
“Il colore della storia è soprattutto affidato al continuo, simbolico gioco di buio e di luci, di albori e di notti. Così come è altra metafora l’insistenza del ritratto etico che punta tutto sullo sguardo o sul dettaglio. Ma il collante del romanzo è affidato alla secchezza e alla spezzatura di uno stile senza trasalimenti. Impeccabile nel rendere il tono da cronaca esistenziale di un animo.” Giovanni Pacchiano, “Il Sole 24ore”
“Il trentenne Davide Longo ha scritto un libro scabro, essenziale, che ricorda da vicino le pagine di Fenoglio e Pavese, per via di una narrazione fatta di vuoti ed elisioni, e tuttavia perfettamente tornita e compiuta. Molto belle le descrizioni del paesaggio africano, vuoto e misterioso. Alla pari del tenente di Flaiano, Pietro esprime un male di vivere, un senso di disagio, che in Tempo di uccidere prende la forma della paura e dello squilibrio mentale, mentre qui quella di un impulso improvviso e inatteso,un piccolo colpo di scena nella storia. Il destino manovra la vita e Pietro si culla nell’illusione di esserne fuori, mentre è già stato giocato. Scritto con piglio sicuro, Un mattino a Irgalem è decisamente una storia del nostro tempo, un buon esempio di romanzo italiano di cui si erano smarrite le tracce.” Marco Belpoliti, “L’Espresso”
Etiopia 1937: lo scenario insolito di una guerra che si è preferito per questo bellissimo romanzo
d’ esordio di Davide Longo. Pietro, tenente avvocato torinese, viene mandato in Africa per difendere la causa del sergente Prochet, un uomo che nessuno difenderebbe, perché ha commesso atrocità ingiustificabili, con una ferocia che si spiega solo con le parole del medico Viale, “ne vedo tutti i giorni di gente che dà fuori per colpa di questo posto”. In realtà il destino di Prochet è già segnato da tempo: è stato uno strumento nelle mani di superiori che si sono serviti di lui e della sua natura indubbiamente violenta, per poi sbarazzarsene quando è diventato una figura scomoda e fuori controllo. Pietro tenta di aprire un varco nel silenzio ostinato di Prochet, per alcuni un eroe della guerra che ha dato all’Italia un impero, secondo i più “un matto, una bestia, uno che l’Africa gli ha fatto male”. Scortato da un “ragazzino dagli occhi azzurri, in una divisa cachi troppo grande”. Incalzato dai superiori, che vogliono il caso chiuso al più presto. Accompagnato dalle partite a scopa e dalle conversazioni con il tenente medico Viale, gay e amico di vecchia data rifugiatosi nell’altipiano per non incappare nell’intransigenza fascista. Ma… perché hanno affidato proprio a lui quel caso a duemila chilometri dal suo Paese? Si sale sul treno polveroso dei militari, al primo capitolo, e fra una sigaretta fumata “stretta” da Pietro e un ruvido paesaggio africano, non si scende fino all’epilogo. In meno di 200 pagine, con uno stile asciutto e un’economia di linguaggio che gli è valso nel 2001 il Premio Grinzane Cavour come miglior esordio dell’anno, Davide Longo racconta attraverso la storia personale di un singolo, quella“impresa d’Africa” che è stata uno sfogo delle manie di grandezza e di imperialismo di tutta una nazione.
Davide Longo è nato a Carmagnola, nei pressi di Torino, nel 1971. È scrittore, documentarista e insegnante. I suoi romanzi Un mattino a Irgalem (Premio Grinzan e Opera Prima 2001 e Premio Via Po) e Il Mangiatore di pietre (Premio Città di Bergamo e Premio Viadana 2004) sono stati pubblicati da Marcos y Marcos e poi da Fandango Libri. Per Corraini, dopo La vita a un tratto (2006) e Lettera prima (2007) ha scritto il libro per bambini Pirulin senza parole, con Chiara Carrer. Ha curato la raccolta Racconti di montagna (Einaudi, 2007). Collabora con la Scuola Holden di Torino e insegna lettere in un piccolo paese tra le colline del Roero.
In una fredda sera d’autunno una donna viene trovata impiccata nella sua villetta estiva a Pingvellir. Tutto sembra confermare l’unica ipotesi plausibile: suicidio. Ma quando Erlendur Sveinsson, detective della polizia di Reykjavík, viene in possesso della registrazione di una seduta spiritica alla quale la donna aveva partecipato poco prima di morire, prova il bisogno irrefrenabile di conoscere la sua storia e di scoprire perché la sua vita si è conclusa in maniera tanto tragica e improvvisa.
Emergono così, a poco a poco, i retroscena del suo gesto: l’annegamento del padre, avvenuto molti anni prima in circostanze poco chiare, fa da sfondo a oscuri presagi di morte e all’ossessione della donna per l’aldilà e per certe strane «presenze». Nel frattempo, Erlendur riprende in mano alcuni vecchi casi di persone scomparse senza lasciare traccia. Un pensiero fisso percorre silenzioso le sue indagini: la nostalgia straziante per qualcuno che si è perso chissà dove e non è più tornato a casa. Vero e proprio lupo della steppa, antieroe scettico e ombroso, il detective islandese riflette sul filo sottilissimo che divide la vita dalla morte, sulla tensione fra il destino e le scelte che possono modificare per sempre la nostra esistenza. I laghi islandesi, placidi e funesti, sono gli enigmatici protagonisti di questo autunno nordico: quando si trova il coraggio di guardare oltre la superficie, nodi invisibili e lontanissimi si riallacciano, e i fantasmi trovano finalmente pace.
Ishtar 2 è un reparto di Rianimazione, dove Antonia Arslan, inghiottita dal coma all’improvviso, è stata ricoverata per 20 giorni, angoscianti per chi le voleva bene e spaventosi per lei, che forse non era così assente. Eppure in quella nuova dimensione la sua vita si è accesa come per incanto, l’ospedale si è fatto ora castello in cui si aggirano dolci presenze capaci di fugare paure e solitudine, ora giardino dove l’erba è un tappeto morbido. Il lento recupero ha avuto il sapore di una rinascita. La gola, come carta vetrata subito dopo il risveglio, ha ritrovato il respiro e restituito la voce a una generosa e affascinante cantastorie. Le sue dita si sono messe a correre sulla pagina trasformando quell’esperienza in racconto.
Ne sono nate queste pagine toccanti e allegre perché, persino tra le pareti di quella stanza d’ospedale, Antonia Arslan è rimasta una bambina capace di osservare il mondo con lo sguardo rapito di chi ancora non sa. Quello sguardo che le ha permesso di commuovere i suoi lettori narrando l’eccidio armeno e l’incendio di Smirne. E di dirci oggi ciò che ha visto dalle finestre di quel castello sul mare.
Antonia Arslan è autrice di saggi fondamentali sulla narrativa popolare e la letteratura femminile tra Ottocento e Novecento. Ha riscoperto le proprie origini armene traducendo le opere del grande poeta Daniel Varujan. Nel 2004 ha dato voce alle memorie familiari ne La masseria delle allodole, premiato con moltissimi riconoscimenti e tradotto in 15 lingue, da cui i fratelli Taviani hanno tratto l’omonimo film.
Quattro amici, due uomini e due donne, riuniti in un momento cruciale della loro esistenza. Quattro vite che si ritrovano dopo molti anni, solo apparentemente per caso. Che cosa può intrecciare i destini di un noto giornalista televisivo, di una celebre stilista di moda, di un affermato imprenditore, di una monaca di clausura? Trent’anni prima avevano condiviso un momento speciale: due ragazzi e due ragazze attorno a un fuoco acceso sull’Appennino dell’Italia centrale a parlare di loro, dei loro desideri e del loro futuro. Uno strano gioco chiamato dagli stessi “Un Sogno per te”. Un’esperienza che avrebbe legato e segnato per tutta la vita ciascuno di loro. Beatrice, la stilista di moda; Cristiano, il giornalista televisivo; Dimitri, l’amministratore delegato; Aurora, la monaca di clausura. E sarà proprio Aurora a fare sì che i suoi amici di sempre, costretti a compiere un bilancio del prezzo pagato per raggiungere il loro obiettivo, sappiano ritrovare se stessi. Quarantotto incredibili ore in cui si rincorrono e si incrociano, quasi misteriosamente, una madre disperata che ha perso l’amore della figlia; una donna inglese emersa dal passato che cerca di scoprire il vero padre; una ragazza salvata da una coppia di anziani… Il tutto con un susseguirsi incalzante deciso dal destino, per ritrovare, insieme, la forza di comprendere davvero quel sogno tanto desiderato. Un racconto dei giorni nostri che parla di amore, amicizia e, perché no, anche di fede.
Inizio del Duecento. Due fratelli gemelli, dai temperamenti opposti, che sognano di diventare cavalieri e si trovano a combattere l’uno contro l’altro. Una bella ragazza siciliana e il suo amore, un giovane musulmano. I loro destini sono mossi da Federico II, lo svevo dai capelli fulvi e lo sguardo acuto, che li costringe a congiungersi o scontrarsi seguendo l’amore e la gelosia, il tradimento e la vendetta. Fino al rogo della città di Victoria, alle porte di Parma, dove ogni destino troverà compimento.
Il protagonista di questo libro è Nico. Ventotto anni, un lavoro di deejay radiofonico, un discreto successo con le donne, Nico vive una vita felice, ma si sente profondamente immaturo, un adolescente intrappolato nel corpo di un uomo e senza alcuna volontà di crescere. Come un bambino, del tutto privo di pudori e inibizioni, Fabio Volo ci accompagna in un divertente viaggio nell'universo giovanile, il proprio corpo come unica bussola. Sesso, canne, musica, amicizia e tanta voglia di mettere a nudo la parte di noi che teniamo nascosta, con la polvere, sotto il tappeto.
Il percorso di Francesco è quello di molti ragazzi d'oggi, che si accorgono di esistere senza vivere davvero, come se mancasse loro qualcosa, e un giorno decidono che così non va. Ha un lavoro stressante, amche se remunerativo, che fa per comprarsi cose che gli riducano lo stress. Ha storie con tipe tanto diverse tra loro. Sente il bisogno di star solo ma ha paura di essere "tagliato fuori", adora i genitori ma non è mai riuscito a comunicare con il padre, si fa le canne ma vuole smettere di fumare...
Ventiquattro racconti scritti tra la fine degli anni Settanta e il 2005, per un mosaico narrativo che tocca i temi cardine e le suggestioni che da sempre contraddistingono l'opera di Murakami Haruki.
Tradotte da Antonietta Pastore, le storie di questa raccolta - la terza pubblicata da Einaudi dopo L'elefante scomparso e Tutti i figli di Dio danzano - si distinguono per varietà di temi e tonalità, dipingendo un Giappone magico e misterioso, lontano dagli stereotipi, gradualmente «contaminato» dalla cultura occidentale e sempre collegato al fantastico che irrompe nella quotidianità.
Alternando episodi autobiografici - come in Il folclore dei nostri tempi e nel racconto che dà titolo al volume, I salici ciechi e la donna addormentata - a momenti surreali e di comicità ai limiti dell'assurdo, Murakami accompagna il lettore nel suo mondo, fatto di memoria e misura, di ponti tra diverse dimensioni, di fantasmi di amici lontani, di ragazze evanescenti e piccoli fatti in grado di sconvolgere una vita intera.
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I racconti del volume
I salici ciechi e la donna addormentata
Birthday Girl
La tragedia nella miniera di carbone di New York
L’aeroplano – o come lui parlasse da solo con l’aria di recitare una poesia
Lo specchio
Il folclore dei nostri tempi
Preistoria del capitalismo avanzato
Coltello da caccia
La giornata giusta per vedere i canguri
Il tuffetto
I gatti antropofagi
Storia di una zia povera
Nausea 1979
Il settimo uomo
Nell’anno degli spaghetti
Tony Takitani
Splendore e decadenza delle ciambelle a cono
L’uomo di ghiaccio
Granchi
La lucciola
Percorsi del caso
Hanalei bay
In un posto dove potrei trovarlo
La pietra a forma di rene che si spostava ogni giorno
La scimmia di Shinagawa
Diego lavora alla revisione di un vocabolario. Nei barattoli delle parole chiude tutto quello che riesce a definire. È pratica che gli viene naturale anche nella vita. Cataloga ogni istante: luogo data ora. In uno dei suoi continui spostamenti tra Roma e Pisa, dove insegna, il treno si ferma in galleria per un guasto, le luci si spengono. Nel buio Diego sviene. Una voce arriva lontanissima a tirarlo fuori dalla vaghezza: Antonia.
Ieri diventa oggi e domani ieri, l'ordine e la memoria di Diego si allentano. È come se Antonia ci fosse sempre stata eppure non c'era. La loro è una storia d'amore che vuole la perfezione. Più sono vicini, più forte è il rischio che il cerchio si spezzi. Basta una menzogna.
Contro ogni logica, l'inganno si rivela più forte della verità e la verità più forte dell'inganno.
Emmi e Leo: per chi ancora non li conosce, sono i protagonisti di un amore virtuale appassionante, che ha vissuto ogni sorta di emozione, a parte quella dell'incontro vero. Sì, perché dopo quasi due anni, Leo ha deciso di tagliare definitivamente i ponti con Emmi e partire per Boston, per ricominciare una nuova vita.
Emmi non si dà però per vinta, e riesce nell'impresa di riallacciare i rapporti con Leo. Mentre lei è ancora felicemente sposata con Bernhard, per Leo in nove mesi le cose sono cambiate, eccome: in America ha conosciuto Pamela e finalmente ha iniziato la storia d'amore che ha sempre sognato. Si sa, però, l'apparenza inganna. Ritornano le schermaglie via e-mail che hanno tenuto col fiato sospeso i numerosi lettori di Le ho mai raccontato del vento del Nord, e anche stavolta promettono scintille.
"Così la posta elettronica ci fa riscrivere le Relazioni pericolose."
Paolo Mauri, "la Repubblica"
"Uno di quei libri da cui è difficile separarsi, perché quando si comincia a leggere, non c’è ritrosia intellettuale che possa ostacolare l’impellenza emotiva di sapere come andrà a finire."
Chiara Gamberale, "Vanity Fair"
"Si fa scorrere pagina dopo pagina, lungo una storia sorprendente, mutevole, romantica, intelligente."
Natalia Aspesi, "Elle"
"Un’idea semplicissima e vincente quella del romanziere e giornalista viennese Daniel Glattauer: creare una love story online. A colpi di e-mail. Un romanzo epistolare dei nostri giorni con protesi tecnologica, una relazione virtuale che vive di ubiquità: corpi lontani ma menti che si avvinghiano in un balletto delizioso."
Luigi Forte, "Tutto Libri"
Pubblicato nel 1850, François le Champi divenne in seguito un libro di culto per gli amanti della Recherche proustiana, dove viene definito "straordinario". La storia del trovatello François, allevato amorevolmente dalla moglie di un mugnaio, è solo all'apparenza una favola di buoni sentimenti. Nella forma di un romanzo di formazione nasconde infatti in ogni piega il motivo scabroso dell'incesto, che vede una madre adottiva trasformarsi dapprima in amica e poi in moglie. François le Champi è da sempre, a pieno merito, uno dei romanzi più celebri di George Sand, scrittrice francese impegnata e anticonformista, di cui Gustave Flaubert ebbe a dire: "Bisognava conoscerla come l'ho conosciuta io, per sapere quanta femminilità c'era in quel grand'uomo".
Maggio 1998: Andy McNab inaugura finalmente la sua casa e invita i ragazzi del plotone Sette, gli Ice Cream Boys, per festeggiare. La gioia di ritrovarsi è però guastata dal recentissimo fatto di sangue che ha visto protagonista Thomas Shanks, vera leggenda del reggimento, in carcere per omicidio. Solo qualche anno prima era toccato a Nish Bruce, il giovane più scanzonato, colto e fragile del gruppo: in un raptus aveva aggredito a forbiciate la fidanzata... Ma cosa ha spinto Tommy, Nish e tanti altri a varcare quella soglia? Andy capisce che, per trovare le risposte, deve rivisitare i tanti teatri delle guerre di cui lui e i compagni sono stati protagonisti, spesso nell’ombra, di azioni estreme, ricostruendo la fittissima trama dei rapporti fra quei giovani, uniti dal dovere e dalla lealtà più assoluti, ma anche da rancori e sensi di colpa dilanianti.
Sfilano così i giorni nella giungla della Malaysia, l’incontro con i «ragazzi del gelato»; l’Irlanda del Nord, Belfast e Derry insanguinate dalla guerriglia e infine la prigionia nel lager di Abu Ghraib, dove l’autore, nonostante le torture subite, è riuscito a mantenere l’unico bene che gli fosse rimasto: la propria mente.