
Se tutta la vita di Nietzsche ha un aspetto voraginoso, questo vale in misura suprema per l'ultimo periodo della sua attività di scrittore. In una effervescenza creativa senza precedenti, ogni testo annuncia un passaggio irreversibile, come se ciò che egli è stato fino a quel momento si preparasse a manifestarsi in una forma nuova. E parte essenziale di questi testi, che devono essere considerati come un corpo unico, sono le ultime lettere, scritte a Torino in un crescendo di euforia prima di perdersi per sempre nel silenzio. Ogni pagina è retta dallo stesso gesto: l'irrompere di una selvaggia teatralità, il presentarsi sulla scena raccogliendo nella forma più intensa tutto il proprio essere. Fino al culmine dei numinosi "biglietti della follia", inviati ad amici e potenti della terra e firmati "Dioniso" o "il Crocifisso", dove sembra riecheggiare l'intera opera di Nietzsche - e palesarsi una pratica a cui tutto il suo precedente pensiero doveva fatalmente condurre.
Questo testo, infuocato e veemente “libello” composto nel vivo degli eventi della Rivoluzione d’ottobre, è certamente una delle opere più discusse di Berdjaev, e costituisce un deciso richiamo anche per l’uomo contemporaneo, invischiato nella crisi e propenso a vedere nella politica l’unica via d’uscita dai mali presenti.
Nell’opporsi ai rivoluzionari che tentano di riorganizzare la società con un’azione dall’alto, che esaltano il valore dell’uguaglianza come antidoto all’ingiustizia sociale e sperano così di fondare il paradiso sulla terra, Berdjaev ci ricorda che nessun sistema politico, per quanto giusto, è in grado di esaurire la domanda di significato dell’uomo, e che l’origine e il fondamento della vera politica non stanno in un progetto ma nella persona, nella sua “disuguale” unicità, nella libera risposta della creatura all’amore del proprio Creatore, unico motore in grado di trasfigurare veramente la società.
L’AUTORE
Nikolaj Berdjaev (1874-1948), filosofo religioso russo. Dopo un’iniziale fase marxista si riavvicinò all’esperienza ecclesiale ortodossa. Espulso dalla Russia nel ‘22, si stabilì a Parigi, dove diede forma ad un suo originale personalismo esistenziale cristiano. Tra le sue opere: Il senso della creazione (1916), La concezione di Dostoevskij (1924), Spirito e libertà (1927), L’io e il mondo (1932), Schiavitù e libertà dell’uomo (1939), Autobiografia spirituale (1948).
Heidegger e Jaspers, due giganti della filosofia del Novecento, si conobbero nella primavera del 1920 a casa di Husserl. Tennero poi uno scambio epistolare che ha il valore di un documento biografico, culturale e storico insostituibile.
La corrispondenza dei primi anni testimonia la comune speranza nutrita dai due pensatori di trovare nell’altro un amico e un alleato che partecipasse al rinnovamento del pensiero. Quanto più si rende chiaro però il contenuto della loro riflessione tanto più chiaramente si manifestano le differenze tra le loro distinte concezioni filosofiche. Di tale progressiva lontananza raccontano le lettere del dopoguerra, anche se permane da parte di entrambi la consapevolezza di essere l’un per l’altro il più degno interlocutore teorico.
La vasta rete di scambi e di diffusione di novità, esperienze, conoscenze che coinvolge nel Seicento eruditi e 'savants' dei diversi paesi europei passa attraverso i corrieri. Ne dà conferma il carteggio Descartes, Beeckman, Mersenne. Il filosofo, il 'savant' calvinista, il Minimo erudito, personalità del tutto e in tutto differenti, sono legate dal 'commercium artium et scientiarum'. Il promotore dello scambio epistolare è l'infaticabile Marin Mersenne, il "curioso" che vuole penetrare tutti i segreti della natura e "portare a perfezione tutte le scienze". Le questioni di cui discutono il gentiluomo del Poitou, il magister calvinista nederlandese e il monaco parigino coprono grande parte delle scienze del tempo e sono altrettante stimolanti provocazioni nelle prospettive che propongono e nelle nuove teorie che tratteggiano. Il loro carteggio costituisce un ampio corpus scientifico-filosofico che si snoda attorno a nuclei unitari di ricerca quali, ad esempio, lo studio del Fenomeno dei pareli o Falsi soli, i dibattiti sulle coniche e sulle maree, la discussione sulle "verità eterne". Amici sinceri, ma prudenti, nelle loro lettere svelano e nascondono, dissimulano persino. Mostrano insomma le variate forme della strategia della comunicazione nel Seicento.
Le "lettere" di Platone sono uno dei misteri più affascinanti della letteratura greca. Non sappiamo chi le ha scritte: se Platone, o uno o più contraffattori. Sicuramente autentica è la settima, una riflessione sui complessi rapporti che intercorrono tra potere e filosofia. Comunque sia, queste tredici lettere sono la testimonianza di un esperimento che parve concretizzare il sogno di Platone: portare al potere dei filosofi o dei governanti-filosofi, che traducessero le sue dottrine relative alla legislazione e al governo dello stato. Questo tentativo, consumatosi a più riprese alla corte di Dioniso II tiranno di Siracusa, fallì miseramente.
Una morfologia delle civiltà indiane d'America è assai più di una mera registrazione storica della conquista coloniale di quel continente negli ultimi cinque secoli, del tentativo sistematico da parte bianca di ripulsa e oblio dei forzieri di una sapienza atavica, che nessuna indagine etnologica aveva mai colto nel profondo né voluto immettere nei repertori della cultura dominante. Nel lontano 1969 Elémire Zolla ricostruiva ne "I letterati e lo sciamano" la tregenda subita dagli Indiani ma anche la sfaccettata ricchezza simbolica e metafisica di una vita tradizionale inscritta sciamanicamente tra la terra e il cielo. Lo fece esumando per la prima volta testimonianze e scritti, talvolta eccelsi, degli stessi Indiani, che negli ultimi cento anni si sono conquistati un posto di assoluta eminenza nella letteratura americana. Questa ristampa dell'opera, salutata al tempo in Nord-America come una rivelazione, è arricchita da una congerie di scritti zolliani del ventennio 1968-1988 dove spicca la trascinante vicenda del narratore antropologo Carlos Castañeda alle prese con il maestro yaqui che lo inizia al potere magico nei deserti del Nuovo Messico.
In questa lettera, scritta all'indomani della catastrofe mondiale per rispondere a un interrogativo dell'amico francese Jean Beaufret, Heidegger medita sulla situazione odierna dell'umanità e sull'impoverimento delle sue risorse simboliche e culturali, erose dalla colonizzazione tecnologica del pianeta. L'uomo contemporaneo è come un viandante che per lungo tempo ha marciato su un lago ghiacciato, ma che ora, con il disgelo, avverte che la banchisa si smuove sotto i suoi piedi e va frantumandosi in mille lastroni. Appena fu conosciuto, questo testo provocò discussioni molto intense. Oggi si legge come avvio ai testi fondamentali sulla tecnica e sul presente che contrassegnano l'ultima fase dell'opera di Heidegger.
Tre motivi per leggerlo: perché è una lettera illuminante scritta da un filosofo più di tre secoli fa e ancora oggi essenziale. Perché è un manifesto contro la malinconia e l'eccesso di serietà. Perché è un inno alla leggerezza che è l'anticamera della libertà.
Il tema del dimenticare e del suo contrario è più che mai un tema d'attualità in una civiltà smemorata e pur avida di memoria come la nostra. La storia degli individui come delle società procede in un intreccio di memoria e oblio dove l'una non sta senza l'altro. Ma se la memoria è oggetto di riflessioni e studi, lo stesso non può dirsi dell'oblio. Con questo libro Weinrich ha inteso presentare una storia culturale dell'oblio, un'ambiziosa panoramica dall'alba della civiltà, ai giorni nostri.
In un'epoca dominata dalla frammentazione del sapere e dalla velocità dell'informazione, la metafisica, con la sua ricerca di senso e di principi primi, rischia di essere emarginata. Tuttavia, proprio oggi, essa si rivela fondamentale per affrontare le sfide del mondo contemporaneo, offrendo strumenti per la comprensione di sé, del mondo e per colmare il vuoto esistenziale. Questo lessico essenziale di metafisica si propone come bussola per orientarsi tra termini complessi e concetti profondi, favorendo un approccio critico e consapevole alla realtà.
Il Lessico ha il pregio di selezionare e approfondire i concetti-temi fondamentali della filosofia della storia, evidenziandone i reciproci legami. Si tratta di uno strumento efficace che soccorre chi intende entrare nell'universo semantico del trittico tempo/storia/storiografia, fonte di coscienza culturale e di orientamenti etici. In definitiva, risulterà prezioso a quanti si accingono a "pensare" la narrazione del tempo e dei suoi eventi nel duplice quadro teoretico e culturale. Del primo quadro, il teoretico, sono le voci: certezza storica, comprensione storica, conoscenza storica, filosofia della storia, metodo della filosofia della storia, senso della storia ecc. Del secondo, il culturale, sono le voci: epoca, eterno ritorno, narrazione, nazionalismo, nazione, passato, periodizzazione, progresso ecc. La riflessione sulla storia può dirigersi verso il superamento di una visione frammentaria, al di là cioè del semplice accumulo di esperienze ripetute nel tempo da individui e comunità. In sostanza, questo Lessico intende contrastare il tentativo di alcune derive del post-modernismo di screditare l'idea stessa della praticabilità di una filosofia della storia e, superando il pregiudizio anti-realistico e anti-metafisico, il rischio della perdita d'identità e lo smarrimento di sicuri orientamenti trascendenti.
Leonardo è "premoderno", un personaggio di confine. Il suo non è più l'orizzonte fisso e trascendente del mondo della Scolastica, ma non è ancora quello matematizzante e dualistico della Nuova Scienza. Arte e conoscenza, matematica ed esperienza, fantasia e tecnologia confluiscono in un continuum che l'opera di Michelangelo, Galilei e Descartes frantumerà in precisi comparti producendo una divisione apparentemente irreversibile sul piano dell'essere come del sapere. Leonardo è vicino: anche il nostro tempo "ipermoderno" è diventato insofferente verso ogni rigida divisione del lavoro, della cultura, del "mondo della vita". Ma gli sconfinamenti portano troppo spesso alla confusione o per altro verso alla conflittualità, piuttosto che al dialogo o al contrappunto tra linguaggi, media, culture, come quello che ha lasciato in eredità Leonardo.

