
Protagonista è uno scrittore di sceneggiature i cui rapporti con la moglie si illuminano e si complicano a contatto con il mondo della produzione cinematografica, della carriera e del successo. Questo libro muove da un dato positivo, un caso di fedeltà matrimoniale, per chiarirne tutta la natura di illusione, di reale sconfitta e profonda, moderna contraddizione. "...E' nel 'disprezzo' che la problematica centrale di Moravia trova la sua summa più precisa e complessa, quasi una unitaria enciclopedia della sua varia tematica." (Edoardo Sanguinetti)
Max Padovani, ex pop star italiana che ha mollato tutto da anni per ritirarsi in California, viene in Italia ogni anno per una piccola tournée dedicata allo zoccolo duro dei suoi fan. Il giorno prima di tornare negli USA, Max la combina grossa: perde il suo passaporto americano. È quindi costretto a un periodo imprevisto di vacanza forzata a Roma - la sua città natale, da cui manca da venticinque anni - mentre aspetta dall'ambasciata un passaporto nuovo. Max si ritrova a frequentare le stesse stradine di Trastevere in cui bazzicava prima di diventare una star della musica e il suo passato, anarchico e paradossale, riemerge prepotentemente. Parte della responsabilità è del suo agente, che gli procura stranissimi ingaggi da star in declino, e di Nick, equivoco personaggio specializzato in gossip, che lo convince a offrire il volto a finti scoop da rivendere ai giornali-spazzatura. Max si lasciare guidare dagli amici e viene travolto dagli eventi. Nella sua parentesi romana accumula un fardello di problemi che si ritroverà ad affrontare così come ha affrontato tutta la sua vita: disperatamente, e in ritardo cane.
La storia di un ragazzo nato a Pianaccio, sull'Appennino tosco-emiliano, che per sfuggire alla coscrizione della Repubblica sociale entra a far parte di Giustizia e Libertà e nel dopoguerra diventa caporedattore del "Resto del Carlino": questo libro è al contempo romanzo d'invenzione e scrupolosa autobiografia, cronaca familiare e ricostruzione storica. Perché è stato il debutto nella narrativa di uno dei più grandi giornalisti che l'Italia ricordi ed è una sorta di sintesi del suo modo di osservare il mondo, sempre attento ai paradossi e alla vulnerabilità degli esseri umani.
La storia di un ragazzo nato a Pianaccio, sull'Appennino tosco-emiliano, che per sfuggire alla coscrizione della Repubblica sociale entra a far parte di Giustizia e Libertà e nel dopoguerra diventa caporedattore del "Resto del Carlino": questo libro è al contempo romanzo d'invenzione e scrupolosa autobiografia, cronaca familiare e ricostruzione storica. Perché è stato il debutto nella narrativa di uno dei più grandi giornalisti che l'Italia ricordi ed è una sorta di sintesi del suo modo di osservare il mondo, sempre attento ai paradossi e alla vulnerabilità degli esseri umani.
«Sin da ragazzo gli piaceva disegnare navi, vascelli alberati, cutter, brigantini, e più c'erano alberi e vele e sartie più godeva, specie a tratteggiare battaglie navali, le nuvolette che fanno i cannoni quando sparano.
- Mi piaceva disegnare il vento, - ha detto quasi commosso, come scoprisse qualcosa di sé che prima non sapeva. - Era un po' come disegnare la libertà, la forza. La vita. Rendere visibile l'invisibile».
«Il padre degli eroi», Emilio Salgari, è lo scrittore che ha infiammato generazioni di italiani creando centinaia di personaggi avventurosi sospinti dalla forza travolgente d'una eterna giovinezza. Ma il vero eroe è lui, il giornalista veronese appassionato di ciclismo e di scherma, pessimo scolaro e lettore onnivoro, che insegue tormentosi sogni di rivincita scrivendo romanzi d'appendice.
Nominato cavaliere dalla Regina Margherita perché sa «istruire dilettando», vive con la moglie, quattro figli e una pittoresca corte di animali in un caseggiato popolare ai piedi della collina torinese, sfiancato dai ritmi di un lavoro forsennato.
Chi è davvero l'uomo che tiene ad essere chiamato capitano, sostenendo d'aver navigato tutti i mari del mondo? Da dove prende il favoloso repertorio di piante e animali con cui ricrea l'essenza stessa dell'esotismo? Perché i suoi personaggi sono agitati da una ossessiva sete di vendetta?
A cent'anni dalla sua morte (un suicidio degno di un samurai) il romanzo di Ernesto Ferrero va oltre la biografia accostando documenti autentici e d'invenzione, e orchestrando le voci di un coro di testimoni: la moglie Ida, l'ex attrice da lui chiamata Aida, minacciata dalla follia; i figli, i vicini di casa, i pochi amici, i compagni di una bohème più sognata che praticata, esploratori, medici, giornalisti, pittori; ma soprattutto un'intrepida ragazza, Angiolina, che vorrebbe farsi insegnare da lui i segreti della scrittura e lo accompagna nell'ultimo viaggio con una tenera pietà tutta femminile.
Tra Verona, Venezia, Genova e la Torino di Lombroso e De Amicis si consuma il destino paradossale di un uomo solo, prigioniero dei mondi che lui stesso ha creato. La sua vicenda è strettamente intrecciata con le passioni di un'epoca lanciata nelle sue sfide tecnologiche: l'automobile, il cinema, i viaggi in pallone, i primi aerei, l'avveniristica Esposizione Universale che celebra i cinquant'anni dell'Unità d'Italia.
Il «forzato della penna» getta la sua morte in faccia a un mondo da cui si sente escluso.
Una raccolta di testi chiave del Romanticismo italiano (accanto al "Discorso" questa edizione propone la "Lettera sulle traduzioni" di Madame de Stael, la Lettera di Leopardi a Madame de Stael, il "Giaurro" di Di Breme).
Se c'è un libro dove Manganelli ha mostrato, nella forma più radicale ed estrema, che cosa intendeva per letteratura, è questo. Ed è senz'altro una concezione allarmante rispetto a quelle correnti. Per Manganelli, la letteratura è qualcosa di ben più temibile ed enigmatico di quel che pensano quanti si sforzano «di mettere assieme il bello ed il buono». A costoro la letteratura non può che rispondere «con sconce empietà». Perché il suo compito non è di interpretare, documentare, esprimere idee, semmai di disorientare, inquietare. Di ridere - astratta e solitaria. È il riso antico di Dioniso, senza il quale non ci sarebbero parole. Cadono così, sotto i colpi di Manganelli, molte certezze: persino la fiducia che riponiamo nella figura dello Scrittore. Che in realtà è solo un «passacarte», un Grande Mentitore, agito dalle parole. La scrittura, infatti, accade, e lo attraversa e parla per suo tramite. Ma anche i lettori non hanno di che stare tranquilli. Devono finalmente rendersi conto che coltivano una «dolce e ritmica demenza».
Una notte di due anni fa, Walter Veltroni ricevette in regalo il disco di un pianista jazz che non aveva mai sentito nominare. Una musica che evocava un misterioso paesaggio interiore, che esprimeva un dolore profondo. Dalle note di copertina Veltroni scoprì che il giovane musicista, Luca Flores, si era suicidato poco giorni dopo l'incisione, nel 1995. Da allora, l'attuale sindaco di Roma ha cercato di scoprire tutto quello che poteva su un uomo che ormai considerava un amico perduto. In questo volume ripercorre la sua vita, dalla nascita a Palermo nel 1956 al diploma al Conservatorio di Firenze, fino alla sua affermazione sulla scena del jazz italiano e internazionale, e alla morte.
Bologna, autunno 1312. Mondino de’ Liuzzi, medico anatomista, viene incaricato dal podestà di far luce su una morte strana e orribile: un membro del Consiglio degli Anziani è stato ritrovato carbonizzato in casa sua, eppure nella stanza nulla fa pensare a un incendio. Perfino la poltrona su cui l’uomo era seduto è rimasta quasi integra, mentre il corpo è bruciato in modo irregolare. I piedi sono illesi, un braccio è interamente ustionato, tutto il resto è ridotto in cenere. Mondino fa trasportare il cadavere nella sua scuola di medicina per esaminarlo; sollevando con il coltello da dissezione la pelle bruciata del braccio scopre i resti di un tatuaggio: un mostro alato, con la testa di leone e il corpo avvolto nelle spire di un serpente.
La mattina seguente il cadavere è scomparso.
Il giorno successivo, anche un frate francescano viene ritrovato morto nel quartiere dei bordelli. È stato evidentemente assassinato. Unica traccia, un disegno molto simile al tatuaggio scoperto da Mondino. L’indagine sulle due morti misteriose rivela l’esistenza di una setta di cultori di Mitra, dio persiano del sole e del fuoco, adorato anche dai romani con il nome di Sol Invictus. Con l’aiuto di Gerardo da Castelbretone, un ex templare con cui ha stretto amicizia, Mondino viene a sapere che la setta si propone di salvare l’intera città per mezzo del fuoco purificatore: un grande incendio rituale in cui le anime di quelli che moriranno si riuniranno con il dio.
Tocca a Mondino fare di tutto per sventare la terribile minaccia che incombe sulla città e impedire ulteriori omicidi.
Antono si trova da solo in casa quando viene colpito da un infarto. In quel istante Anton rivede la sua vita, ma alla mente affiorano solo i ricordi peggiori ossia i suoi tradimenti, abbandoni, opportunismi, ipocrisie, nei confronti della famiglia, degli amici e della società. Anton ha solo cinquantanni ed è un corrotto procacciatore d'affari e di appalti truccati.
Sono atmosfere rarefatte e surreali a fare da sfondo ai racconti di "Disadorna". Seguendo quel tocco lieve e ironico che contraddistingue il realismo magico tutto padano di Dario Franceschini, incontriamo uomini storditi di fronte alla vastità del mare, ci perdiamo nella nebbia che avvolge la pianura, scoviamo ricordi e amori lontani, vediamo le storie con gli occhi dei protagonisti. Forse, ci dice l'autore, è proprio nelle cose più semplici della vita che si nasconde la felicità.
In un mondo in cui esiste solo l'informazione, che si avvita su se stessa, parla di se stessa, megafono del nulla, quel poco di realtà che c'è ancora è ignorata dai media e quindi non esiste, perché come dice lo slogan di Teleworld "fatto è la notizia e la notizia è il fatto". Il distacco tra virtuale e reale è ormai completo. Insospettito da alcuni segnali il protagonista, Matteo, in tre giorni di ricerca angosciosa durante i quali assiste a episodi di inaudita e gratuita violenza, di cui nessuno dà conto, scoprirà questa verità di cui gli altri, paghi e storditi dall'incessante rumore di fondo dei media, non sembrano preoccuparsi o avere coscienza. Matteo è un uomo in grigio, ingenuo e mite. Né eroe né rivoluzionario, la sua ribellione sarà la morte. Mentre il mondo dell'informazione, a causa di un blackout, imploderà su se stesso e scomparirà insieme ai suoi aiutanti. Il finale del libro, che a suo modo è anche un giallo, è a sorpresa.

