
Luca a più riprese propone il Dio di Gesù con il volto di colui che va incontro all'uomo, che lo accoglie, che lo perdona. Nel suo racconto si affaccia un vocabolo sconosciuto a Marco, la misericordia. Il legame tra questa narrazione e le vicende che caratterizzano la nostra società, le sue sofferenze, le sue domande, i suoi sogni, costituisce l'intreccio e la sfida più genuina del testo. Come i cristiani di ogni tempo, anche noi siamo invitati a tenere alto lo sguardo sul significato della tolleranza, della misericordia e del perdono per andare "oltre", oltre la rassegnazione e la paura, nel coraggio di porre gesti di solidarietà e fraternità per il superamento del male e il rinnovamento della vita in tutte le sue dimensioni. Questo è l'invito che scorre nella trama di queste pagine, rivolte in particolare a chi intende riscoprire alcuni inviti significativi del vangelo di Luca e riappropriarsi del significato del suo annuncio.
Ci sono figure nell'Antico Testamento - particolarmente in Genesi - che paiono non riuscire ad attirare l'attenzione dei commentatori: personaggi che giocoforza restano oscuri, anonimi. Di Nacor e Milca, per fare qualche esempio, poco o nulla si ragiona; pochissimo di Sara. Eppure Nacor è fratello di Abramo, nato nello stesso anno del grande Patriarca; Sara è sua moglie: l'unico personaggio femminile dell'Antico Testamento a cui Dio trasformi il nome, l'unica donna di cui si specifichi l'età al momento della morte, la prima persona a trovare sepoltura nella Terra. Ma il tessuto del Sacro Testo non ammette smagliature. La quadruplice lettura, simile - non identica - a quella dei Padri, cioè condotta in chiave simbolica, permette di riprendere e riallacciare le maglie più minute del tessuto biblico, valorizzando anche gli aspetti e i personaggi più negletti. Nulla, non un solo iota, può essere scartato nella Scrittura. Chiede Amore la Parola di Dio. Il grande Filone Alessandrino, Padri del calibro di Origene e Girolamo, come infiniti altri, antichi e medievali, l'hanno amata e onorata. E noi?
L'opera intende presentare in forma corale e sintetica le principali interpretazioni che il giudaismo ha dato della figura di Gesù di Nazareth in epoca moderna e contemporanea, ossia dal periodo rinascimentale fino a tutto il XX secolo. Si tratta di una carrellata affascinante che, a dispetto dei conflitti tra le due fedi e delle ondate di antisemitismo arrivate all'estremo della Shoà, mostra come la figura di Gesù sia stata studiata e approfondita da molti studiosi ebrei, sia rabbini sia liberi pensatori, accomunati dalla volontà di mostrare non solo l'ebraicità etnico- culturale del Nazareno ma anche la vicinanza religiosa dei suoi insegnamenti a tutta la grande tradizione rabbinica come si è espressa nel Talmud e nei midrashim.
Ciò che si sa di Gesù lo si deve alla testimonianza personale dei suoi più stretti seguaci. L'impatto della sua figura su di loro fu molto vario, i Vangeli ne sono chiara testimonianza. Questo multiforme effetto non si è esaurito nel primo cristianesimo ma si è prolungato lungo i secoli. Quando il senso di un singolo passo biblico diventa nostro al punto che un lettore può non solo comprenderlo, ma anche sottoscriverlo, diffonderlo, e quindi viverlo, solo allora viene raggiunta quella comprensione cui tendono i testi biblici stessi. Per un credente infatti, Gesù non è solo una figura del passato; noi siamo discepoli del presente e nelle nostre Chiese oggi dovrebbe poter rifulgere ciò che più attrae e affascina della sua opera. Prefazione di Giuseppe Ghiberti.
Il racconto dell'incontro inatteso tra il Signore risorto e i due discepoli in cammino da Gerusalemme a Emmaus, «il primo giorno della settimana», è una delle gemme narrative e spirituali del Vangelo di Luca (Lc 24), privo di miracoli o monologhi, che comprende un viaggio di andata e uno di ritorno, ed è interamente dedicato alla conversazione tra i tre attori. Le tappe del racconto sono numerose e il libro analizza da vicino come sono state rappresentate nell'arte cristiana dalle origini a oggi, non facendo scorrere le opere in ordine cronologico, bensì seguendo le fasi del racconto lucano passo dopo passo; una scelta molto più coinvolgente. «Come una guida sapiente, Boespflug accompagna il lettore nelle stanze di un museo senza spazio e senza tempo, pronto ad accogliere tutti. Forse proprio qui risiede uno dei meriti più importanti di questo libro, quello di proporre l'arte, in questo caso l'arte che illustra la Parola di Dio, come strumento di umanizzazione. Di fronte a queste opere, tutti possono riconoscersi fratelli, nello stupore per tanta bellezza e nella contemplazione di un Dio che ha offerto come dono supremo il perdono e la pace».
Prendendo spunto dall'indirizzo degli esegeti che negli ultimi tempi si mostrano sempre più interessati agli aspetti normativi della Bibbia e del più esteso antico Vicino Oriente, l'autore riflette sulla legge del taglione nella sua formulazione tipica di "occhio per occhio, dente per dente". E offre una lettura aderente al significato letterale dei testi in cui ricorre tale lemma. Non si tratta di un principio di vendetta, ma di riparazione del danno procurato. Le pagine sfatano gli innumerevoli equivoci e pseudo-interpretazioni dell'antigiudaismo cristiano e della stessa cultura laica sedimentatisi nel corso dei secoli.
Al centro del dibattito pubblico attuale, le norme alimentari ebraiche coinvolgono sia l'aspetto etico (la sofferenza dell'animale) che quello politico (il rapporto con i territori e le identità locali), divenendo un fattore di divisione all'interno dei paesi europei. Ritenute intollerabili dal mondo ellenistico, hanno ricevuto un attacco anche dalla tradizione cristiana, a partire dalla predicazione evangelica e dalle Lettere di Paolo, alimentando così l'idea di un ebraismo chiuso in se stesso ed insensibile agli ideali universalistici dell'uguaglianza e della fraternità. Confrontandosi con argomenti divisivi come questi e intervistando rappresentanti autorevoli del mondo ebraico e cristiano, Davide Assael mostra come il dibattito sulle norme alimentari ebraiche sia il tassello di una deriva assimilazionista, provocando la reazione di movimenti identitari.
I vangeli non sono narrazioni storiche della vita e dell'insegnamento di Gesù o cronaca di quanto avvenuto in Palestina duemila anni fa. Diversamente dalla letteratura biografica greco-romana, essi non delineano alcun tratto esteriore della persona del protagonista; narrano, invece, formulata in modi diversi, la costante riflessione teologica delle comunità che hanno accolto e praticato il suo insegnamento. Nel vangelo di Giovanni siamo di fronte ad una sfida che rivela quanto sia importante non fermarsi ad una lettura "tradizionale" della vicenda di Gesù. In questo testo, infatti, è forte la consapevolezza di un nuovo mondo, oltre il giudaismo tradizionale, il mondo ellenistico, in cui la storia di Gesù deve essere annunciata. L'evangelista, con la sua comunità, ne rilegge, così, l'esperienza, delineandone tratti fortemente innovativi rispetto agli altri vangeli.
Il profeta è una figura ben definita nelle sue capacità e nel suo ruolo sociale in molte civiltà antiche e permane nel suo significato attraverso le religioni. In senso traslato il linguaggio ordinario, e con un senso positivo, lo riferisce a chi solleva lo sguardo oltre il presente ed è capace di vedere ciò che i più non colgono. Questo è sintomo del possibile valore permanente di questa figura, non nel senso più noto di prevedere e predire il futuro, ma di coscienza vigile e critica di una comunità, partecipe della sua storia anche se non in una posizione di potere. Attraverso una ricognizione della figura del profeta nelle civiltà antiche, con lo sguardo soprattutto al contesto ebraico, e una riflessione sul possibile significato attuale di questa figura, ispirata da interpretazioni filosofiche del Novecento, soprattutto Martin Buber, questo volume vuole mettere a fuoco il valore che la figura del profeta ha all'incrocio di religione e politica. Figura non riconducibile all'una o all'altra sfera, ma che, in quanto voce che parla in nome di Dio, si costituisce misura di entrambe. E modello di una presenza pubblica che sollecita la propria comunità ad operare responsabilmente nella storia piuttosto che attendere un destino predetto ed ineluttabile.
La vita dell'apostolo Paolo non si conclude con la morte. Il suo annuncio continua ad avere un volto grazie alle sue comunità, che ne compongono il ritratto secondo caratteristiche precise, combinate attraverso lo studio di trattati di fisiognomica e funzionali a trasmettere un determinato messaggio alle generazioni successive. Elaborata prima testualmente e fissatasi iconograficamente nel IV secolo, la sua immagine rimane la medesima fino al XX secolo. L'avvento del cinema e l'interesse espresso dalla settima arte nei confronti della sua persona e del suo pensiero contribuiscono a trasformarne la fisionomia. L'attore chiamato ad interpretarne il ruolo e il fine perseguito dall'opera cinematografica ne modificano l'aspetto, consentendo allo spettatore di incontrare un ritratto vivente di Paolo ogni volta differente. Il presente libro intende così studiare le diverse trasposizioni cinematografiche dell'apostolo delle genti, mostrando le motivazioni e il proposito di ognuna di esse. I principali film d'autore che lo riguardano e che sono analizzati nel testo sono sei: San Paolo di Pier Paolo Pasolini (1966-1974), ...e di Shaúl e dei sicari dove finiscono le vie da Damasco e... di Gianni Toti (1973), Arca Russa di Aleksandr Sokurov (2002), Saul: The Journey to Damascus di Mario Azzopardi (2014), Paul, Apostle of Christ di Andrew Hyatt (2018) e Translated di Jerry E. Thompson (2018).
Un approfondimento di passi evangelici: una rilettura delle "Beatitudini" attraverso la testimonianza di insigni padri spirituali.
L'opera nasce dagli appunti che l'autore ha steso per un corso di esercizi spirituali, tenuto nella foresteria del monastero di Camaldoli (Settembre 1999), avente come testo biblico di riferimento il discorso di addio di Gesù, collocato da Giovanni nell'ultima cena. Meditare su questo discorso vuol dire riportare la propria esistenza a quelle istanze della vita che Gesù - avendone fatto oggetto delle ultime consegne ai discepoli - certamente considera fondamentali ed irrinunciabili.