
Una donna, guardando un quadro dell'Annunciazione, si identifica con lo spavento e lo stupore vissuti dalla Vergine davanti all'angelo. È l'inizio e la spinta segreta di una ricerca che la porterà in viaggio per l'Italia, a vedere Annunciazioni in musei e palazzi di grandi e piccole città. Parallelo si svolge un altro viaggio: quello nelle interpretazioni di Maria, prodigiosa fioritura di storie e suggestioni della devozione popolare che hanno integrato o sostituito le parole evangeliche. I racconti, religiosi e laici, si mescolano dentro di lei in una corrente che fluisce tra visioni poetiche e figurative, da Dante a Yeats, da Beato Angelico fino a Savinio. Mentre avvicina la figura atemporale di Maria, la donna si addentra anche nelle molteplici immagini del femminile, che aprono una riflessione inusuale su identità e genere. E il tema dell'Annunciazione, centro di teorie grandiose e mistiche, ingenue e abissali, finisce per essere la rivelazione della protagonista a se stessa, con le sue paure, le sue contraddizioni, la sua voglia di capire e d'abbandonarsi.
Un pomeriggio d'inverno, freddo da spezzare le ossa, Bina si ritrova sola. Ha ottantatré anni e aspetta suo nipote al parco del Cinghio, un quartiere da cui è meglio tenersi alla larga ai margini di una cittadina perbene. Marta, che di anni ne ha venticinque, e che al Cinghio è cresciuta imparando che il mondo è storto e non lo si può aggiustare, la osserva dalla finestra: la vede farsi rigida su una panchina sfondata, il naso gocciolante, un berretto rosa calato sugli occhi spauriti. Decide di offrirle un tetto per la notte. Poi per la notte dopo e per quella dopo ancora. Marta finisce così per prendersi cura di Bina, e intorno a lei, a proteggere quaranta chili di ossa e grinze, si stringono gli abitanti dell'intera palazzina. Poche strade più in là, Fabio viene preso a pugni: ha sgarrato con la persona sbagliata ed è nei guai, grossi guai. Fabio è il nipote di Bina e, mentre Marta prepara il letto per la nonna, lui bussa alla porta di Genny, un'ex prostituta in grado di raccogliere i cocci altrui senza fare domande. Bina e Fabio vivono giorni sospesi, in un luogo duro e sconosciuto, nell'attesa che qualcosa accada. Qualcosa accadrà. E il destino rimescolerà il mazzo, distribuendo ai giocatori nuove carte. Quei giorni freddi si faranno via via più caldi dentro le palazzine di appartamenti rattoppati: tra coperte rimboccate, il rumore del caffè che sale nella moka, il profumo del sugo e una carezza sulla fronte, Marta, Bina, Fabio e Genny scopriranno che dietro ogni abbandono, nascosti sotto ogni solitudine, sopravvivono sempre la forza di amare e il bisogno di prendersi cura l'uno dell'altro.
Salento, giugno 1934. A Lizzanello, un paesino di poche migliaia di anime, una corriera si ferma nella piazza principale. Ne scende una coppia: lui, Carlo, è un figlio del Sud, ed è felice di essere tornato a casa; lei, Anna, sua moglie, è bella come una statua greca, ma triste e preoccupata: quale vita la attende in quella terra sconosciuta? Persino a trent'anni da quel giorno, Anna rimarrà per tutti «la forestiera», quella venuta dal Nord, quella diversa, che non va in chiesa, che dice sempre quello che pensa. E Anna, fiera e spigolosa, non si piegherà mai alle leggi non scritte che imprigionano le donne del Sud. Ci riuscirà anche grazie all'amore che la lega al marito, un amore la cui forza sarà dolorosamente chiara al fratello maggiore di Carlo, Antonio, che si è innamorato di Anna nell'istante in cui l'ha vista. Poi, nel 1935, Anna fa qualcosa di davvero rivoluzionario: si presenta a un concorso delle Poste, lo vince e diventa la prima portalettere di Lizzanello. La notizia fa storcere il naso alle donne e suscita risatine di scherno negli uomini. «Non durerà», maligna qualcuno. E invece, per oltre vent'anni, Anna diventerà il filo invisibile che unisce gli abitanti del paese. Prima a piedi e poi in bicicletta, consegnerà le lettere dei ragazzi al fronte, le cartoline degli emigranti, le missive degli amanti segreti. Senza volerlo - ma soprattutto senza che il paese lo voglia - la portalettere cambierà molte cose, a Lizzanello. Quella di Anna è la storia di una donna che ha voluto vivere la propria vita senza condizionamenti, ma è anche la storia della famiglia Greco e di Lizzanello, dagli anni '30 fino agli anni '50, passando per una guerra mondiale e per le istanze femministe. Ed è la storia di due fratelli inseparabili, destinati ad amare la stessa donna.
Oriente e Occidente. «Questo incontro», scrive Ernst Jünger in apertura del suo Nodo di Gordio, non soltanto occupa una posizione di primo piano fra gli avvenimenti mondiali, ma «rivendica di per sé un'importanza capitale. Fornisce il filo conduttore della Storia». Un incontro, tuttavia, che nella storia si è spesso trasformato in scontro: «Con tensione sempre rinnovata i popoli salgono sull'antico palcoscenico e recitano l'antico copione. Il nostro sguardo si fissa soprattutto sul fulgore delle armi che domina la scena ». Sono pagine apparse per la prima volta nel 1953, ma sembrano scritte oggi - mentre divampa più che mai la lotta planetaria tra l'Occidente globale liberaldemocratico e l'Oriente dello Stato totale. Ma per Jünger il nodo Oriente-Occidente è una polarità elementare, archetipica, simbolica, che contrassegna in modo costante l'umanità intera nella sua sostanza, e ogni singolo uomo nella sua anima. È l'opposizione tra mythos ed ethos, potere tellurico e luce, dispotismo e libertà, arbitrio e diritto. Una visione che non poteva trovare perfettamente concorde l'amico Carl Schmitt, che due anni dopo l'uscita del Nodo di Gordio replica con uno scritto in cui a quell'archetipica polarità sostituisce la contrapposizione fra terra e mare: da una parte il mondo continentale dell'Oriente (Russia e Asia, ovvero il nomos), dall'altra il mondo marittimo dell'Occidente (Inghilterra e America, ovvero la techne). Nel mezzo, l'Europa. E i due ritroveranno un'intesa nel prefigurarla quale «centro di gravità», capace di favorire, come Terza Forza, «l'unità del pianeta».
Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant'anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontare la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.
Puoi ricominciare dopo aver tanto sofferto? Dopo quello che ha passato e dopo tanto dolore, Lily è riuscita a rimettersi in piedi e a stabilire con Ryle, il suo ex marito, un rapporto equilibrato per il bene della figlia. Tuttavia, quando un giorno per caso rincontra Atlas, il suo primo amore, e lui le chiede di uscire, Lily viene travolta da un'ondata di emozioni che credeva non avrebbe più provato. Finalmente il destino sembrerebbe essere dalla parte della coppia, ma l'entusiasmo di Lily viene subito smorzato dalla consapevolezza che, pur non essendo più suo marito, Ryle è ancora una parte importante della sua vita. E non c'è uomo al mondo che lui odi più di Atlas Corrigan, al punto che mai lo vorrebbe accanto all'ex moglie e alla figlia. Lily e Atlas riusciranno ad avere un lieto fine, pur tra mille difficoltà, oppure dovranno rinunciare per sempre al loro amore?
Grande appassionato di gialli, Marzio Montecristo ha aperto da qualche anno nel centro di Cagliari una piccola libreria specializzata in romanzi polizieschi. Il nome della libreria, Les Chats Noirs, è un omaggio ai due gatti neri che un giorno si sono presentati in negozio e non se ne sono più andati, da lui soprannominati Miss Marple e Poirot. Nonostante il brutto carattere del proprietario, la libreria è molto frequentata, ed è Patricia, la giovane collaboratrice di Montecristo, di origini eritree, a salvare i clienti dalle sfuriate del titolare. La libreria ha anche un gruppo di lettura, "gli investigatori del martedì", un manipolo di super esperti di gialli che si riuniscono dopo la chiusura per discettare del romanzo della settimana. È una banda mal assembrata ma molto unita, di cui Marzio è diventato l'anima, suo malgrado. Un anno prima il gruppo si è dimostrato capace di aiutare una vecchia amica di Montecristo a risolvere un vero caso da tutti considerato senza speranza. Ora la sovrintendente Angela Dimase torna a chiedere la loro collaborazione per un'indagine che le sta togliendo il sonno: un uomo incappucciato si è presentato a casa di una famiglia, ha immobilizzato due coniugi e il loro figlioletto e ha intimato all'uomo di scegliere chi doveva morire tra la moglie e il figlio; se non avesse deciso entro un minuto, li avrebbe uccisi tutti e due. Il sadico killer viene presto soprannominato «l'assassino delle clessidre», visto che sulla scena del crimine ne lascia sempre una. Riusciranno gli improbabili "investigatori del martedì" a sbrogliare anche questo caso,
In un convento francescano di periferia, tra i profumi del giardino e un nuovo quartiere in costruzione, suor Ignazia e le sue sorelle si trovano nella surreale situazione di ospitare al piano terra un'infermeria tedesca e al secondo alcune famiglie sfuggite per miracolo al rastrellamento del Ghetto. A separarli, solo una scala e l'audacia mite di chi non esita a mettersi in gioco fino in fondo. Roma, nell'ultimo anno di guerra, non è «città aperta». I tedeschi, a un passo dalla sconfitta, la stringono in una morsa sempre più spietata, gli alleati stentano ad arrivare, i romani combattono pagando con il sangue ogni atto di ribellione. In una città distrutta dalla fame, dalle bombe, dal terrore, gli ebrei vengono perseguitati, deportati, uccisi, come il più pericoloso e truce dei nemici. E la Chiesa? Mentre in Vaticano si tratta in segreto la resa nazista e il pontefice sceglie, più o meno apertamente, la via della cautela, i luoghi sacri si aprono ad accogliere - sfidando le regole e perfino alcuni comandamenti - chi ne ha bisogno. È così che Ritanna Armeni, con l'entusiasmo rigoroso e profondo di sempre, attraversa un passaggio cruciale della nostra Storia e dà corpo a una vicenda esemplare, che parla di coraggio e sorellanza, di forza e creatività, di gioia, paura, resistenza.
Vita Castellá giace cadavere nella stanza di un lussuoso albergo di Madrid, avvelenata con un caffè al cianuro. È stata la presidente della Comunità Valenciana. Amata e detestata, benefattrice e prepotente, ha dominato la città e la regione in una stagione segnata da una corruzione pervasiva e quasi proverbiale. La rete di potere che da lei si è estesa ha lasciato al suo ritiro una schiera di scheletri in moltissimi armadi. Della sua morte, le autorità, il capo della polizia, il ministro, vogliono far passare una versione ufficiale meno compromettente, un infarto che eviti «un casino di dimensioni stratosferiche». L'inchiesta di polizia è però inevitabile. L'idea brillante è di affidarla a degli investigatori inesperti e malleabili. Come Berta e Marta, due sorelle giovanissime appena uscite dall'Accademia di Polizia. Diverse l'una dall'altra come due fiocchi di neve, sono acute, ambiziose e sono donne, cioè con una emergente avversione per i maschi al potere. Vanno così per la loro strada di poliziotte determinate. Con un po' di rimorso «tacendo e mentendo» ai loro capi come questi fanno con loro due. E s'inerpicano in un'inchiesta che si svolge in una fascinosa Valencia. Poteri e misteri, false apparenze, vendette e rancori, altri spietati omicidi debbono svelare a poco a poco, anche con l'aiuto dell'affezionato addetto stampa della presidente, «Boro» Badía, un giornalista a cui il «partito» ha spezzato la carriera e ferito la dignità a causa del-le scelte sessuali. Le due creature di Alicia Giménez-Bartlett, le sorelle Miralles, Berta e Marta, sfidano lo stereotipo del detective tradizionale. Le ubbie, le paturnie, e i sogni propri di ogni ragazza risaltano nei dialoghi, e danno al mistero poliziesco la stessa quotidiana leggerezza che ha reso famosa l'ispettrice di Barcellona Petra Delicado. Quell'umorismo d'ambiente che ha tra i suoi scopi, come sempre nei romanzi dell'autrice, anche quello di affermare i diritti.
Le Nuove Correzioni è una raccolta di racconti che si è nutrita di uno dei dogmi impliciti alla letteratura: la comunione con i morti. Dalla lettura incantata di celebri racconti di Julio Cortázar come Las babas del diablo (I fili della Vergine), Carta a una señorita en París (Lettera dalla repubblica di Montefiorino) o Apocalipsis de Solentiname (Apocalisse in via Teruel) e di scritti minori quali Como se pasa al lado (Come si passa oltre), Andrea Mattia Monti ha traslato, transumanato e rivissuto il tentativo di dare forma a un ritmo esistenziale, a un'intenzione. Nelle linee che si sono formate la voce si ricompone in un presente post-pandemico, pensoso e palpitante, e trova un corpo plastico e nuovo dedicandosi agli alberi, ai sentieri, ai crinali appenninici. Da quel verde, riecheggia la trasformazione, lo smarrito desiderio di rinascita, la ricerca dell'intelligenza d'amore. Due trasfigurazioni di poesie di Jorge Luis Borges, Borges y yo (Dio e io) e Las causas (Le cause), aprono e chiudono la serie di storie brevi. A introdurre la biologia di queste pagine interviene Víctor Goti, presenza già nota a Miguel de Unamuno, autore di Niebla e personaggio della sua stessa finzione.
Per Nina il vuoto faceva parte dell'esistenza. Aveva imparato a conviverci e a trovare, forse, un modo per accettarlo. Quando stava male ricorreva alla scrittura. Aveva imparato che non bisogna fuggire la sofferenza, che e parte inevitabile dell’impasto della vita. Occorre riuscire a trasformarla quanto prima
nell'oro degli affetti, per riportare l'equilibrio nell'andatura sofferente del cuore.
Nina è ognuno di noi quando dobbiamo lasciar fluire vita e morte nei nostri passi, invisibili al mondo.
Sono lettere scritte dal 1979 al 2022. Sviluppo un dialogo con Pasolini su alcuni temi del nostro Paese che il poeta intuisce con molto anticipo e che ritrovo attuali. Riprendo alcune battaglie come «il falso progresso», il «penitenziario dei consumi», il consumismo esasperato e superfluo radici di un autentico terremoto «antropologico» nel Paese e nel mondo. La stessa enciclica Laudato sì' descrive il malessere del pianeta riprendendo (senza citarlo) alcune intuizioni di Pasolini. Dedico una lettera dove Pasolini apprezza l'enciclica.