
Sussidio semplice e adatto a tutti per una conoscenza di base della Bibbia preparato in occasione della prima Domenica della Parola di Dio istituita da papa Francesco.
Qual è la famiglia cristiana che non vuole condividere con i propri figli l’amore, il perdono, le proposte che Dio ha fatto in Cristo Gesù?
La Bibbia della Gioia adotta un linguaggio vivo, che nasce dal desiderio di un papà di leggere ai propri figli la Parola di Dio.
Questa traduzione New Living del Nuovo Testamento, già realizzata in più di 100 lingue, giunge in Italia alla sua IIIa edizione; essa ha permesso a migliaia di famiglie, di giovani, di ammalati, d’innamorarsi della Parola di Dio fino diventare lo strumento quotidiano del proprio rapporto con Lui.
Ora viene arricchita dei Salmi, tradotti e presentati per unire in preghiera la famiglia, rinnovandola e rendendola testimone delle grandi opere del Signore. Una Bibbia che rinnova la Pentecoste per cui ognuno “può sentire nella propria lingua” la proposta di Dio nella propria vita.
Le asperità della sezione di Es. 5,1-7,7, sono state interpretate, nelle indagini source-oriented, come discontinuità dovute alla complessa storia di formazione del testo. È questa l'unica possibile spiegazione? Prendendo atto in modo radicale del carattere narrativo della sezione e nel solco della teoria di Meir Sternberg, questo studio propone un'analisi dettagliata della sezione, evidenziando e illustrando alcuni elementi di poetica narrativa del dialogo, non ancora presenti nei manuali, e mostrando che, in una ricerca discourse-oriented, le asperità del testo contribuiscono alla dinamica narrativa basata su curiosità, suspence e sorpresa. Il close reading evidenzia anche che la continuità della sezione è legata all'emergere del tema della conoscenza di Dio (essenziale per la teologia del racconto) e alla presenza diffusa del fenomeno della citazione del discorso diretto. Rispondendo alla domanda di Mosè, infatti, il personaggio divino riconfigura la trama del racconto, inserendo l'intreccio di azione (la liberazione) in un più ampio intreccio di rivelazione (conosce Yhwh come colui che fa uscire dall'Egitto) e crea Mosè, in piena crisi vocazionale, suo mediatore mediante le citazioni. Le citazioni creano altresì una particolare dinamica narrativa, che permette al lettore di appropriarsi dei presupposti teologici della storia: la parola divina fa la storia; immessa nelle parola degli uomini può venir disprezzata o ravisata, tuttavia essa crea l'intreccio e lo conduce alla conclusione.
Chi è la donna che accompagna Abramo durante il cammino che egli conduce fidandosi della promessa del Signore? Perché quando entra nel racconto viene chiamata Sarai, se – come Dio rivelerà – «Il suo nome è Sara» (Gen 17,15)? E che cosa si può dire, a partire dal racconto del libro della Genesi, del cammino di fede di questa donna? Chi è per lei Dio? Che volto ha? Camminare accanto ad Abramo le è sufficiente per condividere la sua stessa esperienza di fede e di abbandono? E quale sarà la parte di questa donna nella vocazione del marito? Sarà un aiuto? Sarà un ostacolo?
A Sara la Bibbia ebraica dedica più spazio che ad altre donne, ma la sua storia emerge solo in frammenti della storia di Abramo. Non si sa da dove venga questa donna, non si sa di chi sia figlia: oltre a ciò che altri dicono di lei, saranno le sue azioni e le sue parole a rivelarne l’identità nel corso del racconto, mentre i particolari espressi, mancanti o ripetuti, diventano indizi che guidano l’interpretazione. Questo volume intende accompagnare il lettore alla scoperta del modo in cui la Bibbia racconta Sara e la sua fede.
Il volume fa parte della serie "Madri della fede", diretta da Cristina Simonelli e Rita Torti.
Una professione di fede non è solo un insieme di formulazioni sintetiche. Comode per richiamare ciò in cui si crede, esse rischiano di essere parole vuote, se non sono inserite nell'atto mediante il quale si prende posizione rispetto a tale contenuto. Forse per questo, nelle Scritture le formule di fede spesso si trovano inserite in racconti. Questi, per le loro caratteristiche, non veicolano semplicemente una «morale della favola», ma fanno avvenire per i lettori di ogni tempo quanto narrano: sono in grado di coinvolgere e suscitare fede. L'evangelista Giovanni ne era consapevole: per la stesura del suo vangelo, ha raccolto e selezionato, tra i molti compiuti da Gesù, un certo numero di «segni» e li ha scritti «perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv 20,31). Questo volume intende accompagnare i lettori nella lettura di alcune pagine dell'Antico e del Nuovo Testamento, alla scoperta del percorso che conduce a professare la fede e dell'intreccio che coinvolge la fede e la vita.
Un percorso di esegesi scientifico e approfondito, ma tuttavia ben comprensibile per ogni tipo di lettore sul tema del silenzio di Dio. Per l'Antico Testamento l'analisi ha affrontato la crisi del profeta Elia sul monte Oreb, dove Dio gli si presenta come «voce di silenzio che si frantuma» (1Re 19); la crisi nel Salmo 88, l'unico salmo in cui l'orante, alla fine, non trova alcuna risposta da Dio; infine la crisi del Servo sofferente, chiamato ad offrire la sua vita, la sua sofferenza e la sua morte (Is 53). Per il Nuovo Testamento è stata presa in esame la morte in croce di Gesù nel secondo vangelo: Gesù, che prova paura e angoscia, rimane comunque fedele a Dio, il quale, per amore e rispetto dell'uomo, non interviene, accettando persino la morte del Figlio amato.
Questo volume, scritto con vivacità e poesia, fa conoscere la figura dell'uomo Gesù, osservandolo a partire dal Vangelo, nel quotidiano privato della vita di Nazaret, nella sua famiglia, con Maria e Giuseppe, nel lavoro accanto a suo padre, inserito nel tessuto sociale del suo Paese, della sua gente. Così facendo si scopre l'Amico e il Fratello; e, attraverso di Lui, si impara a comprendere che la santità si acquisisce con il ben fare le cose di ogni giorno, le più umili e semplici, vissute con discrezione, impegno, amore, spirito di servizio e allegria. È nell'ordinario dell'esperienza che si diventa uomini veri, ed è nei trent'anni trascorsi nella sua casa che Gesù ha forgiato l'uomo che, a tempo opportuno, ha saputo accettare il sacrificio della Croce, per riaprire a tutti la via della Risurrezione e del Cielo.
Il Vademecum essenziale per capire i Vangeli e per comprendere il racconto degli Atti degli Apostoli. Attraverso l’uso dei colori e una impaginazione facilitata, il lettore è guidato alla scoperta della figura di Gesù (sezione Gialla), del Vangelo di Marco (sezione Arancione), del Vangelo di Matteo (sezione Rossa) e di Luca e Atti (sezione Verde). Testi brevi, tabelle, focus sui temi centrali, citazioni e rimandi ai passi dell’Antico Testamento, suggerimenti per l’approfondimento, cronologia del Nuovo Testamento e Indici, compongono un volumetto agile. Efficace e di grande utilità alla portata di tutti.
Fabrizio Iodice è nato a Bari nel 1961. Studioso di Sacra Scrittura, insegna Esegesi Neotestamentaria a Bari presso la Facoltà Teologica Pugliese e altri Istituti. A questo unisce l’attività di traduttore da varie lingue.
La ricerca risponde all'intento di indagare sulle tracce dell'origine storica dell'evento Chiesa, nelle molteplici funzioni della sua vita, e sulle prime espressioni letterarie della sua autocomprensione, in attesa di giungere col tempo alle più compiute tematizzazioni ecclesiologiche. La Prima lettera ai Tessalonicesi è la risposta privilegiata a tale scopo: è infatti il primo scritto del Nuovo Testamento e, insieme, la prima preziosa traccia letteraria dell'evento Chiesa e della comprensione che ne ha Paolo. È inoltre testimonianza viva della fede, amore e speranza di cui è animata la comunità. Questa si manifesta così nel suo vero volto, nel quale risplendono sia la ricchezza del dono di Dio, Padre, Figlio e Spirito, sia l'aperta disponibilità dell'apostolo e degli stessi credenti a rendersene esistenzialmente partecipi. Da qui il bisogno, anche per i cristiani di oggi, di rispecchiarsi in quella esemplarità che ha reso i cristiani di Tessalonica "typos", ossia modello "a tutti i credenti che sono nella Macedonia e nell'Acaia", favorendo il diffondersi in ogni luogo della fama della loro fede. Questo il senso dell'esortazione all'operosità della fede, alla fatica dell'amore e soprattutto alla "speranza perseverante". L'esortazione è rivolta particolarmente a quei cristiani che, incapaci di cogliere dovunque i segni innovatori dello Spirito, di fronte alla prova diventano tristi come coloro che "non hanno speranza" (1Ts 4,13)...
Lo scopo primario delle tre lettere pastorali, 1-2Timoteo e la Lettera a Tito, è quello di indicare ai credenti, innanzi tutto, il retto modo di vivere il proprio oggi salvifico nella casa di Dio, la Chiesa. Per cui, i credenti sono invitati a operare mantenendo viva la memoria circa il deposito della fede trasmesso dai padri e contrastando ogni insana dottrina. Inoltre, confortati dalla testimonianza di Cristo, i credenti sono esortati a vivere in unione con lui il momento della prova personale e comunitaria. L'iter della trattazione è indicato dall'inizio di tutte e tre le lettere, che presentano la lotta contro l'eresia come il primo dovere dei collaboratori di Paolo. Ma la contrapposizione coinvolge non solo la diversa dottrina e la sana dottrina, ma anche gli avversari e le persone stesse di Timoteo e Tito, esortati continuamente a conservare la fedeltà a Paolo, loro apostolo-padre-modello, e l'identità paolina delle loro stesse comunità. L'impostazione antitetica determina, oltre alla particolare venatura polemica del linguaggio teologico-parenetico, il loro stesso impianto letterario-tematico e le accennate problematiche"introduttive". Così, assieme a linee teologiche di indubbia originalità in rapporto al noto pensiero paolino, in particolare nel campo della cristologia, della soteriologia e della ecclesiologia, emergono riflessioni innovative sulla tradizione in genere e sulle peculiarità di quella paolina in particolare, creando i presupposti per una diversa impostazione del problema della paternità delle lettere. Per cui, la necessità di una presentazione non estrapolata del problema dai testi, ma rispettosa della loro contestualità letteraria e del loro stesso ambiente vitale. Il commento esegetico di P. Jovino segue le piste emerse nella Sezione introduttiva della cosiddetta Diffusione tematica.
Paolo, apostolo, maestro, ma soprattutto testimone: "Per me vivere è Cristo" (Fil 1,21). "Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e dato se stesso per me" (Gal 2,20). Paolo, che contempla colui che è "immagine del Dio invisibile" (Col 1,15), dimora di "tutta la pienezza della divinità" (Col 2,9). Paolo, scelto, predestinato, chiamato, giustificato, glorificato (cf. Rm 8,28-30), in Cristo, che inneggia al suo amore: "Chi ci libererà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?" Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati (Rm 8,35.37). Era inevitabile che la scrutatio esegetica dell'Epistolario di Paolo, condivisa con studenti teologi, approdasse alla contemplatio della sua "esperienza spirituale", proposta all'imitazione del popolo santo di Dio. Da tale contemplatio, la selezione di alcune linee teologico-sapienziali del suo vissuto credente, tra le quali: "La vita in Cristo e nello Spirito"; "La trasformazione dell'uomo redento"; "Giustizia di Dio e fede in Cristo Gesù"; "La comunione ecclesiale in Cristo Signore".