
Il presente volumetto riporta la teoria della conoscenza nel solco tradizionale di una metafisica della verita'", in cui la gnoseologia perde la sua caratteristica di branca autonoma, anzi, condizionante tutto il resto quale "propedeutica". "
Vi sono poi altre azioni le quali, sia che derivino dalla natura, sia da disposizioni dell’animo, possono essere buone e cattive: buone, se vengono ricondotte alla giusta misura da alcune circostanze, cattive, invece, se vengono spinte ad un estremo. Ora, le azioni dei Cortigiani sono di questo genere, sia che consistano in parole, sia in impulsi dell’animo, sia in gesti. Le circostanze – come spiegò Aristotele, il principe dei filosofi – sono: il “chi”, che si riferisce alla persona che è l’agente principale. Non è infatti di poca importanza se Platone ami sua moglie o se Socrate sia adultero. Il “che cosa”, cioè che cosa la persona fa, che riguarda la specie dell’atto. C’è molta differenza, infatti, se uno mangia per sfamarsi o se è spinto a soddisfare la libidine con atto venereo. “Riguardo cosa” che considera la materia ossia l’oggetto. “In quale tempo” o “in quale luogo”, naturalmente. “Con quale mezzo” e “a causa di che cosa”: per salvarsi oppure per voluttà. E “in che modo” cioè intensamente o con calma, con delicatezza o con veemenza.
Nata nel clima di violenza terroristica che sconvolgeva la società italiana nel periodo degli anni di piombo e che aveva come obiettivo la distruzione delle istituzioni e dello Stato, Filosofia della prassi (1986) è un’opera il cui valore va ben al di là delle circostanze storiche che l’hanno ispirata. Si presenta come una indagine spregiudicata, dai risvolti ancora attualissimi, sulle ragioni e le manifestazioni della crisi della civiltà del diritto, che pur ha fatto grande l’Europa.
L’autore – in queste che sono linee di filosofia del diritto – non descrive solo il processo di decadenza di un mondo, ma indica le strategie per una rivitalizzazione delle funzioni e dei significati del diritto. In questa prospettiva prende corpo una documentatissima analisi delle forme di negativismo giuridico che agiscono nella nostra cultura corrodendone i valori, e delle idee rigeneratrici che potrebbero contrastarne la portata devastatrice, non senza aver prima metabolizzato la dura lezione della critica. La posta in gioco è alta e riguarda il senso e il destino del diritto nella società, ambiguamente sospeso tra il rischio di ridursi a strumento delle manipolazioni del potere e l’impulso a promuovere l’affrancamento dell’uomo incurvato sotto il peso dei dispotismi. La nostra cultura giuridica sarà all’altezza del suo compito?
Italo Mancini (1925-1993) è stato professore di Filosofia della religione e Filosofia del diritto all’Università di Urbino, dove ha anche fondato l’Istituto superiore di Scienze Religiose e la rivista «Hermeneutica». Presso Morcelliana sono in corso di pubblicazione le Opere scelte, di cui nel 2007 è uscito il vol. I, Filosofia della religione; nel 2009 il vol. II, Novecento teologico; nel 2011 il vol. III, Teologia, Ideologia, Utopia e nel 2015 il vol. V, L’ethos dell’Occidente. Neoclassicismo etico, profezia cristiana, pensiero critico moderno. Sempre nel nostro catalogo: Come leggere Maritain (1993); Bonhoeffer (1995); Frammento su Dio (20003).
Hegel arriva a Jena nel 1801. Non è che un giovanotto di belle speranze, un trentunenne con qualche inedito nel cassetto e nessuna pubblicazione alle spalle. Quando ripartirà da quella città, nel 1807, sarà invece il celebrato autore della "Fenomenologia dello spirito". È in questa manciata di anni, dunque, che Hegel diventa Hegel; non serve altro per comprendere l'importanza nevralgica che gli scritti del periodo di Jena hanno nello sviluppo del suo pensiero. La "Filosofia dello spirito jenese" raggruppa frammenti di testo venuti alla luce in epoca relativamente recente, tra il 1931 e il 1932. Si tratta di manoscritti redatti da Hegel per uso personale e che, proprio in virtù di questa natura diaristica e autoreferenziale, riescono a introdurre il lettore dentro il "laboratorio" del filosofo, in quel luogo dove sembra che egli riesca a "guardarsi pensare".
Richard Rorty, profondamente legato alla tradizione intellettuale americana, ma anche molto sensibile ai risultati del pensiero esistenzialistico ed ermeneutico europeo, definisce la propria posizione attraversando criticamente la filosofia analitica, che egli discute e, alla fine, "confuta", sia mettendone in luce intime difficoltà e contraddizioni, sia richiamandosi ai contenuti pragmatistici della tradizione americana, in base ai quali diventa chiaro che la filosofia analitica è ancora una versione, la più aggiornata, della concezione metafisica del pensiero. Con nota introduttiva di Diego Marconi e Gianni Vattimo.
L'autore, noto filosofo, indaga sul nesso tra filosofia e mistica, in particolare sul rapporto tra esistenza e super-esistenza.
La filosofia futura mette in questione quella che da sempre è ritenuta una evidenza assoluta, secondo la quale ogni cosa del mondo è soggetta all'eterno flusso del divenire. La filosofia futura mostra che tale evidenza è il perimetro all'interno del quale il pensiero occidentale da sempre si stabilisce, e la civiltà dell'Occidente, ormai planetaria, va manifestandosi. L'uomo va alla ricerca del rimedio contro l'angoscia del divenire perché, innanzitutto, crede che il divenire esista. Quando si inizia a mettere in discussione questa fede, si incomincia a mettere in questione la logica stessa del rimedio.
Prima traduzione italiana di tutte le opere in cui Porfirio, filosofo neoplatonico allievo di Plotino, si cimentò nell'edificazione di una filosofia religiosa pagana alternativa al Cristianesimo, con l'esplicito intento di conferire una valenza mistica agli antichi responsi oracolari e alle pratiche magico-astrologiche, e di dare una valenza simbolica alle statue degli dèi; nella "Filosofia degli oracoli" troviamo la prima interpretazione allegorica degli Oracoli caldaici presentati come una rivelazione divina tipica dello zoroastrismo ellenizzato; nel trattato "Sul ritorno dell'anima" troviamo la spiegazione di come la "teurgia", una versione pagana della "grazia", possa agire sulla parte irrazionale dell'anima per purificarla e prepararla all'unione con il divino; nel trattato "Sulle immagini degli dèi" troviamo una simbologia filosofica applicata alle statue delle divinità greche, che in tal modo da "idoli" possono diventare autentiche "icone"; nella "Lettera ad Anebo" troviamo l'esposizione della precisa valenza della magia e della teurgia, in contrapposizione al suo allievo Giamblico. Se la "teurgia" serve solo per la parte inferiore dell'anima, e la "teologia" per la parte intellettuale, il punto di arrivo finale per Porfirio è la "teosofia", la piena e compiuta sapienza divina che riempie di sé l'anima ormai purificata e pronta alla henosis con il Principio.