
"Joseph Ratzinger non doveva diventare papa. Non poteva. Secondo le regole non scritte dei conclavi una personalità così 'polarizzante' non sarebbe mai riuscita a ottenere i due terzi dei voti necessari per essere eletto. Invece il 19 aprile 2005, dopo un'elezione tra le più rapide dell'ultimo secolo, il tedesco Ratzinger si affacciò sorridente alla Loggia delle Benedizioni. Chi varca il Portone di Bronzo impara presto cosa significa il termine 'polarizzare'. Significa creare con dichiarazioni, gesti e idee un campo di tensione così forte da spaccare la Chiesa tra visioni differenti": dopo sei anni di pontificato Benedetto XVI è ancora un pontefice che divide. Eletto per rassicurare la parte di Chiesa in cerca di autorità e identità, il papa ha messo a disagio il cattolicesimo che si ispira al Concilio Vaticano II; con una citazione sprezzante su Maometto ha provocato uno scontro violento con l'Islam; elogiando Pio XII e togliendo la scomunica al vescovo negatore della Shoah ha causato una serie di crisi con l'ebraismo; le sue frasi sull'Aids hanno suscitato reazioni di protesta in tutto il pianeta; non ha affrontato questioni come il calo dei sacerdoti e il ruolo della donna. Marco Politi ricostruisce questi anni di pontificato nel quale crisi ed errori di comunicazione sono stati ripetuti e tratteggia il profilo meno conosciuto di un papa impolitico. Un uomo sensibile, timido, caloroso e pieno di umorismo nel privato. Un uomo che crede a un cristianesimo 'religione dell'amore'...
Ha spezzato l'immagine di una Chiesa matrigna, ha rifiutato la pompa imperiale, non conosce barriere tra credenti e non credenti, nessun pontefice europeo ha vissuto come lui la miseria degli emarginati, è vicino alle angosce di uomini e donne di ogni credo. È immerso nella modernità, pratica la tenerezza e la compassione. Ma in Vaticano crescono le resistenze ai suoi audaci programmi di rifondazione della Chiesa come la partecipazione dei vescovi al governo ecclesiale, l'inserimento di donne ai vertici decisionali, l'approccio nuovo a divorziati e omosessuali. Ripulire lo Ior e le finanze vaticane è una fatica immane. L'episcopato italiano è un problema per il papa argentino. La rivoluzione è agli inizi: l'esito è incerto e il tempo non è molto. "Francesco tra i lupi" è la storia, mai raccontata prima, delle sfide nascoste alla rivoluzione di Bergoglio e dell'opposizione al papa più popolare dei nostri tempi, con particolari inediti sulla sua elezione.
«Seguiremo la strada della verità ovunque possa portarci», promette Francesco. È un combattente solitario. Sa che i nemici lo aspettano al varco, pronti ad attizzare il fuoco dell'opinione pubblica. Un viaggio negli ultimi anni del pontificato, i più difficili e tormentati, in un mondo divenuto improvvisamente ostile. Nel cattolicesimo è in corso una guerra sotterranea per mettere Francesco, il pontefice riformatore, con le spalle al muro. Preti, blogger e cardinali conducono un'opera sistematica di delegittimazione e, mese dopo mese, si va compattando un fronte conservatore con notevole forza organizzativa e mediatica. Debole, invece, è la mobilitazione dei sostenitori della linea riformatrice di Francesco: vescovi e cardinali si affacciano poco sulla scena per difendere il papa e appoggiare gli obiettivi di cambiamento. Spira un vento di forte opposizione: «Vogliono un altro conclave», dice il cardinale Kasper. Francesco ha cambiato i rapporti con ortodossi, luterani, musulmani e Cina. Su pace, ambiente, giustizia sociale è un'autorità morale mondiale. Ma anche lo scenario internazionale si è fatto più complesso: l'America di Trump respinge gli accordi su clima e migrazioni, temi non negoziabili per il pontefice; in Italia, intanto, su migranti e integrazione circola un populismo anti-papale; in Europa orientale divampa un cattolicesimo xenofobo. Altre preoccupazioni incombono. La Chiesa è travagliata dalla piaga degli abusi sessuali, dalla insoluta questione del ruolo delle donne, dal sensibile calo delle vocazioni. Confessa il gesuita Antonio Spadaro, intimo collaboratore di Francesco: «È un pontificato drammatico in cui ci sono cardinali che attaccano il papa e atei che lo sostengono».
La pubblicazione degli Atti del Convegno organizzato dal Rotary e tenutosi a L’Aquila in occasione della Perdonanza 2008, avviene dopo due date incise ormai per sempre nella storia dell’Aquila: il tragico sisma del 6 aprile 2009 e il grande incontro internazionale del G8 (8-10 luglio 2009). Che c’entra tutto questo con il messaggio di s. Pietro Celestino? Il legame, invece c’è, e sembra abbastanza profondo. La tragedia del terremoto rischia di ingenerare in molti un senso di frustrazione, una spiacevole impressione che ormai la nostra amata città sia destinata ad un lungo declino. Ecco di fronte a questo rischio terribile, tornare a parlare dell’umile eremita del Morrone divenuto papa, significa riaprire le pagine di una antica storia di civiltà, di fede, di spiritualità, di affascinanti realizzazioni artistiche. Tornare a parlare di Celestino significa riprendere coscienza che la nostra storia di aquilani e di abruzzesi non si è fermata. Si, ha avuto una tragica pausa. Ma per ricominciare ora un cammino nuovo.
Contributi di: Walter Capezzali, Luigi Mezzadri, Paola Poli, Francesco Zimei
Paola Poli, archivista dell’Archivio dell’Arcidiocesi dell’Aquila, si è diplomata presso la Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica e ha conseguito il Master Post Lauream della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana. Dal 2000 è direttrice dell’Archivio Arcidiocesano e, dal 2006, della presente sezione di studi, Collectanea Archivi Ecclesiae Aquilanae, confluita nella collana dell’Istituto di Scienze Religiose Fedelmente.
"In realtà, questa era già una grande novità, l'ingresso nell'agenda conciliare della Chiesa popolo di Dio, composta da tutti i cristiani, vescovi, preti, religiosi e laici, una Chiesa che capiva l'esigenza di una partecipazione di «uditori in concilio» con la possibilità di prendere la parola, almeno dalla seconda sessione, anche se con l'eccezione, purtroppo, delle donne, ancora e sempre costrette al silenzio. Certo, era un timido inizio. Ma nel prossimo concilio si potrà ignorare la presenza delle donne? E si potrà ancora togliere loro la voce?" (tratto dall'Introduzione)
La madre di Dio e Madre della Chiesa risplende come la Stella guida del Concilio Vaticano II, della nuova evangelizzazione e inculturazione. Il Concilio Vaticano II è stata la via ispirata da Dio per permettere alla Chiesa di affrontare le nuove sfide della modernità, in un mondo sempre più scientifico e tecnologico ma contrapposto al polo di Dio Creatore e Redentore. Il Concilio ha rappresentato un rinnovamento, non una rivoluzione, in continuità con la sacra Tradizione, come ha ben dimostrato il magistero dei Papi conciliari" attraverso encicliche, esortazioni apostoliche e catechesi. La Vergine Maria insidiata dal drago dell'Apocalisse mentre sta partorendo Gesù è il simbolo della Chiesa cattolica attaccata dal mondo e dai diversi estremismi mentre sta generando il nuovo uomo: solo la fedeltà al Magistero, alla preghiera e al Rosario permetterà la realizzazione di una Chiesa viva e di una nuova evangelizzazione. "
La bellezza e il sacro sono nel cuore dell'uomo dalle origini. Era impossibile per la Chiesa non assumerli. Ma hanno risentito del fatto che sono stati considerati concetti ambivalenti e perciò giudicati anche pericolosi e soggettivi. Per duemila anni i rapporti tra Chiesa e arte, mai interrotti, a volte difficili, hanno risentito di questa difficoltà. Gli svariati aspetti dell'appassionante vicenda sono delineati in modo brillante e documentato.
<<Come mi piacerebbe una Chiesa povera e per i poveri!>>. Sono le parole pronunciate da papa Francesco in una delle sue prime udienze dopo l'elezione a vescovo di Roma. In qualche modo facevano eco a quelle di Giovanni XXIII che aveva parlato di una <<Chiesa di tutti e particolarmente dei poveri>>.
La realtà del mondo della globalizzazione si caratterizza ovunque per un aumento della disuguaglianza e l'emersione di una povertà dai tanti volti. La Chiesa dei poveri è davvero una sfida sempre attuale.
Per comprenderne il messaggio è fondamentale ritornare al Concilio Vaticano II, dove il tema fu sollevato e approfondito con particolare attenzione. Lo spiega, in un'illustrazione chiara ed esauriente, Joan Planellas i Barnosell in questo libro che costituisce la prima presentazione articolata e completa dei dibattiti che sul tema dei poveri e della povertà sono stati fatti durante il Concilio.
L'insegnamento di Giovanni XXIII e di Paolo VI si affianca nelle pagine del libro alle riflessioni di teologi e vescovi, che hanno elaborato a partire dai poveri un pensiero sulla Chiesa e sul mondo. E' una chiave decisiva per comprendere papa Francesco, la Chiesa e il mondo del nostro tempo.
L'autore ripercorre la straordinaria vita di Giovanni Paolo I, mettendone in evidenza i grandi insegnamenti, cercando di individuare quale sia l'eredità che egli ci ha lasciato. Ha fatto dell'umiltà la virtù per eccellenza che trascendeva ogni sua azione. Nel suo breve Pontificato ha posto le basi per una riforma radicale della Chiesa, affinché essa potesse essere ancora più vicina a tutti e pienamente fedele al messaggio di Cristo.
Gennaio 1964. Per la prima volta nella storia un successore di san Pietro compie un pellegrinaggio in Terra Santa. Sono gli anni del concilio Vaticano II e Paolo VI indica come segno profetico a tutta la Chiesa il pellegrinaggio alle sorgenti della fede. L'arrivo del Papa ad Amman (Giordania), il viaggio in macchina a Gerusalemme dopo essersi fermato in preghiera sulle sponde del fiume Giordano, l'entusiastica accoglienza nella città vecchia da parte della gente comune e dei pellegrini, l'ingresso al Santo Sepolcro (dove si fermò in raccoglimento sulla tomba vuota di Cristo) accolto dal padre Custode del tempo e dai frati minori francescani. Altre tappe significative, Nazaret, Cafarnao, il Tabor e Betlemme. Un viaggio, di cui nel 2014 ricorre il cinquantesimo anniversario, contraddistinto da alcune memorabili catechesi pronunciate nella terra che Paolo VI stesso definì "il quinto Vangelo" e dall'incontro ugualmente di portata storica - con il patriarca ecumenico di Costantinopoli Atenagora I.