
Perché la filosofia, e più in generale l'attività intellettuale "ufficiale", sembra sempre meno capace di interpretare il nostro tempo? La nostra cultura è dominata da due diversi atteggiamenti, entrambi sbagliati: da una parte, c'è chi tende alla schematizzazione, col rischio di perdere la ricchezza del reale; dall'altro c'è la concretezza, l'attenzione al caso singolo, alla specificità di ogni situazione, col rischio di rinunciare a ogni possibilità di categorizzazione ma soprattutto col rischio di mitizzare l'autenticità. Il tao è il possibile strumento di mediazione fra questi due estremi. L'atteggiamento taoista è infatti un atteggiamento che privilegia la passività e la pazienza - l'una ci evita di sovrapporre alla realtà i nostri schemi interpretativi, annullandone la ricchezza, l'altra ci evita di cadere nel mito della felicità a buon mercato, dell'illuminazione subito, delle esperienze turistico-interiori della New Age ecc. ecc.
In un saggio che si legge come un romanzo, uno psicoanalista e musicista ci accompagna con un linguaggio semplice in territori evocativi del nostro funzionamento mentale: i modi per cui una musica ci fa pensare qualcosa senza che possiamo dirlo con le parole; i meccanismi grazie ai quali un profumo innesca irresistibilmente un ricordo; o gli schemi profondi per cui una fantasia, un paesaggio o una melodia ci mettono in moto la mente.
Negli ultimi decenni l'analisi della sofferenza e della patologia psichica è stata oggetto di una trasformazione assai rapida: oggi nessuna tipologia di sofferenza psichica viene più intesa nel suo valore di esperienza complessa, intessuta sia di aspetti distruttivi che di elementi espressivi e persino, talvolta, creativi, ma viene considerata piuttosto solo in una dimensione di ineluttabilità e di radicale distanza nei confronti delle aspettative dell'ambiente. Il testo si occupa di questa trasformazione epocale e della possibilità di una prevenzione di carattere pedagogico delle patologie in incremento, come la depressione, i disturbi di personalità, i disturbi d'ansia, l'anoressia nervosa e la bulimia. Ciò perché è possibile educare i soggetti, in ogni età del ciclo di vita, a convivere con l'ansia quotidiana, ad attraversare le paure e i conflitti, a trasformare la sofferenza stessa da elemento distruttivo in risorsa creativa.
Il libro tratta uno dei problemi che affliggono il mondo giovanile oggi: l’eccessiva aggressività di alcuni ragazzi che può sfociare anche nel #bullismo. Attraverso le esperienze di una ragazzina, quasi in forma di diario, il libro descrive il percorso proposto ai ragazzi per contrastare ogni forma di violenza e accrescere la coscienza del valore di sé e dei buoni rapporti di amicizia. Si crea così una “rete” di relazioni che tende a limitare i caratteri violenti e le espressioni aggressive.
Una descrizione puntuale della situazione giovanile attraversata da tensioni nei rapporti tra i ragazzi ma anche da solide amicizie che offrono una via di uscita per tutti. Le buone relazioni prevarranno su tutti gli sbandamenti.
Autore: Cecilia Galatolo Nata in Ancona il 17 aprile 1992. Diplomatasi al Liceo Classico Vittorio Emanuele II di Jesi (AN), ha proseguito gli studi nella facoltà di Comunicazione Istituzionale della Chiesa, presso la Pontificia Università della Santa Croce (Roma), dove si è laureata.
Da tempo sociologi, linguisti e psicologi ritengono che l'interazione verbale costituisca un campo di indagine privilegiato per studiare i rapporti tra individuo e mondo sociale: il volume intende fare il punto su questo insieme di ricerche, fornendo un'introduzione aggiornata. Nella prima parte vengono discusse diverse prospettive di analisi della conversazione, come l'etnometodologia, la sociologia dell'interazione, la teoria degli atti linguistici, la pragmatica interculturale. Si tratta di un testo a carattere introduttivo-manualistico, che si rivolge in particolare a studenti di corsi di comunicazione, psicologia, sociologia e linguistica.
Il volume contiene scritti di: Beatrice Bauer, Carlo Blundo, Silvana Cilia, Raffaele Cioffi, Davide Dèttore, Daniele Fedeli, Emilio Franceschina, Aldo Galeazzi, Giuseppina Majani, Paolo Meazzini, Paolo Michielin, Daniela Palomba, Rosanna Riedi, Aristide Saggino, Ezio Sanavio, Claudio Sica, Maddalena Tomas, Mariarosa Ventura, Giulio Vidotto, Germano Zanusso.
Il volume propone una ricostruzione delle dinamiche psichiche che caratterizzano lo sviluppo umano. Riprendendo argomentazioni ormai classiche della ricerca psicoanalitica, il volume propone una ricostruzione delle dinamiche psichiche che caratterizzano lo sviluppo umano nel suo essere al centro di una trama di investimenti determinati da desideri, conflitti soggettivi, rimozioni, inibizioni, sovrainvestimenti. Ne è derivato un percorso che, partendo dalle ipotesi freudiane, si sviluppa seguendo essenzialmente le indicazioni di quattro guide": Winnicott, Lacan, Laplanche, Aulagnier. "
Arriva un momento in cui si è convinti che non ci sia più bisogno di imparare. Ma basta un attimo per capire che le nostre sicurezze, spesso, sono solo un modo per far tacere la paura. Perché vivere intensamente è questo che fa: paura. E sono proprio i giovani a metterci davanti agli occhi una simile verità. Sono loro a rendere chiaro e lampante ciò che nella vita si è sempre saputo, ma non si sapeva di sapere. O ci si rifiutava di sapere. Capitolo dopo capitolo, Enrico Galiano ci porta a scuola di felicità. Una scuola in cui le lezioni sono piccole e grandi allo stesso tempo - sull'amore, il coraggio, la libertà - e impartite non da chi siede dietro la cattedra, ma dai ragazzi stessi. Scopriremo così che hanno ragione loro, quando ridono fino alle lacrime mentre gli adulti li osservano seri. Hanno ragione, quando amano fino a stare male mentre gli adulti li guardano con un sorriso accondiscendente. Hanno ragione, quando cadono, quando non capiscono, quando tartassano di domande finché ottengono una risposta chiara. Quando si arrabbiano perché non si sentono ascoltati. Grazie ai ragazzi, ci si rende conto che, per quanta strada si sia fatta, per quanta esperienza si sia accumulata, si è sempre eterni ripetenti. Eterni ripetenti alla scuola della felicità. Dopo "L'arte di sbagliare alla grande", Enrico Galiano torna con un saggio che è come una giornata di sole dopo mesi di pioggia. Ci fa entrare nella sua classe ad ascoltare le voci e le storie di ragazze e ragazzi, e ci trasmette un'inaspettata leggerezza: leggendo queste pagine, nasce, spontanea, una voglia improvvisa di cominciare a vivere davvero.
L'uomo soffre per "l'insensatezza" del suo lavoro, per il suo sentirsi "soltanto un mezzo" "nell'universo dei mezzi", senza che all'orizzonte appaia una finalità prossima o una finalità ultima in grado di conferire senso. Sembra infatti che la tecnica non abbia altro scopo se non il proprio autopotenziamento. Di fronte a questa diagnosi, la psicoanalisi rivela tutta la sua impotenza, perché gli strumenti di cui dispone, se sono utilissimi per la comprensione delle dinamiche emotivo-relazionali, per i processi di simbolizzazione sono inefficaci. Qui occorre la pratica filosofica perché, fin dal suo sorgere, la filosofia si è applicata alla ricerca di senso.
In breve
Culto della giovinezza, idolatria dell’intelligenza, ossessione della crescita economica, tirannia della moda: sono alcuni dei miti di oggi che Umberto Galimberti passa in rassegna per smontarli e denunciarne la natura ingannevole, mostrando come i falsi miti del mondo in cui viviamo siano in realtà “idee malate”, non avvertite come tali, e quindi tanto più capaci di diffondere i loro effetti nefasti senza trovare la minima resistenza.
Il libro
“Chi non ha il coraggio di aprirsi alla crisi, rinunciando alle idee-mito che finora hanno diretto la sua vita, si espone a quella inquietudine propria di chi più non capisce, più non si orienta.”
Giovinezza e intelligenza, felicità e amore materno. E poi moda e tecnica, sicurezza e potere, e ancora mercato, crescita economica, nuove tecnologie... Sono i miti del nostro tempo, le idee che più di altre ci pervadono e ci plasmano come individui e come società. Quelle che la pubblicità e i mezzi di comunicazione di massa propongono come valori e impongono come pratiche sociali, fornendo loro un linguaggio che le rende appetibili e desiderabili.
I miti sono idee che ci possiedono e ci governano con mezzi che non sono logici, ma psicologici, e quindi radicati nel profondo della nostra anima. Sono idee che noi abbiamo mitizzato perché non danno problemi, facilitano il giudizio, in una parola ci rassicurano. Eppure occorre risvegliarsi dalla quiete apparente delle nostre idee mitizzate, perché molte sofferenze, molti disturbi, molti malesseri nascono proprio dalle idee che, comodamente accovacciate nella pigrizia del nostro pensiero, non ci consentono più di comprendere il mondo in cui viviamo. Per recuperare la nostra presenza al mondo dobbiamo allora rivisitare i nostri miti, sia quelli individuali sia quelli collettivi, dobbiamo sottoporli al vaglio della critica, perché i nostri problemi sono dentro la nostra vita, e la nostra vita vuole che si curino le idee con cui la interpretiamo.

