
Per imparare facilmente e velocemente le parole chiave delle lingue moderne: 1.000 voci e 2.000 esempi d'uso; fonetica internazionale e abbreviazioni; forme maschili e femminili degli aggettivi; plurali irregolari; box grammaticali con la spiegazione delle principali regole; box informativi su tradizioni, feste, curiosità; proverbi con il corrispondente italiano per un immediato confronto; modi di dire del linguaggio familiare; ampia appendice per chi scrive o viaggia; interni a due colori per una facile consultazione.
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Da una fortunata rubrica de "Il Sole 24Ore" alle librerie italiane. Massarenti ripete che la sua è un'operazione che vorrebbe "sgonfiare" i concetti un po' tronfi (e incomprensibili) dei filosofi di professione. Ecco quindi una raccolta di voci che, tratte da temi, eventi, figure dall'esperienza quotidiana più minuta o da singoli fatti politici e declinate in senso morale, sono in grado di comporre un ideale dizionario filosofico a partire dalla realtà quotidiana; una ridefinizione attenta di grandi idee morali e sociali (la felicità, la libertà, la ricchezza), che raccolte in un unico volume, e affidate alla coscienza e intelligenza del lettore, compongono un manuale per ragionare più lucidamente e quindi vivere un po' meglio.
L'uomo al tempo della tecnica, avverte Umberto Galimberti, deve ripensare il suo mondo e i concetti tradizionali su cui finora si è fondato: la verità, la politica, la ragione, l'ideologia, l'etica, la natura, la religione, la storia. Per la prima volta siamo inadeguati e inconsapevoli rispetto a un presente che è già futuro. Così ci troviamo in una condizione paradossale e ambivalente: da un lato temiamo la tecnica, dall'altro cerchiamo di rincorrerla perché è diventata la condizione della nostra esistenza. Da questa inadeguatezza emergono segnali di malessere preoccupanti. Galimberti disegna una cartografia dei sintomi che la cronaca quotidiana propone con urgenza: dalla depressione diffusa fino alla minaccia di una guerra planetaria.
Immunizzarci dalla morte: a cos’altro tende, l’intera storia della filosofia occidentale, se non a rassicurarci che tutto ciò che esiste non è destinato a finire per sempre? Certo, è la meraviglia, lo stupore dell’esistenza a suscitare la curiositas dei filosofi. Ma all’ombra di quella meraviglia c’è il terrore, la paura, l’angoscia per l’annientamento di tutto ciò che esiste.
Ecco perché l’intera storia della filosofia può essere riletta non a partire dallo stupore di fronte all’essere, alla natura, al divenire, alla vita. Ma – rovesciando la consueta prospettiva analitica e interpretativa in questa sorta di “controstoria” della filosofia occidentale - dalla paura che ciò che è diventi nulla. Dal terrore che la vita sia inghiottita per sempre dalla morte.
Se nella teologia cristiana è la fede nella resurrezione dei corpi ad immunizzarci per sempre dalla morte, nella filosofia è la “fede” nel logos a garantirci che niente, di ciò che esiste, andrà definitivamente perduto. O almeno, questo disperatamente sperano – con gli occhi pieni di lacrime - i filosofi.
GLI AUTORI
Giuseppe Cantarano insegna storia della filosofia all’Università della Calabria. Ha studiato all’Università “La Sapienza” di Roma e all’Albert-Ludwigs Universitüt di Freiburg. Dove ha approfondito le implicazioni politiche ed estetiche del nichilismo moderno e contemporaneo. E’ segretario generale del Centro per la filosofia italiana e fa parte del comitato scientifico e di redazione di varie riviste. Collabora regolarmente con L’Unità, Il Riformista e Il Giornale. Tra i suoi libri: Immagini del nulla. La filosofia italiana contemporanea (Milano 1998), L’Antipolitica. Viaggio nell’Italia del disincanto (Roma 2000), La comunità impolitica (Troina 2003), I giorni della vita. Risposte della filosofia alle nostre quotidiane domande (Milano 2010).
"In questa collana presentiamo, in volumi singoli, i primi dialoghi platonici, interpretandoli come documenti che attestano in modo assai efficace 'il pensiero storico' di Socrate. La lettura di questi Dialoghi ci farà conoscere a fondo Socrate nella grandezza del suo messaggio rivoluzionario."
Il filosofo della legge morale in perenne lotta contro le passioni corporee avrebbe, secondo una logora vulgata, semplicemente eluso il tema del corpo nella costituzione della soggettività etica. Vincenzo Bochicchio ricostruisce, in questo testo, l'immagine che Kant, nei margini della sua filosofia, si fa del corpo.
All'origine dei diversi discorsi, molti dei quali "alla moda", sulla "fine della filosofia" che, almeno da Nietzsche, caratterizzano tanto pensiero dell'Occidente, sta la "sentenza" hegeliana: che la philosophia cessi di chiamarsi "amante" e si affermi finalmente come puro sapere, Sophia ovvero Scienza. Amore e Sapere debbono dirsi addio. Che il "sophós" dismetta il suo abito di eterno pellegrino e fissi la sua dimora. E questo il destino della nostra epoca? O ancora vi è "ciò" che non possiamo esprimere, rappresentare, indicare se non amandolo? Il discorso filosofico-metafisico porta in sé la traccia di questa tensione, e proprio là dove affronta il suo problema, la sua aporia costitutiva: che l'ente è, che nella sua singolare identità mai coincide con le determinazioni che il lògos ne predica, che la sua sostanza non può disvelarsi nella finitezza del suo apparire. Ogni ontologia deve basarsi su questa differenza - non differenza tra essere ed essente, ma differenza immanente alla realtà dello stesso essente, e in particolare proprio di quello straordinario essente che ha corpo e mente. Oltre l'esercizio sempre più vacuo delle decostruzioni, oltre gli astratti specialismi, oltre le accademie e le scuole, sarà a tale problema, eterno "aporoúmenon", e al "timore e tremore" che suscita, che questo libro intende fare ritorno, ascoltando alcuni grandi classici della tradizione metafisica, per svilupparlo ancora una volta.
La vulnerabilità, altro “seme” teologico di papa Francesco, è una delle chiavi che ci permettono di riconoscere l’esperienza umana della fragilità come luogo di salvezza alla luce dell’evento di Gesù Cristo, per mezzo del quale l’amore di Dio sana, eleva e porta a compimento l’intera creazione. Nel magistero del Papa frequenti sono i richiami alla cura delle persone fragili e deboli. Nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium, il Papa indica nella cura della fragilità (cfr. EG 209-216) uno dei compiti primari dell’evangelizzazione. Secondo l’Enciclica Laudato si’, la vulnerabilità delle persone e quella del mondo in cui viviamo non corrono su vie parallele: a causa dell’intima relazione tra la fragilità umana e quella del pianeta, le radici umane e la sfida ambientale sono profondamente interconnesse. Il grido della terra si alza insieme al grido dei poveri (cfr. LS 40). Il volume tratta della vulnerabilità cominciando dall’attenzione alle persone più fragili, che papa Francesco abitualmente incontra e alle quali rivolge un’attenzione speciale (cap. I). Attraversando l’impervio sentiero in cui s’intrecciano volti, esperienze e pensieri, avanza verso un tentativo di rilettura: dalla sfida della vulnerabilità e da ciò che comporta assumerla (cap. II) ci si chiede come percorrere la vulnerabilità e se è possibile abitarla in modo generativo (cap. III e IV), per concludere con alcune note di carattere teologico (cap. V).
Questo trattato di Zarmati costituisce un felice tentativo di sintesi tra i dati in continuo sviluppo delle scienze della natura fisica (biologia, zoologia, psicologia, antropologia) e le risultanze pi√π certe delle ricerche filosofiche sulla natura metafisica dei viventi in rapporto con il proprio ambiente.
Vengono così a essere evidenziati e fondati i principi primi dell’etica, sia in relazione con i problemi della bioetica (aborto, eutanasia, manipolazioni genetiche) che in relazione con i problemi suscitati oggi dalla sensibilità ecologica (strategie globali dell’economia politica, uso e della condivisione delle risorse materiali, tutela dell’ambiente).
Al centro di tutta la trattazione di Zarmati sta la precisa individuazione dei valori fondamentali della vita umana in quanto vita propriamente spirituale (intellettiva), che include e trascende la vita meramente vegetativa e quella sensitiva. L’Autore non manca di segnalare opportunamente il ruolo non secondario che nell’insieme della vita spirituale svolgono le attività politiche, religiose e artistiche, tra le quali la poesia in tutte le sue forme, colte o popolari.
Quali sono i confini della libertà? Tradizionalmente si è pensato che si estendessero alle cose che possediamo, alle parole che pronunciamo, agli incontri che facciamo e che arrivassero al corpo solo per rifiutare la violenza o la detenzione senza diritto. Gli sviluppi della biotecnologia e i casi della bioetica hanno mostrato che la libertà si estende fin dentro il corpo. Ma per poterlo fare, la libertà deve affrontare avversari vecchi e nuovi. Deve affrontare le concezioni religiose e conservatrici che hanno sempre concepito il corpo e alcuni suoi momenti cruciali, come la procreazione, la sessualità e il morire, come sfere indisponibili alla scelta e alla libertà umana. E deve affrontare anche avversari nuovi che trattano la vita umana dal punto di vista medico e degli interessi sociali alla salute. Piergiorgio Donatelli difende la libertà sulla propria vita intima, nella procreazione, nella sessualità e nel morire: difende la possibilità che anche questi momenti siano governati in modo radicale dalla propria soggettività, dal proprio punto di vista sulle cose. Il volume smonta le argomentazioni religiose e conservatrici, ma affronta anche i pericoli sottesi alla medicalizzazione dei corpi. Discute il quadro liberale e mostra l'inadeguatezza di trattare la libertà come un principio neutrale e astratto, come è stato dipinto in genere dai teorici liberali. La libertà va vista invece come un modo specifico di affrontare la vita, che si vede in cose...