
Ci sono amori che quando finiscono ti scaraventano in un baratro, senza appigli per venirne fuori. Non ti sostengono il conforto degli amici né le spiegazioni che provi a darti. Puoi solo raccogliere ogni briciola di coraggio rimasta e trovare la forza di alzare lo sguardo cercando una luce. Cosa hanno in comune una moglie e un'amante? Un timido ragazzo di provincia e una donna andata in sposa a un generale dalle mille stellette? Sono uomini e donne che hanno sofferto per amore con «storie diverse per gente normale», come avrebbe cantato Fabrizio De André. In queste pagine s'intrecciano i grovigli dolorosi di Paola, Domitilla, Tommaso e Carla: raccolti da Alessandra Arachi e interpretati da Paolo Crepet per scandagliarne la mente e i comportamenti. Un racconto denso e articolato in cui gli autori scelgono di stare dalla parte in ombra dell'amore, quella parte di cui altrimenti finisce per occuparsi solo la cronaca nera. I due autori scavano nel vissuto dei protagonisti nel tentativo di aiutare loro a capire il significato delle sconfitte e noi tutti a riconoscerci e a ritrovare noi stessi. Perché la vita è un lavoro duro, soprattutto quando si cade e quando di mezzo ci sono i nostri sentimenti, la parte più fragile e sconosciuta della nostra anima.
L'uomo è ancora «un grande sconosciuto» e la sua coscienza è il più difficile interrogativo che la scienza sta affrontando oggi, potendo contare sempre di più su nuove tecnologie che permettono di osservare il cervello mentre svolge funzioni motorie o puramente mentali e persino in differenti stati emotivi e sentimentali. Vittorino Andreoli, che ha vissuto nei laboratori della ricerca scientifica applicata al cervello per una decina di anni prima di passare alla clinica e, dunque, di osservare il cervello «dentro un uomo tutto intero», ha maturato un'affascinante teoria della coscienza, che espone per la prima volta in queste pagine. Dalla fantasia al sogno, dall'immaginazione alla meditazione, dal linguaggio al dolore, dall'inconscio alla follia, dalla moralità al tempo, dal sesso alla morte: l'autore ci accompagna in un viaggio che porta alla nascita di una nuova visione della consapevolezza di noi stessi e dunque a un'analisi dell'uomo nel tentativo di mostrare come i suoi comportamenti siano sempre legati alla sua mente.
Da una parte il cervello, uno degli organi più complessi del corpo umano; dall'altra il denaro, come strumento da lungo tempo utilizzato per favorire il commercio, le attività umane e l'organizzazione stessa della società. Il loro rapporto non è mai stato semplice. Già Aristotele distingueva tra ciò che è «naturale», soddisfare le necessità primarie, e il «non-naturale», in cui è inclusa la ricchezza. Il denaro non ha alcuna caratteristica per rispondere alle dinamiche dei bisogni del corpo, della mente, delle relazioni con l'ambiente, naturale e sociale. Se esce dalla sua dimensione di strumento, genera anzi lotta, confusione, egocentrismi e maniacalità. Il denaro permette la «sopravvivenza », ma anche il «potere», insito in quella parola «profitto» che per l'economia è la modalità per ottenerlo. E può produrre veri e propri disturbi di dipendenza quando da mezzo diventa fine ultimo, condizionando il presente e il futuro del singolo. In questo senso il minimalismo che nasce come rigetto in molti giovani, se non è un modello da proporre, rappresenta però un primo passo in cui si cerca un modus vivendi che prescinda dai condizionamenti alienanti della dittatura dell'economia. Il dramma, e nello stesso tempo la consapevolezza, è che di fronte al profitto l'etica umana viene dimenticata. Ecco perché - sostiene l'autore - occorre allontanarsi dal culto del Dio-denaro per tornare a un'economia dal volto umano, all'individuo e al suo significato di essere nel mondo. Una «psicoeconomia» del bene aperta a campi come quelli della fragilità dei sentimenti e delle relazioni e ai valori che sono alla base del vivere comune.
Un affresco della coscienza che utilizza gli apporti della psicologia occidentale e della cultura filosofica e mistica dell'oriente. Quinta edizione. Il volume è un'esplorazione dei diversi gradi di coscienza attraverso i quali passa la persona che si autorealizza, dissolvendo progressivamente i confini tra il sé e il non sé. Il titolo allude infatti alla coscienza ultima che non ha piu barriere e include sia l'immanente che il trascendente, il relativo e l'assoluto; tale coscienza unisce l'individuo a cio che lo ha generato e da un senso all'unità della vita.
Per potersi accettare è necessario conoscersi bene, è necessario sanare le ferite affettive, smontare i pensieri inconsci esagerati, o completamente falsi, sulla propria incapacità di farsi amare o sul non sentirsi degni di essere amati. La relazione non è certo al riparo da possibili conflitti, di cui però non dobbiamo mai avere paura. L'autore, in virtù della sua decennale esperienza di psicoterapeuta, offre anche un percorso di possibile soluzione dei conflitti. È il deficit di autostima - ricorda - a creare difficoltà nelle relazioni. Una questione centrale nelle relazioni, che oggi emerge con sempre maggiore virulenza anche nei contesti comunitari eche l'autore affronta con chiara lucidità, è il voler dimostrare qualcosa a qualcuno. Quando una persona, ad esempio, non ha la consapevolezza che la sua dignità «non dipende dal suo agire bene o male», quando una persona confonde la propria dignità con i propri errori, può emergere la necessità di "acquistare meriti", di dimostrare la propria valenza. Il libro, nella sua ricchezza narrativa, frutto di incontri psicoterapeutici personali e di gruppo, offre un riferimento costante a studiosi che permettono di aprire altrettanti percorsi di lettura e di studio.
Il testo indaga la relazione che si crea naturalmente, in tutte le culture del mondo, tra gli alcuni aspetti originali di ogni persona, sia dal punto di vista mentale sia esistenziale, e alcuni aspetti comuni a tutti. La pretesa umana di considerarsi originali crea spazi incolmabili tra gli individui
e produce la convinzione che non soltanto si è padroni delle proprie scelte, ma anche che si è autonomi nelle proprie azioni. In genere si ha un’idea megalomane del proprio io, che deborda oltre i confini naturali della relazione con l’altro da sé. Partendo da questo presupposto, il volume analizza la formazione del concetto di io, proponendo la sua sostituzione con il termine noi, per poi approdare a quelli di altro e di mondo.
Noi, gli altri, il mondo sono quindi le coordinate della riflessione proposta dall’Autore e costituiscono le tre parti del testo:
• Noi: ovvero imparare a percepirsi come sintesi di quello che si crede di essere e di ciò che gli altri credono che noi siamo per migliorare il proprio benessere e a mutare comportamenti inadatti, specialmente in contesto sociale;
• gli altri: ovvero imparare ad abbandonare la propria casa per spostarsi verso la terra promessa che desideriamo e che possiamo raggiungere con l’aiuto della relazione affettiva con il mondo e le persone (concetto chiave: altruismo).
• il mondo: ovvero imparare a reimpostare il nostro rapporto con il mondo, inteso come insieme di oggetti, situazioni ed eventi, per assumere la possibilità di cambiare investendo sulle proprie motivazioni e intenzioni. In questa parte sono inseriti anche i contributi della dottoressa Raffaella Fagnoni e del dottor Carlo Vannicola, docenti all’Università di Genova.
Prefazione della professoressa Edda Bresciani, Professore Emeritus di Egittologia all’Università di Pisa– Accademia dei Lincei.
L’AUTORE
Alessandro Bertirotti, laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze, è docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova (Dipartimento di Scienze per l’Architettura). Visiting Professor presso l’Universidad Externado de Columbia–Bogotà, è Vice–Segretario Generale dell’UNEDUCH (Universal Education Charter), ONG presso l’ONU e il Parlamento Europeo. Ha fondato l’Antropologia della Mente e partecipa a un programma radiofonico su Rai Uno, dedicato al benessere della vita quotidiana (www.bertirotti.info).
C'è una caratteristica che accomuna il delicato assetto dell'essere umano ai materiali studiati in ingegneria: l'uno e gli altri sono in grado di resistere a sollecitazioni traumatiche, deformanti ed estreme, riacquistando la propria forma. Questa capacità si chiama "resilienza". Mutuata dal dominio lontanissimo della scienza dei materiali, la nozione ha aperto una nuova frontiera di ricerca in psicologia clinica, disciplina troppo a lungo concentrata solo sugli effetti dissestanti di lutti, maltrattamenti, stress prolungati, malattie, carenze affettive. Al dissesto psichico indotto da esperienze dolorose si può reagire se si attivano e si potenziano i fattori di protezione, di compenso e di recupero di cui ciascuno in qualche misura dispone. Anna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio esplorano con gli strumenti della psicodinamica e delle neuroscienze le tipologie di resilienza che soccorrono nelle diverse stagioni della vita, dalla prima infanzia alla terza età, i rapporti tra comportamenti resilienti e funzioni cerebrali, e gli ambiti - individuale, familiare, scolastico e lavorativo - dove è cruciale saper recuperare l'equilibrio dopo aver vacillato. Nel modo di affrontare le avversità intervengono componenti genetiche, disposizioni temperamentali e relazioni precoci con figure di attaccamento, ma altrettanto decisive si rivelano un'attitudine proattiva e un'atmosfera responsiva e supportante da parte della collettività.
Questo libro nasce dalla constatazione che, nel mondo della scuola, si avverte sempre più l'esigenza di lavorare sulle diversità tra gli alunni, piuttosto che sulle analogie. Il volume ha un doppio intento: teorico ed applicativo. Il primo consiste nel fornire una rassegna delle principali teorie sugli stili cognitivi e di apprendimento, integrando le acquisizioni classiche con i dati della ricerca più recente. La parte applicativa riguarda il modo in cui gli aspetti teorici possono essere utilizzati a fini didattici: vengono forniti suggerimenti di intervento utili a coloro che vogliano lavorare sugli stili cognitivi, con particolare riferimento alla didattica metacognitiva, al fine di mettere in pratica i metodi che la ricerca fa ritenere più idonei.
Con l'esplicito intento di prescindere dallo specifico retroterra culturale del lettore, questo libro si sofferma sulla descrizione di fenomeni che forse preludono ad un vicino quanto radicale mutamento di prospettiva nel cercare di capire come e cosa percepiamo del mondo che ci circonda quando, per qualche motivo, la nostra attenzione è momentaneamente impegnata altrove. I risultati di alcuni paradigmi sperimentali dimostrano che, contrariamente alla nostra impressione di vedere tutto il mondo semplicemente aprendo gli occhi, quello che percepiamo veramente è in realtà molto poco.
L'innamoramento è l'unica esperienza umana in cui abbandoniamo il nostro egoismo, il nostro narcisismo e ci dedichiamo a un'altra persona, che vediamo stupenda, migliore di noi stessi e a cui doneremmo tutto ciò che possiamo. Armati dell'energia d'amore, possiamo cambiare la nostra vita e far sì che il nostro vecchio io muoia per farne nascere uno nuovo. Amiamo perché l'amore ci insegna a capire che la natura umana è fondamentalmente buona e ci consente una commossa coscienza dei suoi e dei nostri limiti. Ma l'amore è molto di più: trasfigura non solo la persona amata ma tutti. Quando amiamo e siamo riamati, ci immettiamo nel grande respiro dell'universo. Diventiamo parte del suo moto e della sua armonia. Siamo come una nota musicale di una grande sinfonia. Se una società perde la capacità di credere nell'amore e nella sua fantasia trasfigurante, perde anche la capacità di sognare la felicità e l'ideale. In questo libro Nicola Ghezzani analizza in modo sottile il fenomeno dell'amore e rende finalmente giustizia al più importante sentimento dell'esistenza umana.
Molti sono ancora convinti che ci sia una traiettoria obbligata dell'amore che incomincia con l'innamoramento, la passione ma poi declina e si spegne nella convivenza quotidiana, quando non finisce nel tradimento e nel divorzio. Ma sbagliano. Questo libro dimostra che la felicità e il piacere più intensi sono possibili soltanto nel grande amore erotico che conserva la freschezza dell'innamoramento, l'ardore della passione e che, anziché affievolirsi, col passare degli anni si intensifica. Dobbiamo tornare a dare alla parola amore il suo significato più pieno, più autentico. Perché il vero amore è rivelazione, ammirazione, adorazione, fusione con qualcosa che ci trascende e che dà un nuovo senso al mondo. Solo l'amore totale ci sa dare il brivido dell'assoluto, lo stupore del nuovo, il terrore della perdita e una felicità misteriosa, meravigliosa e divina. Il grande amore erotico si ottiene abbandonandoci all'amore, alla voglia di vivere, al candore dei sentimenti, alla sincerità, alla verità, alla libertà, chiedendo ciò che ci piace senza pudore, senza paura.
Fabula rasa, ossia, proviamo a restituire la favola agli antichi e nuovi fruitori non privandola di significati e sottintesi, ma dimenticando tutte quelle interpretazioni che ne hanno reso quasi indecifrabile il testo primitivo. E' quanto si sono proposti gli autori del presente libro che, non senza intenzione polemica, abbandonano le perversioni interpretative, le disquisizioni sul colore del vestitino di Cappuccetto Rosso, i processi a favore del Lupo o le domande sull'intensità del bacio tra Principe Azzurro e Bella Addormantata. Il libro riaccende quindi i riflettori proprio su quei modelli di lettura considerati "ridondanti" per dimostrarne la pericolosità e rimette in primo piano testo, narratore e contesto.