
Nel giugno 1816 Metilde Viscontini Dembowski attraversa, insieme al figlio Ercole di soli quattro anni, il passo del San Gottardo sotto una tempesta di neve. Deve raggiungere al più presto Milano dove l’aspetta una dura battaglia per ottenere la separazione dal marito e riconquistare l’indipendenza. È solo la prima di una serie di ardue prove che dovrà affrontare in nome della libertà, e che culmineranno con la sua partecipazione alla cospirazione antiaustriaca del 1821. Figura poco nota dello straordinario Ottocento italiano, Metilde è degna di essere considerata una protagonista del nostro primo Risorgimento: amica di Ugo Foscolo e di Silvio Pellico, sarà fonte di ispirazione per Henri Beyle - non ancora diventato il famoso scrittore Stendhal - che per lei coltiva una furiosa passione; impegnata in prima persona nella lotta per l’indipendenza dall’Austria, sarà coinvolta nella drammatica vicenda dei processi ai patrioti, ma riuscirà a salvarsi con caparbia determinazione.
Marta Boneschi ricostruisce per la prima volta la storia di Metilde, riannodando i fili che attraversano la sua vita - quello foscoliano, quello stendhaliano e quello patriottico -, per restituirci il senso di un’esistenza spesa nella ricerca di un futuro migliore per sé e per gli altri, con l’obiettivo di perseguire la libertà a tutti i costi.
Arthur Rimbaud, il poeta che ha rivoluzionato la poesia, finalmente liberato dai facili schematismi di molta critica presente e passata: è qui non solo il poeta maledetto per eccellenza,ma il protagonista di un viaggio nella parola che ha costituito una frattura radicale, una svolta decisiva capace di ridefinire la poesia stessa.
Yves Bonnefoy, il maggiore poeta francese vivente e una delle più illustri personalità della cultura mondiale, ripercorre in questo libro – appena uscito in Francia e frutto del lavoro di un cinquantennio – le tracce di una passione e di un dialogo con l’opera del grande poeta di Charleville: dallo storico e fortunatissimo Arthur Rimbaud (1961) al recente e inedito Notre besoin de Rimbaud (2008), i saggi di Bonnefoy appaiono in una nuova versione, che rappresenta un’estrema messa a punto della sua visione. Pagine da leggere come un diario, come il racconto di un lunghissimo amore mai sopito: l’amore per i versi di Rimbaud che, in ultima analisi, sembra coincidere con quello per la poesia. Dalla ricostruzione minuziosa dell’ambiente provinciale d’origine, che attinge alla corrispondenza familiare, al rapporto controverso con la madre e i fratelli, fino alla relazione con Verlaine e all’attraversamento della Stagione in inferno, il saggio di Bonnefoy ricolloca Rimbaud al centro del dibattito poetico, riscoprendo la grandezza di una poesia che nella sua immediatezza e intensità non ha mai smesso di essere necessaria per il nostro presente. La voce di Rimbaud, scrive Bonnefoy, è capace di sintetizzare nel suo errare le due grandi forze che ci permettono di essere al mondo: «Da una parte la speranza, che ci consente di credere che la vita abbia un senso, dall’altra la lucidità, che decostruisce le illusioni in cui la speranza si incaglia. Leggere un grande poeta non è aver deciso che è un grande poeta, è chiedergli di aiutarci. È attendersi dalla sua radicalità una guida».
Yves Bonnefoy è uno dei maggiori poeti contemporanei. Nato a Tours nel 1923, ha pubblicato nel corso di cinquant’anni numerose raccolte dei suoi versi. Eletto nel 1981 al Collège de France, vi ha tenuto per dodici anni l’insegnamento di Etudes comparées de la fonction poetique, oggi è professore emerito. Il 31 maggio 2004 ha ricevuto la Laurea Honoris causa dall’Università degli Studi di Siena, su proposta della Facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo. Nel 2005 gli è stato conferito il Premio Internazionale di Poesia «Pier Paolo Pasolini». Per i tipi della Donzelli ricordiamo: Osservazioni sullo sguardo (2003), L’Entroterra (2004), La civiltà delle immagini (2005), Goya. Le pitture nere (2006)
"In un angolo dell'atelier aveva collocato il tronco di un vecchio albero abbattuto da una tempesta. Lo aveva segato e infilato in una cassetta piena di terra. Fra i rami aveva posto diversi nidi: Vincent raccoglieva quelli che erano stati abbandonati dagli uccelli durante le sue passeggiate nei boschi. C'era il nido a forma di cono dello scricciolo, il nido muschioso del falco, quelli semplici del passero e del tordo; il nido di usignolo costruito con meno abilità. C'era anche il nido lanuginoso del forapaglia; quello della rondine di ruscello, fatto di erba e argilla. E infine un paio di alcune specie di uccelli che costruiscono il loro nido a terra. Avrebbe voluto un nido di martin pescatore, fatto con lische di pesce, ma non era mai stato in grado di trovarne uno, sebbene lo avesse cercato a lungo con Theodore..." Scritti da Elisabeth van Gogh, la sorella minore del pittore, questi ricordi aprono uno spiraglio sull'adolescenza e la prima maturità del giovane Vincent, un ragazzo dalla sensibilità fuori dal comune, amante della natura e della vita solitaria. Elisabeth ripercorre i molti tentativi del fratello di trovare un ruolo nella società del tempo, tutti irrimediabilmente falliti: libraio, assistente di un mercante d'arte, insegnante di francese, predicatore evangelico. E tratteggia il ritratto di un giovane dalla religiosità tormentata, capace di assistere gli ammalati durante un'epidemia di tifo e di condurre un'esistenza spartana, ai limiti del fanatismo.
Un libro insolito e originale a cavallo dei generi: prosa, poesia, saggio e traduzioni di Emily Dickinson, genio di tutti i tempi. Un libro da leggere tutto d'un fiato, che attraversa vita e morte, figure e luoghi lontani nel tempo e nello spazio: alcuni grandi poeti, addestrati alla "Cavalleria del Dolore", sono i compagni reali o virtuali di Emily Dickinson. con i suoi versi scardinanti che illuminano o sono illuminati dai versi delle "Altre". Poeti raccolti in un cerchio luminoso, potente e irradiante "per Cacciare via la Tenebra" e lanciare "Saette di Melodia".
Non ci pensiamo mai, ma la vita può deragliare improvvisamente. Bastano due parole. È successo il 19 maggio 2009 a Pietro Calabrese, una carriera luminosa nel giornalismo e un’esistenza piena. Nel suo caso le due parole sono state addensamento polmonare, pietoso eufemismo per significare che è entrato di diritto nella costellazione del cancro (quale acutezza nella battuta di Woody Allen: “Oggi le due parole che è più bello sentirsi dire non sono ‘ti amo’ ma ‘è benigno’”). In questo libro tanto lucido quanto toccante Calabrese racconta il suo cammino, giorno per giorno, dopo quel fulmine a ciel sereno. Un cammino che passa per l’altalena dello sconforto e della speranza, per le notti sotto l’assalto molesto dei pensieri e per il ricordo sognante di quando la notte – invece – si parlava d’amore, per il tempo che diventa sospeso e per il calore benefico delle persone care (“già, e adesso chi lo dice agli amici?”). Ed è un cammino che passa inevitabilmente per la brutalità delle cure e per un corpo devastato in cui non ti riconosci più. Eppure, a un certo punto, fa una svolta radicale e diventa un cammino di crescita e di consapevolezza nuova. Raggiunta durante una chiacchierata con un amico sotto un baobab africano, il monumentale albero dei mille anni. Da lì Pietro, scoprendo una verità semplice e rivoluzionaria ma nascosta, lancia a tutti un messaggio salvifico, scritto con la penna del grande giornalista ma pensato con la mente e con il cuore dell’uomo.
Pietro Calabrese, nato nel 1944 a Roma da genitori siciliani e scomparso il 12 settembre 2010, a pochi giorni dall’uscita di questo libro, è stato una delle firme più note del giornalismo italiano. Ha diretto “Il Messaggero”, “Capital”, “La Gazzetta dello Sport” e “Panorama”. Ha firmato alcune rubriche fisse su periodici, fra cui Moleskine su “Sette”. Proprio da questa rubrica, subito dopo che nel maggio 2009 gli era stato diagnosticato un tumore al polmone, ha cominciato a raccontare la sua storia attribuendola all’amico Gino. I lettori lo hanno sommerso di mail e lettere comunicandogli una “vicinanza amorosa” che gli ha dato forza e conforto. Grazie, popolo di Gino!
La figura dell’inviato speciale e quella del corrispondente di guerra nascono all’inizio del Novecento con Luigi Barzini senior, a lungo firma del “Corriere della Sera”, testimone dei principali avvenimenti politici e militari della sua epoca, dalla guerra cinese dei Boxer alla Prima guerra mondiale, dalla rivoluzione messicana alla Seconda guerra mondiale, passando per il fascismo. Suo figlio primogenito Luigi Barzini junior fu anch’egli figura notevole nel mondo della carta stampata: inviato speciale, corrispondente durante la guerra d’Abissinia, autore del celebre longseller “Italiani”. In mezzo agli innumerevoli articoli e dispacci inviati da ogni parte del mondo dai due Barzini, il flusso ininterrotto della loro vita quotidiana, fra luci e ombre, slanci e amarezze, matrimoni, figli e lutti, ottimismi e delusioni, mentre la storia del “secolo breve” corre veloce fra totalitarismi e rinascite democratiche. Ludina Barzini, nipote di Senior e figlia di Junior, costruisce un’appassionata e documentatissima cronaca familiare, in cui la vicenda intima e personale si colloca magistralmente nello scenario più ampio della cronaca e della storia.
A metà fra la monografia e la biografia, o meglio al di sopra di questi due generi letterari, il libro di Pietro Citati ripercorre le tappe cruciali - fatte di luoghi e persone, ma anche, se non soprattutto, di sensazioni e pensieri - del tormentato cammino esistenziale di Giacomo Leopardi, dal suo difficile rapporto con i genitori alla vita nel “natio borgo selvaggio”: dal corpo a corpo con la malattia e il dolore agli incontri con i letterati suoi contemporanei, dagli studi "matti e disperatissimi" alla fama ottenuta dalle sue opere in Italia e in Europa. Oltre che dalla documentazione storica, il racconto è innervato dall'attenta ed empatica lettura della prosa e dei versi leopardiani, che si snoda con sapiente sicurezza tra le lettere dello stupendo “Epistolario”, alcuni dei passi salienti e memorabili dello “Zibaldone”, e - elettivamente - le “Canzoni”, gli idilli e le “Operette morali”, oggetto di una rivisitazione così partecipe e intensa da ricavarne sempre nuove suggestioni e scoperte.
Gli ultimi avvenimenti in Birmania hanno rivelato al mondo il nome di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace nel 1991 e anima della resistenza del popolo birmano alla dittatura militare. Con coraggio e determinazione, questa donna da anni lotta contro la giunta al potere. Rifiuta la provocazione, rifiuta la paura, rifiuta l’odio. Si ostina a cercare il dialogo. Dove nasce, in lei, così tanta forza e convinzione? Come è riuscita a conservare la sua straordinaria pacatezza di fronte alle ingiurie, agli arresti – da anni è prigioniera nella propria casa e per più di due è rimasta senza notizia di suo marito e dei suoi figli – ai soprusi quotidiani? Con chiarezza e semplicità Aung San Suu Kyi, in conversazione con il giornalista Alan Clements, risponde a questi interrogativi in un libro di scottante attualità e di saggezza senza tempo.
Di tutta la grande famiglia dei «fratelli riformati», gli anglicani sono quelli che più si avvicinano ai cattolici. Ciò è dovuto al noto senso di moderazione degli inglesi, che hanno saputo trovare un buon compromesso tra gli estremi. Il mirabile equilibrio fu raggiunto da una sovrana straordinaria, tollerante e di larghe vedute, che seppe contrastare il fanatismo religioso della sorella (Maria la sanguinaria) riuscendo a creare una fede che fosse veramente nazionale.
Elisabetta I fu la regina più amata della storia. Fu lei a saper capire il suo popolo come nessun altro; fu grazie a lei che l’Inghilterra si affermò come potenza mondiale; fu intorno a lei che i suoi sudditi si strinsero come un sol uomo nel momento del pericolo. Lei la regina adorata, osannata, celebrata, e dai più grandi poeti, come Gloriana, la Regina Vergine.
Tutto ciò è romantico e commovente; peccato che, come questo libro dimostra documenti alla mano, sia profondamente falso. Il regime elisabettiano fu, di fatto, un sistema totalitario tra i più amari della storia. Peccato che il mito di Gloriana sia stato sapientemente costruito, pezzo dopo pezzo, da una minoranza al governo che fece carte false per conservare il potere. Peccato che il popolo si sia visto perseguitato, impoverito, oppresso come mai prima di allora. Peccato che la tanto decantata «vicinanza» degli anglicani al cattolicesimo sia nata da un duplice desiderio fondamentalmente molto semplice e concreto: gettare fumo negli occhi dei sudditi e formare una gerarchia di agenti governativi travestiti da ecclesiastici. Peccato che l’evoluzione-involuzione degli inglesi sia costata migliaia di vite umane, molte delle quali (tra cui anche la Regina di Scozia) finirono immolate e squartate sul patibolo per alto tradimento.
Peccato che, come nel Mercante di Venezia shakespeariano, lo scrigno d’oro contenga soltanto un teschio.
Aleksandr Solženicyn (1918-2008) è uno dei grandi scrittori del XX secolo.Testimone della rivoluzione russa, della seconda guerra mondiale, dell’oppressione staliniana e del crescente dominio del materialismo, si considerava erede della grande tradizione del cristianesimo ortodosso. Divenne progressivamente sostenitore degli umili e accusatore della violenza della rivoluzione, e fu quindi costretto all’esilio. Fuori dalla Russia, tuttavia, Solženicyn si sentiva come un leone in gabbia.Trascorse la seconda parte della sua vita a denunciare congiuntamente il trionfo del materialismo occidentale e sovietico. Secondo una definizione di Ljudmilla Saraskina, la sua vita fu «un incessante slancio dello spirito».
Destinatari
Un volume per chi desidera approfondire la figura di Aleksandr SolzÃåenicyn.
Punti forti
è l’unica biografia autorizzata: lo stesso Solženicyn ne ha seguito la stesura fino alla morte.
Un’opera che ha vinto il prestigioso Premio di Stato in Russia.
Di questo libro stanno giaÃÄ parlando ampiamente in rete forum e blog. eÃÄ un titolo che faraÃÄ discutere.
Un’opera estremamente completa e aggiornata.
Nel 1994 ,Tony Blair sale alla ribalta come leader del Labour inglese: è l'inizio di un vero e proprio terremoto politico. Nel giro di pochi anni, trasforma radicalmente il partito e raduna attorno a sé un vasto consenso nel Paese, ottenendo la più grande vittoria laburista di tutti i tempi alle elezioni del 1997 dopo 18 anni di governo conservatore. Un viaggio è il racconto in prima persona della vita politica, durante e oltre gli anni vissuti da Primo ministro inglese, di uno dei leader centrali degli ultimi decenni, rieletto al governo con tre successivi mandati in anni turbolenti. Per la prima volta, Blair parla del suo ruolo nei grandi eventi della storia recente, dalla morte della principessa Diana alla guerra contro il terrorismo. Spiega le decisioni strategiche necessarie a reinventare un partito e ad affrontare le battaglie sull'istruzione e la salute, avviando la maggior riforma dei servizi pubblici dal secondo dopoguerra. Descrive le relazioni con colleghi come Gordon Brown e con altri leader mondiali come Mandela, Clinton, Putin, Bush, Berlusconi. E analizza l'aspetto etico di decisioni difficili come l'intervento in guerra: in Kosovo, Sierra Leone, Afghanistan e la più controversa di tutte, l'Iraq. "Un viaggio" è anche il libro sulla natura e sugli usi del potere politico. Tony Blair ripercorre gli alti e bassi della sua carriera con uno stile franco, coraggioso e non privo di ironia, offrendo una riflessione sull'uomo che sta dietro al politico e allo statista.