
«Obbedite ai poteri. Se ciò vuol dire "cedete alla forza", il precetto è buono ma superfluo e posso assicurare che non sarà mai violato. Ogni potere viene da Dio, lo riconosco; ma anche ogni malattia viene da lui. Ciò significa che è vietato chiamare il medico? Supponiamo che un brigante mi sorprenda nel passaggio di un bosco: non solo bisogna per forza che gli consegni la borsa, ma, nell'eventualità che potessi sottrargliela, sarei in coscienza obbligato a dargliela ugualmente? Perché, in ultima analisi, la pistola che ha in pugno è anch'essa un potere. Riconosciamo, dunque, che la forza non fa il diritto e che si è obbligati a obbedire solo ai poteri legittimi.» (Du contrat social, I, 3)
"IL realismo naturale non è una teoria filosofica, appartiene al fenomeno della conoscenza ed è sempre indicibile in esso. Tale realismo s'identifica con la convinzione, da cui siamo dominati per tutta la vita, che il complesso delle cose, delle persone, degli avvenimenti e dei rapporti - in breve, del mondo in cui viviamo e che rendiamo nostro oggetto nel conoscere - non è prodotto solo dal nostro conoscere, ma sussiste indipendentemente da noi. Se questa convinzione ci abbandonasse anche un solo istante nella vita non la prenderemmo più sul serio. Ci sono teorie filosofiche che l'abbandonano; ma esse svalutano così la vita nel mondo e in realtà non la prendono più sul serio." Nicolai Hartmann
Il costituzionalismo rigido ha cambiato profondamente la natura del diritto e della democrazia, imponendo alla politica limiti e vincoli sostanziali, a garanzia dei diritti fondamentali costituzionalmente stabiliti. Oggi l'intero edificio della democrazia costituzionale è aggredito, come modello teorico e come progetto politico, dall'asimmetria tra il carattere globale dei poteri economici e finanziari e i confini ancora statali del diritto e della democrazia; dall'abdicazione al ruolo di governo della politica, tanto impotente e subordinata ai mercati quanto onnipotente nei confronti dei soggetti deboli e dei loro diritti; dal generale sviluppo dell'illegalità o peggio dall'assenza di regole sui poteri, sia pubblici che privati. L'espansione del costituzionalismo e la costruzione delle sue garanzie all'altezza dei nuovi poteri economici globali è perciò il compito principale della politica e la sola alternativa razionale a un futuro di disordini, di violenze, di disuguaglianze e devastazioni ambientali, oltre che di involuzioni autoritarie e antidemocratiche.
Il celebre corso, Che cos’è la filosofia? (1929) – svolto in un teatro a causa delle contestazioni studentesche alle quali partecipò anche Ortega – costituisce il manifesto della ragione vitale e storica in dialogo con Dilthey, Husserl e soprattutto Heidegger. L’occupazione filosofica, di indole rigorosamente teoretica, non è priva di audacia ed é caratterizzata da una dimensione ludico-sportiva, a cui si dedicano gli uomini liberi; perciò essa è un’attività superflua dell’uomo ‘nobile’ che nondimeno la giudica indispensabile per vivere una vita qualitativamente umana ed all’altezza del tempo.
José Ortega y Gasset (1883-1955) è stato uno tra i più influenti filosofi spagnoli dell’età contemporanea. Nonostante il noto stile colloquiale e la sua intensa attività di giornalista, il pensiero di Ortega y Gasset si è distinto nel panorama internazionale per la densità concettuale e la profondità di indagine. Considerato per certi aspetti esponente o anticipatore della corrente esistenzialista, nel corso dello sviluppo delle proprie posizioni l’autore ha abbracciato il prospettivismo di stampo nietzscheano ma anche un certo storicismo. La sua opera più conosciuta è La ribellione delle masse, risalente al 1930.
Armando Savignano, docente all’Università di Trieste, ha dedicato numerosi saggi all’ispanismo filosofico. Tra i libri più recenti: Introduzione a Ortega Y Gasset, Bari 1996; Introduzione a Unamuno, Bari 2001; Maria Zambrano. La ragione poetica, Genova-Milano 2004; Panorama della filosofia spagnola del Novecento, Genova-Milano 2005; Don Chisciotte. Illusione e realtà, 2006; Il vincolo degli anniversari. Saggi di filosofia spagnola contemporanea, Caserta 2009.
Il libro è il ritratto della crisi religiosa e filosofica verificatasi agli albori del mondo moderno, ai tempi di Newton, Cartesio, Rembrandt e, soprattutto, di Leibniz e Spinoza, il logico e matematico inventore del Calcolo. Al centro del racconto è Dio. Lo scenario è quello di un'Europa appena uscita dalla guerra dei Trent'anni, segnata dalle difficoltà di un'altissima conflittualità religiosa, scossa da rivolgimenti politici altrettanto profondi. Le due "idee" del divino che Leibniz e Spinoza elaborano sono tutt'altro che estranee a questo sfondo, rispetto al quale emergono come conseguenze e contromisure. L'autore contribuisce a fare di questa ricostruzione del passato un'immagine ben viva per l'attuale panorama politico, diviso tra rinascite di vario segno, dai neoilluminismi ai neotradizionalismi cristianeggianti.
Queste pagine intendono rispondere all’esigenza di offrire un’immagine il più possibile aggiornata, completa e unitaria dell’uomo, che tenga conto delle acquisizioni delle scienze e della filosofia e sia integrale nell’approccio, ma senza essere eccessivamente specialistica. Dal punto di vista del metodo la tesi fondamentale del volume è che l’uomo si conosce nella sua specificità riflettendo sulla sua esperienza, sulle sue opere, sulle sue azioni e sulle dimensioni corrispettive, e coniugando questa riflessione con i dati delle scienze in continua evoluzione. Il testo è preceduto da una sintetica storia dell’antropologia filosofica e da un’introduzione di carattere metodologico. I capitoli dal II al V sono espositivi: l’uomo si comprende tra psiche e corporeità, tra ragione e tendenza, tra natura e cultura, tra sé e gli altri, tra passato e futuro. Gli ultimi due capitoli costituiscono una ripresa sintetica in chiave riflessiva, epistemologica e metafisica del discorso svolto in precedenza. Il testo si chiude con un interrogativo particolarmente attuale alla luce dei progressi della tecnologia: in che misura è possibile una trasformazione radicale dell’uomo senza dissolvere la sua identità? Benché tutte le principali concezioni antropologiche siano considerate nell’esposizione, il volume privilegia una prospettiva integrale che si pone in continuità con la tradizione classica.
«Se una teoria filosofica non fosse altro che un'assunzione isolata intorno al mondo, proposta con un "prendere o lasciare", senza alcun cenno a un suo nesso con qualsiasi altro oggetto, essa risulterebbe effettivamente al di là di ogni discussione. Ma lo stesso potrebbe dirsi anche di una teoria empirica. Se qualcuno si presentasse con le equazioni di Newton o anche con i suoi stessi ragionamenti, senza spiegare prima quali erano i problemi che la teoria intendeva risolvere, non saremmo in grado di discuterne razionalmente la verità - non più di quanto possiamo fare circa la verità di un libro dell'Apocalisse».
La questione della scrittura, che occupa una posizione cruciale nella filosofia di Sini e alla quale è interamente dedicato il terzo volume delle sue Opere, negli scritti raccolti in questo secondo tomo del volume viene affrontata nella prospettiva inedita di ciò che l'autore chiama "foglio-mondo". Con questa espressione, liberamente mutuata da Charles Sanders Peirce, Sini si riferisce anzitutto al segreto della soglia filosofica e alle peculiarità della sua scrittura. Le trasformazioni storiche che l'hanno caratterizzata da Pitagora a Socrate e Platone, da Aristotele sino a Kant e a Hegel, culminano nel tentativo di trascrivere la verità del mondo nelle figure ultimative del logos concettuale: tentativo che sempre di nuovo ripropone l'incolmabile cesura fra la vita del sapere e le sue transeunti scritture. Il foglio-mondo diventa allora, più in generale, metafora di ogni sapere in quanto evento di scrittura ed elaborazione nascosta dei suoi mutevoli supporti, vanamente tesi a circoscrivere il mondo dal quale si originano e nondimeno efficaci e irrinunciabili nell'inscrivere percorsi di vita nel mondo a cui appartengono. La seconda parte del libro e le Appendici ripensano in questa luce l'eredità fenomenologico-ermeneutica, pervenendo a un confronto critico con Husserl e Heidegger e con i loro cammini fruttuosamente aporetici.
Questa ampia e innovativa ricostruzione della filosofia di Platone nasce da due convinzioni di fondo. La prima, di metodo, è che una chiave interpretativa trova la sua legittimità se riesce a integrare in un quadro non dogmatico, ma logico e unitario, i tanti pezzi del puzzle costituito dai testi platonici. La seconda, di contenuto, è che occorre prendere sul serio l'indicazione, più volte data da Platone, che un filosofo scrive nella forma del "gioco serio", in modo da spingere il lettore, attraverso provocazioni e sollecitazioni, a pensare. Così il filosofo ateniese ha applicato alla scrittura la sensibilità maieutica di Socrate: scopo di un maestro è aiutare l'allievo a "fare filosofia", non a impararla. Il risultato è una meravigliosa serie di dialoghi che manifestano in crescendo il "sistema" dell'autore come un filosofare in atto, attraverso materiali di riflessione e problemi tesi ad attivare il lettore e quasi a costringerlo a "cercare le risposte". Quest'opera in due tomi, frutto di una lunga ricerca, scava in profondità i maggiori temi che Platone ha affidato ai dialoghi scritti. In questo senso il suo orizzonte è un "disordine ordinato": cercare la logica di un sistema, senza accontentarsi di ridurre la filosofia di un genio, in presenza di tutti i suoi scritti e di una molteplicità di testimonianze indirette, a un "rebus avvolto in un mistero".
Questa ampia e innovativa ricostruzione della filosofia di Platone nasce da due convinzioni di fondo. La prima, di metodo, è che una chiave interpretativa trova la sua legittimità se riesce a integrare in un quadro non dogmatico, ma logico e unitario, i tanti pezzi del puzzle costituito dai testi platonici. La seconda, di contenuto, è che occorre prendere sul serio l'indicazione, più volte data da Platone, che un filosofo scrive nella forma del "gioco serio", in modo da spingere il lettore, attraverso provocazioni e sollecitazioni, a pensare. Così il filosofo ateniese ha applicato alla scrittura la sensibilità maieutica di Socrate: scopo di un maestro è aiutare l'allievo a "fare filosofia", non a impararla. Il risultato è una meravigliosa serie di dialoghi che manifestano in crescendo il "sistema" dell'autore come un filosofare in atto, attraverso materiali di riflessione e problemi tesi ad attivare il lettore e quasi a costringerlo a "cercare le risposte". Quest'opera in due tomi, frutto di una lunga ricerca, scava in profondità i maggiori temi che Platone ha affidato ai dialoghi scritti. In questo senso il suo orizzonte è un "disordine ordinato": cercare la logica di un sistema, senza accontentarsi di ridurre la filosofia di un genio, in presenza di tutti i suoi scritti e di una molteplicità di testimonianze indirette, a un "rebus avvolto in un mistero".
Siamo in grado di tracciare nettamente il confine tra mondo inanimato e mondo vivente? Attraverso quali meccanismi l'evoluzione ha prodotto la diversità della vita e quale ruolo rivestono in essi il caso e la necessità? Il compito di rispondere a domande come queste spetta alla filosofia della biologia. Il libro si struttura come un breve excursus accessibile a chiunque voglia avvicinarsi alla disciplina attraverso una trattazione agevole, ma aggiornata e rigorosa, dei temi principali attraverso i quali essa si articola.
Carl Gustav Jung è un personaggio che sfugge alle definizioni. Conosciuto essenzialmente come primo importante seguace di Freud e poi fondatore di un'autonoma psicologia analitica, Jung è però autore che ha segnato profondamente anche la storia del pensiero filosofico, religioso, scientifico. In questo libro, l'opera dello psicologo svizzero viene analizzata con atteggiamento imparziale, enucleandone i significativi contributi senza trascurarne le oscure aporie. La scelta di seguire la psicologia junghiana nella sua evoluzione, inoltre, ne evidenzia alcuni aspetti, se non ignoti, certo sottovalutati.