
"L'Aforisma - secondo la Merini - è il sogno di una vendetta sottile. L'Aforisma è genio e vendetta e anche una sottile resa alla realtà biblica. Chi fa aforismi muore saturo di memorie e di sogni ma pur sempre non vincente né davanti a Dio né davanti a se stesso né davanti al suo puro demonio." Nel libro è raccolto il meglio di un genere che in questi ultimi anni Alda Merini ha esercitato con entusiasmo e autentica maestria. Arricchiscono il volume i disegni di Alberto Casiraghi, l'amico pittore-editore che ha sollecitato, raccolto e accompagnato con le sue miniedizioni Pulcinoelefante questa nuova verticalissima ispirazione. Una silloge insieme magica e crudele, appassionata e tagliente, ispirata e assoluta di microtesti e in versi, destinati a tenerci compagnia nel tempo.
"Scrivere poesie è tenere una corrispondenza col paese lontano dove aspetto di far ritorno?". Così inizia una poesia dell'A. Dice bene "corrispondenza", non un soliloquio, ma un tentativo di en-trare in relazione, con se stessa, con gli altri. Il "paese lontano" è quello che ci pone domande, non ci fa esaurire ogni aspettativa nel presente; c'è qualcos'altro, è quel "paese lontano", in parte conosciuto, in parte sconosciuto. "Far ritorno": è in atto una dinamica, un'attesa e quindi una speranza, di bellezza, di gioia, di pace. Sono temi e movimenti che ritroviamo in questa raccolta. Lo stile è colloquiale, con toni di freschezza che rende la lettura scorrevole. Ed è vera poesia perché tocca temi universali, in cui ognuno si può ritrovare e confrontare. E come ogni vera poesia ci aiuta a meglio sentire, a volte in estensione, a volte in profondità. Vedere oltre l'abitudinario, lo scontato, i luoghi comuni in cui lentamente ci richiudiamo?
Il volume è l'insieme di una prima raccolta di poesie, già pubblicate, e di testi ancora inediti. Il titolo scioglie ogni dubbio sulla dimensione terrena della parola a cui l'A. si riferisce, ma conserva intatto il nesso tra esperienza individuale e linguaggio e consente di riflettere sul significato della parola come parola poetica. L'A. usa un linguaggio scarno, incurante dell'armamentario teorico ma nobilmente attento al senso che le parole custodiscono e trasportano. Per l'A. la poesia è occasione per stabilire un confronto su tutto ciò che è comune, condivisibile, servendosi dell'individuale. Non ultimo il tema più importante, quello del rapporto con l'assoluto, con la Parola davvero degna di ascolto.
Un'articolata e profonda riflessione sui problemi etico-morali legati alla pratica della fecondazione in vitro. Il volume è arricchito da lunghi saggi di: Prof.ssa Paola Ricci Siodoni, Prof. Angelo Luigi Vescovi, Prof. Pietro Barcellona.
Nell'ottobre del 1973, per esprimere il suo dissenso nei confronti di Perón, appena tornato al potere, Borges abbandona l'incarico di direttore della Biblioteca Nazionale di Buenos Aires; contemporaneamente le condizioni di salute di sua madre, Leonor, cominciano a declinare in maniera inesorabile: morirà nel 1975, dopo una lunga agonia. Precisamente a questo arco temporale appartengono i testi poetici radunati in "La rosa profonda", sui quali, non a caso, il senso della fatalità e di un destino "di brevi gioie e lunghe sofferenze" - strumento di un Altro imperscrutabile - sembra gettare un'ombra lunga.
Ultima figura emblematica di una ormai classica tradizione modernista, erede e testimone di quel fecondo ambiente romeno di cui facevano parte Brancusi e Tzara, Ionesco, Eliade e Cioran, e come loro inevitabilmente esule, Nina Cassian ha percorso un tragitto artistico e umano singolare come la sua persona. Nel 1985, già titolare di una lunga carriera di successo (con qualche strappo al morso del regime), durante un soggiorno negli Stati Uniti finisce nel mirino della polizia, che ha scoperto certi suoi testi a dir poco caustici contro la politica e i politicanti del Paese: decide allora di non tornare in patria e chiede asilo politico. Qui, sostenuta e tradotta da vari poeti americani, rinasce a nuova vita. E la scelta, la riproposta, la traduzione, a volte la vera e propria ricreazione delle poesie romene precedenti l'esilio, nonché la stesura di nuovi componimenti - in romeno prima, e dopo qualche anno anche in inglese -, alimenteranno un corpus che non ha riscontri, né rivali, nell'odierno panorama poetico internazionale. Si avvertono, nella voce della Cassian, echi ravvicinati di tutta la più nobile stagione del Novecento: da Mandel'stam a Cvetaeva, da Apollinaire a Brecht a Celan, e si potrebbe risalire fino a Emily Dickinson, "sublime sorella", o anche più indietro, all'amoroso "furor" saffico.
I versi di Roberta Dapunt, che alternano parole e silenzi in modo così semplice e così sapiente, sono sempre un dialogo col sacro, un sacro che si manifesta nei misteri del quotidiano. E il primo mistero di cui si tratta in questo libro è la demenza, il malato di Alzheimer, una forma di Altro inconoscibile, sospeso in un luogo apparentemente metafisico, ma nello stesso tempo persona, corpo, snodo di concentrazioni affettive. Ecco dunque il continuo dialogo con Uma, che in ladino significa madre ma che l'autrice usa come nome universale, una chiamata, una sorta di tu che sintetizza esperienze diverse, sue e di tanti. E questo incontro, questo accudimento diventa percorso di conoscenza di qualcosa che non si può conoscere. Un percorso difficile e doloroso che non manca di "beatitudini", una forma di misticismo riflesso dove il vero mistico è il malato, che si può soltanto interrogare senza avere risposte, che si può soltanto accostare con amorosa ritualità.
"Se la filosofia è una storia d'amore in cui l'oggetto del desiderio sono le idee, i concetti, la verità, è inevitabile che quando la filosofia parla dell'amore è come se si mettesse allo specchio per contemplare la propria immagine riflessa. In una famosa conferenza dal titolo Che cos 'è la filosofia?, il filosofo tedesco Martin Heidegger ha scritto che in un primo momento, ai tempi di Eraclito, l'amore della filosofia era da intendere come una forma di corrispondenza, senza nessuna connotazione amorosa in senso erotico. E solo in seguito, con Socrate e Platone, che l'oggetto della filosofia si è trasformato in oggetto del desiderio e l'amore filosofico in tensione amorosa, in eros. Non stupisce allora che i filosofi parlino tanto dell'amore: la filosofia non è altro che una forma di questo amore. O forse dovremmo dire, con Platone, che Eros è per natura filosofo."
"La poesia di Loretto Rafanelli si è sempre incentrata su un nodo tragico: esilio, solitudine, necessità della voce. Esilio significa solidarietà della voce del poeta con chi non ha diritto riconosciuto alla voce: il soffio della poesia crea fermezza in chi sta sentendo svanire la propria esistenza. Solitudine è un tema centrale della poesia d'Occidente, centrale e molto presente, non esclusivo: sulla scia della lirica assoluta e quindi sola, da Petrarca a Ungaretti, Rafanelli fissa la voce poetante come unica risposta a un mondo che chiude la comunicazione naturale, implicandone un'altra, forzatamente innaturale. Necessità della voce è la conseguenza di questo: mentre il mondo, per Rafanelli, pare sempre svanire, una necessità umana e civile pretende memoria, risposta, certezza, durata. Fino a ieri. Ora la poesia di Rafanelli, senza nulla perdere di questa agonica necessità e questo etico dolore, cerca altre cose. Non i nomi, che sempre esistono nel suo canzoniere, e che perdurano come in una memoria inconscia e dettante. Non i luoghi, che da sempre esistono nella sua opera, come emblemi. Ora entra in scena un'altra realtà, più semplice, difficile da perseguire, teoricamente ineffabile: Rafanelli trasforma nomi e luoghi in storie, come un pittore barocco o uno scultore antico crea forma, traduce le visioni, le vuole fare vere, presenti, qui e ora." (Roberto Mussapi)
Il primo libro di poesia di Bergonzoni può essere la dimostrazione che, a forza di "praticare l'inesistente che c'è", non ci si riduce, anzi, ci si spande e si dilaga. Con quest'opera infatti riparte, ancora, per una delle sue prime incalcolabili volte. Una scrittura piovana, anfibia e incrociata, di chi si sente "più autorizzato che autore, più scritturato che scrittore, perché il pensiero è frequenza e a noi è concesso captarla, accoglierla, farla abitare".
Cinquanta poesie senza confini, che viaggiano e spaziano. Rime scritte per qualcosa o qualcuno, che poi girano il mondo per essere usate da tutti. Che non si fermano e vanno oltre le intenzioni del poeta... diventando così "Rime raminghe."
"È densa di echi letterari, ma arriva al cuore con l'immediata intensità del quotidiano. È contemporanea ma disarmante nel suo nucleo atemporale. La poesia di Pierluigi Cappello, la cui opera è qui finalmente riunita, ha incantato i lettori più diversi, dal premio Pulitzer Jorie Graham - che ha confessato di essere rimasta stregata dall'incontro con i suoi libri e di volerli tradurre in inglese - a Jovanotti, che ne tweetta i versi per i fan. Tullio Avoledo è certo che "la poesia di Cappello parlerà di noi molto dopo che ce ne saremo andati" e Francesca Archibugi, autrice di un film sul poeta friulano, dice di lui che "ti risveglia e diventa un amico interiore". Le sue parole ci svelano il nostro mondo, e leggerle è una rivelazione che scalfisce ogni certezza." Con una prefazione di Francesca Archibugi

