
Nella cornice del Nuovo Testamento, tra rivolgimenti storico-sociali e all’indomani della crocifissione di Cristo, come nascono i vangeli apocrifi? Quale ruolo hanno svolto, che fortuna letteraria hanno raccolto? Perché leggerli nel XXI secolo?
Gli apocrifi sono stati redatti in epoche diverse, dal II al VII secolo: alcuni respirano il clima della Chiesa primitiva e dei testimoni che hanno ascoltato i seguaci di Gesù; altri vengono composti in seguito, in un tempo che si allontana da quegli eventi, e raccolgono narrazioni della tradizione orale che guardano soprattutto alle situazioni lasciate in sospeso dai Vangeli canonici.
Gli apocrifi dell’infanzia si concentrano sulla figura di Gesù bambino o comunque giovane, prima della sua missione pubblica. I più importanti a noi pervenuti sono nove e tra questi il Vangelo siriaco dell’Infanzia, il cui originale sarebbe databile al VI-VII secolo, si distingue per una sensibilità e un’immaginazione tipicamente orientali non presenti in altri scritti. La variegata presenza di personaggi, miracoli e circostanze agisce sull’immaginario portando davanti agli occhi del lettore scene inedite di Gesù da bambino e, accanto a lui in primo piano, di una Maria piena di tenerezza e attenzione al cuore dell’uomo.
Il Vangelo siriaco dell’Infanzia è tratto da Gli Apocrifi del Nuovo Testamento, un’edizione curata da Mario Erbetta (1924-2002) che Marietti ha proposto in tre sezioni: I/1. Vangeli. Testi giudeo-cristiani e gnostici; I/2. Vangeli. Infanzia, Passione, Assunzione di Maria; II. Atti e leggende; III. Lettere e apocalissi.
Scritto da un uomo che vive l’esegesi come vocazione, questo libro riesce ad appassionare il lettore alla pratica scientifica dell’esegesi biblica. Il tono fresco, coinvolgente e, a tratti, perfino spiritoso di quest’opera non deve, però, trarre in inganno: si tratta di una solida introduzione al metodo esegetico classico. Essa, infatti, fornisce con precisione e chiarezza tutte le informazioni teoriche, le istruzioni pratiche e l’incoraggiamento di cui c’è bisogno per incamminarsi con passo sicuro sulla strada che conduce a essere degli interpreti responsabili e affidabili delle Scritture.
Erickson sa scrivere in modo semplice e lineare, unendo competenza e simpatia.
L’opera è ricca di esempi, schemi, commenti… il che ne fa una sorta di “guida” o di “corso” facilmente fruibile.
Richard J. Erickson è attualmente professore associato di Nuovo Testamento nel Fuller Theological Seminary Northwest di Seattle. Ordinato pastore nella Church of the Lutheran Brethren, ha dedicato oltre vent’anni della sua vita a trasmettere la sua passione per le Sacre Scritture a studenti di tutto il mondo. Ha insegnato in Camerun, Giappone, Colombia, Yucatan, Paesi Bassi e Stati Uniti. Ha pubblicato articoli su diverse riviste specializzate e spesso interviene come relatore in seminari di studio e conferenze di varie confessioni cristiane.
L'ospitalità e l'accoglienza nei vangeli: i commenti, le riflessioni e i suggerimenti di queste pagine avvicinano ed evidenziano la semplicità, la suggestione e la freschezza dello stile di vita che Gesù di Nazaret ha portato nella storia degli uomini. Il Vangelo viene così riletto negli incontri di Gesù con Marta e Maria, con il giovane ricco, con gli apostoli nel momento in cui lava loro i piedi, con la donna adultera... In essi il discepolo di oggi può trovare la via per una fede essenziale e viva. Per ogni capitolo viene proposto un dipinto che rappresenta l'episodio narrato. Sono immagini in cui si apprezza la saggezza interpretativa degli artisti, che da persone intuitive presentano la loro visione delle vicende evangeliche mostrando "tutto" in un colpo d'occhio.
In questo studio Philip F. Esler colloca la lettera ai Romani sullo sfondo per molti versi unico di Roma e delle sue comunità del movimento di Cristo attorno alla metà del primo secolo, muovendo da una prospettiva sociale e culturale per molti versi inedita e innovativa. Nell'ottica di Esler la lettera ai Romani mostra d'essere un tentativo tanto elaborato quanto pregnante di riproporre l'identità del movimento di Cristo in una forma in cui domina il riconoscimento della differenza etnica. È una lettera in cui la verità teologica dell'unicità di Dio fa da fondamento all'identità comune patrocinata da Paolo. In un mondo come quello d'oggi che non cessa d'essere lacerato da conflitti etnici, la lettera che Paolo scrive ai credenti in Cristo delle comunità romane mostra come sia possibile preservare la propria e l'altrui identità etnica in un'identità comune che non annulla bensì esalta le peculiarità che distinguono gruppi etnici altrimenti diversi.
Questa raccolta di saggi guidata da Philip Esler fa per così dire il punto della ricerca sugli scritti dell'Antico Testamento esaminati nella prospettiva delle scienze sociali, dall'antropologia e l'antropologia sociale all'etnologia, dagli studi sul rito e gli stati estatici all'organizzazione sociale e politica delle società antiche, dalla linguistica alla narratologia. Intento dell'opera è mostrare come il ricorso alla strumentazione fornita dalle scienze sociali sia preferibile all'approssimazione di pregiudizi e assunti che conseguono da concezioni acritiche del funzionamento delle culture, in particolare quelle antiche, e che sono di serio ostacolo alla comprensione dell'Israele antico nei diversi contesti culturali del tempo. In quest'ottica la metodologia delle scienze sociali dà prova della propria utilità euristica a integrazione proficua dell'applicazione dei metodi comunemente in uso nella critica biblica, dalla filologia e la critica storica allo studio delle tradizioni e delle forme letterarie dei testi dell'Antico Testamento.
L'autore
JESÙS ESPEJA PARDO, domenicano, è professore di cristologìa presso la facoltà teologica di San Esteban e presso l'Istituto teologico di San Esteban (Pontificia Università di Salamanca). E già ben conosciuto grazie ai suoi molti scritti, per esempio: Per conoscere i sacramenti, (Borla, Roma 1992); La espiritualidad cristiana, El Evangelio en un cambio de época.
Il libro
«Questo libro è stato scritto per quanti vivono e respirano in questa società moderna rabbiosamente umanista e sempre più sensibile alla sua carenza di umanità. In essa cadono gli dei, ma sorge anche un rumore di angeli, come domanda diffusa e non formulata, come aspirazione di un "di più" che dia garanzia, solido sostegno e spinta alla richiesta di umanesimo che tutti ci portiamo dentro. Ed è stato scritto all'interno della fede cristiana su Gesù di Nazaret, nella convinzione che il suo vangelo di Dio come Padre è anche una buona notizia per la piena realizzazione dell'umanità. La cristologia, presentata da J. Espeja, è una riflessione credente nella storia e a partire dalla storia. Non parla della divinità di Cristo su un piano parallelo o su un piano rialzato rispetto all'umanità di quell'ebreo chiamato Gesù di Nazaret. Nei condizionamenti di questa storia, e senza uscire da essa, il credente cristiano ha confessato la presenza personale di Dio e ha tentato di balbettare qualcosa in proposito. La sua riflessione offre la novità evangelica dell'incarnazione; già questo mondo è gravido della liberazione dell'umanità e in esso avviene l'incontro con questo mistero ineffabile, amore, abba, che "dà la vita e il respiro a ogni cosa". Una parola colma di speranza per la società dove uomini e donne cercano l'avvenire non guardando il cielo, ma graffiando le viscere della terra, e anche per la Chiesa che crede davvero nell'incarnazione e guarda con amore a questa società. Buon conoscitore della tradizione, nonché della teologia e dell'esegesi biblica attuali, l'A. di questo libro procede con rigore scientifico, benché il libro sia di facile lettura, dal momento che, pur rimandando alle fonti della tradizione con accurate pun-tualizzazioni, ha evitato di sovraccaricare il testo con bibliografia non necessaria. Mantenendosi fedele alla confessione della comunità cristiana, nella sua esposizione fluida e intelligibile apre piste e avanza suggerimenti interessanti che ci avvicinano maggiormente a questa figura così appassionante: Gesù Cristo».
Dieci donne: Eva, Sara, Agar, Rachele, Miriam, Debora, Rut, Anna, Giuditta, Ester. Un filo rosso attraversa la testimonianza di vita di queste donne fragili e forti: la storia dell'umanità non è condannata da Dio, essa è luogo di benevolenza, di misericordia. Le madri di Israele cantano un Dio che si prende cura dei deboli e degli oppressi e lo fa attraverso il debole e l'oppresso stesso. Ognuna di queste madri di Israele, con la sua parola e la sua azione, rivela la presenza attiva di Dio nel groviglio, spesso drammatico, delle vicende umane. La sua missione è quella di svelare che ogni tempo storico è evento di salvezza e che, dentro le trame contorte della vita, opera un altro protagonista, il Signore. Due parole accompagnano questo percorso: Bibbia e vita perché «la Bibbia non è una raccolta di libri sacri da studiare, è Parola di vita da seminare. Bibbia e vita si abbraccino, perché mai l'una stia senza l'altra» (Papa Francesco). Con un salto nel tempo si intravedono in ogni madre di Israele alcuni passi silenziosi di Maria di Nazaret che nel Magnificat rivela il cuore appassionato e colmo di tenerezza del nostro Dio.
La storica immagine della bilancia, che dovrebbe simboleggiare equilibrio e parità, sembra oggi rappresentare solo un obsoleto concetto di vendetta, quasi un ritorno alla legge del taglione: "Occhio per occhio, dente per dente". Eppure, la giustizia dovrebbe essere qualcosa di più elevato, un principio che guida verso il recupero e il riconoscimento della dignità umana, sia che si parli della vittima sia del colpevole. La giustizia riparativa emerge come un faro di speranza in questo panorama desolato. Questo approccio vede il crimine non solo come un'infrazione alla legge, ma come un danno alle persone e alle relazioni all'interno di una comunità. Prefazione di Giuseppe Ferraro.
Il testo offre una riflessione profonda e ricca di spunti sulla giustizia riparativa, riuscendo a coniugare teologia e pratica pastorale, evidenziando come questa visione si opponga alla giustizia retributiva tradizionale. Attraverso un'analisi di episodi dell'Antico e Nuovo Testamento, come la storia di Caino e Abele e l'insegnamento di Gesù, gli autori sottolineano l'importanza della riconciliazione e del perdono. Viene messo in luce il fallimento delle carceri nel riabilitare i detenuti, proponendo la giustizia riparativa come un'alternativa che mira a riparare le relazioni e a trasformare sia le vittime che i colpevoli. L'esperienza personale di don Franco nel contesto carcerario illustra la necessità di un cambiamento che favorisca il recupero e la dignità umana, andando oltre la mera punizione. Prefazione di Alex Zanotelli.