
Due amici: Alberto (Moravia), un ex bambino prodigio che fin da giovane ha dato un contributo fondamentale alla storia della letteratura europea, e il giovane narratore A. Insieme hanno scritto un libro a quattro mani in cui A. interroga Alberto sulla sua vita. Dopo questa esperienza le interviste sono diventate per A. un modo di vivere e di avere rapporti umani parallelo al suo lavoro di scrittore. Dopo l'inattesa scomparsa di Alberto, vissuta come un tradimento, A. incontrerà per caso Indro (Montanelli), maestro incontrastato del giornalismo che si pone per lui come un nuovo punto di riferimento assoluto. Sul confronto tra questi due grandi personaggi si gioca il destino psicologico e morale di A.
La linea di fondocampo è il posto più dimenticato del tennis. Lì posso dire e fare di tutto: il mondo mi guarda, ma nessuno mi raggiunge." Il tennis è lo sport più individuale di tutti e chi vuole emergere deve diventare una macchina fredda, egoista, sola contro il resto del mondo. Bisogna avere costanza nell'allenarsi, sapere rinunciare alle tentazioni, girare il mondo come una trottola, sopportare che chiunque si senta in diritto di esprimere giudizi su di te, anche a sproposito. E una vita di cui si vedono solo le luci, che invece ha anche moltissime ombre. Flavia Pennetta è una delle migliori tenniste del circuito, ma è rimasta una ragazza semplice, allegra, con una gran voglia di vivere. La prima professionista italiana a entrare nella top ten, la numero uno del doppio, con tre Fed Cup vinte, non ha mai smarrito la coscienza di sé e delle sue origini. In "Dritto al cuore" la Pennetta racconta la sua favola sportiva e personale. E la storia di una ragazzina che nasce in una bella famiglia del Sud con il tennis nel sangue, di un'adolescente che si diverte a fare il maschiaccio ma è molto sensibile all'amore, di un'aspirante tennista alta quanto la rete che affronta l'età del cambiamento lontana da casa, di una giocatrice che combatte su ogni palla e raggiunge i suoi obiettivi, di una donna che vuole vincere tutto, nello sport e nella vita privata. E che oggi si ritrova a un solo punto dal match.
"Chi si metterà a leggere queste pagine, forse sarà un po' spiazzato, almeno all'inizio. Forse non ritroverà subito la Barbara d'Urso che è abituato a conoscere dalla televisione e dai giornali. Imparerà invece a conoscere Carmelita, la bambina che ero, l'adolescente che sono stata, e poi la giovane donna che ha imparato a mordere la vita, a cadere, a rialzarsi, a fallire, a vincere. Quando ho cominciato a scrivere questo libro, non avevo idea di quello che mi aspettava. Un libro su di me. Che non fosse, però, la mia autobiografia. Che ci vuole, mi sono detta? Ci vuole molto, moltissimo dolore. Per me tutto questo è stato importante, ma difficilissimo. Talmente difficile da dover chiedere un aiuto, un grande aiuto, all'unica persona che poteva darmelo: mia madre, la mia adorata mamma, che mi ha lasciata quando avevo solo undici anni, dopo una malattia devastante durata più di tre anni. Ho chiesto aiuto a lei, cui mi rivolgo in una lunga lettera appassionata e dolorosa, a tratti, divertita e allegra, in altri." Barbara d'Urso non si era mai messa così tanto in gioco. Questo libro commovente e intenso porta alla luce le sue ferite più intime, i suoi dolori più segreti. Ma mai la sofferenza è fine a se stessa: in ogni pagina, anche la più tragica, passa una vena di forza, la spinta a reagire, a tirare su la testa, a guardarsi intorno e poi dentro di sé, e a sorridere. A tenere sempre viva la speranza che qualunque cosa accada, alla fine poi esce sempre il sole.
"Mario Mori, generale dei Carabinieri. All'opinione pubblica il mio nome probabilmente dirà qualcosa. Evocherà dei ricordi, vicende per certi aspetti anche spiacevoli di cui si è molto scritto sui giornali e parlato nelle aule giudiziarie. La mia, però, è una storia lunga. Da raccontare. E quella di un militare e dei suoi uomini che hanno combattuto per quarantanni terrorismo e mafia. Nei reparti d'eccellenza dell'Arma. E ai vertici dell'intelligence, quei Servizi segreti in Italia sempre così chiacchierati." Scritta con Giovanni Fasanella, questa è la straordinaria storia "professionale" di un uomo che è stato al centro di tutti i grandi eventi italiani. Ufficiale del controspionaggio al SID, il Servizio segreto militare nei primi anni Settanta, nei nuclei speciali comandati dal generale Dalla Chiesa dopo il delitto Moro, comandante della sezione Anticrimine a Roma durante gli anni di piombo, Mori è stato uno dei protagonisti della lotta al terrorismo. A metà degli anni Ottanta è a Palermo, con Falcone e Borsellino, a combattere la mafia; nel 1998 diventa comandante del ROS, il reparto speciale dei Carabinieri, che aveva contribuito a creare. Uscito dall'Arma, dirigerà infine il sisde, il Servizio segreto italiano, che ritrova un ruolo decisivo per la sicurezza nazionale dopo i fatti dell'll settembre. Nel corso della sua lunga carriera ha combattuto il terrorismo, arrestato Riina, messo a punto nuove tecniche d'investigazione, gestito infiltrati, ascoltato pentiti."
Ai più giovani il nome Feltrinelli evoca anzitutto una catena di librerie e poi la casa editrice che pubblica libri di successo, soprattutto di narrativa. Per le generazioni meno giovani il nome è associato ad alcuni grandi casi editoriali, come "Il Gattopardo" o "Il dottor Zivago", nonché a un drammatico evento storico, la morte del fondatore della casa editrice, Giangiacomo Feltrinelli, nel 1972. Questo libro non si occupa di quella Feltrinelli e accenna appena a Giangiacomo. Si arresta infatti alla Seconda guerra mondiale, quando la famiglia Feltrinelli era considerata una delle più importanti del capitalismo italiano, a fianco degli Agnelli, Pirelli, Volpi, Orlando, Breda, Falck, Cantoni, Donegani: grandi famiglie che avevano legato il proprio nome alla nascita di una nuova Italia, che avevano saputo trasformare, in poco più di un paio di generazioni, un paese fondamentalmente agricolo in una moderna nazione industriale. Quando molti dei nomi più altisonanti del nascente capitalismo industriale italiano muovevano i primi passi sulla scena economica del paese, i Feltrinelli avevano già alle spalle quaranta o cinquant'anni di storia, costellati di successi e iniziative in diversi settori economici. Frutto di una ricerca condotta in vari paesi europei e in una trentina di archivi, primo fra tutti quello della famiglia, questo libro illustra la storia di tre generazioni di Feltrinelli e delle attività economiche che hanno consentito loro di raggiungere le vette del capitalismo italiano ed europeo.
Tullio Pericoli è uno dei maggiori artisti italiani. La sua storia è densa e variegata, il suo tratto essenziale ed elegante. L'arrivo a Milano, nel 1961 in tasca ha un'affettuosa lettera di Zavattini - inaugura una stagione fortunata. I disegni per "Il Giorno", poi per "Linus", "la Repubblica", "L'Espresso", il lungo e fecondo sodalizio con Emanuele Pirella, rivelano anno dopo anno un talento particolare, sempre sorretto da un'ironia fresca, che si afferma con forza anche all'estero. La pittura, il vero amore di una vita, si dispiega poi sulle tele, e protagonisti diventano i paesaggi conosciuti all'inizio e poi amati per sempre, ammirati e trasformati nei colori, densi di sinuosità e stupori. Con divertita complicità, Silvia Ballestra ce ne racconta la vita, la complessità di artista, la condizione di intellettuale, fra incontri importanti, suggestioni letterarie, rievocazioni, confessioni, analisi, scegliendo - con sensibilità di scrittrice a lui vicina per origine e inclinazione - di ripercorrerne i molteplici passaggi e snodi con, sullo sfondo, la Milano dell'industria culturale dal boom sino a oggi. Un viaggio che la scrittrice, con la sua inconfondibile voce, compie dentro e fuori lo studio di Tullio Pericoli, fra i tavoli magici e i ritratti di scrittori celebri in tutto il mondo, spaziando dalle pagine di giornale alle gallerie d'arte, ai colli ascolani, accompagnata dai ricordi del protagonista.
Che Sergio Zavoli raccontasse la sua vita, attraversata da protagonista negli anni più felici della radio e della televisione, oltre che con le prove del suo talento di scrittore e poeta, lo si chiedeva da tempo. Ed ecco un libro che, in un gioco di continui rimandi temporali, tematici e psicologici, unisce alla tensione del racconto la saldezza dello stile e alla versatilità della narrazione il puntiglio del documento, confermando, così, estro e rigore. Già il titolo rivela non solo un legame, ma addirittura una sorta di contiguità tra gli anni dell'adolescenza, della giovinezza e della maturità con il momento in cui l'autore si decide "a rastrellare dentro se stesso", per dirla con le sue parole, "il ragazzo che io fui": un rincorrersi, edito e inedito, di memoria e Storia, l'alternarsi di questioni rare e quotidiane, di argomenti concreti e interiori, di tonalità elegiache, ironiche, dure, tutto segnato dai dilemmi di una contemporaneità splendida e tragica, che si misura con l'arcano privilegio di esservi nati e il grave obbligo di viverla. Ne è emerso un lungo capitolo della nostra vita, ricostruito e indagato attraverso "una ricchezza ispirata dall'immaginazione autenticata dalla realtà", così si espresse Carlo Bo, aggiungendo: "È evidente - in tanta parte di ciò che questo "maestro di scenari e interrogazioni" scrive, mostra e dice - il disegno di tenere dentro il quadrato della lucentezza, anche espressiva e stilistica...".
Descrizione
Questa è la storia di oltre sessantamila italiani, di oltre tre milioni di persone nel mondo. Sono i malati di sclerosi multipla, in grande maggioranza giovani, le donne molto più degli uomini. È la storia della speranza che adesso li accompagna. Paolo Zamboni, chirurgo di Ferrara, è uno scienziato italiano famoso nel mondo per avere sviluppato una teoria e un metodo di cura rivoluzionari: con un catetere e un palloncino sblocca le vene del cervello che molti malati di sclerosi hanno ostruite. Non un miracolo ma una terapia per una delle cause di una malattia misteriosa, progressiva, fi nora senza rimedi. Quando la moglie è stata colpita dalla sclerosi, Zamboni, a sua volta affetto da un male rarissimo che gli ostacola i movimenti, si è buttato a studiare il male misterioso e drammaticamente più comune, fi nora senza rimedi. Oggi tanti medici stanno operando privatamente con il metodo Zamboni, scienziati lo studiano. Il web è impazzito di testimonianze, rabbia, attesa. Lui, Zamboni, lotta perché il suo metodo sia riconosciuto dalla sanità pubblica, e perché la ricerca continui. Questa è la storia di tre avventure concentriche: quella medica, la speranza dei malati; quella scientifi ca, la ricerca di un grande ingegno italiano; quella umana, la storia appassionante e commovente di un medico malato che riesce a curare la moglie, a sua volta, malata.
MARCO MAROZZI, giornalista, lavora come inviato per “Repubblica”.
La fotografia di una generazione, quella di normali ragazzi nati negli anni Sessanta. Come lo è Carlo Conti, il popolare conduttore amato da grandi platee televisive, giunto al traguardo dei suoi primi cinquant'anni. Tra memoria comune e nostalgia privata, Carlo Conti questa volta racconta di sé e ripercorre la sua vita, componendo un ritratto leggero, divertente, condiviso. I suoi ricordi privati sono memoria collettiva. Come le figurine si possono scambiare in un infinito gioco di società, sono i ricordi di tutti, perché Conti è uno straordinario sensore della memoria collettiva nella sua versione più rara, la normalità. Conti è ancora un "ragazzo" normale che ha il senso del limite e soprattutto la consapevolezza che da ciò che fa, con serietà e con passione, non dipende la sopravvivenza di un uomo, come invece dalle mani di un chirurgo, ma al massimo di un punto di share. Uno dei suoi pregi è proprio quello di ricondurre tutto a estrema semplicità, e questo lo rende un comunicatore in grado di parlare a così tanta gente. Ecco allora un vademecum per i ragazzi d'oggi, prezioso per conoscere meglio e meglio comprendere i gusti e le fisime dei loro genitori. Il primo catalogo delle passioni di chi aveva vent'anni negli anni Ottanta.
Parigi, 1837. Thierry Hermes, cittadino francese nato in terra tedesca, apre al numero 55 dell'elegante Rue Basse-du-Rempart (oggi assorbita nel Boulevard des Capucines) una manifattura di finimenti per cavalli. La qualità è eccelsa e già all'Esposizione Universale del 1867 Hermes vince la medaglia d'argento di prima classe. In pochi decenni il suo nome conquista l'aristocrazia europea e la rampante borghesia francese. Nel 1897 avviene la svolta: la casa, ora guidata dal figlio Charles-Emile (nella nuova, storica sede di 24, Rue du Faubourg Saint-Honoré), mette in commercio il "Sac Haut à Courroies", una grande borsa in cuoio destinata a contenere sella, briglie, morsi e bardature varie. Presto, però, si scopre che al posto di sella e briglie la borsa può ospitare una gran quantità di oggetti differenti, tutti quelli che un vero viaggiatore desidera avere con sé, ovunque nel mondo e in qualsiasi momento. Hermes entra così nel mercato della moda. Da allora, generazione dopo generazione (oggi siamo alla sesta, rappresentata da Pierre-Alexis Dumas e Pascale Mussard), Hermes ha allargato il suo raggio d'azione che - oltre ai prodotti per l'equitazione e a tanti diversi modelli di borse - comprende foulard, sciarpe, cravatte, abiti, calzature, profumi, orologi, bijoux, porcellane, argenti, cristalli.
Che cosa c'è di più jannacciano di Paolo, Paolo Jannacci, quel figlio un po' stralunato che suona a Zelig, con quella faccia da Jannacci? Ecco, questo libro è il racconto di Enzo Jannacci attraverso lo sguardo, il dialogo, la narrazione di Paolo. Le emozioni e gli aneddoti di una vita e di una carriera (il Derby, Gaber, Milano e altre meravigliose nostalgie) ma anche un dialogo (tutto jannacciano) in cui Paolo guida un Enzo imprevedibile, surreale e splendidamente vero. L'autore di "Vengo anch'io" e "El purtava i scarp del tennis" trasmette per la prima volta in un libro la sua geniale, spiazzante, originalissima visione del mondo, dell'esistenza, della società. E fa stupire, pensare, commuovere come solo i poeti sanno fare.
Pochi sanno che Audrey Hepburn visse più di vent'anni della sua vita a Roma, tra gli anni '50, '60 e '70, quelli del matrimonio con Mel Ferrer, poi con Andrea Dotti, dai quali ebbe rispettivamente due figli, Sean Ferrer e Luca Dotti. Dedicato agli anni romani il volume raccoglie quasi 200 foto: non foto in posa di grandi fotografi, ma istantanee in parte inedite che la ritraggono nella vita quotidiana, a passeggio per la città, in famiglia, con i figli, in partenza o in arrivo all'aeroporto, assalita dai giornalisti, alle prime dei suoi film. Lo svolgersi del racconto fotografico illustra la lenta trasformazione di Audrey da inaccessibile diva di Hollywood ad attrice affermata in Italia, a donna e mamma che, allontanatasi dalla scena negli anni '70, stabilisce da romana di adozione un forte legame con la città. Non mancano nel libro le foto di scena dei film che girò in quegli anni come anche i suoi celeberrimi vestiti e accessori che contribuirono a creare il suo stile inconfondibile. Il libro è curato da Ludovica Damani e Luca Dotti che nell'introduzione traccia un ritratto privato, intimo, di sua madre. Commenta invece le immagini dal punto di vista del costume e dello stile la fashion stylist Sciascia Gambaccini. Seguono tre sezioni relative agli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, introdotte da brevi testi che forniscono uno spaccato di costume di questi decenni romani. In chiusura i cenni biografici su Audrey Hepburn, relativi al periodo trattato dal libro, e la filmografia completa.