
Questa edizione quadriforme del libro di Samuele, utile per recepire il testo biblico in lingua originale e affrontare le difficoltà delle lingue antiche, propone: il testo ebraico masoretico (TM) della Biblia Hebraica Stuttgartensia, basato prevalentemente sul Codex Leningradensis B19A, datato circa 1008; il testo greco nella versione dei Settanta (LXX) di Rahlfs, basata prevalentemente sul Codex Vaticanus (B) risalente al IV secolo dopo Cristo; il testo latino della Nova Vulgata, redatta nel post-concilio e normativa per la liturgia cattolica; il testo della Bibbia CEI 2008, normativo per la liturgia italiana, con paralleli essenziali a margine e segnalazione dei termini difformi dall'ebraico; la traduzione interlineare italiana di ebraico e greco, eseguita a calco e orientata a privilegiare gli aspetti morfologico-sintattici del testo originale.
Descrizione
Questa edizione quadriforme del primo e del secondo libro delle Cronache, utile per recepire il testo biblico in lingua originale e affrontare le difficoltà delle lingue antiche, propone:
‚óè il testo ebraico masoretico (TM) della Biblia Hebraica Stuttgartensia, basato prevalentemente sul Codex Leningradensis B19A, datato circa 1008;
‚óè il testo greco nella versione dei Settanta (LXX) di Rahlfs, basata prevalentemente sul Codex Vaticanus (B) risalente al IV secolo dopo Cristo;
‚óè il testo latino della Nova Vulgata, redatta nel post-concilio e normativa per la liturgia cattolica;
● il testo della Bibbia CEI 2008, normativo per la liturgia italiana, con paralleli essenziali a margine e segnalazione dei termini difformi dall’ebraico;
‚óè la traduzione interlineare italiana di ebraico e greco, eseguita a calco e orientata a privilegiare gli aspetti morfologico-sintattici del testo originale.
Note sull'autore
Roberto Reggi, licenziato in Teologia dell’evangelizzazione e Scienze bibliche, è dottore in Teologia. Per EDB ha pubblicato I «fratelli» di Gesù (2010) e ha curato la traduzione interlineare in italiano di tutti i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento (2001-2014).
La Bibbia di Gerusalemme pubblicata da EDB, compie 50 ANNI, e per l'occasione si rinnova nella veste grafica, guardando alla modernità del segno grafico e dei materiali. Una nuova font, nuovi colori e un design più accattivante. Per impreziosire gli interni, un ripensamento della posizione delle tavole. Si chiama Bibbia di Gerusalemme perché è frutto del lavoro degli studiosi dell'École Biblique, la Scuola biblica e archeologica che ha sede a Gerusalemme, poco fuori dalla Porta di Damasco, gestita con una forte impronta internazionale dai padri domenicani francesi. Le introduzioni, le note, i quadri cronologici e riassuntivi e gli indici tematici di quella edizione (1973) vengono tradotti in italiano e pubblicati a commento della traduzione ufficiale della CEI: nasce così nel maggio 1974 la prima Bibbia di Gerusalemme delle edizioni dehoniane. In particolare, sono i rimandi intratestuali ad essere la caratteristica di questo testo: aiutano a percorrere i legami tra i vari libri biblici e mostrano che la Bibbia è un libro in movimento che dice, ridice e si rilegge in continuazione.
L'invocazione Abbà («Padre») rimane nella tradizione cristiana come il punto di svolta del rapporto con Dio. Inutile ricercare altre formule per esprimere l'originalità della fede e la profondità del rapporto che lega il cristiano con Dio Padre: Abbà dice tutto. Ci si potrebbe fermare a questa semplice invocazione, perché esprime l'intero contenuto della fede. In questo termine viene a confluire tutta la teologia, la cristologia e la pneumatologia; in esso si condensa il mistero del Dio trino. Il Padre ama e per questo genera il Figlio, dando tutto a lui come è prerogativa del suo amore. Nell'amare, comunque, non ha ancora dato tutto se stesso insieme al Figlio ed è per questo che tutti e due esprimono lo Spirito Santo come amore. La preghiera del Padre Nostro è consegnata nelle nostre mani perché ogni giorno possiamo ricordare con convinzione questo grande dono che Gesù ha fatto a quanti credono, amano e sperano in lui.
L'evangelista Marco fu il primo a scrivere un vangelo. È il testo più antico che abbiamo insieme alle lettere di Paolo. La tradizione sosteneva che Marco fosse un discepolo di Pietro che aveva scritto un riassunto del Vangelo di Matteo. In questo studio, l’autrice sostiene che Marco è un discepolo teologico di Paolo e dimostra che la teologia di Paolo migliora la nostra comprensione della narrazione di Marco perché completa il significato del vangelo e ne integra l’intenzionalità.
Note sull'autore
Mar Pérez i Díaz è laureata in Filologia classica e ha conseguito il dottorato in Sacra Scrittura. Attualmente insegna latino e greco e Nuovo Testamento presso l’Ateneu Universitari Sant Pacià di Barcellona e l’Institut Superior de Ciències Religioses-IREL di Lleida. È patrocinante della Fundació Joan Maragall e membro dell’area teologica del centro studi Cristianisme i Justícia. Il suo campo di studio è il Vangelo di Marco, le Lettere paoline e le donne negli scritti biblici. Ha pubblicato Mark, a Pauline Theologian: A Re-Reading of the Traditions of Jesus in the Light of Paul’s Theology (2020) ed è co-autrice di due capitoli di Les Dones de la Bíblia (2016), dedicati a Giuditta e Paolo e alla misoginia.
Per la prima volta in italiano il Commento al Pentateuco unanimemente considerato il più importante e autorevole di tutta la tradizione ebraica. L’affascinante e ricca personalità di Rashi, l’originalità della sua esegesi, fluttuante tra l’interpretazione letterale e quella midrashica, hanno esercitato un ampio influsso su tutto il mondo medievale: tracce della sua opera si ritrovano anche nei maggiori commentatori cristiani dell’epoca, come Ugo e Andrea di San Vittore e Nicola di Lira. Il Commento ai Numeri, caratterizzato da uno stile originalissimo e inconfondibile, può essere considerato un’espressione particolarmente riuscita dei diversi aspetti dell’approccio ermeneutico dell’autore e un autentico capolavoro della sua esegesi. Rashi infatti “prende per mano” il lettore e, come un autentico pedagogo, lo guida alla comprensione dei molteplici significati della parola divina: parola spiegata secondo il suo senso letterale e insieme magistralmente interpretata alla luce della ricchissima tradizione d’Israele. Nel clima di dialogo che, in virtù del Concilio Vaticano II, si è instaurato tra mondo ebraico e chiesa cattolica, la lettura del Commento al Pentateuco di Rashi costituisce per il cristiano uno strumento indispensabile per la conoscenza del giudaismo, così come esso è.
Nella teologia e nella predicazione cristiana si fa costante riferimento all’efficacia espiatoria della morte di Gesù, generalmente espressa con il pro nobis, presente già in alcune delle più arcaiche confessioni di fede cristologiche.
Il presente studio si propone di indagare il processo ermeneutico che ha portato le prime comunità cristiane, il cui pensiero è riflesso negli scritti neotestamentari, a esprimere attraverso la categoria dell’espiazione il senso della morte di Gesù. Particolarmente interessante si rivela in questo senso l’epistolario paolino, per la ricchezza di categorie utilizzate nel descrivere il senso e la portata salvifica di questa morte. Il lavoro di Giuseppe Pulcinelli ha preso in considerazione tutti gli aspetti di questa operazione ermeneutica, innestandosi sulla discussione offerta da vari Autori contemporanei. All’analisi esegetica degli specifici testi paolini egli affianca l’esame dei passi propri della grecità classico-ellenistica e del giudaismo vetero- e inter-testamentario, che contribuiscono a lumeggiare il senso esatto del tema.
Giuseppe Pulcinelli ha conseguito il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense, dopo essersi specializzato in Sacra Scrittura all’Istituto Biblico di Roma. Autore di alcuni studi apparsi su Lateranum, insegna materie bibliche presso la facoltà di Teologia e l’ISSR Ecclesia Mater della Lateranense. Presbitero della Diocesi di Roma, attualmente fa parte dell’équipe dei formatori del Pontificio Seminario Romano Maggiore.
Dopo il I secolo, nel quale la generazione dei discepoli diretti e indiretti di Gesù di Nazaret scrive i vangeli più primitivi (Matteo, Marco, Luca e Giovanni), si produce una seconda grande ondata di letteratura cristiana. Un’esplosione letteraria che avviene nell’ambito della spettacolare diffusione dei quattro vangeli più antichi, quelli che, a poco a poco, vennero considerati canonici e letti come normativi.
Il cristianesimo ha dunque creato un genere letterario proprio, chiamato «vangelo», sorto dalla tradizione orale e da documenti privati, che ha avuto un grande successo all’interno della cerchia cristiana e addirittura al di là di essa: la figura di Gesù, contemplata e spiegata, diviene un polo d’attrazione irresistibile.
Non è sempre facile seguire dei testi a volte sfuggenti e che presentano difficoltà interpretative. Proprio per questo, la presente edizione non si limita a darne una versione accurata e affidabile, ma accompagna i testi con introduzioni e note che guidino il lettore.
Tutti i contenuti sono presentati con un criterio rigoroso, indicando le particolarità testuali degli originali ed effettuando una traduzione aderente. Il lettore troverà inoltre, alla fine del secondo volume, una bibliografia, un indice generale di tutta l’opera, un indice degli autori moderni e uno degli autori antichi.
Destinatari
Un libro pensato per un pubblico colto, interessato a conoscere direttamente i testi cristiani scritti tra il II e il V secolo.
L’autore
Armand Puig i Tàrrech è preside della Facoltà Teologica di Catalogna (Barcellona) e docente, presso la stessa Facoltà, di Nuovo Testamento. La sua ricerca verte sul Gesù storico e sui Vangeli sinottici. In Italia è conosciuto grazie soprattutto ai suoi rapporti con il gruppo di Sant’Egidio. Claudio Gianotto è professore ordinario di Storia del Cristianesimo presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Torino. Esperto di origini del Cristianesimo, è una figura autorevole nel campo della letteratura gnostica (soprattutto dei Vangeli gnostici, oggetto del II volume).
I quattro testi gnostici qui pubblicati tracciano una parabola plurale di ciò che è stato il movimento gnostico nel II e III secolo, per quanto riguarda teologie, provenienze e influenze incrociate. Ciò che caratterizza due di questi testi (Apocrifo di Giovanni e Vangelo di Giuda) è il loro rapporto con Gesù, in particolare con le sue parole e rivelazioni e, pertanto, possono essere inclusi nel genere letterario dei «vangeli», poiché sono incentrati sul personaggio di Gesù, che pronuncia il suo messaggio per un destinatario esplicito, individuale o collettivo. Gli altri due documenti (Vangelo di Filippo e Vangelo della Verità) sono piuttosto discorsi di tipo dottrinale, con finalità catechetica il primo, e con un netto orientamento speculativo il secondo. In questi due testi, le parole di Gesù praticamente non vengono citate. Pertanto, più che di vangeli, si deve parlare di testi simili o affini che si rifanno a temi presenti nei vangeli, rielaborati secondo i parametri del pensiero gnostico. Una lunga gestazione, durata quattro anni, permette ora al pubblico interessato di accedere all'edizione annotata, con introduzioni e bibliografia, di altri quattro scritti gnostici maggiori, tradotti direttamente dal copto.
Il racconto di ciascun evangelista è un meraviglioso ritratto di Gesù che si integra con quello degli altri vangeli. Il commento offerto dal volume facilita la comprensione dell'unità del messaggio divino.