
Si sente oggi più che mai il bisogno di riprendere il modo di pensare di Tommaso d'Aquino, che aveva fondato il pensiero religioso e laico sull'obbligo morale per l'uomo di dare a ogni soggetto il 'suum', non solo quando lo giudica secondo verità, ma anche quando pone in essere atti che devono mettere l'uomo stesso in rapporto con tale soggetto secondo giustizia. Tale ritorno, fatto allo scopo di trovare in questo modo di pensare un valido aiuto per meglio capire allo scopo di meglio risolvere i problemi reali dell'uomo di oggi, non può prescindere dalla rilettura della sua opera principale, la Summa theologiae. Questa, a tutt'oggi, non è stata ancora edita con un apparato critico completo e puntuale né la letteratura critica ha mai sufficientemente richiamato l'attenzione a leggerla secondo la metodologia e l'epistemologia aristotelica, come qui si propone.
Il Centro Studi Agostiniani inaugura con questo volume un nuovo ciclo dedicato ai conflitti religiosi nella scena pubblica.
La prima parte del volume rilegge il quadro dei rapporti di Agostino con il manicheismo, che vanno oltre la biografia del giovane uditore della setta, destinato a trasformarsi bene presto in uno dei suoi critici più implacabili, ma anche in un testimone diretto e in una fonte di documenti preziosi. La seconda parte riapre il dossier della dolorosa polemica con i seguaci di Donato, esplorandone un momento cruciale nella conferenza di Cartagine (411), che ci mostra il vescovo d'Ippona all'opera su una questione delicata e complessa, per risvolti teologici, ecclesiologia, pastorali, ma anche culturali, sociali e politici.
Il volume si occupa di due grandi questioni che percorrono la storia del cristianesimo occidentale, in relazione con l’Oriente cristiano, e rappresentano altrettante chiavi di lettura per comprenderne alcuni caratteri fondamentali: ciò che avviene dentro e intorno alla Chiesa di Roma e la trasmissione, mediante traduzioni, del patrimonio patristico orientale in Occidente. L’arco temporale preso in considerazione è l’età antica, all’incirca i primi sette secoli, il periodo in cui nascono e si strutturano istituzioni, usi, dottrine destinati a protrarsi diacronicamente. Attraverso i percorsi individuati si evidenzia come nel cristianesimo antico la storia concreta di uomini e donne, nei loro atteggiamenti privati, nelle relazioni con la società circostante e nelle manifestazioni del culto, non sia mai disgiunta dall’interpretazione della Scrittura e dal formarsi, in stretta relazione con questa, del patrimonio dottrinale.
Una summa del pensiero erasmiano apre l’edizione del 1518 del manuale sulla natura dell’uomo e sulla vera vita cristiana, l’Enchiridion militis christiani. Nell’Introduzione allo scritto, nonché lettera al monaco e abate del monastero di Hugshofen, Paolo Volz, si condensano i temi fondanti del suo Umanesimo: il ritorno alla fede autentica e al messaggio evangelico delle origini, la semplificazione della teologia, la rilevanza della filologia per una corretta interpretazione della Bibbia, l’ostilità alla guerra e la condivisione della lotta luterana alla corruzione e alla falsa devozione dilagante nella società e nella Chiesa.
Un manifesto del pensiero erasmiano che ha lasciato la sua impronta profonda nella cultura europea.
ERASMO DA ROTTERDAM (1466-1536), filologo e teologo, è stato il padre dell’Umanesimo europeo. Di Erasmo ricordiamo: per Einaudi Modi di dire. Adagiorum collectanea (2013) e Elogio della Follia (2014); per Bompiani Scritti teologici e politici (2011) e Adagi (2013).
L’autore, abate di Cava dei Tirreni, fonda il suo approccio alla Scrittura distinguendo tra Libro e Parola, tra Scrittura e Verbo. Anche i lettori: alcuni si fermano al Libro, altri raggiungono la Parola; i primi ricercano la scienza del Libro, i secondi la pienezza del Verbo che si raggiunge attivando l’amore. Ne nasce il monito a non accogliere la lettera biblica, intendendola unicamente secondo la scienza. Quanti «ricercano le Scritture ma non le amano e osano parlarne riferendosi all’esterno di esse, senza gustarne interiormente il sapore», vanno riconosciuti come reprobi. Da qui non soltanto l’elogio, ma la raccomandazione pressante a riconoscere come fedeli fruitori del Verbo soltanto coloro che, comunicando la Parola ai fedeli, «l’ascoltano e se ne saziano». Ogni fedele, grazie alla frequentazione della Parola, viene inondato dalla meravigliosa dolcezza dell’amore che porta alla conoscenza più profonda dei segreti nascosti nelle Scritture ispirate. Punto di arrivo di questa mistagogia è il dono della contemplazione, che sfocia nella predicazione intesa come vero e proprio parto della Parola. Fino a poco tempo fa attribuita a Gregorio Magno per l’acutezza della riflessione teologica e la passione dello slancio mistico, quest’opera è un vero monumento dell’esegesi medievale e una straordinaria guida per il credente in cammino verso la contemplazione.
Siano di fronte a Dio tutte le tue opere e i tuoi pensieri, e riconduci tutte le tue cose a Cristo. Volgi spesso l'anima a Dio e affida il tuo pensiero alla potenza di Cristo, come in un rifugio, riparato da ogni discorso e attività grazie alla luce divina del Salvatore.
Il volume propone per la prima volta la traduzione italiana del Discorso sulla Santa Pasqua a lungo attribuito a Giovanni Crisostomo e a lungo considerata una delle sue migliori opere oratorie. I temi trattati attingono al registro teologico sul significato che assume la risurrezione del Signore per l’umanità non senza tener conto dei riflessi etico-pratici che questo evento comporta sulla vita degli uomini: questo giorno infatti, in cui la morte è annichilita e il diavolo sconfitto, diventa per tutti «presupposto della pace, punto di partenza della riconciliazione, soppressione delle guerre» (dall’Introduzione).
Il De patientia (La pazienza) è un’opera catechistica sulla virtù della pazienza. Tertulliano manifesta qualche simpatia per la filosofia stoica, in particolare per il pensiero di Seneca, e mette in luce lo specifico della pazienza cristiana in forza delle sue motivazioni teologiche: la pazienza di Dio e di Cristo come modello da imitare. Virtù che abbraccia tutta la vita cristiana e connota le altre virtù.
Il De corona (La corona) prende avvio da un preciso fatto storico accaduto nell’accampamento africano di Lambesi: un soldato cristiano si rifiutò di cingere la corona militare prima di ricevere il donativum degli imperatori. L’episodio sollevò all’interno della comunità cristiana un dibattito sulla liceità o meno per un cristiano di militare nell’esercito imperiale, prestando il dovuto giuramento militare.
Testo latino critico di Aemilius Kroymann
Traduzione italiana a fronte, con introduzione e note esplicative di Attilio Carpin
Tertulliano - Nacque a Cartagine verso il 160 e morì intorno al 240. Convertitosi intorno al 193 dal paganesimo al cristianesimo, fu un tenace e appassionato apologeta della verità cristiana. Nell’ultimo periodo della sua esistenza, mosso da un’esigenza rigorista, aderì alla setta eretica montanista, mostrandosi critico verso alcune posizioni della Chiesa cattolica. È il primo grande scrittore della Chiesa di lingua latina.
È l’esposizione più completa della logica di Tommaso d’Aquino. Di essa vengono spiegate dettagliatamente tutte le strutture portanti. Il volume può essere letto a diversi livelli, e può essere considerato:
- un manuale introduttivo: perché scritto in maniera piana, divulgativa e aggiornata;
- uno studio esegetico: visto l’enorme apparato testuale e bibliografico che contiene;
- una ricerca innovativa, specie nell’esame del problema induttivo, di cui si propone una soluzione originale.
Inoltre, la parte finale mostra che in Tommaso le teorie logiche della dimostrazione e dell’induzione – lungi dall’essere una mera ripetizione dei testi aristotelici – sono in perfetta armonia con la sua metafisica dell’atto d’essere.
Claudio Antonio Testi - nato a Modena nel 1967, è laureato in Filosofia all'Università di Bologna e co-fondatore dell'Istituto Filosofico di Studi Tomistici. Le sue numerose pubblicazioni spaziano da studi esegetici sulla metafisica tomista a scritti di logica formale. Da sempre attento all’opera di Tolkien, ha negli ultimi anni scritto numerosi contributi sul tema e curato molti volumi per la collana «Tolkien e dintorni», della quale è direttore. È stato il primo italiano a vedere pubblicato un suo articolo sulla prestigiosa rivista internazionale «Tolkien Studies». È membro dell´Istituto Filosofico di Studi Tomistici di Modena, presso il quale insegna abitualmente, http://www.istitutotomistico.it/
Sebbene non nasca da nuove ricerche d'archivio, la presente vita di san Juan de la Cruz affonda le sue radici nelle principali biografie dell'ultimo secolo. Arricchito anche di passi significativi delle Opere del Santo, il profilo del santo carmelitano, mistico e poeta spagnolo, dall'infanzia a Fontiveros di Castiglia, sino alla sua morte a Úbeda in Andalusia, si va stagliando attraverso una trentina di tappe (30 agili capitoli). «A sfondo del suo racconto», scrive il cardinale Arborelius, «padre Moriconi pone il carcere di Toledo e commuove il modo di condurre il lettore a scoprire che, proprio in quel buio ripostiglio, Giovanni della Croce, spoglio di qualsiasi consolazione e affetto umano, riesce a far sgorgare, dalla sua anima ferita, il più bel canto all'Amore».
Questa che presentiamo, a cura di Marco Vannini, è la prima traduzione italiana degli scritti di uno dei personaggi più significativi della storia religiosa tedesca dei primi del XVI secolo.
Nella sua breve vita (1500 ca.-1527), Hans Denck fu infatti testi­mone ed attore importante in quel periodo cruciale in cui stava nascendo la Riforma protestante. L'umanesimo di origine italiana, in­sieme alla lezione filologica di Erasmo, avevano messo in crisi non solo la credenza tradizionale, ma anche, e soprattutto, la fede nella Scrittura secondo la "lettera". L'umanista cristiano Denck combatte perciò l'i­pocrisia dei riformatori, che si appoggiano su questo o quel passo della Scrittura, mettendo da parte i passi di significato opposto, incapaci di cogliere il vero come l'intero perché privi di comprensione secondo lo spirito. Per lui, la salvezza si può avere "senza prediche e senza Scrit­tura", giacché dipende da una conversione interiore, apertura alla luce divina, nella rinuncia a ogni "appropriazione", owero a ogni forma di egoità, in conformità con la lezione della mistica medievale, e in parti­colare del Libretto della vita perfetta (alias Teologia tedesca), tante volte citato.
La precocissima morte impedì a Denck di diventare uno degli espo­nenti principali della storia religiosa di quegli anni, ma già questi suoi Scritti religiosi dimostrano come la moderna libertà di fede e di pensiero trovi la sua origine nell'apporto comune di filologia e mistica.
Santo mancato e arcieretico perseguitato tanto dai cattolici quanto dai protestanti, Bernardino Ochino fu protagonista tra i più celebri e controversi della crisi religiosa del Cinquecento, di cui attraversò le diverse fasi sperimentando sulla propria pelle gli entusiasmi, ma anche l'asprezza delle polemiche e la durezza degli scontri prodotti dalla Riforma. Nel suo inquieto peregrinare per le lande di un'Europa lacerata dalle guerre di religione e dalle divisioni confessionali, il Senese dovette inventarsi continuamente nuove identità per sopravvivere e sperare di realizzare l'ideale di una libera predicazione del Vangelo, cui si votò sin dagli anni della professione religiosa tra i francescani di Siena. Ricordato dalla storiografia come uno di quegli spiriti liberi e ribelli a ogni forma di comunione ecclesiastica, che, contestando la crescente intolleranza di Roma e delle nuove Chiese riformate, avviarono la moderna riflessione sulla libertà di coscienza, in realtà Ochino giunse a schierarsi apertamente per gli ideali dell'anticonformismo e del radicalismo religioso soltanto al termine di un lungo e complesso percorso biografico, che presenta ancora molti punti oscuri. Il libro ne ricostruisce con l'aiuto di documenti inediti o poco noti il primo tratto, gettando nuova luce sulle molte questioni irrisolte relative agli anni della formazione, al periodo decisivo della predicazione in abito cappuccino (1535-42) e infine ai primi anni dell'esilio religionis causa trascorsi a Ginevra e ad Augusta (1542-47), durante i quali Ochino tentò di farsi ispiratore di una Riforma italiana sostenuta dai principi e dalle città più insofferenti al potere temporale di un pontefice che anche il Senese, come Lutero e i francescani spirituali del Medioevo, giunse infine a identificare con l'Anticristo.