Claudio Perroni vive e lavora a Taormina. Per Bompiani ha pubblicato Non muore nessuno (2007).
Questo libro raccoglie un ventennio di ricordi,
di happening, un pezzo di storia del nostro paese,
restituito in un itinerario curioso e trasversale,
da ripercorrere in tempo reale
e anche sull’onda della memoria.
Alain Elkann ci ha abituati, ormai da tempo, ai suoi garbati ed eleganti appuntamenti con i più noti protagonisti del nostro tempo. Come ama egli stesso ricordare: “L’intervista è una visita che si fa a qualcuno, è un piacere che ha lo scopo di fissare in uno schema quel momento”. Così le parole, le idee, i gesti e i sentimenti rivelati quasi en passant si cristallizzano, e in un unico e coinvolgente racconto ci parlano delle abitudini, delle passioni, della carriera e degli amori di uomini e donne straordinari e conosciuti. I volti più noti del giornalismo italiano – da Indro Montanelli a Enzo Biagi – della moda e dello spettacolo – da Miuccia Prada a Alberto Sordi e Sophia Loren – si alternano ai nomi più illustri della scienza – Umberto Veronesi – e della letteratura mondiale – da Alberto Moravia a Josif Brodskij. L’autore parla con loro delle loro vite, collezionando le migliori interviste, edite e inedite, dall’inizio degli anni novanta ai giorni nostri.
“Non possiamo imparare
a conoscere le persone
quando vengono da noi;
dobbiamo noi andare da loro
per vedere quello che sono.”
Emma Bonino
Il primo libro a firma di Emma Bonino è la storia di una vita in keywords, da leggere in ordine o in disordine, seguendo a piacere i temi e le parole. Un libro che percorre i 60 anni di storia di una “fuoriclasse” della politica e della cultura italiana: le lotte per i diritti civili, l’impegno in Parlamento a Roma e Bruxelles, le missioni all’estero, le campagne elettorali passate e presenti. Emma Bonino si racconta “dalla A alla Z” attraverso battaglie e vittorie, politiche e umane, sempre in prima linea.
A come Afghanistan e le sue donne dimenticate
B come il boogie-woogie che ballavo da ragazza
C come la cocciutaggine che mi contraddistingue
D come la detenzione per un aborto clandestino
E come Emmatar, un organismo dal Dna politico combinato con quello della gente comune.
Tra il 1929, anno di pubblicazione del suo primo romanzo, Gli indifferenti, e il 1990, quando improvvisamente scompare nella sua casa romana, Alberto Moravia osserva l’Italia, viaggia in un mondo di cui analizza l’evoluzione catastrofica e partecipa all’elaborazione del romanzo moderno. Scrittore precoce – a diciassette anni comincia la redazione di un romanzo considerato un capolavoro assoluto –, ottiene una notorietà immediata. Antifascista, coraggioso difensore delle sue posizioni intellettuali, Moravia è perseguitato dalle leggi razziali prima e durante la guerra, ma riesce ugualmente a pubblicare. Dai suoi romanzi di successo (Agostino, Il conformista, Il disprezzo, La noia) sono tratti film che ne consolidano la notorietà. Grande reporter, segue da vicino i maggiori avvenimenti del XX secolo, raccontati attraverso testimonianze da Stati Uniti, India, Cina, Giappone, Unione Sovietica e Africa. Distinguendo sempre la ricerca artistica dall’impegno politico, che esige altre azioni e altri linguaggi, la sua opera e il percorso della sua vita rivelano una personalità che vuole affrancarsi dalle origini borghesi: “L’anormale ero io” scriverà. La sua vita affettiva lo vede legato a tre donne di grande temperamento (Elsa Morante, Dacia Maraini, Carmen Llera), mentre coltiva intense relazioni con due generazioni di letterati: su tutti l’amico Pier Paolo Pasolini, ma anche Bontempelli e Malaparte, Sciascia ed Elkann. René de Ceccatty costruisce una vera e propria biografia intellettuale di Alberto Moravia, il racconto appassionato di una vita all’insegna della libertà, riflesso di un secolo che ha segnato profondamente l’Italia e il mondo intero.
René De Ceccatty, romanziere e drammaturgo, traduttore dall’italiano e dal giapponese, critico letterario (per Le Monde des livres), è oggi uno dei più profondi conoscitori francesi di Alberto Moravia, e della letteratura italiana in genere. Ha pubblicato le biografie di Pier Paolo Pasolini, Sibilla Aleramo e Maria Callas, mentre in veste di direttore letterario è stato l’editore delle opere del grande scrittore algerino Rabah Belamri. Per la casa editrice Seuil ha inoltre fondato la collana Solo, ora Réflexion.