
Per i candidati del Chicago Institute incontrare un insegnante del calibro di Heinz Kohut dev'essere stata un'esperienza unica; noi possiamo farcene un'idea grazie a questa fortunata trascrizione delle sue lezioni che ne restituisce intatta l'immagine, il caratteristico pensare ad alta voce mentre va costruendo quelle formulazioni che diverranno le pietre angolari del suo castello teorico. All'esposizione rigorosa si alternano resoconti di casi clinici, aneddoti, digressioni e fulminee intuizioni, sia cliniche sia teoriche, che ritroviamo poi, debitamente sviluppate, nei suoi lavori fondamentali. A prescindere dal fascino documentario, però, queste lezioni occupano una posizione chiave nell'evoluzione della teoria kohutiana. Tenute negli anni 1974 e 1975, a metà tra la pubblicazione di Narcisismo e analisi del sé (1971) e La guarigione del sé (1977), ci rivelano un Kohut in evoluzione, alle prese con la tensione creativa fra tradizione e innovazione, fra continuità e cambiamento, proprio mentre sta dando forma a quella psicologia del sé che avrebbe segnato il suo definitivo distacco dal pensiero psicoanalitico tradizionale. Nelle sue parole già vediamo quelli che saranno i caposaldi della matura psicologia del sé. Rivedute con cura, queste lezioni ci restituiscono lo stile intellettuale e la statura pedagogica di un pensatore creativo nel bel mezzo della sua creazione.
Indagate le relazioni tra l'esperienza di un trauma anche infantile e la comparsa di disturbi alimentari quali anoressia e bulimia. Fornite anche specifiche direttive per assicurare ai pazienti il recupero del proprio disequilibrio. Con casi clinici e questionari per l'autotest. Inoltre rischi, complicazioni e insidie.
Negli anni '70 Claudio Naranjo è stato forse il primo psicoanalista e psicoterapeuta a misurare l'impatto che può avere nella pratica clinica un'autentica formazione in discipline meditative di varia estrazione. Questo libro fa il punto su un trentennio di ricerche e sperimentazioni in questa direzione e si pone come il consuntivo di un percorso spirituale e clinico di grande originalità e ricchezza.
Di per sé la dissociazione è prevalentemente una difesa contro le emozioni eccessive derivanti da esperienze traumatiche impossibili da fronteggiare e integrare nella coscienza ordinaria. Quando diventa la modalità esistenziale primaria della persona, tuttavia, essa perde le caratteristiche adattive e protettive per diventare una vera e propria patologia. Ma la dissociazione patologica è anche una delle più tragiche conseguenze dell'abuso infantile. E dunque imperativo comprendere meglio i disturbi dissociativi della prima infanzia, il ruolo della dissociazione nei problemi psichiatrici derivanti da esperienze traumatiche, dal maltrattamento e dalla violenza, nonché le possibilità di efficace intervento terapeutico.
La consultazione ha la specificità di accogliere la sofferenza che costringe una persona a chiedere aiuto. Per questo richiede preparazione, esperienza, conoscenze, oltre che un setting adeguato. È uno dei momenti più importanti del processo psicoanalitico perché decide il destino di una domanda e del possibile attivarsi di una fiducia che motivi alla cura. L'ipotesi di ricerca che guida il tipo di consultazione prolungata proposto nel libro si basa sull'idea di permettere al paziente l'accesso a una prima significativa esperienza psicoanalitica che abbia un valore in sé, un suo ritmo aderente ai movimenti interiori, una sua compiutezza. Questo modello di consultazione richiede di conseguenza un setting la cui durata, se pure limitata, non sia definita in anticipo, e dove la conclusione dipenda dal prodursi di nuovi collegamenti, punti di vista e significati che diano forma alla domanda portata. L'idea comune a tutti gli autori è quindi quella di una consultazione che renda possibile una trasformazione iniziale nel paziente. Si evidenzia in questo modo la differenza tra la diagnosi psicoanalitica e quella psichiatrica. La prima è antinosografica, poiché consiste in una conoscenza costruita attraverso l'incontro con il paziente, con il suo modo di reagire e con le sue risorse; il suo oggetto, a differenza della diagnosi psichiatrica, non è la malattia ma la persona.
Secondo Peter Fonagy l'opera di Schore ha "radicalmente trasformato la nostra comprensione psicoanalitica dei disturbi psicologici". La questione di come e perché le prime relazioni della vita abbiano un'influenza così straordinaria su tutto ciò che avverrà in seguito va molto oltre ogni previsione della psicoanalisi degli inizi e costituisce un problema fondamentale non solo per la disciplina di Freud ma per tutte le scienze umane. Come fanno le esperienze precoci, specialmente le esperienze affettive vissute con chi si prende cura dell'infante nei primi momenti di vita, a organizzare i modelli di crescita strutturale che hanno come esito l'espansione delle capacità funzionali dell'individuo in via di sviluppo? Per Schore, la possibilità dell'infante di sintonizzarsi con la mente di altre persone si rivela fondamentale per la maturazione dei circuiti cerebrali che mediano le sue capacità di autoregolazione: la relazione madre-bambino produce dunque veri e propri cambiamenti cerebrali. Questo studio, che fa parte di una trilogia sul rapporto tra regolazione affettiva e organizzazione del Sé, affronta i temi cruciali dello sviluppo della mente, analizzando e illustrando con approccio interdistiplinare i possibili apporti delle neuroscienze alla psicoanalisi e alla psicoterapia.