
A Cerbère, sui Pirenei Orientali, improvvisamente la terra si spacca, seminando panico e terrore tra gli abitanti. Non si sa per causa di chi o di che cosa, ma ben presto si crea lungo tutto il confine tra Francia e Spagna una frattura così profonda che la Penisola iberica resta disancorata dal continente europeo e, trasformatasi in un'enorme zattera di pietra, inizia a vagare nell'Oceano Atlantico, verso altri orizzonti e un ignoto destino. Sulla zattera, che rischia di speronare le Azzorre, i protagonisti sono costretti a fare i conti con la loro favolosa e fatale condizione di naviganti, in un clima di sospesa magia, tra eventi miracolosi e oscuri presagi. Le antiche rivali, Spagna e Portogallo, da sempre tenute ai margini dell'Europa, ora che non sono più vincolate a essa potrebbero dirigersi verso l'Africa e le Americhe, cui le lega un antico patrimonio comune di lingua e cultura. "La zattera di pietra" è la storia di questa incredibile e avventurosa navigazione, scritta con divertita fantasia e con una straordinaria invenzione di grandi e piccoli prodigi. In più, nella metafora delle due nazioni alla deriva, si può leggere in filigrana anche la riflessione sul mancato processo di integrazione europea, cui si contrappone un possibile nuovo mondo, il frutto di un'inedita solidarietà atlantica e di una nuova identità dei popoli iberici sganciati finalmente dai vincoli del Vecchio Mondo.
Spagna, località di Las Marinas. La luce si è ritirata verso qualche luogo nel cielo. Il buio della notte avvolge le viuzze del paese e il mare è nero come la pece. Julia ha perso la strada di casa: è circondata dal silenzio e sente solo la voce del vento che soffia dal mare, e profuma di sale e di fiori. Non ricorda cosa sia successo: era uscita a prendere il latte per suo figlio, ma sulla strada del ritorno all'improvviso si è ritrovata in macchina senza soldi, documenti e cellulare. In pochi minuti quella che doveva essere una vacanza da sogno si è trasformata in un incubo. Per le strade non c'è nessuno, le case sulla spiaggia sembrano tutte uguali e Julia non riesce a ritrovare l'appartamento nel quale l'attendono il marito Felix e il figlio di pochi mesi. Prova a contattarli da un telefono pubblico, ma la linea è sempre occupata. Tutto, intorno a lei, è così familiare eppure così stranamente irreale. Tra le vie oscure e labirintiche c'è solo una luce, quella di un locale notturno. A Julia non resta altra scelta che raggiungerlo, nella speranza di trovare qualcuno che l'aiuti. Qui, quasi ad aspettarla, c'è un uomo, un tipo affascinante, con la barba incolta e l'accento dell'Est Europa, che sembra sapere tante, troppe cose su di lei. Si chiama Marcus: Julia ha la sensazione di averlo già incontrato da qualche parte. Fidarsi di lui è facile. Eppure Marcus non è quello che sembra e nasconde qualcosa
Ora è quasi esclusivamente conosciuto come l'autore della trilogia best-seller, ma nella sua professione di giornalista Stieg Larsson è stato un instancabile crociato per la democrazia e l'uguaglianza. Come reporter e caporedattore del giornale Expo ha studiato i movimenti di estrema destra sia in Svezia che a livello internazionale. "La voce e la furia" raccoglie per la prima volta i suoi saggi e articoli sull'estremismo di destra e il razzismo, sulla violenza contro le donne, sull'omofobia e i delitti d'onore. I suoi scritti più importanti illustrano la grandezza della sua attività giornalistica e politica sulle questioni che a lui stavano a cuore e a cui ha dedicato la vita. Nonostante le minacce di morte e le difficoltà economiche, Larsson non ha mai smesso di lottare per scrivere seguendo i suoi principi più saldi, è stato proprio l'impegno per queste tematiche che ha dato ai suoi romanzi quella loro forza esplosiva. Lui sapeva che i suoi thriller erano buoni, tanto da affermare con una certa spavalderia che sarebbero stati la sua pensione, ma nessuno avrebbe potuto immaginate un successo mondiale così grande. Non vi è dubbio che la storia di Lisbeth Salander e Mikael Blomkvist abbia messo in ombra il resto della sua scrittura. Questo libro vuole ricordare anche l'altra faccia di Stieg Larsson: da un lato aiutare i lettori a capire meglio cos'ha voluto esprimere con la trilogia Millennium, che non può essere separata dal suo impegno contro il razzismo.
Senza mai chetarsi, ora infuriata ora implacabile, la voce delle onde ci accompagna durante tutta la lettura di questo romanzo. Si tratta di una storia d'amore che sulla sponda del mare nasce e si sviluppa, raggiungendo apici di toccante e poetica spontaneità e semplicità. La vita, fatta di coraggio e di sacrificio, di un povero villaggio di pescatori giapponesi è lo sfondo per le uscite sul mare in tempesta, la pesca delle perle e i convegni d'amore di due giovani protagonisti, Shinji e Hatsue, su al tempio di Yashiro, che dall'alto del monte domina l'Isola del canto - Uta-jima - come armoniosamente la chiamano i suoi abitanti.
"C'è un'esultanza fortissima, una celebrazione della fortuna, quando uno scrittore è testimone degli albori di una cultura che si definisce da sé, ramo dopo ramo, foglia dopo foglia..." scrive Walcott parlando dei Caraibi, e di uomini e donne che "non leggono ma sono lì per essere letti, e se vengono letti nel modo giusto creano la propria letteratura". Non stupisce allora che egli consideri scrittori fratelli Saint-John Perse, Aimé Césaire e Patrick Chamoiseau. Ma il suo sguardo valica i confini dei Caraibi, per abbracciare un orizzonte ben più ampio: da Philip Larkin, che "ha inventato una musa, il cui nome era Mediocrità", a Ted Hughes, che con la sua poesia "ringhia come una bestia braccata", a Robert Frost, dalla "saggezza invernale", a Les Murray, che in virtù della sua "forza irsuta" sembra uscito da "una scena di Mad Max", a Iosif Brodskij, immerso nel "caos" della trasformazione che ogni poeta attraversa quando traduce se stesso. E a dispetto dell'eterogeneità degli oggetti su cui Walcott si sofferma, questa raccolta si fissa nella nostra mente come un'unica, folgorante immagine: merito, certamente, di una scrittura così intensa da rischiare a ogni riga di frammentarsi in lirica.
Molte donne sognano una vita da romanzo: c'è chi si sposa pur continuando a rimpiangere un grande amore di gioventù e vive nell'attesa di rincontrarlo, un giorno, girato l'angolo; c'è la bambina che cresce con la speranza che il vicino di casa prima o poi si accorga di lei; o la ragazza convinta che un innamorato da oltreoceano tornerà a riscattarla. Questo è il romanzo di Maria José, vittima di un grave incidente proprio quando aveva ripreso il controllo della sua vita. E il romanzo di sua madre, Pilar, così simile a lei, senza saperlo, e come lei schiava di un'illusione d'amore. Ma è anche la storia di un'amica e di un padre, di amanti e di mariti: persone unite da legami di varia natura, ma che l'incapacità di comunicare e l'abitudine hanno reso estranee le une alle altre. Ora, riunite intorno al letto d'ospedale in cui Maria José giace in coma, saranno costrette a rivedere i loro rapporti, e la vicinanza quotidiana con la morte le spingerà a ritrovare il senso della propria esistenza. Come se il sonno di Maria José le spronasse al risveglio. Come se il rischio di perderla le esortasse a riprendere in mano la vita. Un romanzo corale che parla di seconde chance e dell'amore in tutte le sue dimensioni; un romanzo sulla vita e, come la vita, dolceamaro, sofferto, intenso. Ma con quell'ironia che, sopra ogni cosa, può salvare.
Madrid, anni Cinquanta. "Mi manca la vita quando era nostra...". Lola lo ripete spesso al marito Matías, ripensando ai giorni pieni di libri, progetti e idee, prima che la guerra civile cambiasse la faccia e le strade della città, e distruggesse in un colpo solo le loro vite, la loro casa editrice, e i loro sogni. Ora Lola e Matías hanno una piccola libreria, incastonata in un vicolo seminascosto della città. Una libreria di libri già letti: libri usati, passati di mano in mano e di vita in vita, che Matías raccoglie e rivende andando in giro per le case madrilene. Ed è proprio mentre, carico di una pila di volumi, si inerpica come ogni giorno su per il vicoletto, che una donna lo vede. Si chiede chi sia quest'uomo che gira la città con le braccia piene di libri, e comincia a seguirlo. Da quel giorno la vita di Alice, inglese arrivata a Madrid prima della guerra, cambia per sempre. Grazie alla piccola libreria di Matías, e grazie a un libro: quello sistemato su un leggio in vetrina, che Lola e Alice leggeranno insieme, pagina dopo pagina. Piano piano, un'amicizia eccezionale, intensa e tessuta capitolo dopo capitolo, prende forma. Un'amicizia tra due donne che portano entrambe il peso del passato, due segreti e due amori nascosti nelle pieghe degli anni di guerra, e che entrambe troveranno, infine, il coraggio di rivelare. Solo così la vita com'era prima, prima della guerra, prima della dittatura, forse potrà tornare.
"Il fine della vita è la vita stessa", scriveva Goethe. A dire il vero, non è che questa frase ci sia di grande aiuto. Slawomir Mrozek, invece, non ci abbandona al nostro destino e in questo libro, pensato e costruito assieme al leggendario fondatore della casa editrice Diogenes, Daniel Keel, affronta con humour pungente e raffinato tutti i temi più urgenti della nostra contraddittoria esistenza. E tutti in rigoroso ordine alfabetico, per permetterci una lettura più semplice e immediata. Ogni tema un apologo, fulminante e illuminante: Ambizione, Cambiamento, Destino, Libertà, Progresso, Verità e molti altri. Un dizionario ironico da consultare al bisogno: e quanto più assurde sono le suggestioni che ne ricaviamo, tanto più esse si rivelano utili e concrete. Perché ognuno di noi, per quanto abbia vissuto, è sempre un principiante nella vita.
Barcellona, anni '60. Teresa è solo una bambina quando trova, abbandonato in un cassonetto, un violino. Non è un violino come tutti gli altri, è magico: perché sembra quasi luccicare al sole, e tutte le cose che luccicano, lei lo sa con certezza, sono cose magiche. Quello che Teresa non sa è che, da quel momento, il suo destino cambierà. Perché il violino le spalancherà le porte di un'altra magia: la musica. Berlino, oggi. Sono passati dieci anni dalla morte di Karl T, grandissimo direttore d'orchestra: per l'occasione tre grandi musiciste si esibiranno per ricordarlo. Sono le tre donne che Karl ha amato di più in tutta la sua vita: Maria, Anna e Teresa. Tre donne che hanno intessuto negli anni rapporti diversi e intensissimi con Karl, ai tempi in cui la sua casa di Barcellona era aperta a tutti e, sempre, inondata di musica, a scandire i loro giorni e i loro respiri. Tre donne unite dall'amore per lui, e da un oggetto molto prezioso, passato di mano in mano e di vita in vita, attraversando e incrociando i destini di ciascuna. Quel violino, che stasera, la sera della celebrazione, dopo molti anni ricomparirà, a chiudere magicamente, sulle note di Bach, il cerchio dei ricordi e delle storie passate.
"Tuvia era mio nonno. Vera è mia nonna. Rafael, Rafi, mio padre, e Nina... Nina non c'è. Nina non è qui. È sempre stato questo il suo contributo particolare alla famiglia", annota Ghili nel suo quaderno. Ma per la festa dei novant'anni di Vera, Nina è tornata; ha preso tre aerei che dall'Artico l'hanno portata al kibbutz, tra l'euforia di sua madre, la rabbia di sua figlia Ghili, e la venerazione immutata di Rafi, l'uomo che ancora, nonostante tutto, quando la vede perde ogni difesa. E questa volta sembra che Nina non abbia intenzione di fuggire via; ha una cosa urgente da comunicare. E una da sapere. Vuole che sua madre le racconti finalmente cosa è successo in Iugoslavia, nella "prima parte" della sua vita, quando, giovane ebrea croata, si è caparbiamente innamorata di Milos, figlio di contadini serbi senza terra. E di quando Milos è stato sbattuto in prigione con l'accusa di essere una spia stalinista. Vuole sapere perché Vera è stata deportata nel campo di rieducazione sull'isola di Goli Otok, abbandonandola all'età di sei anni e mezzo. Di più, Nina suggerisce di partire alla volta del luogo dell'orrore che ha risucchiato Vera per tre anni e che ha segnato il suo destino e poi quello della giovane Ghili. Il viaggio di Vera, Nina, Ghili e Rafi a Goli Otok finisce per trasformarsi in una drammatica resa dei conti e rompe il silenzio, risvegliando sentimenti ed emozioni con la violenza della tempesta che si abbatte sulle scogliere dell'isola. Un viaggio catartico affidato alle riprese di una videocamera, dove memoria e oblio si confondono in un'unica testimonianza imperfetta. Con "La vita gioca con me" David Grossman ci ricorda che scegliere significa escludere e vivere è un continuo, maldestro tentativo di ricomporre.
Autentico capolavoro del teatro barocco, l'opera mette in scena il conflitto tra libertà e destino, vita e sogno (un sogno presunto, insinuato da altri), verità e ingannevole apparenza. "Sogno" infatti non è emblema solo d'una condizione sfuggente e precaria, ma anche d'uno strato di finzione e di menzogna, di paralisi parziale della volontà, di un'angoscia esistenziale "il delitto d'esser nato" - che consiste nel non poter imporre agli altri il proprio essere e il proprio esistere. Introduzione di Andrea Baldissera.
Con La vita delle ragazze e delle donne Einaudi conclude la pubblicazione dell'opera completa di Alice Munro. Nel 2013 Alice Munro è stata insignita del Premio Nobel per la Letteratura.
«Perché quel che volevo – scrive Munro – era ogni singola cosa, ogni strato di conversazione e pensiero, pennellata di luce su una corteccia d'albero come su un muro, ogni odore, ogni buca, dolore, fessura, illusione, tenuti immobili, insieme: in un'inestinguibile radiosità».
La vita delle ragazze e delle donne , pubblicato per la prima volta in Canada nel 1971, è l'unica incursione di Alice Munro nella forma-romanzo, seppure declinata secondo il metodo e lo stile inconfondibile dell'autrice. In principio Del ha nove anni, l'età delle curiosità complesse di un bambino che anticipa la propria pubertà. Sono gli anni Quaranta: da qualche parte è in corso una guerra i cui echi contaminano anche l'egloga rude di un Ontario lontanissimo dal precipizio della Storia. Quali e quanti sono i riti di passaggio dall'infanzia alla giovinezza, dall'inesperienza all'ingresso nel solco della vita? Non esiste un'età edenica per le ragazze e le donne di Alice Munro: la bambina Del fiuta il pericolo senza saperlo nominare; l'adolescente Del gioca con il sacro animata dal desiderio di contraddire la laicità di sua madre e dallo zelo di un sentimento acerbo e acceso come ogni primo amore. Del rifiuta e insieme difende le stravaganze della madre che illuministicamente si ostina a vendere enciclopedie nel medioevo fanatico di religione di una campagna inospitale. Ha nostalgia di Dio, ma registra il Suo eterno scacco nella vita degli uomini e degli animali. A quattordici anni Del è attratta dai languidi misteri del sesso fantasticato, conosce l'agrodolce di una complicità tradita con l'amica Naomi, e nel fervore con cui anno dopo anno un'insegnante si dedica ad allestire la recita della scuola, intuisce il seme tragico di una vita senza sbocchi. Poco dopo Del è pronta per un privato rito di iniziazione sessuale, come la Gerty MacDowell di James Joyce, una Nausicaa corrotta dal desiderio di sapere, vedere, piacere. L'Eden che non c'è mai stato è ora comunque inesorabilmente alle spalle; è tempo di battesimi, di vere e proprie deliberate rinascite. Del ha diciassette anni e già intravede anche il concludersi dell'adolescenza. Sperimenta la perdita e l'amore; si tuffa nel delirio di una relazione senza ossigeno. E infine accetta per sé la necessità della scrittura e si congeda con la promessa di un'integrità scintillante che rimanda i lettori al dono di storie radiose, credibili, sublimi.