
Stefano Lorenzetto raccoglie una serie di dialoghi con i camici bianchi sui dilemmi che la bioetica pone alla società. Ma presenta anche le drammatiche testimonianze di persone comuni che sono state duramente provate dal destino, che hanno toccato con mano la forza del soprannaturale, che si sono interrogate sul senso dell'esistere: la focomelica vittima del talidomide che ha perso tragicamente i genitori e il fratello, la paralitica che ha ripreso a camminare davanti alla grotta di Lourdes, l'imbalsamatore dei pontefici che si occupa delle salme senza nome, l'operaio che vive per accudire la moglie lobotomizzata, l'uomo senza desideri che rifiutava ogni contatto col mondo. Mentre l'ingegneria genetica galoppa verso l'ibridazione uomo-animale, sulla bioetica l'autore giunge a una conclusione di esemplare linearità: "È venuto il tempo che chi armeggia con provette, pipette e bisturi si conformi a una semplice, primordiale verità, anteriore al diritto positivo: nessuno può mettere le mani su una vita che non gli appartiene, neppure se mosso dal nobile intento di salvare altre vite o far progredire la scienza".
Tre contributi compongono questo volume. Il primo, di Corrado Lorefice, propone la ricezione creativa del magistero di Francesco della Fratelli tutti, e l'elaborazione di una riflessione teologico pastorale contestualizzata, cioè fedele all'incarnazione. Il secondo, di Anna Staropoli, è un "canto- del riscatto degli scartati e dei vulnerabili, uno spartito pensato e scritto con la pedagogia del sogno di papa Francesco. Il terzo, di Vito Impellizzeri, pone come nuovo passo la necessità e la voglia di assumersi teologicamente la corresponsabilità del cambiamento, la novità di pensare ad uno stile cristiano con cui viverlo e con cui legarlo alla storia del regno di Dio tra di noi. Come ben suggerisce l'immagine della copertina, il famoso mercato de La Vucciria di Palermo, di Renato Guttuso, la prospettiva di fondo di tutto il testo è il vangelo incarnato in una città, in questo caso Palermo, nei suoi colori, sapori, odori, abitanti, ferite, relazioni... Palermo come Gerico, la città di Zaccheo che vuole vedere e ospitare Gesù, la città della guarigione del cieco nato... una città profondamente legata all'intervento di Dio nella storia. In questa città, come in ogni città, la strada può diventare un'occasione favorevole, una struttura di grazia se, come il buon samaritano, si fa dell'altro, del suo dolore e delle sue ferite, il proprio tempo.
"In questi Esercizi ho scelto di soffermarmi sul tema centrale del cristianesimo, vale a dire sull'amore come essenza di Dio che si è rivelato in Cristo. Di nulla abbiamo bisogno, noi e il nostro mondo, più che di Dio. Viviamo in un tempo di sofferenza senza precedenti. E la sofferenza, almeno quando è vissuta con purità e semplicità, dissipa gli idoli ai quali l'uomo si afferra e apre il cuore a Dio. Egli si è rivelato in Cristo come amore Trinitario, come comunione di persone. Solo alla luce del suo amore possiamo scoprire il nostro vero volto e possiamo essere noi stessi. Vivendo un rapporto vero e profondo con Lui, possiamo anche ridestare il mondo alla Sua presenza" (dall'introduzione dell'autore).
Molto spesso il suicidio di un familiare giunge all’improvviso, ingiustificato, senza senso. Appare come uno scacco definitivo, un’ingiustizia subìta senza possibilità di appello. E per di più i ‘sopravvissuti’ non sperimentano il suicidio soltanto come gesto di autodistruzione di chi lo compie, ma anche come atto di aggressività nei loro confronti, come ricatto affettivo e morale che li accompagnerà per tutta la vita. Si sentono in colpa per non essere stati capaci di cogliere il “grido di dolore” del loro familiare o del loro amico in difficoltà; si percepiscono come persone non altamente significative e importanti per il suicida perché, diversamente, egli non si sarebbe ammazzato e non avrebbe scelto, tra loro e la morte, proprio quest’ultima.
Il volume affronta la sofferenza generata dal suicidio di un congiunto – la gestione dei pensieri, dei sentimenti, delle reazioni –, privilegiando la narrazione del dolore vissuto, il faticoso percorso cognitivo ed emotivo che i familiari sopravvissuti devono compiere per convivere con l’esperienza di una morte così traumatica e intravedere, infine, una prospettiva di senso.
In un mondo in cui il suicidio viene annoverato tra le prime dieci cause di morte ed è al secondo posto, dopo gli incidenti stradali, nei giovani tra i 15 e i 24 anni, i ‘sopravvissuti’ al suicidio di un congiunto costituiscono categorie a rischio particolarmente elevato. Decidere in quale modo continuare a essere vivi è un compito che richiede quindi coraggio, creatività, volontà, giorno dopo giorno.
Il testo non è rivolto unicamente agli specialisti (medici, psichiatri, psicologi) o ad insegnanti ed educatori, ma specialmente ai familiari di chi è morto suicida, ai depressi, a coloro che non riescono ad affrontare il peso della vita e a sopportarne il dolore, a quanti credono sia possibile stare lontani dalla sofferenza, a chi dialoga pericolosamente con la morte, nella speranza di trovare il coraggio per incontrarla al più presto.
Sommario
Introduzione. Pietro, il figlio. Annalisa, la nipote. I genitori di Alex. Titta, la moglie. Il padre di Matteo. La madre di Matteo. Federica, la figlia. Gianna, la moglie. Maria, la figlia. Conclusione. Glossario. Bibliografia.
Note sugli autori
Antonio Loperfido è nato a Noci (BA) ed è psicologo-psicoterapeuta presso il Dipartimento di salute mentale di Pordenone, nonché docente a contratto presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Udine. Ha curato il libro Spezzarsi la vita (2001), finanziato dal Ministero della Sanità, Istituto Superiore di Sanità.
Rosèlia Irti è nata e vive a Imola (BO); è autrice di romanzi e manuali. Fra le sue opere citiamo Come sopravvivere a scuola, Sansoni 1990; Tradurre senza tradire, Sansoni 1992; Oltre la paura, Pratiche Editrice 1998; Rosso Fuoco, Editrice Nuovi Autori 2002.
Il libro dà la voce a chi resta, perché molto è stato scritto su quanti volontariamente pongono fine alla propria esistenza, ma poco spazio è dedicato alla sofferenza di chi rimane dopo il suicidio di un familiare. I "sopravvissuti" parlano del loro viaggio nell'arcipelago del dolore. Ma parlano con l'intento di trovare risposte a domande sul senso della vita e della morte, sul senso del dolore e della sofferenza, per ridare speranza alle proprie giornate. Vedono il suicidio anche come un atto di aggressività contro di loro, come un ricatto affettivo e morale che li accompagnerà per tutta la vita, un atto che distrugge ruoli, sogni e progetti. Da questa mutilazione a volte ci si riprende, a volte si rimane "invalidi" per sempre, a volte si continua a vivere come morti non affrontando la perdita o modellando dolori e ricordi a seconda dei nuovi progetti di vita. Gli autori riportano i racconti dei sopravvissuti, affinché la loro esperienza si trasformi in testimonianza di vita, di speranza e di aiuto, non solo per chi si trova in una situazione come la loro, ma anche per chi pensa il suicidio come a una conclusione dell'esistenza. Hanno scelto storie vere - con alcune ulteriori esperienze nella nuova edizione - come esemplari di un itinerario psicologico che ha portato alla metamorfosi della sofferenza. Alla fine di ogni storia viene indicata la strategia interiore adottata dai superstiti per far fronte al dramma vissuto.
Questi coniugi sono i primi sposi a essere stati beatificati come coppia. La loro quotidianità di coniugi e genitori di quattro figli fu sempre sostenuta dalla preghiera, dalla fedeltà al Vangelo e dall’unione intima con Gesù Eucaristia, per mezzo secolo di vita insieme.
In questo testo gli Autori ripercorrono la vicenda umana di questi sposi e propongono una novena e le litanie ai beati coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi che, con il loro carisma di coppia, possono essere invocati, con particolare efficacia, dalle famiglie ma anche dai singoli, i quali sempre più spesso, nei nostri tempi, si trovano a “fare famiglia” da soli.
Un agile libretto – ricco di citazioni e immagini – che approfondisce il tema del cammino e accompagna i pellegrini nel loro percorso.
Destinatari
Ideale per l’anno compostellano, un libro destinato a pellegrini e credenti intenzionati a intraprendere un cammino prima di tutto interiore.
Un agile libretto dedicato al tema del cammino – ricco di citazioni e immagini – per accompagnare i pellegrini in un duplice percorso: esteriore e interiore.
Ideale per l’anno compostellano, un libro destinato a pellegrini e credenti intenzionati a intraprendere un cammino prima di tutto interiore.
Il volume si riferisce ai punti cardinali della dottrina cristiana e nello stesso tempo manifesta ampiezza di sguardo fenomenologico e antropologico.
Nei Vangeli, Gesù viene spesso presentato mentre mangia: dalle nozze di Cana fino a dopo la Risurrezione, i pasti sembrano quasi un filo rosso che attraversa tutta la sua vita. Sono momenti conviviali in perfetto equilibrio tra ironia
e profondità, tra sorriso e improvvise pause di riflessione, sempre sorprendenti e inattesi.
Frate Alfonso, in un linguaggio divertente e scanzonato, commenta 24 brani evangelici con a tema i “pasti”. Le sue riflessioni culminano con l’ultima cena, quando Gesù da “mangione a scrocco” diventa “mangiato”, da distributore e moltiplicatore di pane e vino diventa egli stesso cibo e si offre gratuitamente agli uomini quale fonte di salvezza.
Un aiuto per una memoria positiva, per guarire i ricordi e, con la grazia di Dio, vivere come “farfalle”, con più libertà e letizia. “Mio Dio, prendi la mia memoria e tutti i suoi ricordi, prendi il mio cuore e tutti i suoi affetti” (Marthe Robin)
Padre Nicola Lomurno è un monaco eremita.