
Gli Atti degli apostoli non sono una biografia di personaggi eminenti della Chiesa primitiva, ma il racconto del viaggio della Parola che copre l'arco tra Gerusalemme (la radice) e Roma (la novità). Un viaggio non tanto e non solo topografico, ma ancor più teologico. L'inizio del viaggio è posto a Gerusalemme con la narrazione di due eventi, l'Ascensione e la Pentecoste, che aprono uno squarcio sulla forza interiore che muove la Parola. A Damasco essa si trasforma nella voce del Risorto perseguitato, che pone Paolo sulle orme del Cristo crocifisso. Ad Antiochia la Parola è al centro della comunità credente, per illuminare gli interrogativi, per spingere alla missione, per donare pace. Dopo i dibattiti di Antiochia e di Gerusalemme, la Parola diventa compagna di viaggio di Paolo e lo rende grazia per tutte le comunità. L'itinerario narrativo e tematico si conclude con l'arrivo di Paolo a Roma, dove la Parola viene annunciata "con tutta franchezza e senza impedimento" (At 28,31). Il viaggio della Parola è, dunque, un invito a vivere l'oggi di Dio con animo dilatato. Gli Atti degli apostoli sono costruiti attraverso un crescendo di nomi - luoghi, persone, situazioni - che indicano la forza e l'universalità del Vangelo. Dio si è fatto solidale con tutti e vuole la salvezza per tutti.
Nei primi secoli del cristianesimo era diffuso il convincimento che il Vangelo di Marco fosse un riassunto di quello di Matteo e solo nel XX secolo le peculiarità di questi antichi scritti sono state evidenziate e approfondite. Se nel secondo evangelista la vita di Gesù e la fede sono legate al "paradosso" e al "mistero", due termini che danno coerenza all'intera struttura del testo, nella narrazione di Luca, composta da Vangelo e Atti degli apostoli, la grande metafora di riferimento è il viaggio di un Dio che si mette sulla strada dell'uomo fino alla meta finale. Gli stessi Atti non si configurano come una "biografia di personaggi eminenti della Chiesa primitiva", ma come il racconto del viaggio - geografico e soprattutto teologico - che la Parola di Dio compie tra Gerusalemme e Roma. Il volume presenta e commenta i vangeli di Matteo e Marco, nonché tutta l'opera lucana e raccoglie i contributi che l'autore ha già offerto separatamente per ogni libro biblico.
La prima parte del volume delinea le coordinate storico-letterarie del quarto vangelo e offre le informazioni generali sull'opera, dalla formazione alla struttura, dallo stile letterario al contesto della composizione. La seconda parte è invece più marcata dall'esegesi e dalla teologia; in particolare, l'analisi di alcuni testi consente di comprendere il cammino dell'uomo nel Vangelo di Giovanni nel senso di un percorso di ricerca che ha come motivazione profonda «imparare a credere». Dalla prima parola che Gesù rivolge a due discepoli che lo seguono («Che cosa cercate?») sino al momento supremo, quando rivolgendosi a Maria di Magdala, il Risorto le chiede: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?», l'autore del quarto Vangelo costruisce il cammino dell'uomo come un itinerario che dalla ricerca di qualcosa arriva all'incontro con Qualcuno.
«Chi non ha letto il discorso della montagna ? ha affermato lo scrittore François Mauriac - non è in grado di sapere che cosa sia il cristianesimo». Questo parere restituisce perfettamente l?importanza che quei 109 versetti biblici hanno avuto nella storia del cristianesimo e in quella della cultura occidentale. In effetti, il «discorso del Monte» ha affascinato e sconvolto molte generazioni di lettori e nessun altro passo della Scrittura è stato così letto e commentato. Bello e affascinante, quel testo resta tuttavia di difficile interpretazione, come testimoniano le diverse e contrastanti letture offerte lungo i secoli nel tentativo di cogliere ciò che vi è di imprescindibile ed essenziale nel messaggio cristiano.
Descrizione dell'opera
La questione del rapporto tra i due Testamenti è il vero grande problema della teologia biblica. Antica come il cristianesimo, e già interna allo stesso Nuovo Testamento, essa è stata affrontata da insigni biblisti. Ma, paradossalmente, sono proprio i neotestamentaristi ad avere maggiore difficoltà nel cimentarsi, probabilmente per l’enorme autorevolezza di cui il Nuovo Testamento viene rivestito, dato che gli si riconosce il ruolo di offrire un senso cristiano all’Antico.
Il tema ha implicazioni teologiche: come la nuova alleanza si relaziona con l’antica? Implicazioni cristologiche: l’obbedienza alla Torah è via di salvezza indipendente da Cristo? Implicazioni ecclesiologiche: la Chiesa sostituisce Israele? Implicazioni ermeneutiche: Gesù di Nazaret è il punto di riferimento definitivo nell’interpretazione delle Scritture? Implicazioni sul dialogo interreligioso: in che senso Israele è depositario di rivelazione? Implicazioni sulla teologia biblica, perché «essa parte dal presupposto che la Bibbia cristiana consti di una unità teologica formata dall’unione canonica dei due Testamenti» (B.S. Childs).
Lo studio è organizzato in tre parti. La prima si propone di indagare come e attraverso quali modelli la teologia cristiana abbia compreso nei secoli la relazione esistente tra Antico e Nuovo Testamento. La seconda individua le fonti bibliche su cui si radicano tali schemi. La terza tenta di valutare se le categorie cristiane che hanno espresso il rapporto tra i due Testamenti siano effettivamente fondate sulla Sacra Scrittura e in che misura esse possano ritenersi ancora valide o ci sia spazio per nuove prospettive d’interpretazione.
Nella conclusione l’autore propone il modello «dialogico» come risposta al problema del rapporto, facendo ricorso a una categoria di Lévinas, quella del Volto, che supera «l’idea dell’Altro in me» e richiede «un insieme di faccia a faccia».
Sommario
Prefazione. Introduzione. I. Il rapporto tra i due Testamenti nella tradizione cristiana. 1. Modello conflittuale. 2. Modello tipologico/allegorico. 3. Modello “promessa-compimento”. 4. Modello storico-salvifico. II. Il rapporto tra i due Testamenti nei testi biblici. 1. La nuova alleanza: conflitto con l’antica? 2. La lettura tipologica alla luce di Gal 4,21-31. 3. Il modello “promessa-compimento” alla luce di Mt 5,17-48. 4. Il modello storico-salvifico negli scritti di Paolo e Luca. III. Osservazioni critiche e conclusioni. 1. Osservazioni critiche sui quattro modelli. 2. Considerazioni conclusive. Il modello dialogico. Bibliografia.
Note sull'autore
Massimo Grilli si è laureato in scienze bibliche al Pontificio Istituto Biblico ed è docente di Nuovo Testamento presso la Pontificia Università Gregoriana. Tra le sue ultime pubblicazioni: Gottes Wort in menschlicher Sprache. Die Lektüre von Mt 18 und Apg 1-3 als Kommunikationsprozess, SBS 201, Stuttgart 2004 (in collaborazione con D. Dormeyer) e Riqueza y solidaridad en la obra de Lucas, Estella (Navarra) 2005 (in collaborazione con D. Landgrave Gándara e C. Langner).
Come ha sviluppato Marco l'intreccio tra il cammino di Gesù a Gerusalemme - cioè il suo destino di morte-risurrezione - e il tema del cammino del discepolo? In che senso la strada del discepolato è segnata dalla croce?
Le domande da cui l'autore muove sollevano una questione di teologia biblica di ampia portata che, da una sezione unitaria e centrale del Vangelo, si riverbera su tutto il racconto marciano.
L'approccio utilizzato nel suo studio parte dal presupposto che la lettura di un testo - e soprattutto di un testo biblico - costituisca un evento comunicativo. Egli quindi propone tre momenti di analisi: un reticolo testuale, che fa emergere l'unità complessiva della trama del testo; la configurazione semantica, ovvero l'attenzione alle forme verbali e alla struttura armonica delle sequenze narrative che aiutano il lettore ad avvicinarsi al testo; lo snodo pragmatico, affinché chi legge sia condotto a identificarsi con le domande e le provocazioni del testo.
Sommario
Introduzione. Il tema e il metodo. 1. Il tema. 2. L'approccio. 3. Organizzazione del lavoro. I. La costruzione del lettore in Mc 1,1-8,26. 1. Prologo. Il mistero di Gesù-Messia: Mc 1,1-13. 2. Prima sezione. Il mistero del Messia e il rifiuto dei nemici: Mc 1,14-3,6. 3. Seconda sezione. Il mistero del Messia e lo scetticismo dei vicini: Mc 3,7-6,6a.. 4. Terza sezione. Il mistero del Messia e l'incomprensione dei discepoli: Mc 6,6b-8,26. 5. Conclusione. II. Mc 8,27-10,52 come unità comunicativa. 1. Architettura d'insieme. 2. Delimitazione della sezione. 3. Elementi coesivi. 4. Conclusione. III. Sulla strada, in Galilea: Mc 8,21-9,29. 1. La confessione messianica: Mc 8,27-30. 2. Primo annuncio della Passione. Reazione, istruzione: Mc 8,31-9,1. 3. 'Aggadah la trasfigurazione: Mc 9,2-13. 4. 'Aggadah la guarigione di un epilettico: Mc 9,14-29. IV. Dalla Galilea alla Giudea: Mc 9,30-10,31. 1. Secondo annuncio della Passione. Reazione, istruzione: Mc 9,30-50. 2. Halakah la catechesi comunitaria: Mc 10,1-31. V. Per strada, verso Gerusalemme: Mc 10,32-52. 1. Terzo annuncio della Passione. Reazione, istruzione: Mc 10,32-45. 2. 'Aggadah la guarigione del cieco di Gerico: Mc 10,46-52. VI. L'impotenza che salva. 1. L'ultima tappa del cammino: Mc 11,1-16,8. 2. La croce come vangelo. Bibliografia.
Note sull' autore
Massimo Grilli si è laureato in scienze bibliche al Pontificio Istituto Biblico ed è docente di Nuovo Testamento presso la Pontificia Università Gregoriana. Tra le sue ultime pubblicazioni: Gottes Wort in menschlicher Sprache. Die Lektüre von Mt 18 und Apg 1-3 als Kommunikationsprozess (SBS 201), Stuttgart 2004 (in collaborazione con D. Dormeyer) e Riqueza y solidaridad en la obra de Lucas, Estella (Navarra) 2005 (in collaborazione con D. Landgrave Gándara e C. Langner). Presso le EDB ha pubblicato Quale rapporto tra i due Testamenti? Riflessione critica sui modelli ermeneutici classici concernenti l'unità delle Scritture, 2007.
Quando si apre la Bibbia cristiana ci si trova di fronte all'unico e insondabile progetto salvifico di Dio articolato in due parti: Antico e Nuovo Testamento. Fino all'avvento di Gesù - o, meglio, fino al II secolo d.C. esistevano solo le Scritture ebraiche. Gli eventi di cui fu protagonista Gesù stesso e i primi passi della Chiesa nascente furono letti e interpretati alla luce della Bibbia di Israele e, anche quando si cominciarono a ritenere "sacri" i Vangeli e altri scritti del Nuovo Testamento, le Scritture di Israele furono sempre ritenute parte integrante della Bibbia cristiana, testimonianza dell'azione salvifica di Dio a favore di Israele e di tutti i popoli della terra. L'unità dei due Testamenti è, dunque, sin dal principio, un aspetto fondamentale della fede cristiana, anche se il rapporto tra le due parti ha conosciuto diverse interpretazioni, con risvolti e implicazioni di varia natura, non esclusi fraintendimenti gravi che hanno segnato negativamente non solo i rapporti tra ebrei e cristiani, ma anche la verità e l'autenticità della fede. Il volume prende in esame tre questioni che sono all'origine del difficile rapporto tra Antico e Nuovo Testamento: l'intreccio che intercorre tra Scritture, Alleanza e Popolo di Dio; Cristo come "compimento" delle Scritture; l'ermeneutica delle Scritture ebraiche a partire da Cristo.
I vangeli di Matteo, Marco e Luca, che per le analogie dei loro contenuti sono detti sinottici - allineati su colonne parallele consentono, infatti, una visione d'insieme - sono testi fondamentali della cultura occidentale. Il libro, che prende inesame anche gli Atti degli apostoli, offre un quadro introduttivo d'insieme che consente di cogliere il contesto letterario neotestamentario e quello canonico, gli aspetti storico-culturali e gli studi critici. I singoli vangeli vengono inoltre esaminati da cinque punti di osservazione: la macrostruttura del racconto, l'articolazione del percorso, un testo chiave, i motivi teologici, i connotati storici e ambientali. Il volume si colloca in una collana di testi rigorosi e agili a un tempo, rivolti soprattutto al pubblico delle università, facoltà teologiche, istituti di scienze religiose e seminari.<br>
Se Gesù di Nazaret è il punto di riferimento assoluto dell’interpretazione delle Scritture, che cosa diventa la testimonianza della Bibbia ebraica su Dio? Qualcosa di “vecchio” sostituito dal “nuovo”? Oppure qualcosa di imperfetto? Una propedeutica a Cristo? Un indizio di questo disagio è nella terminologia utilizzata dai cristiani: si parla ancora di Vecchio Testamento oppure di Antico Testamento, e solo negli ultimi decenni sono incominciate ad affiorare nuove proposte, come quella di Primo Testamento o Bibbia ebraica.
Se la testimonianza della Bibbia ebraica su Dio svela la sua vera essenza solo nel Nuovo Testamento e se può essere “correttamente interpretata” soltanto alla luce del nuovo patto, l’AT ha ancora un suo valore intrinseco? Oppure ha un valore meramente funzionale? Quanto si legge, ad esempio, nella DV 15, e cioè che «l’economia dell’AT era ordinata soprattutto a preparare, ad annunciare profeticamente e a significare attraverso varie figure la venuta del Cristo redentore dell’universo e del suo regno messianico», significa che soltanto i cristiani possono accedere alla ricchezza del Primo Testamento? Soltanto essi possono intenderlo?
L’autore
Massimo Grilli, dottore in Scienze bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma, è Direttore del Dipartimento di Teologia Biblica della Pontificia Università Gregoriana, e docente di esegesi e teologia del Nuovo Testamento presso la medesima università. È Direttore scientifico del Progetto Evangelium und Kultur, che si interessa dell’applicazione della «Linguistica pragmatica» ai testi biblici, nonché responsabile della collana Nuovissima Versione della Bibbia dai Testi Antichi (NVBTA), edita per le Edizioni San Paolo.
Il titolo esprime chiaramente il contenuto del testo, che intende dare un contributo, fondato sulla Parola, al Sinodo che si è aperto nell'ottobre 2021 e che si concluderà nell'ottobre 2023 con l'assemblea generale dei Vescovi e che avrà per tema: «Una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione ». Attraverso una analisi del Vangelo di Luca e degli Atti, nella prima parte, scopriamo il fondamento cristologico della sinodalità e la via di Gesù, tra solidarietà e liberazione; nella seconda, la vocazione sinodale della Chiesa, che deve far rivivere, giorno dopo giorno, l'oggi messianico di Gesù, perché la sinodalità è divenuta struttura ecclesiale. Introduzione di Firmino Bianchin.
La ricerca del volto di Dio è il caso serio di ogni credente. Ma il volto non connota soltanto Dio e la sua ricerca: il volto è anche metafora dell'uomo nella sua più alta espressione. Si dice comunemente che l'uomo "ha un volto", ma sarebbe più giusto dire che l'uomo "è un volto". Il volto infatti concerne l'identità della persona, la definisce, la rivela, la mette in relazione: il volto, epifania dell'identità, è anche il luogo della suprema alterità, del faccia a faccia e della responsabilità che comporta lo stare di fronte. Ci viene qui proposto un percorso in cui l'"io" incontra il "tu" che gli sta di fronte, per plasmare un "noi", che non è fusione o affastellamento, ma accoglienza e compimento.