
"In un momento della nostra vita di cittadini di un mondo sempre più piccolo nel quale spiritualità, fede e politica si intersecano spesso siamo tutti, nello stesso tempo, testimoni delle incertezze che i sistemi politici creano invece di risolvere e vittime di un diffondersi di violenza che si sovrappone e rende imperative le dinamiche economiche in un modello di relazioni politiche e sociali che si restringe sempre di più. Tra potere e religiosità si sono confrontati imperi e stati, oggi individui e nazioni, in una misura globalizzata di un io che vive nell'epoca della comunicazione attiva e interattiva... Una considerazione che non è solo valida per il cristianesimo. L'ebraismo prima e l'islam successivamente hanno assunto aspetti del potere ritenendosi fattori essenziali per ricercare quell'unità e quell'universalità delle rispettive comunità nella misura in cui una nuova identità riconciliata ognuna con il proprio Dio potesse far fronte alla diversità, assumendo se stessa come migliore offerta politica di creazione di un modello condiviso di potere." (Dalla nota degli autori)
Suonano quasi ironiche a distanza di qualche anno le parole di Mussari, alla luce delle indagini e delle notizie trapelate che hanno travolto come un ciclone la terza banca d'Italia.
La Procura di Siena ha aperto almeno due fascicoli principali (e altri minori) indagando l'ex top management e arrestando l'ex capo dell'Area Finanza.
Al centro delle inchieste ci sono l'acquisizione di Antonveneta, le operazioni "spericolate" su derivati e altri prodotti finanziari e le presunte "creste" della cosiddetta "Banda del 5%". Un ciclone che scuote le sorti della banca e della città di Siena e dopo il quale nulla sarà più come prima.
Il libro svolge una lettura critica del liberalismo morale americano. Sono le idee di coloro che si autopresentano come liberal e che propongono un'ideologia che concepisce la libertà individuale come un assoluto. Essa comporta affermare che ogni persona deve essere autonoma nelle proprie scelte, senza che la comunità - che si tratti della propria famiglia, della società civile, dei corpi intermedi o della stessa Chiesa - possa indicarle un valore ultimo. Nel quadro di tali teorie liberal, la sola esistenza di un valore ultimo costituirebbe una minaccia alla libertà individuale. La relazione tra legislazione e vita virtuosa è stata oggetto di studi per molti secoli, in particolare dalla tradizione di pensiero che fa capo a Aristotele e a San Tommaso d'Aquino. Essa è stata raccolta dalla Dottrina Sociale della Chiesa e da molti studiosi tra quanti hanno intrapreso una lettura critica del liberalismo morale vigente ai nostri giorni. Il nostro studio prende come punto di riferimento gli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa, con il desiderio di riflettere per favorire l'esistenza di una società veramente libera. In definitiva, si può dire che esiste anche un liberalismo buono e conveniente per un cristiano, quello che si intende come principio antiassolutista e anticollettivista. Allo stesso tempo, non ci è possibile ignorare che il liberalismo, in senso filosofico forte, può assumere la forma di principio antidogmatico. Se la Chiesa, giustamente, condanna il liberalismo in quanto principio religioso antidogmatico, ciò non significa che la concezione cristiana dell'uomo e della società favorisca l'assolutismo illiberale.
Dopo gli attentati dell'11 settembre si può ritenere che sia finita la sicurezza internazionale e quella interna a ogni Stato? Come si profila il futuro della politica mondiale? Cerca di rispondere a queste domande Roberto Menotti, analizzando le nostre radici politiche e culturali, la nostra sicurezza di ieri e ponendo l'attenzione sulla fine del post Guerra fredda. Menotti lavora nei Policy Programs di Aspen Institute Italia sui rapporti tra Europa e Stati Uniti.
«Come ogni velista impara sulla propria pelle, non è saggio lottare contro il vento: la strategia giusta è solitamente profittare della sua forza per farsi spingere. Con abilità nello sfruttare gli angoli di incidenza, con pazienza, e spesso con un po’ di fortuna, si naviga anche controvento. Sapendo che la planata di un windsurf può produrre un uragano all’altro capo del globo, e poche parole di un leader politico possono fare la differenza»: è uno degli esempi che Roberto Menotti utilizza per spiegare il nesso fra le relazioni internazionali e le teorie della fisica quantistica o i meccanismi dell’evoluzione. Perché le scienze hanno molto da dire all’arte della politica e sono sempre più utili per comprendere il nostro mondo, complesso, incerto e in parte imprevedibile.
Indice
Premessa - 1. Le lezioni delle scienze naturali - 2. I «puzzle» irrisolti della politica internazionale - 3. Caos ed evoluzione all’opera: come risolvere i «puzzle» - 4. Prevedere l’imprevedibile: l’epilogo che non c’è - Bibliografia essenziale - Ringraziamenti - Indice dei nomi
Il tema della regalità sociale di Cristo ha conosciuto profonde trasformazioni nel corso del Novecento: a partire dal primo riconoscimento della sua dimensione politica e sociale durante il pontificato di Leone XIII; con l'enciclica Quas primas di Pio XI che sviluppa la dottrina e inserisce nel 1925 la nuova solennità di Cristo Re nell'ufficiale liturgia latina; e - per tutto l'arco del secolo - in rapporto ai totalitarismi, nel dopoguerra e nei ripensamenti del Concilio Vaticano II.
Quel che risulta è un cambiamento di prospettiva della Chiesa cattolica: se con papa Ratti attribuiva all'autorità legale di Cristo quella della Chiesa stessa e del pontefice, chiamati a stabilire regole per una collettività, oggi interpreta tale regalità come il potere dell'amore di Dio, per il quale a pastori e credenti è chiesto di realizzare il regno di Cristo in tera accompagnando la promozione di processi di trasformazione sociale con la "medicina della misericordia". Un mutamento di atteggiamento che illumina le dinamiche del rapporto tra cattolicesimo e politica nel secolo scorso e il cammino verso una maggiore laicizzazione, avviato con la riforma della liturgia nel dopo Concilio.
DANIELE MENOZZI è professore emerito di Storia contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Per Morcelliana, tra i fondatori e coordinatori della "Rivista di storia del cristianesimo" e nella direzione di "Modernism", ha pubblicato "I papi e il moderno" (2016) e curato "La Chiesa italiana nella Grande Guerra" (2015).
L’interpretazione dell’articolo 7, che recepisce i Patti Lateranensi nel testo costituzionale, è segnata dalla denuncia della contraddittorietà della normativa concordataria, elaborata durante il regime fascista, con i principi posti a base della legge fondamentale della Repubblica. In realtà i costituenti, consapevoli di questa antitesi, indicarono, attraverso una convergenza delle diverse famiglie politiche presenti in assemblea, la strada per superarla, ottenendo intanto un risultato all'epoca decisivo: il sostegno della Chiesa, da tempo attestata sull'opposizione alla modernità politica, alla costruzione in Italia di una moderna democrazia. Quel che è poi accaduto, fino al nuovo concordato del 1984, in evidente ritardo sull'evoluzione dei tempi, è dipeso dalle scelte politiche degli italiani.
Secondo gli autori, non è vero che è andato tutto bene. Non è vero che abbiamo gestito la pandemia meglio degli altri Paesi europei. Il "modello Italia" è un'illusione. La verità è un'altra: l'Italia si è trovata ad affrontare la peggiore crisi dai tempi della Seconda guerra mondiale avendo nei posti di comando esponenti di una classe politica impreparata. La tragedia del Covid ha avuto almeno questo merito: ha tracciato una linea di separazione definitiva tra i buoni amministratori e gli improvvisati, dimostrandone l'assoluta inconsistenza quando arriva l'ora più buia e le decisioni da prendere si fanno gravi. La prima notizia in Occidente dell'esistenza del Coronavirus in Cina è un lancio Reuters battuto la sera di Capodanno. Quando il virus diventa visibile anche in Italia, e i morti aumentano di giorno in giorno, tutte le scelte sbagliate sono già state prese: protocolli sanitari contraddittori, incapacità di reperire dispositivi di protezione, terapie intensive insufficienti e al collasso. In questo libro-inchiesta i due reporter di "Repubblica" ricostruiscono, documenti alla mano, le mosse degli attori politici durante la pandemia e nella Fase 2, quella della ripartenza.
Disincanto democratico, disaffezione dei cittadini verso i governi, ritenuti colpevoli, assieme a partiti, élites e mercati di averli espropriati del loro potere. Ma il potere del popolo sovrano esiste davvero? In realtà, la democrazia effettiva che noi conosciamo – esito di un percorso storico che dal potere assoluto del re, con aggiustamenti continui, è giunto sino a noi - è un sistema di deleghe a cascata, complesso e faticoso. Se il popolo unico e univoco è un soggetto fittizio, il popolo concreto si rivela eterogeneo, contraddittorio e ingombrante per ogni regime e i movimenti che pretendono di incarnarlo, una volta al governo, non potranno che contenerne le spinte all’interno di un qualche sistema rappresentativo.
Yves Mény ha insegnato Scienze Politiche a SciencesPo di Parigi e in diverse università francesi, europee e americane. Ha creato e diretto il Robert Schuman Center presso l’Istituto universitario europeo di Firenze, di cui è stato Presidente. È stato Presidente del cda della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Attualmente insegna nell’Università Luiss-Guido Carli di Roma. Per il Mulino ha pubblicato: «Le politiche pubbliche» (con J.-C. Thoenig, 20033) e «Populismo e democrazia» (con Y. Surel, 20042).
L'avventura più avvincente del nostro continente: far scaturire dal basso il potere «divino» a lungo incarnato da re e imperatori. Lunga, cruenta, imperfetta, mai scontata. La democrazia moderna ha percorso un lungo e tormentato cammino: si è ispirata ai principi della democrazia ateniese e della Repubblica romana, si è risvegliata da un lungo sonno con il movimento medievale dei Comuni, si è giovata del dissenso delle chiese protestanti, si è rinvigorita con il parlamentarismo e liberalismo inglesi. Ha poi attraversato l'Atlantico, rimbalzando a Parigi nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789. Il pur debole costituzionalismo piemontese ne tenne accesa la fiaccola, facendola sopravvivere alle crisi susseguitesi da metà '800 fino al naufragio della Grande guerra, e all'affermarsi delle esperienze populiste e marxiste. Dopo la catastrofe del 1945, la democrazia ha conosciuto ulteriori sviluppi, affiancati da nuove conquiste (diritti individuali, welfare). Questo libro ne traccia l'itinerario storico attraverso i luoghi iconici delle nostre libertà.
Secondo la cultura dominante solo l'accoglienza incondizionata dell'altro, idealmente non occidentale, attraverso l'Islam, l'immigrazione e il wokismo, permette di intravedere la speranza di una redenzione e di una rigenerazione sulle rovine di un mondo laico e secolarizzato. Eccolo il nuovo spirito che soffia in Occidente, siamo un misto di decadenza e barbarie.

