
Dominio e sottomissione sono i due termini di un rapporto di potere fortemente asimmetrico che innerva la storia dell'umanità e che nella civiltà occidentale ha conosciuto numerose metamorfosi. Di questa vicenda millenaria Remo Bodei offre qui una magistrale ricostruzione, mettendo a fuoco alcuni momenti esemplari e sempre soffermandosi sulle teorie filosofiche che hanno plasmato i nostri modi di pensare, sentire, agire, e sulle implicazioni antropologiche, politiche e culturali connesse ai cambiamenti. A partire dalla tradizione antica della schiavitù che trova in Aristotele la sua più potente legittimazione, il racconto si snoda lungo i secoli per concentrarsi sull'evoluzione delle macchine chiamate a sottrarre il lavoro umano prima agli sforzi fisici più pesanti, poi a quelli mentali più impegnativi. Un processo che continua oggi con i prodigiosi sviluppi dei robot e degli apparecchi dotati di Intelligenza Artificiale o, detto altrimenti, con il trasferimento extracorporeo di facoltà umane come l'intelligenza e la volontà, e il loro insediamento in dispositivi autonomi.
Con il suo 'Don Giovanni' Mozart rientra nella piccola schiera immortale di uomini il cui nome e la cui opera non sarà dimenticata.
Uno tra i principali filosofi contemporanei si cimenta con il testo biblico del sacrificio di Isacco e affronta il tema della responsabilità della persona, del suo fondamento esistenziale, in rapporto con saperi e etiche costituiti.
Dopo la società aperta ci rivela lo sviluppo filosofico e politico di Popper durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, dai suoi primi pensieri socialisti all'umanitarismo radicale della Società Aperta. I saggi qui riportati, molti dei quali tradotti in italiano per la prima volta, dimostrano con chiarezza il pensiero di Popper sulla religione, sulla storia, su Platone, Aristotele e sui vari e complessi aspetti della società contemporanea.
Vladimir Sergeevicv Solov’ëv (1853-1900),visionario profeta del dialogo e tenero amante della Sapienza Divina, scrisse “Il dramma della vita di Platone”nel 1898, lo stesso anno del secondo viaggio in Egitto allorquando cominciarono i primi segni di cedimento fisico dovuti al troppo lavoro. In XXX paragrafi Solov’ëv analizza –facendo precedere il tutto da una lunga introduzione su come intendere il concetto di “dramma” nel pensiero greco a partire dai pre-socratici– il legame tra la teoria dell’amore di Platone (o meglio: la sua “crisi erotica”, proprio per come la definisce Solov’ëv) e il consequenziale mutamento della sua visione del mondo. L’autore si chiede quale sia la svolta (e ‘quando’, oltre al ‘come’, precisamente, si sia consumata) che induce Platone –fino a quel momento pensatore del “non essente”, fondatore del ‘pensare’ metafisico e delle questioni gnoseologiche astrattamente interpretate– a dedicare le sue migliori opere all’amore. Un argomento fino ad allora non specificatamente rientrato nell’ordinarietà della sua sfera filosofica che lo porta alla proposizione di una teoria che non trova punti di appoggio nelle sue ‘visioni’ precedenti e che ha lasciato, in tutto il successivo corso del suo pensiero, un’impronta profonda, determinante. Ancor prima della contrapposizione tra il “vero essere” e l’umbratile “divenire”, l’apparente o il fenomeno, Platone, sotto l’influsso della dottrina e della morte di Socrate, presentì la contrapposizione etica tra ciò che deve essere e ciò che effettivamente è, tra l’autentico ordine morale e l’ordinamento della società data. Questo fu il ‘dramma’ vissuto da Platone e dalla risposta di Solov’ëv alla domanda precedente concludiamo che la revisione del pensiero filosofico platonico fu determinata proprio da tale ‘crisi’ (da cui scaturisce, appunto, la sua teoria dell’amore) che è concepibile solo come progresso del suo idealismo letteralmente imposto dalle esigenze di una nuova esperienza esistenziale.
La filosofia come genere letterario comincia con il dubbio, con un "no". Non è vero quel che gli uomini ritengono vero in generale, non è giusto, né bello né buono quel che è generalmente riconosciuto come tale. Così anche tutte le filosofie iniziano con il dubbio. Gli allievi di Socrate imparano dal loro maestro a dubitare di tutto quel che hanno dato per scontato. Il loro amato Omero mente sugli dèi: non è meglio essere ingiusti che subire ingiustizia. Devono imparare a dubitare della giustizia delle leggi e della morale della loro città. Questo è l'inizio della sapienza. Eppure, mentre gli allievi di Socrate devono imparare a dubitare, il loro maestro non dubita: egli è in possesso della verità indubitabile. Questa verità è la sicurezza stessa, il fondamento dell'essere umano.
Nel 1796, Benjamin Constant, amico di Madame de Staël, entrato in politica e attento lettore di Kant, polemizza col carattere incondizionato del dovere posto dal filosofo di Königsberg. Il quale, venuto a conoscenza della critica mossagli dallo scrittore francese, gli risponde l'anno seguente con un opuscolo, "Su un preteso diritto di mentire per amore dell'umanità". Nacque in tal modo la celebre controversia, i cui testi sono raccolti in questo volume.