
L'opera ideata e coordinata da Gregory K. Beale e Donald A. Carson è un tipo di lavoro - senza precedenti nella storia della ricerca biblica - in cui per la prima volta si fornisce un commento continuo e organico all'uso che il singolo scritto neotestamentario fa delle Scritture ebraiche. Nel commento viene raccolta un'immensa quantità di materiali, illustrati da specialisti del Nuovo Testamento che mostrano come l'autore neotestamentario studiato intenda e riprenda i testi che ai suoi giorni facevano autorità, e in quale costellazione questi si situi in rapporto al quadro generale del giudaismo del tempo. Frutto di decenni di studi sulla complessità e la varietà dei rapporti fra i due corpi scritturistici, il commento analitico al testo biblico porta alla luce come gli autori neotestamentari siano profondi conoscitori delle loro Scritture e come questa conoscenza sia costitutiva della loro impresa teologica. Per questi aspetti il commento di Beale e Carson mostra tutta la sua utilità non solo per lo studioso ma per chiunque voglia introdursi al grande cantiere delle Scritture ebraiche e cristiane. Il secondo volume dell'opera commenta il vangelo di Giovanni, gli Atti degli Apostoli, la lettera ai Romani, le due lettere ai Corinti e le lettere ai Galati e agli Efesini.
Con il terzo tomo si conclude quello che a tutti gli effetti può considerarsi un nuovo tipo di commento e uno strumento inedito: la lettura continua dei vari testi in cui il Nuovo Testamento si rifà all'Antico e al tempo stesso ne viene illuminato. Se il nuovo interpreta l'antico, anche l'antico interpreta il nuovo - la Scrittura interpreta la Scrittura -, e per questo è della più grande importanza esaminare la peculiarità del contesto neotestamentario in cui l'Antico Testamento è ripreso, sullo sfondo dell'uso o degli usi che di questo si faceva nel giudaismo del secondo tempio. Se gli scrittori neotestamentari si richiamano all'Antico Testamento servendosi delle medesime tecniche esegetiche e sulla base degli stessi presupposti ermeneutici del tempo, donde viene la novità teologica del testo neotestamentario? Il terzo volume commenta le lettere ai Filippesi, ai Colossesi, ai Tessalonicesi, le lettere Pastorali, agli Ebrei, di Giacomo, di Pietro e di Giovanni, di Giuda e l'Apocalisse di Giovanni. Chiudono il volume indici dei passi citati - non soltanto biblici -, che concorrono a rendere l'opera ancor più fruibile a una lettura approfondita del testo biblico.
In genere il lettore moderno apre il libro di Isaia per apprendervi qualcosa sull'azione e la predicazione del profeta vissuto nell'VIII secolo, e il commento di Otto Kaiser non trascura questo aspetto, sforzandosi di determinare il patrimonio originariamente profetico trasmesso in particolare nei capp. 28-31.
Fra l'aspettativa moderna e l'intenzione dei redattori ai quali si deve il libro d'Isaia nella sua forma tradizionale, tuttavia, la distanza è radicale, perché i redattori del libro biblico non intesero conservare le parole profetiche nella loro possibile integrità. Né per essi la parola pronunciata un tempo da Jahvé si era esaurita con il suo avverarsi nella grande catastrofe giudaica del 587, ma mirava al sopravveniente giudizio ultimo sul popolo e sulla città santa.
Il commento di Otto Kaiser fornisce una spiegazione delle parole attribuite al profeta Isaia non soltanto nella loro cornice temporale, ma anche, e necessariamente, in relazione al contesto escatologico tramandato, domandandosi di volta in volta se vi sia ancora un fondo isaiano e in quale misura le parole siano state raccolte dalla bocca del profeta, in quale altra siano state registrate soltanto dopo una fase di tradizione orale. Con questo nuovo volume, il commento a Isaia nell'Antico Testamento è completo.
un opera ingente ed eccezionale sia per la vastita delle letture trattate, sia per l acume, la profondita e la varieta di tipi di analisi scientifiche ed esegetiche delle opere esaminate. Un monumento critico del nuovo testamento. UN'OPERA FONDAMENTALE DI COMM ENTO AL NUOVO TESTAMENTO. QUESTO LIBRO E`UNA VERA E PROPRIA ENCICLOPEDIA, E`RICCHISSIMO DI CONTRIBUTI, E`VARIO NEL TIPO DI ANALISI CONDOTTE, E`PROFONDISSIMO E PUNTUALE, MA ASSOLUTAMENTE BEN ORGANIZZATO ED ARMONICO NELLE SUE PARTI. SONO OFFERTI DATI E COMMENTI SULLE CONDIZIONI STORICHE E GEOGRAFICHE, I BACINI DI INFLUENZA CULTURALE; QUEST'OPERA NON E`UN MERO SUSSIDIO MA E`IL MEGLIO DI CIR CHE LE DIVERSE SCIENZE UMANELETTERALE NUOVO TESTAMENTO" E PER FUNGERE COME INVITO ALL' AVVICINAMENTO CRITICO ED EMOTIVO, SPIRITUALE, EMPATICO VERSO LA RELIGIONE CRISTIANA E LA F"
"Intorno all'anno 400 la chiesa d'Occidente, di lingua latina, si trovò ad affrontare un problema: la Bibbia utilizzata, sia per la liturgia sia per lo studio, era un testo latino tradotto dal greco (la cosiddetta Vetus Latina), un testo che presentava vari errori di traduzione. Di qui la necessità di intervenire: se per il Nuovo Testamento si trattava solo di adottare un buon manoscritto greco, per l'Antico Testamento la questione si presentava più complessa perché il testo latino in uso era, sì, tradotto dal greco, ma questo a sua volta era stato tradotto dall'ebraico. Non era forse meglio risalire alla fonte? Si poneva il problema non solo linguistico ma di natura teologia: la Bibbia greca appariva più ampia di quella ebraica e anche nei libri comuni - che erano la maggior parte e i più importanti - c'erano frequenti varianti, talvolta di notevole spessore teologico.
Due padri della chiesa latina, entrambi venerati poi come santi, Girolamo e Agostino, presero posizioni opposi. Girolamo sosteneva che il testo ebraico dovesse essere preferito perché più antico: essendo scritto nella lingua originale, era il solo ispirato. Agostino difese invece il greco, perché aveva permesso alla Parola di Dio di essere accolta nel mondo pagano; apparteneva, quindi, alla storia della salvezza, diversamente dal testo ebraico. La vinse Girolamo e la sua Vulgata - testo latino corretto abbondantemente sull'ebraico, ma non del tutto - lentamente si impose nelle chiese di lingua latina.
Qual è ora, dunque, il significato di proporre in italiano la prima traduzione della Bibbia greca dei Settanta? Non c'è solo un intento filologico dietro questa impresa editoriale, ma la volontà di far conoscere un testo che può gettare nuova luce sulla nostra stessa cultura cristiana di oggi. D'altra parte, il testo greco della Bibbia non è un documento ad uso esclusivo degli storici del pensiero religioso: è un testo vivo, tanto da essere la Parola di Dio come è detta ancora oggi dai fedeli nelle chiese orientali." Paolo Sacchi
Uno strumento per l'esegesi e la predicazione. La seconda parte dei libri storici dell'Antico Testamento presenta un materiale narrativo e argomenti vari e articolati che riguardano un ampio periodo della storia antica di Israele e diversi sono gli eventi cruciali che si susseguono a ritmo serrato. I commenti patristici a questi libri non sono né numerosi né ampi in quanto i Padri della Chiesa non erano propensi ad una lettura storica o filologica della Bibbia e la loro esegesi dei libri storici si concentrava su quegli episodi singoli in cui quella interpretazione tipologica o morale era possibile. Il volume raccoglie i commenti di autori latini e greci, tra i quali: Origene, Clemente Alessandrino, Basilio Magno, Giovanni Cristostomo, Tertulliano, Cipriano, Ambrogio, Agostino; e i testi di alcuni padri siriani.
Questo volume di Udo Schnelle è un’introduzione alla vita e al pensiero di Paolo, oltre che alle singole lettere considerate dalla prospettiva dell’occasione in cui vennero scritte, e approfondite per il loro pensiero in rapporto alle diverse fasi della concezione di vangelo che Paolo andò sviluppando. Intento dell’autore è di mostrare come la figura di Paolo sia tanto eterogenea quanto pronta ad adattarsi alle situazioni che si trova ad affrontare, e come questa capacità di adattamento consenta a Paolo di delineare nuovi universi di senso che vanno al di là della congiuntura che li ha dettati e che non si lasciano esaurire in classificazioni univoche e riduttive. Ne risulta un Paolo pensatore che non teme il paragone con i filosofi della sua epoca.
Di questo commento in due volumi è stato scritto che se non c'è generazione in cui la discussione non sia stata dominata per decenni da due o tre commenti alla lettera di Paolo ai Romani, il lavoro di Richard Longenecker è di questo genere. Frutto di una vita di studi dedicati soprattutto alla più celebre delle lettere di Paolo, scritta in uno stile piano e nelle sue posizioni sempre equilibrata, l'opera è mossa da un progetto ambizioso: in confronto costante con i grandi commenti antichi e moderni ai Romani e alla letteratura che li ha accompagnati, il testo greco della lettera è esaminato da vicino senza mai affaticare il lettore e senza mai allentarne l'attenzione e la partecipazione. Chi sia interessato a un commento filologico e teologico che non manchi di guardare all'importanza della lettera ai Romani per la storia del cristianesimo e nella vita della chiesa certo non resterà deluso.
Con questo secondo volume il commento di Richard Longenecker alla Lettera ai romani è concluso. Di quest'opera si è scritto che se non c'è generazione in cui la discussione non sia stata dominata per decenni da due o tre commenti alla lettera di Paolo ai romani, il lavoro di Richard Longenecker è di questo genere. Scritta in uno stile piano e nelle sue posizioni sempre equilibrata, l'opera è mossa da un progetto ambizioso: in confronto costante con tutti i grandi commenti antichi e moderni ai romani e alla letteratura che li ha accompagnati, il testo greco della lettera è esaminato da vicino senza mai annoiare. E chi sia interessato a un commento teologico che non manchi di guardare all'importanza della lettera ai romani per la vita della Chiesa...
Questo Commentario esegetico agli scritti del Nuovo Testamento è opera, in due volumi, di Klaus Berger, uno dei più noti biblisti di lingua tedesca, fra i pochi a essere raccomandati da Benedetto XVI nei suoi libri su Gesù.
Il primo volume contiene il commento ai quattro vangeli e agli Atti degli apostoli.
Il secondo volume contiene il commento alle epistole e all’Apocalisse.
Nell’avvicinare ciascuno scritto vengono brevemente affrontate e discusse le principali questioni introduttive: quando ha avuto origine, chi l’ha redatto, a quali destinatari è rivolto, a partire da quali contesti storici e sociali si è sviluppato, qual è il suo profilo teologico, in quale regione dell’impero romano si è diffuso inizialmente.
Prende poi avvio il commento vero e proprio di ciascun brano: il lettore viene condotto a scoprire man mano le linee di pensiero e le affermazioni teologiche salienti del testo. Quando si incontrano punti difficili o particolarmente discussi, la spiegazione si fa più dettagliata, versetto per versetto.
L’opera di Berger ha svariati tratti di originalità: l’esegeta si serve, oltre che dei ben noti metodi storico-critici, della cosiddetta “critica della composizione” (ossia, guardando alla specifica disposizione dei temi e dei materiali, si chiede: quale concezione teologica traspare?). Berger assume poi il giudaismo dell’epoca quale contesto per tutte le teologie neotestamentarie, come loro più vasto sfondo storico-religioso. Nell’interpretazione, fa altresì ricorso a scritti pagani, a testi apocrifi, alla letteratura extracanonica della chiesa primitiva e alle antiche liturgie cristiane (illuminanti “testi paralleli”, che hanno funzione costruttiva). Infine, andando a fornire una datazione nuova degli scritti protocristiani, rispetto all’esegesi tradizionale, l’autore propone in realtà al lettore nuovi spunti di riflessione.
Un’opera esegetica che, lontana da una rigidità freddamente tecnica, sarà apprezzata per la concretezza spirituale e la profondità dei riferimenti al vissuto.
Le Lettere pastorali sono forse dei semplici documenti normativi, messi a punto sul volgere del I secolo e agli albori del II secolo, per arginare spinte ereticali? Una simile interpretazione appare sempre meno attendibile, anzi indebitamente riduttiva. Quelle lettere sono infatti il profilo di un "popolo di Dio" che va acquistando consapevolezza e statura; di una ecclesia domus tutta ministeriale, dove episcopi, presbiteri e diaconi trovano al loro ragion d'essere nel servizio al primato della Sacra Scrittura e nella celebrazione pasquale, due momenti aperti al dono della riconciliazione. Il tutto puntato verso una strategia pastorale che non conosce limiti. In situazione di ascolto e improntata al dialogo, quella strategia avrà cura di quanti elaborano il mistero cristiano con pronunciamenti "preoccupanti"; non si chiuderà a quanti sono al di fuori dell'ecclesia, sia ebrei che gentili; presterà attenzione all'anziano e al giovane, all'uomo e alla donna, al lavoratore e al datore di lavoro, alla famiglia e ai suoi interrogativi. Accrescono l'interesse alle Lettere pastorali la documentazione tardogiudaica e quella cristiana dei primi secoli. Il loro apporto alla comprensione di quelle lettere è di una ricchezza insperata. Si guardi poi a Paolo di Tarso, che in esse è più presente che mai.

