
Questo libro, che rappresenta il seguito ideale di "Donne che amano troppo", raccoglie tutte le lettere che Robin Norwood ha ricevuto dalle sue lettrici e le sue risposte.
II libro raccoglie le lettere che il fondatore della logoterapia ha scritto a parenti e amici dopo essere stato salvato dagli americani dai campi di concentramento nazisti. Ne viene fuori un racconto intessuto di esperienze terrificanti ma allo stesso tempo di grande umanità. Il lettore viene messo a confronto con la grande fede di Frankl e con la sua tenacia che gli ha consentito di sopravvivere alla follia di un sistema di massacro organizzato.
Questo volume raccoglie gran parte degli scritti e delle lettere sulla psicoanalisi di Umberto Saba. Come è noto, Saba è stato insieme a Svevo lo scrittore italiano che più precocemente si è interessato alla scienza freudiana. Ma per Saba, a differenza di Svevo, la psicoanalisi non ha soltanto costituito un interesse speculativo, bensì è stata un'esperienza esistenziale diretta (fu in analisi con Edoardo Weiss). Il nucleo centrale, e finora inedito, di questo libro è nel carteggio che tra il 1946 e il 1949 il poeta tenne con Joachim Flescher, psicoanalista e direttore, a quel tempo, di "Psicoanalisi", organo ufficiale della Società italiana di psicoanalisi. L'oggetto della discussione non è di quelli che permettono impassibilità e distacco da parte degli interlocutori, e soprattutto da parte di Saba. Come bene spiega nella sua lucidissima postfazione Arrigo Stara, curatore del volume, dopo un'iniziale disamina di questioni generali legate alla teoria freudiana, presto "nelle pagine che Saba scrive a Flescher, le memorie dell'infanzia, le immagini, le "storielle" e le argomentazioni ricavate dalla sua prima educazione sotto la tutela della legge ebraica materna (che veniva a spezzare il "paradiso" degli anni in cui era stato affidato alla balia) si affollano e danno corpo a quell'ostilità che, ancora come forma vuota, egli aveva riversato sullo psicoanalista; Flescher diventa a sua volta la sagoma, il bersaglio sostitutivo, sul quale ricadono-le accuse.
"Nella mia professione mi capita spesso di incontrare persone che hanno dei problemi di autostima, che soffrono perché non riescono ad amarsi abbastanza, e di conseguenza a farsi amare. Sono miei pazienti, persone che mi scrivono o che frequentano i miei gruppi. Per tutti loro, e per tutti quelli che patiscono questo disagio, ho deciso di riassumere in questo libro il mio pensiero sull'autostima, e la via per conquistarla. Ho diviso le mie idee in sette lezioni, sette messaggi chiave su cui riflettere. Ho scelto di riportare anche dei brani di conversazione con miei pazienti e dei miei incontri di gruppo, perché le domande, le obiezioni e i problemi esposti sono spesso comuni a molti e, immagino, anche al lettore. Per aiutare il nostro percorso verso l'autostima ho pensato fosse utile anche proporre dieci consigli di saggezza tratti dalle parole di maestri antichi o contemporanei, da visualizzare e ripetere come mantra. E infine, per concludere, una serie di piccoli esercizi. Per riconquistare, giorno dopo giorno, il piacere di stare bene con se stessi." (Raffaele Morelli)
Sono raccolte qui molte delle fondamentali lezioni che Giovanni Liotti ha tenuto nell'arco di circa vent'anni in una scuola di psicoterapia. Il necessario adattamento al testo scritto ha mantenuto sempre la ricchezza concettuale e la tensione dialogica del discorso orale, e le lezioni sono organizzate secondo un ordine tematico che copre l'intero percorso teorico di Liotti: dal rapporto tra attaccamento e intersoggettività al valore della cooperazione nella relazione terapeutica sino agli esiti del trauma dello sviluppo e ai suggerimenti per il loro trattamento. Le indicazioni sulla formulazione del caso clinico, la descrizione dell'esperienza dell'autore con i pazienti più difficili e le supervisioni agli allievi arricchiscono i testi scelti per questa antologia, ancorando la teoria alla pratica clinica in un volume che custodisce gran parte della viva eredità che il grande maestro ha lasciato ai suoi allievi.
Le pagine di Lezioni di sogni vogliono essere spunti, provocazioni, richiami, un'occasione per riflettere sul futuro delle giovani generazioni. Che cos'è il talento e come supportarlo? Come gestire il rapporto con la tecnologia e i social media? Come educare alla gentilezza, al rispetto, alla complessità?
Siamo nel pieno di quella che papa Francesco ha definito una catastrofe educativa: molti adulti si sentono sperduti, impreparati, quasi impotenti di fronte alle nuove generazioni e i giovani si trovano senza punti di riferimento sicuri. In un mondo che cambia con rapidità, è più che mai necessario ripensare il difficile compito di educare. Ripercorrendo quanto scritto negli ultimi trent'anni, mescolando ricordi personali e pubbliche riflessioni, Paolo Crepet offre il frutto della sua lunga esperienza, delineando quello che in molti hanno definito "il metodo Crepet". Un lungo viaggio, che pone al centro il bisogno di ripensare la genitorialità, la scuola, il rapporto tra le generazioni, il futuro. Non possiamo ignorare che la necessità di un profondo cambiamento si scontri con resistenze, timori, egoismi difficili da vincere, freni che privano bambini e ragazzi del diritto di far nascere i propri sogni e di coltivarli, affidandosi alla capacità di sentire le proprie emozioni e di lasciarsi coinvolgere dalla passione per un progetto di vita. Serve dunque la forza di una voce critica, anche scomoda, che scuota da questo torpore educativo e aiuti a invertire la rotta. Le pagine di Lezioni di sogni vogliono essere dunque spunti, provocazioni, richiami, un'occasione per riflettere sul futuro delle giovani generazioni. Che cos'è il talento e come supportarlo? Come gestire il rapporto con la tecnologia e i social media? Come educare alla gentilezza, al rispetto, alla complessità? Sono solo alcuni degli interrogativi a cui nessuno può sottrarsi, perché «i bambini ci guardano e imparano da noi bellezze e viltà». Paolo Crepet scrive perciò questo libro "come un portolano utile, per naviganti impauriti da vecchie e nuove tempeste, per chi voglia riafferrare il bandolo di una matassa troppo strategica perché sia lasciata all'ignavia degli indifferenti2.
Per i candidati del Chicago Institute incontrare un insegnante del calibro di Heinz Kohut dev'essere stata un'esperienza unica; noi possiamo farcene un'idea grazie a questa fortunata trascrizione delle sue lezioni che ne restituisce intatta l'immagine, il caratteristico pensare ad alta voce mentre va costruendo quelle formulazioni che diverranno le pietre angolari del suo castello teorico. All'esposizione rigorosa si alternano resoconti di casi clinici, aneddoti, digressioni e fulminee intuizioni, sia cliniche sia teoriche, che ritroviamo poi, debitamente sviluppate, nei suoi lavori fondamentali. A prescindere dal fascino documentario, però, queste lezioni occupano una posizione chiave nell'evoluzione della teoria kohutiana. Tenute negli anni 1974 e 1975, a metà tra la pubblicazione di Narcisismo e analisi del sé (1971) e La guarigione del sé (1977), ci rivelano un Kohut in evoluzione, alle prese con la tensione creativa fra tradizione e innovazione, fra continuità e cambiamento, proprio mentre sta dando forma a quella psicologia del sé che avrebbe segnato il suo definitivo distacco dal pensiero psicoanalitico tradizionale. Nelle sue parole già vediamo quelli che saranno i caposaldi della matura psicologia del sé. Rivedute con cura, queste lezioni ci restituiscono lo stile intellettuale e la statura pedagogica di un pensatore creativo nel bel mezzo della sua creazione.
Negli ultimi anni della sua vita Wittgenstein ha indagato a lungo e con grande intensità i cosiddetti "concetti psicologici" - dal concetto di dolore a quello di pensare -, cercando di chiarirne l'uso. Al risultato di queste indagini ha dedicato alcuni corsi a Cambridge, frequentati da studenti destinati, in alcuni casi, a diventare a loro volta filosofi. Di uno di questi, Peter T. Geach, sono gli appunti qui tradotti per la prima volta in Italia. Si tratta di appunti che ci permettono di vedere Wittgenstein all'opera e che testimoniano come per lui fare lezione equivalesse letteralmente a pensare, con le incertezze e le esitazioni, ma anche con le sorprese e le scoperte che il pensare comporta. Muovendosi tra le parole di Wittgenstein e le domande e reazioni dei suoi studenti, il lettore è introdotto nel laboratorio di un grande filosofo ed è aiutato a confrontarsi con molte questioni e interrogativi - dal problema delle altre menti alla questione del rapporto tra vedere, pensare e interpretare - che sono ancora oggi al centro del dibattito filosofico e scientifico.
Lo schema mentale di chi vuole essere perfetto porta a trascurare la vita nei suoi aspetti gioiosi e a sperimentare un permanente senso di inadeguatezza. Voler essere perfetti fa sperimentare un permanente senso di inadeguatezza. Per la Terapia dell'Imperfezione la ricerca della perfezione (e non solo il perfezionismo) e una nevrosi di fondo", con genesi, sintomatologia, e disfunzioni specifiche. Sono qui proposte anche alcune tematiche per una strategia terapeutica di gruppo finalizzata ad abbandonare schemi mentali perfezionistici a favore di atteggiamenti piu flessibili e negoziare con le nostre imperfezioni. "
L AUTORE ESAMINA LE ILLUSTRAZIONI CLINICHE DI KOHUT ED ESPLORA L INTERAZIONE TRA IL LAVORO DI KOHUT ED ALTRI PUNTI DI VISTA, PSICOANALITICI E NEUROBIOLOGICI, CONTEMPORANEI. Il libro propone una efficace ed opportuna integrazione dei contributi, epocali ma spesso marginalizzati, di heinz kohut con i concetti di altri autori psicoanalitici come klein, bion, winnicott, lacan, bollas, e molti altri. Kohut, che era stato il simbolo della psicoanalisi classica, ha avuto un improvvisa svolta di 180 gradi, trascendendo la teoria pulsionale iniziale e mettendo l'e mpatia in primo piano come atteggiamento principale del trattamento psicoanalitico. Mollon dimostra splendidamente come la scoperta di kohut si intrecci con il lavoro di bion e di winnicott in questo campo. Due affermazioni di mollon, in particolare, giustificano da sole l'acquisto di questo libro. La prima h: il punto importante e`che il focalizzarsi dell interpretazione sulla struttura dell'esperienza puo`a volt e dover precedere l'esame del contenuto". La seconda h: "la dimensione pre-simbolica e il bombardamento terrificante degli elementi beta puo`essere alla radice di molti fenomeni che melanie klein...ha attribuito all istinto di morte". Un altra gemma di questo libro h il capitolo sull intersoggettivita. "