
Lo straordinario sviluppo delle tecnologie biomediche porta con sé il rischio di un approccio riduzionista, che riduce la persona al suo organismo e il malato alla sua malattia. Contro questa prospettiva "tecnico-medica" Turoldo propone un approccio olistico, ovvero una cura globale della persona malata che tiene conto del dolore non solo fisico, ma anche psicologico e spirituale che si accompagna alla malattia. Quindi l'Autore entra nel merito dell'attuale dibattito sul limite delle cure mediche, sull'accanimento terapeutico, sull'eutanasia e sul testamento biologico.
ll volume è la prima trattazione in lingua italiana, introduttiva ma il più possibile completa e aggiornata, dell’Etica delle virtù (Virtue Ethics), una corrente dell’etica contemporanea ancora poco conosciuta e coltivata nell’Europa continentale, che pone al suo centro proprio la nozione di virtù. Nonostante questo termine non sia oggi particolarmente usato e apprezzato sul piano del linguaggio comune, l’interesse che esso ha suscitato da qualche decennio permette di presentare la Virtue Ethics come un vero e proprio filone dell’etica contemporanea con radici classiche, che si distingue da quelli deontologico e utilitarista-consequenzialista. Dopo un excursus sui principali autori riconducibili alla Virtue Ethics, il libro ne prende in esame i più rilevanti e dibattuti snodi concettuali da una prospettiva tematica o problematica, ed evidenzia i nessi tra le virtù e altre dimensioni dell’agire umano. Segue, infine, un’ampia e aggiornata bibliografia.
I veicoli a guida autonoma possono contribuire a ridurre il numero di vittime della strada, ma sono già stati coinvolti in gravi incidenti stradali. Le armi autonome possono attaccare obiettivi militari legittimi senza richiedere l'approvazione di un operatore umano, ma potrebbero colpire dei civili estranei al conflitto. Quali decisioni e azioni che incidono sul benessere fisico e sui diritti delle persone possono essere affidate all'autonomia operativa di una macchina? Quali responsabilità devono rimanere in capo agli esseri umani? Che peso dare alle limitazioni che affliggono la nostra capacità di spiegare e prevedere il comportamento di robot che apprendono dall'esperienza e interagiscono con altri sistemi informatici e robotici? Questi gli interrogativi etici affrontati nel libro, insieme ai dilemmi morali e ai problemi di scelta collettiva che da essi scaturiscono.
C'è qualcosa di effettivamente tragico nella vicenda della sovranità di cui ci hanno parlato, sia pure in modi opposti, Kelsen e Schmitt, se è vera l'interpretazione che non c'è e non è possibile nessun soggetto della sovranità. Del resto, Kelsen ha sempre negato la sovranità con la stessa forza con cui Schmitt l'ha invece rivendicata e affermata. Ma che significato ha il loro percorso giuridico-politico sul piano etico e antropologico? E in che termini si può parlare di un'etica della sovranità, nella misura in cui una tale espressione allude a qualcosa di positivo e, dunque, di radicalmente incompatibile con quella mancanza che la riflessione di Kelsen e Schmitt avrebbe voluto testimoniare? L'idea di un'etica della sovranità è, in effetti, a portata di mano se si riflette adeguatamente sull'immagine classica dell'etica che ne rinviene l'oggetto nell'onere in quanto tale. E però si impone di forza l'interrogativo su come possa essere possibile la sovranità nell'esperienza degli uomini, data la sua dimensione relazionale e l'impossibilità di governare in senso assoluto il corso dell'azione umana.
Trent'anni fa, l'estate di Danzica e i successivi avvenimenti misero davanti agli occhi stupiti del mondo un movimento di popolo che trovò nella parola Solidarność la sua origine e il suo compito: ridestare la coscienza della originaria solidarietà tra gli uomini per restituirli alla natura e alla verità della vita e del lavoro.
Oggi queste pagine, tese ad approfondire il senso di quell'esperienza nata dalla «sofferenza del lavoro», restano più che mai attuali. Esse mostrano l'inizio e la strada di ogni autentico cambiamento nel lavoro e nella società: «cominciare dal di dentro di sé».
Józef Tischner, uno dei più illustri filosofi polacchi contemporanei, è stato allievo di Karol Wojtyła ed è considerato il teorico del sindacato di Wałesa.
Prefazione di Roberto Formigoni.
Recuperare il passato, rivivere eventi ed emozioni: nella costruzione morale degli individui così come delle collettività può essere questo uno dei compiti più dolorosi. Ma ci sono cose che abbiamo il dovere di ricordare? Può davvero la memoria condivisa valere a fondare o a rafforzare il sentimento identitario di una comunità? Esiste insomma un'etica della memoria? Tenendo sin dal principio ferma la distinzione fra etica e morale, l'autore si misura con tali interrogativi in pagine dense di riflessioni colte, ma anche di spunti di cronaca recente, di testimonianze e di ricordi personali, per giungere infine ad affermare che un'etica della memoria è un'etica tanto del ricordo quanto dell'oblio e del perdono, e che dunque la questione cruciale, se ci siano cioè cose che dobbiamo ricordare, ne comporta una parallela, se ci siano cose che dobbiamo invece dimenticare.
Il cristianesimo, diceva Dietrich Bonhoeffer, è fondamentalmente amorale; l'etica cristiana non può in alcun modo essere intesa come la determinazione (teorica) dei principi cui bisogna attenersi per potersi considerare cristiani. L'insegnamento pratico del Vangelo non parte dall'esigenza di «insegnare a fare il bene», ma dalla necessità di tradurre in azione la realtà della redenzione operante nell'uomo. La domanda etica fondamentale per il cristiano è: «Quale realtà Dio vuole che plasmi con le mie azioni?». L'agire cristiano si configura così come un agire autenticamente e biblicamente creativo. Ripercorrendo alcune pericopi evangeliche, il presente lavoro intende mostrare che il nucleo più originario e originale dell'esperienza cristiana è la libertà. Nelle parole e nelle azioni di Gesù prende forma un mondo libero (dalle malattie, dalle differenze sessuali, etniche, sociali, dalle ingiustizie), a partire da una riconfigurazione profonda dell'essere uomo nella relazione con Dio. L'uomo non ha alcun debito da saldare, alcuna colpa da espiare, egli è, agli occhi di Dio, radicalmente e autenticamente libero o, in termini teologici, redento. Questa diversa prospettiva getta una luce radicalmente nuova su alcuni «luoghi abituali» dell'etica cristiana: la colpa, il sacrificio, l'espiazione, la sofferenza, l'obbedienza; e apre alla possibilità di recuperare altre figure dell'etica evangelica, che la prassi cristiana ha «disatteso».
Istruzione, commercio, industria, viaggi, divertimento, sanità, politica, relazioni sociali, in breve la vita stessa sta diventando inconcepibile senza le tecnologie, i servizi, i prodotti digitali. Questa trasformazione epocale implica dubbi e preoccupazioni, ma anche straordinarie opportunità. Proprio perché la rivoluzione digitale è iniziata da poco abbiamo la possibilità di modellarla in senso positivo, a vantaggio dell'umanità e del pianeta. Ma a condizione di capire meglio di cosa stiamo parlando. È cruciale comprendere le trasformazioni tecnologiche in atto e uno dei passaggi oggi fondamentali è quello dell'intelligenza artificiale, della sua natura e delle sue sfide etiche, che Luciano Floridi affronta in questo libro, offrendo il suo contributo di idee a un quanto mai necessario sforzo collettivo di intelligenza.
L’incidenza delle nuove tecnologie sui nostri modi di vivere è ormai ben nota, tanto a livello di esperienza quotidiana, quanto come oggetto di studio delle scienze umane. Meno studiate, ma non meno significative, sono invece le conseguenze di questi processi, non solo da un punto di vista filosofico, ma più precisamente su un piano etico. Ovvero nell’individuazione di principî e criteri di comportamento capaci di guidarci nelle nostre azioni.
Che cosa si intende per realtà virtuale? In che modo possiamo o dobbiamo comportarci quando navighiamo in internet, quando chattiamo con gli amici, quando il nostro avatar si muove in Second Life? Sono solo alcuni dei quesiti a cui si cerca di dare risposta in questo nuovo numero dell’«Annuario di etica», intitolato appunto Etica del virtuale.
L’intento è approfondire e dare precise indicazioni di comportamento riguardo alla possibilità che oggi abbiamo di vivere in una dimensione che sempre più marcatamente assume i caratteri della virtualità.
Nella prima sezione del libro, «Il virtuale e l’etica», si definisce il concetto di ‘virtuale’ e si discutono i criteri di comportamento che possono essere assunti in questa nuova situazione. Nella seconda sezione, «Virtuale, naturale, artificiale: applicazioni pratiche e problemi etici», sono raccolti interventi che analizzano, sotto diverse angolature, le conseguenze e le opportunità legate alla sempre più massiccia ‘artificializzazione’ del reale. La terza sezione propone le testimonianze di ricercatori e professionisti che si confrontano quotidianamente, nella loro attività, con la portata etica dei problemi legati al mondo virtuale: da Derrick de Kerckhove a Gianluca Nicoletti, da Guglielmo Tamburrini e Giuseppe Trautteur. Chiude il volume un’utile bibliografia ragionata.
Adriano Fabris è professore ordinario di Filosofia morale all'Università di Pisa, dove insegna anche Etica della comunicazione e Filosofia delle religioni, e dirige il Master in Comunicazione pubblica e politica e il Centro interdisciplinare di ricerche sulla comunicazione (CICO). A Lugano ha promosso invece il Master in Scienza, filosofia e teologia delle religioni. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Paradossi del senso (Brescia 2002), Etica della comunicazione interculturale (Lugano 2004), Teologia e filosofia (Brescia 2004), Guida alle etiche della comunicazione (a cura di, Pisa 2004), Etica della comunicazione (Roma 2006), Senso e indifferenza (Pisa 2007).
Perché distruggiamo anche ciò che è buono? Cosa possiamo fare per rimediare alla distruzione? Cosa significa attraversare il male? In che relazione stanno riparazione e speranza? Sono alcune delle domande alle quali il volume cerca di rispondere. Il problema che si pone anzitutto al centro dell'attenzione è quello della distruzione che esercitiamo verso ciò da cui dipendiamo. La distruzione diventa fonte di un'angoscia che è tanto più grande e spaventosa quanto più viene rivolta contro ciò di cui abbiamo bisogno per esistere. D'altro canto, se non fossimo capaci di rimediare in alcun modo agli attacchi distruttivi di cui siamo responsabili, rimarremmo chiusi per sempre all'interno del male e della colpa angosciante che a noi si riconduce. Il libro, delineando un'etica del riparare, analizza l'intenzionalità riparativa nelle sue dinamiche fondamentali e nelle sue fondamentali applicazioni pratiche: la cura della sofferenza altrui, la rigenerazione e la salvaguardia della natura, lo studio e la trasmissione della cultura, la restaurazione della giustizia, sono tutte modalità secondo cui operiamo la riparazione del bene in opposizione all'accadimento del male. E sono, queste, anche le forme principali che assume il nostro più concreto impegno etico per un mondo migliore.