
Nel Nuovo Testamento, i racconti che narrano l'incontro con il Risorto non riescono a nascondere un particolare che può sembrare paradossale: chi lo incontra non lo riconosce, anche coloro che hanno vissuto con lui. Dietro la ricchezza dei particolari e delle forme delle narrazioni, questo dato sembra passare in secondo piano. Con l'acribia a lui propria, l'autore permette di riappropriarsi di queste testimonianze, valutandone in modo nuovo questa dinamica. Il Risorto rimane non riconosciuto, anche quando i segni - la luce, la voce, l'azione - permettono di incontrarlo: è questa la dinamica della fede pasquale
Il fascino che il libro dell'Apocalisse esercita su chi legge la Bibbia è straordinario. È un fascino che alle volte ci tiene distanti, forse per paura di sperimentare il limite della nostra comprensione o per quella sottile angoscia che ci scatta dentro quando dobbiamo pensare alla fine del mondo. Ma allo stesso tempo è un fascino che ci porta ad approfondire l'ultimo libro biblico alla ricerca di qualche indizio che ci sveli il futuro. In verità l'Apocalisse non ci parla del futuro, ma di quel presente che è l'eternità sottesa ad ogni istante.
Il dramma dell'epoca digitale è negarsi la possibilità di parlare di Dio. Esaudite le domande per spiegare il mondo, si scoprono ancora inquietudini nel cuore e la consapevolezza di non sapere a chi rivolgersi. Se la scienza ha esaurito le risposte e non esiste un Dio a cui porre le domande, come affrontare le questioni fondamentali dell'esistenza? Se la Scrittura è universale non può non fornire delle risposte. Edoardo Mattei suggerisce che una «teologia del digitale» è realizzabile, offrendone una lettura biblica, che urge in un tempo in cui il digitale è intorno a noi, plasma la nostra vita e condiziona la cultura e l'etica.
È noto come la Bibbia sia l’opera più stampata e più letta del mondo. Per scoprire le ricchezze che essa racchiude non è tuttavia sufficiente aprirla con buona volontà o sostenere che è "Parola di Dio". Ogni suo lettore si trova di fronte a una serie di difficoltà oggettive: i riferimenti geografici e storici in essa contenuti sono estranei all’uomo di oggi e immensa è la distanza culturale tra il suo mondo e il nostro.
Una lettura feconda della Bibbia è quindi possibile solo a certe condizioni. Il volume si propone come guida, offrendo alcuni punti di riferimento affinché l’esplorazione di questa specie di "città murata" avvenga senza troppa difficoltà e permetta l’incontro effettivo di ciò che costituisce il cuore dell’esperienza biblica. Attraverso dieci percorsi il volume conduce "dentro" la Bibbia per aiutare a scoprirne il sapore, a mettersi in "stato di lettura".
Note sull’autore
Jacques Vermeylen (Belgio 1942) sacerdote, direttore del Centro di Studi teologici e pastorali di Bruxelles. Ha pubblicato con Cerf (Parigi): Le Dieu de la promesse et le Dieu de l'Alliance (1986), nonché vari saggi all’interno di volumi miscellanei.
Il rapporto tra le varie tradizioni neotestamentarie aiuta a comprendere meglio il cristianesimo dei primi secoli. Il volume si propone, in maniera originale per il panorama italiano, di studiare il rapporto tra i testi paolini e quelli giovannei. Questo non significa semplicemente rilevare il dato proveniente dalla struttura canonica del Nuovo Testamento, ma piuttosto mostrare gli elementi che le due tradizioni hanno in comune rispetto a tutti gli altri libri neotestamentari e che possono far pensare a una relazione particolare tra i due corpora. Dal punto di vista storico, tali legami sono motivati dal fatto che molto probabilmente ad Efeso, nell'ultima parte del I secolo, il cristianesimo paolino e quello giovanneo sono entrati in contatto.
L'epistolario di Paolo di Tarso è prima di tutto uno spaccato di vita, la testimonianza diretta della missione evangelizzatrice di un personaggio chiave del Cristianesimo delle origini. Le sette lettere autentiche del santo non furono composte per lasciare ai posteri una rappresentazione idealizzata della propria esistenza o una summa sistematica della propria dottrina teologica: sono lettere in cui lo spirito missionario si traduce in una comunicazione spontanea e appassionata dell'apostolo-mittente a questa o quella chiesa. Insieme alle lettere scritte da suoi discepoli anonimi del primo secolo, esse ci consegnano il ritratto di un uomo cosmopolita, dal multiforme bagaglio culturale, romano, greco e giudaico, la cui idea di Cristo morto, risorto e venturo come speranza universale di salvezza si è rivelata decisiva per la diffusione del messaggio cristiano.
Il volume offre un percorso per attraversare il pensiero paolino partendo dallo specifico versante della teologia, del culto e delle realtà della vita. Le riflessioni racchiuse in quest'opera costituiscono una linea unificante per non trascurare la poliedricità del pensiero di Paolo e per sollecitare ulteriori sviluppi sia nella riflessione biblico-teologica, sia nelle prospettive di soluzioni a problemi che riguardano il vissuto ecclesiale. Il libro, edito sotto la responsabilità della Pontificia Accademia Teologica, costituisce il terzo volume della collana ?Itineraria?, per mezzo della quale l'Accademia si pone a servizio della ricerca teologica nell'odierno contesto socio-culturale ed ecclesiale.
L'esplorazione del primo libro della Bibbia è un viaggio nel corso del quale Marilynne Robinson riflette sulla condizione umana, la capacità di fare il bene e il male, la libertà e la responsabilità morale, il valore del patto e la forza della legge, la complessità della giustizia divina e il suo mistero, il senso del sacrificio e della ricompensa, il peso dell'eredità, della benedizione e della cura provvidenziale di Dio. È una meditazione profonda che irradia gratitudine per la costanza e la benevolenza della fiducia incrollabile di Dio in tutte le sue creature. In questo itinerario, una delle più grandi scrittrici cristiane viventi mostra l'inesauribile ricchezza letteraria e teologica di Genesi, svelandone la complessità e la ricercatezza narrativa e offrendo uno spaccato originale sulla straordinaria bellezza delle Scritture e sul loro potere ininterrotto di interrogare l'attualità.
Lo studio dei testi profetici è stato spesso caratterizzato da una certa frammentazione. Poco interesse è stato infatti dedicato dagli specialisti ai fenomeni di composizione presenti all’interno dei singoli libri, e ancora meno alle relazioni che possono intercorrere tra diversi libri profetici o addirittura tra i cosiddetti Profeti Maggiori e i Dodici Profeti Minori, con attenzione allo stadio finale dei testi, e riservando anche poco spazio a questioni di carattere ermeneutico e teologico. È stata spesso seguita una metodologia diacronica, genetica, attenta all’origine e alla storia della formazione dei singoli libri profetici e dell’insieme dei corpora, più che una metodologia sincronica, canonica e orientata all’elaborazione della teologia dei testi. Queste osservazioni possono costituire lo sfondo a partire dal quale riprendere la riflessione e farla ulteriormente avanzare e progredire, anche grazie alla presente pubblicazione.
The study of prophetic texts has often been characterized by a certain fragmentation. In fact, little attention has been dedicated by scholars to the phenomena of composition that is present in the individual books, and even less to the relationships present between the prophetic books, or even among the so-called Major Prophets, and the Twelve Minor Prophets, with particular attention to the final stage of the texts. In addition, little space has been dedicated to questions of a hermeneutical and theological character; moreover, a diachronic, genetic methodology has often been followed, attentive to the origin and history of the formation of individual prophetic books and of all corpora, rather than a synchronic, canonical methodology oriented to the elaboration of the theology of the texts. It seems to us that these observations can be the foundation from which to resume the reflection and make it progress further, as the authors intend with the present volume.

