
Questo breve libro si presenta come una costellazione unitaria di alcuni temi di fondo. Innanzi tutto vi si affronta l'enigma della percezione: le immagini che essa produce sono internamente mobili e sono capaci di interpretare gli oggetti. Pur non essendo ancora linguaggio, esse sono focalizzate su oggetti determinati, ricomprendendone l'intero contesto fino ai limiti dell'indeterminato. Ci si occupa poi del linguaggio in quanto la percezione è ad esso correlata e gli offre i precedenti indispensabili per una significazione. Infine si distingue l'immagine dalla figura, spesso confusa con quella.
Ma perché, se tutti riconoscono che il gioco è un fattore essenziale della vita, molti non sanno giocare? Eppure, è proprio l'inevitabile tragicità della vita a costringerci ad aprire un varco verso il divertimento. Ci sono casi di pensatori che non sanno giocare ma danno un grande peso al gioco. Non basta allora dire che il gioco è un punto di riferimento costante del pensiero contemporaneo, da Nietzsche a Wittgenstein, da Heidegger a Freud, perché occorre vedere come ciascuno sappia giocare nel suo pensiero e, a nostra volta, saper giocare con il nostro.
La Descriptio orbis terrarum appartiene al genere della letteratura geografica dell'antichità accanto alle opere più note di Stradone e di Pausania; se questi ultimi hanno avuto grande fortuna nella tradizione occidentale, l'opera del Periegeta è stata invece letta e commentata soprattutto dai bizantini. L'autore, vissuto probabilmente ad Alessandria d'Egitto al tempo di Adriano, risente della cultura della seconda sofistica e del medioplatonismo e scrive in esametri in stile omerico, mescolando alla descrizione geografica dei tre continenti conosciuti vari elementi di etnografia e mitologia relativi alle località descritte poeticamente. Il curatore è professore di Filologia classica all'Università di Friburgo.
Il principio di non contraddizione, che Aristotrele chiamò il "principio più saldo di tutti", è da sempre considerato il fondamento stesso del pensiero. Un passaggio obbligato che si presenta tuttavia come un'ardua strettoia, giacché se per Aristotele a quel primo principio è connessa "la necessità che sia sempre compiuto l'opposto dell'errore, cioè l'essere nella verità", anche l'essere nell'errore richiede un fondamento. Già Platone si sentiva infatti "turbato" di fronte all'interrogazione su come sia possibile l'esistenza, in quanto tale, dell' 'opinione falsa' - di quell'errore di cui la contraddizione è l'essenza stessa. Il volume presenta un saggio inedito composto tra il 2003 e il 2004, accanto a testi apparsi tra il 1955 e il 1963.
Giuseppe Tucci (1894-1984), scrittore, archeologo, antropologo, viaggiatore, ha insegnato Filosofia e religione dell'Asia centrale e orientale presso l'Università di Roma La Sapienza. Il volume prende in esame, dopo la presentazione della principali tradizioni filosofiche dalle origini ai giorni nostri, i temi e i problemi più rilevanti della tradizione indiana nel corso di cinquemila anni: la questione della conoscenza, l'analisi dell'Io, del tempo e dello spazio, il rapporto con il divino, l'esperienza estetica.
Le lezioni di Nietzsche "Die vorplatonischen Philosophen" sono state pubblicate in tedesco nel 1913 nel III volume dei "Philologica" dell'editore Kröner di Lipsia e nel 1924 nel IV volume dell'edizione Musarion di Monaco. Questa traduzione italiana è stata condotta sulle due edizioni tedesche preesistenti e sui manoscritti conservati presso la Bibliothek Nationale Forschungs und Gedenkstätten der klassischen Literatur dell'Archivio Goethe-Schiller di Weimar.
Il percorso che Jean Soldini ci invita a fare prende le mosse da una frase di Péguy: "quasi certamente, negare il cielo non è pericoloso. È un'eresia senza avvenire. È così evidentemente grossolano. Negare la terra, invece, è allettante. Prima di tutto è distinto. Ed è questo il peggio. È dunque questa l'eresia pericolosa, l'eresia con un avvenire". Il pensiero, confrontato dal '500 con un rapporto via via più problematico con la realtà, si è preoccupato di salvaguardare la propria sovranità. Ha sacrificato l'anello più debole, cioè l'impatto col corpo sensibile delle cose. Alla capitolazione della terra, della trascendenza orizzontale, è seguita facilmente l'espulsione della trascendenza verticale a essa intimamente unita nel Cristianesimo.
Enrico Medi (1911-1974), laureatosi con Fermi a Roma nel 1932, docente di geofisica a Palermo e a Roma, deputato al Parlamento italiano, è stato presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e, dal 1958 al 1965, vicepresidente dell’Euratom. Ricercatore assai noto, divulgatore e apprezzato conferenziere, fu profondo testimone di vita cristiana e di impegno sociale. Il 26 maggio 1996 è stata introdotta la sua causa di Beatificazione. Il volume raccoglie un ciclo di lezioni di aggiornamento scientifico tenute presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino in Roma (Angelicum). L’Autore offre, insieme a una visione scientifica del cosmo proposta ad un livello accessibile all’uditorio, la sua visione sapienziale di scienziato credente che rilegge “teologicamente” la natura con le sue leggi, accostando anche certi aspetti ontologici che sono propriamente filosofici più che teologici. Nell’ultimo testo di congedo, con il quale il libro si chiude, egli riporta la sua personale testimonianza di uomo messo alla prova da una malattia vissuta nella luce della fede.