
Questo volume sul Nuovo Testamento sigilla idealmente l'opera collettiva dedicata alla Bibbia nella letteratura italiana, ma anche l'impresa compiuta con i volumi sul Mito nella letteratura italiana: due strumenti per valutare la consistenza degli stimoli offerti dai grandi codici della civiltà occidentale, quello greco-latino e quello ebraico-cristiano. Gli studiosi che hanno lavorato su quest'ultimo si sono accostati all'avvincente materia con metodi e prospettive differenti, analizzando il linguaggio, mettendo a fuoco le idee, esaminando i processi di risemantizzazione e reinterpretazione cui gli scrittori sottoposero il Libro sacro dal Medioevo ai giorni nostri.
E davvero impressionante risulta l'incidenza esercitata da un'opera snella come i Vangeli e dagli altri scritti neotestamentari sulla lingua comune e sulla scrittura letteraria, sull'immaginario collettivo e sulle conoscenze individuali di ogni epoca. Insieme agli autori studiati, i saggisti avvertono e trasmettono all'intelletto e allo spirito il fervore che esercitano le pagine della buona novella: la dolcezza della Madonna e la fermezza degli angeli, l'incanto del Natale e la strage degli innocenti, il dramma della Croce e il gaudio della Resurrezione, i dubbi di Pilato e la folgorazione di Paolo, le visioni dell'Apocalisse e le favole degli apocrifi, la felicità pagana e la beatitudine cristiana, le antiche domande e le nuove risposte.
Il volume è il frutto di un itinerario di ricerca condotto negli anni dal Gruppo di lavoro Ecclesia-Israel - di cui i curatori fanno parte - attorno alla questione teorica e pratica della sostituzione della Chiesa a Israele. Tale ricerca si è sviluppata attraverso indagini relative alle origini cristiane e a snodi significativi della lunga durata delle posizioni teologiche e socio-politiche sottese. In questa sede si è preferito adottare la terminologia inglese supersessionism, che copre il largo spettro della problematica nella pubblicistica attuale per quanto attiene sia alla dimensione teologica e del dialogo ebraico-cristiano, sia alla storia delle idee e alle ricadute di carattere politico e identitario.
Con l'acribia e il rigore che lo distinguono, in questo saggio Joseph Fitzmyer prende in esame l'uso di «messia» nella letteratura ebraica e giudaica oltre che cristiana, portando alla luce lo sviluppo del messianismo agli inizi di giudaismo e cristianesimo, sulla base di una quantità di documenti fin qui non ancora raccolti. Ne risulta come le idee di messia siano nel giudaismo e nel cristianesimo radicalmente diverse, ma anche come in assenza del messia giudaico (nelle sue varie espressioni) non ci potrebbe essere un messia cristiano. Questo nuovo studio su un argomento tanto discusso mostra come posizioni che hanno condotto a fraintendere le diverse nozioni di messia e a servirsene come strumento di divisione, poggino su presupposti contraddittori e sovente poco chiari.
Il libro del Levitico è dedicato al culto comunitario di Israele. Perché, prima ancora di essere un'etica, la religione è una celebrazione. Si tratta di un libro misterioso, poco letto, a prima vista difficile, in cui Mosè dopo aver appreso le leggi di Dio codifica nei minimi dettagli riti, sacrifici, parole e gesti di supplica o di offerta. Più che un semplice repertorio di norme da osservare (che sembrano elencate apposta per sconcertare e urtare il lettore del XXI secolo, più che edificarlo), il Levitico offre tuttavia una profonda riflessione teologica sulla liturgia. La manifestazione ieratica del divino davanti al popolo di Dio riunito in assemblea è brillantemente analizzata in questo commentario di Vogels. L'esegeta guida il lettore attraverso le sottigliezze di un libro che è parte indivisibile dalla Torah - anzi, il suo libro centrale, quello in cui troviamo l'affermazione: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Lv 19,18). Dietro tutte le complessità, le precauzioni, gli avvertimenti, che sono deliberatamente presentati in maniera ridondante al fine di raddoppiarne la solennità, nel Levitico viene annunciata la rivelazione che divamperà nel vangelo: Dio si lascia avvicinare dall'uomo, fino a farsi toccare. Una rilettura potente di alcune pagine fondamentali dell'Antico Testamento, pagine nelle quali Dio incontra coloro che egli ha scelto e che l'hanno scelto. «Il Levitico, un libro a prima vista poco attraente, "dona solo a chi ha già": a chi ha un certo gusto per la celebrazione liturgica e un desiderio di santità. Nulla di nuovo: uno che non ha il minimo interesse per lo sport non apprezzerebbe mai una partita della Nazionale o il Giro d'Italia» Walter Vogels.
Leggendo il Sacro Libro si incorre sovente in citazioni botaniche che accompagnano il flusso dei discorsi storici, delle cognizioni o delle parabole. Da queste emerge, ora di sfuggita, ora con rilevante evidenza il mondo delle piante che fu proprio dell'epoca cui le vicende bibliche si riferiscono. Tali vicende sono state oggetto, per la loro importanza religiosa e storica, di numerose ricerche. Gli aspetti della botanica, estrapolati dal racconto biblico, vogliono formare l'oggetto del presente studio, per evidenziarlo rispetto al testo biblico, onde sottoporlo all'attenzione di studiosi o più semplicemente di amanti della lettura della Bibbia. Gli autori (Maria Grilli Caiola, Paolo Maria Guarrera, Alessandro Travaglini) animati da eguale passione hanno cercato di redigere con dovizia di notizie e di documenti questo studio di ricerca e di esposizione che essi sottopongono con modestia, quando non con umiltà, al sereno giudizio dei lettori e in primo luogo con gratitudine per i tanti veri esperti della ricerca biblica che hanno voluto aiutarli. Opera di questi tre botanici italiani è il frutto di un lavoro di erborizzazione tra le pagine della Bibbia nella ricerca della piante presenti nella terra di Israele ai tempi biblici e attuali e il loro significato. Il libro si compone di 208 pagine, con testo, 110 schede relative alle piante descritte, 110 figure a colori delle piante riportate nelle schede, piante intere, foglie, fiori, frutti, semi, 170 referenze...
Il volume analizza alcuni testi del primo giudaismo redatti all'epoca del Secondo Tempio, un periodo che inizia con il ritorno degli esuli da Babilonia (538 a.C.) e termina con la distruzione del Tempio a opera dei Romani (70 d.C.). Queste fonti, studiate secondo una prospettiva di genere, mostrano il ruolo delle donne, la loro presenza e autorevolezza nei diversi movimenti che animano quest'epoca, incluse le comunità di Qumran e dei Terapeuti. I saggi presenti nel volume affrontano temi rilevanti come la violenza, la capacità di sovvertire l'ordine, la gestione del potere, il ruolo delle donne nella tutela della vita e nell'educazione, il rapporto con la preghiera e gli interventi salvifici a favore del popolo. Particolare attenzione è rivolta allo sviluppo della definizione dei concetti di sacro e profano, puro e impuro e della loro relazione.
Ci sono figure nell'Antico Testamento - particolarmente in Genesi - che paiono non riuscire ad attirare l'attenzione dei commentatori: personaggi che giocoforza restano oscuri, anonimi. Di Nacor e Milca, per fare qualche esempio, poco o nulla si ragiona; pochissimo di Sara. Eppure Nacor è fratello di Abramo, nato nello stesso anno del grande Patriarca; Sara è sua moglie: l'unico personaggio femminile dell'Antico Testamento a cui Dio trasformi il nome, l'unica donna di cui si specifichi l'età al momento della morte, la prima persona a trovare sepoltura nella Terra. Ma il tessuto del Sacro Testo non ammette smagliature. La quadruplice lettura, simile - non identica - a quella dei Padri, cioè condotta in chiave simbolica, permette di riprendere e riallacciare le maglie più minute del tessuto biblico, valorizzando anche gli aspetti e i personaggi più negletti. Nulla, non un solo iota, può essere scartato nella Scrittura. Chiede Amore la Parola di Dio. Il grande Filone Alessandrino, Padri del calibro di Origene e Girolamo, come infiniti altri, antichi e medievali, l'hanno amata e onorata. E noi?
Uno sguardo attento sul dialogo ebraico-cristiano attualmente in atto, richiede di muovere i propri passi su di una Via venutasi a tracciare da ormai alcuni decenni, dopo il grande dono del Vaticano II. Sguardo che vuole, simultaneamente, colmare un vuoto per prenderne consapevolezza, aprirsi ed invitare tutti a percorrerla. Il richiamo del Card. C.M. Martini è sempre vitale ed attuale nel considerare un aspetto che tocca tutta la Chiesa e i credenti molto da vicino: [...] un ritardo che ci deve pesare molto, ad esempio, è il non aver considerato vitale la nostra relazione con il popolo ebraico. La Chiesa, ciascuno di noi, le nostre comunità, non possono capirsi e definirsi se non in relazione alle radici sante della nostra fede, e quindi al significato del popolo ebraico nella storia, alla sua missione e alla sua chiamata permanente.
La presente ricerca è circoscritta e, volutamente, selettiva: sia perché il panorama degli interventi, Congressi, Incontri di studio relativi al dialogo ebraico-cristiano si sono moltiplicati negli ultimi decenni, sia perché la quantità (non sempre pari alla qualità) degli articoli e dei libri stampati è cresciuta a dismisura.
Su quella che ho denominato Via dello Shalom bisogna considerare sempre due passi, quelli mossi dalla parte ebraica e quelli mossi dalla parte cristiana. Li innerva e li sostiene un interrogativo sotteso e strutturante: Come creare una piattaforma comune di scambio e di intesa?