
L'episcopato milanese è una tappa cruciale nella biografia del futuro papa Paolo VI. Sulla base di un'ampia documentazione, Giorgio Del Zanna ricostruisce in queste pagine il progetto pastorale di Montini negli anni in cui Milano, sotto la spinta di una tumultuosa modernizzazione, conosce una profonda trasformazione socioculturale. La metropoli dove tradizione cattolica e civiltà industriale s'intrecciano in modo inedito, pone la sfida dell'"irreligiosità": un problema nuovo, da affrontare in chiave pastorale portando la Chiesa verso persone e realtà lontane, a cominciare dalle fabbriche e dalle tante periferie. Missione e senso religioso, simpatia nei confronti dei contemporanei e ricerca di una nuova coesione spirituale della società, sono gli elementi portanti della proposta montiniana. Consapevole della crisi religiosa europea, Montini guardò anche oltre l'Europa, maturando negli anni del Concilio Vaticano II la convinzione che la Chiesa avrebbe svolto la sua missione solo in un confronto continuo e vitale con le diverse espressioni del mondo contemporaneo.
Per quasi quarant'anni l'ambasciatore honduregno Alejandro Valladares è stato uno degli amici più stretti del Cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, colui che sarebbe diventato il vice di Papa Francesco e che si sarebbe impegnato a riformare il Vaticano. In "Sacri tradimenti" la vedova di Valladares rivela l'inquietante rete di corruzione finanziaria e morale emersa dopo la scomparsa dei risparmi familiari di una vita a seguito degli investimenti fasulli suggeriti dal Cardinale: un affare che si è esteso fino ai più alti vertici del Vaticano e allo stesso Papa Francesco. Martha Alegría de Valladares denuncia l'impunità di Maradiaga e chiede giustizia, sia per se stessa che per le innumerevoli vittime della corruzione clericale.
Frati Predicatori, abitualmente detti Domenicani, ricevono la conferma ufficiale da papa Onorio III nel 1216. Hanno una sorprendente fioritura fino alla Peste nera che sconvolse l'Europa intorno al 1338. Pochi anni prima il papa aveva abbandonato Roma, per rifugiarsi in una città più sicura, Avignone. Ciò avrebbe comportato non pochi problemi, primo tra tutti gli scismi ripetuti. I Domenicani dovranno prendere posizione sia per l'uno che per l'altro papa. A ciò si aggiunse il coraggioso tentativo di riformare dal di dentro la vita religiosa, tentativo che ebbe come protagonisti una laica, Caterina da Siena, e un frate, Raimondo da Capua. Tutti questi eventi della vita religiosa sono presentati illustrando anche l'interessante contesto culturale e artistico che condurrà al rinascimento, e quello politico-sociale in continua evoluzione, segnato dal sorgere di una nuova concezione del vivere, l'umanesimo.
Nel luglio 1823 la basilica paleocristiana di San Paolo fuori le mura a Roma, una delle chiese più importanti del cristianesimo, fu distrutta da un incendio. La Chiesa romana, provata dalle perdite e dalle umiliazioni inflitte dalla Rivoluzione francese e da Napoleone, e dal susseguente trionfo dell'ordine liberale in Europa occidentale, decise di usare la ricostruzione come simbolo di restaurazione papale e di rinascita cattolica: dopo un dibattito controverso che avrebbe dominato per due anni la scena culturale romana, si scelse di intraprendere una ambiziosissima ricostruzione precisa dell'edificio distrutto, resa possibile grazie alla prima campagna di raccolta fondi veramente globale nella storia del mondo. Questo volume, centrato su una nuova analisi archivistica, propone non solo nuove prospettive sulla modernità architettonica europea e il posto di Roma in questo contesto, ma getta un nuovo sguardo sulla storia della città e della Chiesa attraverso il periodo della Repubblica Romana del 1848-49 fino alla grande rinascita mariana dei decenni dopo il 1850.
La sera del 13 marzo 2013, il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio si affaccia sulla loggia centrale della facciata della Basilica di San Pietro e, appena eletto pontefice, rivolge ai fedeli di tutto il mondo un candido «Buonasera». Un saluto che non è soltanto un saluto ma una dichiarazione d'intenti. Dopo un decennio di riforme, scelte di governo, incontri e viaggi nei luoghi più remoti della Terra, Papa Francesco è un leader mondiale e non solo un'autorità religiosa. Tuttavia è ancora lo stesso uomo umile, interessato alla sostanza, disposto ad affrontare i temi più delicati e urgenti del tempo che stiamo vivendo: l'accoglienza dei profughi, il dialogo con le altre religioni e culture, la sofferenza dei popoli in guerra, la lotta ai casi di abusi sessuali all'interno del clero, il riconoscimento del ruolo delle donne, la riorganizzazione della Curia. E al contempo si è sempre dedicato alla cura di ciascun essere umano e a quella che in questo libro egli chiama 'vicinanza di cuore'. Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin sono stati i primi giornalisti in assoluto di cui Bergoglio si è fidato e che per molti anni lo hanno intervistato per giungere al libro "Papa Francesco. Il nuovo papa si racconta" diventato il bestseller che lo avrebbe fatto conoscere al mondo. Per altrettanti lunghi anni da allora hanno continuato ad avere un rapporto particolare e a dialogare con lui in una conversazione schietta e sincera, che non arretra di fronte alle questioni più importanti, urgenti e controverse e alla necessità di rinnovare il messaggio del Vangelo. Bergoglio torna a raccontarsi senza filtri: ne emerge il profilo di un religioso che vive e predica la parola di Dio e, consapevole delle proprie umane debolezze, sceglie di affidarsi alle mani della fede. E in essa trova risposte a interrogativi da sempre insoluti. Perché un pontefice è prima di tutto un pastore: apre la strada e indica la direzione, ma rimane indietro per aiutare gli ultimi a trovare i pascoli migliori.
Nella scuola di padre François-Xavier Durwell s'impara a pregare. E a pregare correttamente. Questo è prima di tutto incontrare Dio, ascoltarlo, parlargli col cuore in mano, come fa una persona quando parla ad un suo amico. Dunque, non v'è una preghiera cristiana giusta se non s'incontra Dio; quel Dio oggi invisibile ai nostri occhi, ma che è stato fatto uomo in Gesù Cristo e che ci ha rivelato suo Padre nell'impulso d'amore dello Santo Spirito. Pertanto, quel Gesù che incontriamo nell'ora della preghiera è il Cristo Risorto, il Resuscitato «che porta il segno dei chiodi». In altre parole, lo incontriamo nel suo mistero pasquale.
Il presente volume, curato da Carlo Felice Casula e Pietro Sebastiani, è un tributo alla figura e all’impegno del cardinale Achille Silvestrini – tra i principali protagonisti della diplomazia vaticana –, di cui si evidenziano, anche attraverso testimonianze e interviste da lui rilasciate, grande umanità, cultura, passione per la storia, azione diplomatica e competenza nella politica italiana.
Pubblicato, nel centenario della sua nascita, per iniziativa dell’Associazione culturale Achille Silvestrini per il dialogo e la pace, il testo è composto dalle relazioni (di Giuseppe Conte, Pietro Parolin, Gennaro Acquaviva e Carlo Felice Casula) della conferenza, A 45 anni dagli Accordi di Helsinki, il Cardinale Silvestrini e la Ostpolitik vaticana, tenutasi a Roma il 14 settembre del 2020, e da una ricca appendice con 10 Documenti, tra i quali quelli inerenti la Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa, le modifiche al Concordato Lateranense e la promozione delle Chiese orientali.
La questione antropologica è oggi più che mai urgente in tutti gli ambiti. Che cosa è l'uomo? Meglio, chi è l'uomo? Varie sono le risposte, spesso tra loro inconciliabili. Eppure il presente e il futuro dell'uomo, nonché del pianeta in cui vive, dipendono non poco dalle risposte di cui si occupa l'antropologia teologica. In tale orizzonte il volume presenta in particolare il pensiero di Chiara Lubich, offrendo alcune novità dal punto di vista metodologico e contenutistico. Dopo un'introduzione sulla persona e l'opera letteraria della Lubich, vengono esaminati i contenuti più importanti della sua concezione antropologica, alla luce della specifica metodologia dell'autore: una "metodologia dall'interno", che si differenzia da quelle che la tradizione teologica ha definito "dall'alto" o "dal basso". Ne deriva la constatazione di quanto pertinente sia per l'antropologia della Lubich l'attributo a essa associato di "trinitaria".
Nel 787 d.C., nel pieno dello scontro dottrinario sull'iconoclastia, l'imperatrice d'Oriente Irene convoca il secondo Concilio di Nicea. L'intento è dirimere la dibattuta questione del culto delle immagini sacre. Esaminando le ragioni avanzate da iconofili e iconoclasti il Concilio definirà un elemento importante nell'esperienza di fede del Popolo: l'arte è capace di portare con efficacia davanti agli occhi la storia della pagina Sacra. L'icona diviene così strumento utile alla vita nuova donata nel Battesimo. L'arte sacra è viva e, in quest'ottica d'intercomunicazione, è formulata una nuova ipotesi in un passaggio definito "dal teologico al teologale". L'arte entra nella vita del credente e al tempo stesso la vita e le esperienze del credente, attraverso l'arte, possono esprimersi nel linguaggio teologico. È proprio a livello teologale - quello dove avviene l'incontro con Cristo, dove la teologia si salda con la vita - che l'uomo può trovare la sua massima espressione. Il volume segue la trama argomentativa degli atti del Concilio ed espone i principali argomenti esposti contro la fazione iconoclasta, fornendo uno sguardo completo sulle vicende e tratteggiandone i successivi sviluppi dogmatici.
Per papa Francesco il Vangelo è, in primo luogo, una proposta di vita molto concreta: un modo nuovo, motivante e liberante di guardare a se stessi, di gestire la propria interiorità e di affrontare i propri giorni. Contro ogni sfiducia, complesso, frustrazione e stanchezza, c'è un vero e proprio "metodo" per rafforzare se stessi e ottenere il meglio dal dono dell'esistenza. L'autoconsapevolezza e l'autostima sono elementi necessari per una vita equilibrata, di valore, di gusto e di gioia.
Perché leggere e conoscere padre Mario Borzaga, il missionario trentino ucciso in Laos nel 1960 e beatificato nel 2016? Cosa dice a noi oggi?
“Identikit” (2023, ed. Vita Trentina) propone il ritratto di un giovane da ascoltare e da guardare, perché “le sue parole e le sue fotografie lasciano un segno”, scrivono i due autori: padre Fabio Ciardi (docente di teologia della vita consacrata e direttore del Centro studi dei Missionari Oblati di Maria Immacolata) e Piero Damosso, giornalista e scrittore che sul missionario trentino ha scritto anche il libro “Romanzo d’amore”.
Il volume è un ritratto inedito, fotografico e spirituale, del missionario, sacerdote, alpinista, musicista, giornalista e scrittore trentino padre Mario Borzaga, che nel 1957, pochi mesi dopo essere stato ordinato sacerdote nella Congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, partì per il Laos dove morì tre anni dopo insieme al suo catechista Paul Thoj Xyooj.
È stata l’associazione “Amici di padre Mario Borzaga” a promuovere questa nuova pubblicazione, curata da padre Fabio Ciardi che riprende il profilo di padre Mario attraverso le sue “Lettere agli Amici del Laos”, qui raccolte per la prima volta. Esse riportano non solo un’agile cronaca della sua missione e uno scorcio dell’ambiente laotiano, ma raccontano con parole sincere le fatiche e le paure di un giovane sacerdote in un contesto lontano.
Nella seconda parte il regista e documentarista Paolo Damosso propone un’esperienza emozionale e visiva: “Per questo nuovo libro – ci spiega Damosso – mi sono dedicato al commento di diciannove immagini che a mio parere rappresentano alcuni passaggi fondamentali della sua vita. Stiamo parlando di fotografie scattate nel cuore del secolo scorso, quando ogni istantanea era pensata, organizzata, preparata per visualizzare un momento da ricordare”.
Chi è, veramente, Gesù? Sappiamo cosa è diventato dopo la sua morte, in duemila anni di fede cristiana. Ma come lo considerano i contemporanei? Cosa pensano quando lo ascoltano parlare e mentre lo vedono agire? Poco prima della fine, egli pronuncia su di sé parole enigmatiche: «Io so da dove vengo, e dove vado. Voi, invece, non sapete da dove vengo e dove vado» (Gv 8,14). Può questo messaggio di un «re» ebreo illuminare anche l'origine e la meta della nostra vita? Attraverso un fitto e appassionato dialogo con i Vangeli, Giulio Busi traccia il profilo di un Gesù ribelle, assai diverso dall'immagine del buon pastore, mite e mansueto, trasmessa da gran parte della tradizione cristiana. È il Gesù della polemica e dell'invettiva. E, insieme, il Gesù visionario che sovverte e trascende ogni limite di spazio e di tempo, in continuo movimento tra il «qui» della sofferenza e della sopraffazione e il «là» della pace e della vita spirituale. A delinearsi con chiarezza in queste pagine è, in particolare, una «storia ebraica» del maestro di Nazaret. Per lui, infatti, gli ebrei non sono mai «loro» ma «noi». E se la sua ribellione s'indirizza anche contro l'élite religiosa giudaica, è pur sempre la ribellione di un ebreo, orgoglioso della propria appartenenza, che sa interpretare la Torah in modo straordinariamente raffinato, eppure libero, nuovo, creativo. Alla fine, Gesù è un re proscritto, su cui pende un ordine di arresto. Un rabbi itinerante braccato e costretto a nascondersi. Quando sale a Gerusalemme per l'ultima Pasqua, sa che verrà tradito, catturato, percosso, ucciso. I suoi si sbandano, rinnegano. Solo un gruppo di donne non lo lascia nell'ora più oscura. E soltanto una donna cerca il proprio maestro e per prima lo trova, all'alba, in un giardino, al di là della morte. Il giudaismo ha rifiutato il regno senza potere impersonato da Gesù. Il cristianesimo ha trasformato la missione errante dei primi discepoli ebrei, senza famiglia e senza averi, senza bagaglio e senza armi, in una realtà solida, ben costruita, capace di durare per millenni. Ma la ribellione di Gesù ancora continua.