
Avrei voluto fare di più per lui, ora è proprio troppo tardi? Il corpo, la bara: che cosa resterà di lui? Che cosa si intende con «anima del defunto»? Tutto quello che ha fatto, dove va a finire? Che cosa faranno i defunti, nell’attesa della fine del mondo? Perché preghiamo per i nostri defunti? Santi, martiri, defunti: quale rapporto hanno con noi vivi? Questo libro fa emergere e approfondisce questi quesiti, al fine di riuscire a vivere con maggior serenità il «distacco».
"Un giorno l'ho sentita passare come un vento e mi ha detto: 'Invocami, Mater Purissima!'. La Madonna possiede la chiave d'oro che apre il cuore di Dio. Dobbiamo amarla e pregarla perché lei, vinta dal nostro amore e dalla nostra preghiera, ci ottenga le grazie necessarie. Noi abbiamo la missione di annunciare ai fratelli che Dio è purezza, che Dio è luminosità e solo chi troverà la Luce avrà la vita. La Madonna non vuole che ci scoraggiamo; noi abbiamo una Mamma tanto buona e tanto potente che ci aiuta...chi dobbiamo temere? Lei aiuta tutti quelli che La pregano, e anche previene e ci concede le grazie senza chiederle. Beato chi ha questa fiducia!"
Pizzul, noto giornalista milanese, riflette sulla parola «lavoro» a partire dall’icona evangelica della croce. Un percorso intenso, alla scoperta del significato dell’opera umana, in relazione al vivere comune e nell’orizzonte di una città solidale.
«Quando ogni certezza sembra crollare, quando la mancanza di lavoro mina alla radice la sicurezza di una vita fino ad allora serena, è necessario reagire evitando la solitudine e l’isolamento. Superare la sensazione di abbandono e mantenere legami di solidarietà è il primo necessario passo per non cedere alla disperazione. […] Nessuno può sottrarsi a questa sfida. Vivere con pienezza il proprio lavoro significa costruire la città e consolidare quelle relazioni invisibili che ci rendono più forti, perché meno soli, di fronte alle difficoltà e alla crisi.»
Fabio Pizzul (Cormons 1965), giornalista, già presidente dell’Azione Cattolica di Milano, dal 1998 ha diretto Radio Marconi, emittente della diocesi di Milano e dei Paolini. Sposato, ha quattro figli.
L'autore Giampiero Pizzol, in questo monologo teatrale, presenta la vita dei discepoli attraverso gli occhi e i conti dell'esattore delle tasse Matteo, ragioniere di Dio, chiamato a diventare Apostolo.
Il Vangelo viene raccontato per bocca dei personaggi con un linguaggio poetico ma anche popolare. Si alternano racconti epici e comici, poetici e buffi che attingono al pozzo della saggezza e della commedia: dalla caduta delle mura di Gerico al tumulto di piazza in cui Zaccheo stava per essere ucciso. Gli incontri si mescolano con le parabole e sulla scena si materializzano paesaggi e identità diverse, si accende la luce del miracolo e sgorga l'acqua della vita: uomini e donne si trovano a confronto fra loro e con Gesù.
Un autore originale, dal linguaggio ricco, dalla capacità evocativa profonda, dalla ricchezza di contenuti non banale: quello che Carlo Pizzocaro ci offre in questo suo primo libro è una sosta, meditata, presso le soglie della fedeltà, che il Vangelo (ma anche la nostra stessa esistenza, che a esso si intreccia e da esso si lascia guidare) ci presenta: sono le soglie della vita che nasce, della vocazione quando sorge, dell'attesa, del bisogno che bussa, della morte che si apre alla risurrezione. Tutti siamo davanti a queste porte, a questi ingressi che si aprono e si chiudono, come mendicanti di luce. «Se intorno a te caleranno le tenebre dei dubbi e delle paure, rimarrai fedele alla porta?» chiede l'autore: «Se di fronte a te rimarrà un mistero inesauribile, una domanda di salto senza alcuna assicurazione, rimarrai fedele alla porta? Se non potrai più decidere tu i tempi dell'abitare e del viaggiare, se avrai l'impressione di perdere tutto ciò che è tuo, rimarrai fedele alla porta? Quando il Giudice aprirà, quando il Figlio dell'uomo arriverà alla soglia, ti troverà ancora fedele alla porta? Sì, perché solo la fedeltà apre la porta e spalanca l'Incontro».
Quaranta lettere aperte a quaranta personaggi che popolano i vangeli dei giorni precedenti e seguenti la Passione di Gesù: da Lazzaro a Caifa, da Giuda a Giovanni e Pietro, tutti questi co-protagonisti che popolano lo scenario della morte e resurrezione di Gesù trovano un volto nuovo e originale nelle brevi, essenziali e icastiche "missive" che l'autore, una delle penne più vivaci del panorama letterario di quella che ormai possiamo chiamare la nouvelle vague della spiritualità italiana, invia loro. Così, Giovanni che giunge per primo al sepolcro diviene il "piè veloce"; Filippo, il primo "influencer" della storia cristiana; Caifa e Anna gli esempi del bullismo e della sordità di fronte alla voce del vero... E poi ci sono Maria di Magdala, la donna sprecona che consuma l'olio per i piedi di Gesù, di contro al taccagno Giuda, chiuso in se stesso. Ci sono i pessimisti e gli speranzosi (come il "cattivo" e il buon ladrone...). Ognuno di questi quadri, poetici e drammatici insieme, ci offre un'immagine di noi stessi: di come siamo e di come potremmo essere, fuori da una lettura polverosa del cristianesimo. Un libro dedicato a credenti e non.
Ogni beatitudine ha il suo commento e le sue riflessioni. Il tutto illustrato da composizioni artistiche di attualità che ne facilitano la comprensione!
Una selezione delle rivelazioni di Cristo sul destino dell'uomo , sulla vita eterna e su come guadagnarla, dai Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
L'immagine di un Dio severo e lontano dall'uomo è il frutto di una diabolica congiura perbenistica che attraversa da secoli la nostra cultura, con il risultato di un crescente allontanamento dell'uomo da Dio.
Questa l'idea centrale da cui parte la scrittura di Paolo Pivetti, nei vari registri dell'ironia, del paradosso, a volte anche di un provocatorio sarcasmo, ma sempre discorsiva e coinvolgente, in questo "Humor di Dio".
Perché se ridere, sorridere o divertirsi è cosa buona, come possiamo pensare che sia estranea a Dio?
L'autore rilegge una trentina di episodi e capitoli della Bibbia e Vangelo, pagine famosissime e pagine meno note, nelle quali rifulge, anche in particolari spesso trascuranti, lo humor di Dio.

