
Il libro delinea lo sviluppo dell'esorcismo nel mondo cattolico latino dall'antichità fino ai giorni nostri, con particolare attenzione per l'epoca moderna e contemporanea. Il rito dell'esorcismo e le azioni messe in atto dai sacerdoti per allontanare i demoni dai posseduti esercitano da sempre un fascino popolare; eppure le origini, il fondamento ideologico e la storia di questo controverso rituale sono stati poco esplorati. Partendo dagli esorcismi propagandistici e spontanei dell'antichità cristiana, libero campo di azione di ogni battezzato, fino ai codificati rituali medievali, riservati a un clero espressamente autorizzato, Francis Young ripercorre una storia secolare e sempre diversa, mettendo in luce i labili confini fra gli esorcismi scritti e la magia non autorizzata, da sant'Agostino a papa Francesco. Nella convinzione che il bisogno di esorcismo si acuisca ciclicamente in tempi di crisi per la Chiesa, Young suggerisce una chiave di lettura per comprendere l'attuale ripresa della pratica esorcistica nel cattolicesimo.
Se è vero che il cattolicesimo è uno solo, esso si è sempre distinto per la sua capacità di entrare in un rapporto simbiotico specifico con i popoli e le nazioni che storicamente lo hanno abbracciato, in primis quelle europee. Ma che ne è dei cattolicesimi nazionali nell’Europa post-secolare, dove la profezia della morte di Dio sembra ormai realizzata e ci si confronta con le conseguenze, attese e inattese, di questo stato di cose? Il libro fornisce una disamina descrittiva e comparata, con un taglio sociologico-quantitativo, della sua presenza sia nei paesi (Austria, Belgio, Francia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna) che hanno in esso la propria matrice teologica, sia in quelli (Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Svizzera) nei quali il cattolicesimo, seppure minoritario o alla pari con il protestantesimo, ha sempre costituito un fattore decisivo del panorama religioso e socio-culturale. Ne emerge il paradosso per cui la confessione religiosa maggiormente insidiata dalle forze storiche e dalle sintesi culturali della secolarizzazione, quella cattolica appunto, pur tra gravi criticità, si rivela tuttavia la meglio attrezzata a fronteggiare la sfida dell’epoca post-secolare: trasformare il tramonto dei valori eterni nell’inizio di una loro nuova alba.
1964: Paolo VI raggiunge la Terra Santa. Primo Papa in aereo. Torna dove tutto ha avuto inizio duemila anni prima. Il pontificato entra nella modernità. Cambia la comunicazione dei papi. Mille i giornalisti al suo seguito. Scrissero, fra altri: E. Montale, D. Buzzati, G. Bocca, C. Cederna. La Rai mobilitò centinaia di persone e l'Aereonautica militare per i servizi in differita Tv. Il reportage del viaggio sugli schermi fu di Ermanno Olmi. Tempo di macchina da scrivere, telex, pellicola. Era in corso il concilio Vaticano II. Paolo VI scrisse in Terra Santa la prima pagina di quella primavera dell'ecumenismo che arriverà fino a Francesco. Da grande timoniere condurrà in porto il Vaticano II. 2014: in Terra Santa arriva Francesco. Il Papa social, guida spirituale e indiscusso leader mondiale (su Facebook ha 3 milioni di follower e con un account privato Twitter supera i 40 milioni di utenti). La Santa Sede è impegnata nella riforma dei media e delle modalità comunicative dell'annunzio. Con la testimonianza del Custode di Terra Santa Francesco Patton OFM.
Due persone molto diverse s'incontrarono nell'agosto 1968 ad Istanbul, crocevia di storie e mondi: il professore francese, Olivier Clément, quarantasette anni, e il patriarca ortodosso di Costantinopoli, Athenagoras, ottantadue anni, vissuto tra l'Oriente ottomano e nazionalista, gli Stati Uniti e infine la Turchia. Il motivo era un'operazione editoriale. Ma fu un incontro da cui scaturì un messaggio che parla ancora oggi. Sullo sfondo la "rivoluzione" del '68. Nel colloquio affiorano molte domande sul futuro del mondo, sul cristianesimo in un tempo non più religioso o religioso in modo diverso. Oriente e Occidente si parlano. In queste pagine si ripercorrono anche le storie dei due personaggi. Dal loro intreccio, sgorga un messaggio di umanesimo spirituale. Quale futuro per il cristianesimo, l'Occidente e l'Oriente alle prese con l'Islam? Stupisce l'emergere, durante la guerra fredda, della percezione dell'aurora di un mondo globale. Per me, scrivere questo libro è stato immergermi in una vicenda personalmente rilevante. La mia esistenza di giovane (allora) e di credente è passata attraverso il '68, le sue discussioni e crisi. Nel clima del Vaticano n, ho sentito come il cristianesimo dovesse rivolgersi di più ad Oriente. Incontri, letture e l'attrazione verso figure e luoghi. Tra questi, Istanbul e Athenagoras, e poi l'amicizia con il suo "biografo", Clément, pensatore originale e cristiano profondo. C'è in queste pagine un'indicazione - quasi la mappa di un itinerario - per il cristianesimo, diviso, investito dalla secolarizzazione e poi dalla globalizzazione, bisognoso di un ressourcement alle radici. Non la fuga in un fortilizio della fede o dei valori tradizionali, ma l'assunzione delle fratture del nostro tempo. Oggi si comprendono meglio le idee e le indicazioni suggerite dalle storie dei due personaggi e dai lontani colloqui del 1968.
Un dialogo che interroga e provoca
San Francesco riesce ad incontrare il Sultano Malik al-Kamil nel 1219, mentre gli eserciti stavano combattendo la V crociata. Apriva così uno spiraglio verso la possibilità di una nuova relazione con i musulmani, possibilità che poi suggerirà ai suoi frati nei testi scritti per loro (le due Regole). Quell’incontro continua a costituire una provocazione e una sfida anche per noi oggi, che a ottocento anni di distanza ancora stiamo cercando il modo di costruire una relazione non basata solo sulla paura o su un facile irenismo di facciata.
Manuel CORULLON , frate Minore (francescano) spagnolo, specializzato in Studi arabi e islamici, è da molti anni responsabile della Custodia francescana del Marocco, dove da secoli i frati custodiscono una presenza mite e operosa tra la popolazione.
Un «uomo che ha visto anticipatamente la storia»: così papa Francesco ha definito Paolo VI. Giovanni Battista Montini è stato un uomo del suo tempo, che si è confrontato e scontrato con le questioni della modernità europea e occidentale. Ma la crisi della Chiesa alla fine degli anni Sessanta aprì una fase nuova della sua vita. Dopo essersi lungamente impegnato nel governo della Chiesa, riformandone i retaggi temporalisti e anacronistici, Montini ha dovuto affrontare uno sconvolgimento dell'orizzonte storico che ha reso impossibile una gestione dall'«alto» e dal «centro» dell'istituzione ecclesiastica, come spiega Andrea Riccardi. Questo volume mette a fuoco l'attualità dell'«ultimo» Paolo VI, che si aprì al mondo nuovo della globalizzazione attraverso un confronto sempre più ampio con le grandi questioni della pace (ne parla in questo libro il cardinale Parolin); le realtà dell'America Latina, dell'Africa e della Cina; i nuovi rapporti tra Nord e Sud; la situazione nei paesi comunisti dell'Europa Orientale. Nell'impossibilità di definire un modello unico di Chiesa all'interno di un cambiamento sempre più imprevedibile, Paolo VI si è affidato soprattutto a due bussole: il primato del Vangelo e il «sacramento del povero», che - attraverso l' Evangelii Nuntiandi - hanno orientato anche il rinnovamento della Chiesa latino-americana e la «teologia del popolo» argentina cui si è ispirato papa Francesco.
In un periodo di grande dissoluzione fuori e dentro la Chiesa, un'epoca di preti e religiosi che vivevano negli agi e nei lussi incuranti del Vangelo, Francesco di Paola sceglie il ritorno alle origini, votandosi all'isolamento come gli antichi padri del deserto per vivere il solo a solo con Dio. Un ritiro non fine a se stesso, tuttavia. Ben presto, infatti, la grotta di Francesco viene "assediata" da frotte di persone desiderose di aiuto, di conforto, di confronto. Francesco accetta l'arrivo della gente e a tutti dona il suo amore, compiendo anche prodigi, sempre nel nome della carità. Ben presto altri eremiti si uniscono a lui. E da Paola la sua comunità si espande, prima in Calabria, poi in Sicilia, infine in altri posti in Italia e poi oltre i confini, chiamato come consigliere dal re di Francia. Il suo segreto fu solo e soltanto uno: credere nella possibilità di realizzare ciò che il suo cuore gli diceva fosse buono e giusto. Credere in se stesso, nelle proprie possibilità e nella potenza disarmante dell'amore. Nulla è impossibile per chi crede nell'amore. Questo il messaggio che la vita di Francesco di Paola comunica a tutti ancora oggi. Non ci sono limiti, barriere, per chi sceglie l'amore. Prefazione di p. Francesco Marinelli.
In un cuore cattolico tutto si unifica e si fonde, il passo sicuro e la certezza. Pensare che si è eletti, ma indegni. Un fardello può essere dolce e pesante. Pensi al verso «ho l’estasi e il terrore di essere eletto».
Ma il Papa non è il solo che possa dirlo: ogni cristiano è prete e vittima. Ogni cristiano è stato eletto fra tutti con amore particolare.
È la felicità di amare Dio con un povero cuore.
Paolo VI ha sentito e sofferto nel profondo del­l’anima il tormento «di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena», come anche l’estasi della «suprema e formidabile» sede di Pietro alla quale era stato eletto.
Un segno degli attacchi contro Paolo VI sono le feroci vignette satiriche che su «La Repubblica» gli dedicava con straordinaria frequenza Giorgio Forattini. Anche questo è un fenomeno paradossale: il Papa di gran lunga più vicino alla cultura moderna era fatto oggetto di irrisione. Si è voluto riportare alcune di quelle vignette per far comprendere lo spirito di quell’epoca.
C’è una espressione della spiritualità russa che indica i «folli di Dio»: lo jurodivyj è il portatore di una sapienza che può abitare solo nella «stoltezza» (1 Cor 1,27), che suscita inquietudine e allarme. Il fenomeno dei «folli di Dio» non ha molti emuli nella tradizione occidentale, costruita attorno a paradigmi di santità molto diversi. Il volume raccoglie alcune di queste figure italiane di «folli di Dio», che, conquistati dal Vangelo, hanno imboccato una via di autoriforma.
Dall’Introduzione di Alberto Melloni.
Le Conferenze sull’Esamerone (Collationes in Hexaëmeron ) che raccolsero per l’ascolto tutta la Parigi intellettuale dell’epoca sono l’ultimo e appassionato intervento di Bonaventura contro l’infatuazione suscitata nella facoltà delle arti a opera di Aristotele. Di fronte a una filosofia assoluta, che si istituisce in antitesi alla fede e si sottrae a ogni suo giudizio, Bonaventura ripresenta l’unità del sapere cristiano, secondo il modulo e la sensibilità che gli sono congeniali. In questa predicazione dal 9 aprile al 28 maggio 1273, Bonaventura lascia il suo testamento spirituale. La curatela, la traduzione e le note delle Collationes di Vincenzo Cherubino Bigi forniscono un’ottima guida alla comprensione e alla lettura di un’opera in cui polemica e contemplazione, dibattito e mistica, storia e verità si intrecciano, dando vita a un testo che rappresenta uno stimolante invito allo studio della Scolastica.
"San Medardo è una personalità quasi sconosciuta nella nostra epoca, eppure la sua vita e il suo pensiero sono ancora di grande attualità. Medardo è vissuto in quella che oggi è la Francia a cavallo tra il IV secolo e il V secolo. Nel 530 fu eletto Vescovo di Noyon, cittadina a nord di Parigi; egli è stato testimone dell’incontro di due culture diverse quella gallo–romana e quella franca. Medardo ha contribuito in modo determinante a saldare le diversità culturali francho-galliche e romane, contributo che ha preso vigore e forza in quella che può essere definita la peculiarità del Carisma di Medardo. Egli infatti fin dalla giovane infanzia si è contraddistinto per il dono della carità che esercitava nei confronti dei poveri e di chiunque avesse bisogno tanto da essere acclamato ancora in vita come Santo. Anche grazie all’accoglienza e l’amore per l’altro, di san Medardo, quello che poteva essere uno scontro di civiltà si è trasformato in una fusione che ha dato origine alla cultura occidentale."