
Il volume prende in esame una delle tesi più originali di Enrico di Gand: quella del lumen medium, ovvero dell’illuminazione speciale concessa da Dio ai maestri di teologia per permettere loro di trasformare almeno in parte (congiuntamente all’attività di studio e di ricerca) ciò che è oggetto di fede in oggetto di autentica comprensione scientifica. La dottrina enrichiana viene analizzata a partire dai suoi presupposti gnoseologici, mettendo in luce da una parte il percorso che conduce alla fondazione della teologia come scientia prima e, dall’altra, lo statuto del tutto peculiare che Enrico attribuisce al maestro di teologia. Ma ampio spazio viene dato anche al contesto in cui la posizione di Enrico si inserisce, e cioè tanto al dibattito sullo statuto scientifico della teologia nel corso della seconda metà del XIII secolo, quanto alla controversa fortuna della dottrina del lumen medium, tra il XIII e il XIV secolo, presso l’altro influente maestro secolare del periodo (Goffredo di Fontaines) e presso alcuni dei più importanti teologi domenicani, francescani e carmelitani.
Questo testo, per la prima volta tradotto in italiano, e il principale punto di riferimento storico per gli studiosi italiani della figura di Raimondo Lullo, filosofo francescano del 1300 considerato il massimo esponente della cultura e della lingua catalana. Quest'accurato studio di Miquel Battlori, pubblicato per la prima volta in italiano ed aggiornato da Michela Pereira e Francesco Santi, continua ad essere utile e necessario per conoscere gli sviluppi che il lullismo ha avuto lungo i secoli sin dai primi soggiorni che il beato maiorchino realizzo in Italia. Difatti, l'opera, divisa in due parti elenca nella prima tutti i viaggio che Lullo fece in Italia e nella seconda parte analizza la nascita, l'evoluzione e le tappe del lullismo in Italia, nelle tracce che esso ha lasciato nelle diverse biblioteche da Padova a Napoli.
Pareyson ha incontrato le diverse correnti dell'esistenzialismo negli anni della sua formazione torinese e ne ha sviluppato criticamente i fermenti all'interno del dibattito sul significato del cristianesimo. Dal pensiero di Kierkegaard ha assunto la duplice dimensione dell'uomo come auto ed etero relazione, in quanto rapporto ontologico fondamentale, che, stimolato anche dall'incontro con Lavelle, ha acuito il suo personalismo in un partecipazionismo della libertà. La prospettiva di Pareyson pone la dimensione ontologica come partecipazione del tempo all'eternità, dunque come dimensione sorgiva dell'esistenza nel rapporto tra auto ed etero relazione, all'interno del quale è approfondito il dualismo metafisico personalistico di situazione e libertà.
La filosofia di Wittgenstein come recupero del senso dell'esistenza in tutte le sue variegate implicazioni. Ludwig Wittgenstein e un pensatore che, per quanto occupi un ruolo di primo piano nel dibattito filosofico della seconda meta del XX secolo, resta ancora da scoprire. Dal presente volume emerge infatti un Wittgenstein che da ancora a pensare" perche si rivela impegnato a dar voce all'inesauribile problematicita della vita, al di la delle restrizioni a cui la sottopone il pensiero scientifico. Un indubbio merito degli autori di questo libro e di entrare nel profondo della complessa filosofia di Wittgenstein per trarne gli elementi di inquietudine dell'esistenza comuni a tutti gli uomini. "
Una delle difficoltà nella stesura della Biografia intellettuale di un filosofo si presenta nel tentativo di sistematizzare ciò che, per definizione, è in divenire: il pensiero. Quando però si cerca di ricostruirne l'evoluzione, nei suoi nodi teoretici frequentati per una vita, il modello biografico pare venir meno. È il paradosso del pensiero il cui movimento, in Ludwig Feuerbach (1804-1872) come perlopiù nelle menti speculative, si dà nel costante interrogarsi su un unico problema, nel suo caso sul rapporto filosofia/religione: un confronto di lungo periodo, che si dipana sotto il segno di vita, morte e immortalità; essenza, storia ed esistenza; individualità e empiria; uomo, natura e naturalismo. Temi, affrontati nei capitoli del volume, che prendono sul serio una problematica - l'essenza del cristianesimo - e ne diventano punti di osservazione, secondo un modello ermeneutico auspicato da Feuerbach medesimo, che fa del domandare l'essenza stessa della filosofia. Questa biografia riesce da una parte a restituire un volto complessivo di Feuerbach, con ampi riferimenti a lettere, scritti del periodo giovanile e inediti - risultato di uno studio più che trentennale e della consultazione del Nachlass -; dall'altra a metterne in discussione i punti teoretici più critici e le opinioni dominanti. Un'opera di riferimento per la storiografia, destinata a riscrivere la stessa interpretazione del filosofo tedesco.
David Konstan è uno dei massimi esperti di Epicureismo antico a livello internazionale. In questo libro apporta un contributo di rilievo alla comprensione dell'etica e della psicologia epicurea, nell'ambito della teoria dell'anima e delle sue passioni, con importanti risvolti anche relativi alla fisica e alla teoria della conoscenza. Dopo un'introduzione sulle "passioni" epicuree (i "pathe") e su che cosa propriamente si debba intendere con il termine pathos, il primo capitolo si occupa della psicologia epicurea, indagando l'anima e le passioni nell'Epicureismo. Oggetto dei capitoli successivi sono la teoria sociale e lo sviluppo dell'umanità secondo l'Epicureismo, e l'epistemologia, ossia la teoria epicurea della conoscenza. Lo studio di Konstan, si basa soprattutto sulle testimonianze di Lucrezio, senza trascurare però anche tutte le altre disponibili, dai frammenti di Epicuro al tardo epicureo Diogene di Enoanda, ed è arricchito da una bibliografia ampia e aggiornata.
Ha perfettamente ragione Vincenzo Vitiello, quando, nell'introduzione a questo volume afferma: "Pochi scrittori - poeti, romanzieri, ma anche critici e storici, filosofi e scienziati - abitano il linguaggio al modo in cui accade a Carlo Invernizzi, poeta". Le cui parole vogliono davvero essere "cose". E, proprio per questo, prendono drasticamente le distanze da quelle che tutti pronunciamo ogni giorno... parole vuote, magari efficaci, ma sempre fraintese, impotenti o quanto meno fragili. Carlo Invernizzi cerca, infatti, una parola che sia in grado di essere la cosa stessa. La roccia, l'altura, la luce, il colore, il confine, il dolore, la gioia... devono dunque lasciarsi contorcere, dire, ma anche disdire, dalle parole in cui "dovranno" a tutti i costi trovare casa. Per questo, nessuno dei lemmi "intuiti" dal nostro poeta avrebbe potuto risolversi nella mera conformità a una sintassi e a una concettualità che, del mondo, non sarebbero mai riuscite neppure a lambire il cuore imprendibile. Lo stesso in relazione a cui, invece, Invernizzi osa; azzardando il disegno di uno sguardo che, trapassando inquieto, di soglia in soglia, sappia farsi davvero poesia. Postfazione di Massimo Donà.
Maria Zambrano (Vélez-Màlaga 1904- Madrid 1991) mostra che morte e risurrezione, cuore del cristianesimo, riguardano non solo la vita di Dio, ma anche l'esistenza delle sue creature.
«L'Europa è in pericolo. Il programma comune delle forze populiste che stanno dilagando in tutto il continente vuole interrompere ogni progetto di costruzione, ritrovare una cosiddetta "anima delle nazioni", rilanciare "un'identità perduta" che non esiste se non nella fantasia dei demagoghi. La mia scommessa è sull'Europa, la mia fede è in questa grande Idea di cui i nostri padri ci hanno trasmesso l'eredità, la convinzione che lei sola avrà la forza, domani, di scongiurare il ritorno dei demoni, quello dei totalitarismi e quello di conseguenza della crisi e della miseria - tutto questo mi sta troppo a cuore ed è, dalla caduta del Muro di Berlino, oggetto di un impegno personale fortemente sentito e costante, perché io possa, trent'anni più tardi, decidere di gettare la spugna.» (Bernard-Henri Lévy)
Viene qui presentata una rilettura delle questioni cruciali della metafisica del “Platone russo” e sottolineata la centralità del “mitologema sofiologico”, considerato nelle sue implicazioni gnostiche ed esoteriche, con una messa a fuoco di tematiche poco note al lettore occidentale, quali l’impersonalismo, il misticismo, l’elemento medianico-spiritico alla base della scrittura delle sue opere. Elementi questi che non attenuano per nulla il grande merito da parte del filosofo- poeta di esser stato antesignano del dialogo tra Occidente cattolico e Oriente ortodosso, ma che permettono una considerazione più realistica e più prossima al libero spirito di indagine di Solov’ëv, che nella sua tensione all’affrancamento dal “dogmatismo”, fiducioso nelle potenzialità della ragione, perviene all’elaborazione di un sistema teosofico autonomo rispetto alla tradizione e all’autorità della Chiesa (sia ortodossa che cattolica).
La seconda parte del volume è dedicata alla concezione estetica di Solov’ëv, e in particolare alla sua ascendenza e al suo influsso sui poeti simbolisti (Blok, Belyj, V. Ivanov). Si è parlato, a proposito dell’estetica soloveviana, di “utopismo”; certamente si può dire che egli abbia sovrinnalzato il fine dell’arte, pur essendo essa per lui un mezzo, mai un fine. Sovrinnalzando quel fine Solov’ëv ha eliminato l’arte come fine; sovrinnalzando la realtà, l’ha oscurata, mostrandone la vera luce nella prospettiva della trascendenza. Ciò nondimeno, egli non è riuscito a sfuggire al miraggio dell’illusorietà del reale, testimone in questo della crisi di fin de siècle, ma anche punto di riferimento imprescindibile di tutta la storia del pensiero e dell’arte russa del Novecento.