
I grandi autori avvertivano prima di tutto il vuoto - spiega Giuseppe Scaraffia all'inizio di questa traversata a tappe nei costumi di vita dei protagonisti della cultura occidentale. Perciò, tutto quello che facevano, per riuscire a dare diletto a se stessi, era il modo che avevano di "arredare il vuoto"; e quanto più elaborato, eccentrico, sofisticato, maniacale od effimero, questo diletto si mostra ai nostri occhi, tanto maggiore doveva esercitarsi su di loro la pressione diffusa di quel nulla che li minacciava: "ognuno ha la propria ricetta e spesso i più dissipati sono proprio i saggi". Secondo lo stile formatosi in tanti volumi contemporaneamente ironici e colti, Scaraffia conduce il lettore tra le pagine e le vite, con un bagaglio immenso di critica e fatti, e con un tratto di scrittura capace di rappresentare rapidissimo una figura del palcoscenico letterario dei secoli. In questo libro il centro dei suoi interessi sono le attività a cui i grandi si davano per trovare gioia o riposo o oblio o ebbrezza, da cui ricavavano, appunto, piaceri: analizzate e sistemate per ordine. I baci, i cani, i tatuaggi, le valigie, i giardini, le motociclette, e tutto il resto: non suonano come manie di artisti narcisisti ma, nel modo di scandagliarli dell'autore, sono finestre che si aprono sulle anime e sulle poetiche. Ed è come entrare nel salottino di casa dei grandi scrittori e farsi raccontare cosa facevano per dimenticarsi di sé.
A dieci anni l'età si scrive per la prima volta con due cifre. È un salto in alto, in lungo e in largo, ma il corpo resta scarso di statura mentre la testa si precipita avanti. D'estate si concentra una fretta di crescere. Un uomo, cinquant'anni dopo, torna coi pensieri su una spiaggia dove gli accadde il necessario e pure l'abbondante. Le sue mani di allora, capaci di nuoto e non di difesa, imparano lo stupore del verbo mantenere, che è tenere per mano.
Telbana, Egitto: in questo piccolo paese a nord est del Cairo, dove il colore dei campi si fonde col rosso delle case incompiute e dei vicoli sterrati, vive Selim. Suo padre gli ha insegnato il rigore e il senso di sacrificio, negandogli i desideri: "Devi allungare i piedi fino a dove c'è la coperta". Ma Selim è tenace e non si accontenta della vita che il destino gli ha riservato, e così, con l'incoscienza e la forza dei suoi diciassette anni, attraversa il deserto e la Libia, fino a raggiungere il mare e imbarcarsi per l'Italia. Dopo fatiche, stenti e preghiere sussurrate, il viaggio lo conduce in Sicilia, insieme a centinaia di migranti in cerca di sogni. Il suo è il più grande e ambizioso: vuole un riscatto dall'infanzia che si è lasciato alle spalle, parlare l'italiano meglio degli italiani, costruirsi un futuro. È una strada tortuosa, che sembra impossibile, ma Selim non si arrende e, tra cadute e risalite, cerca il proprio posto in una Milano che non regala niente a nessuno. Selim non è solo. Dentro e accanto alla sua vita ne scorrono altre, meno luminose ma altrettanto esemplari: la dolce Marlene, il ruvido Haymon, l'amico Tawfik e alcuni misteriosi angeli protettori. In un mondo che cambia velocemente alziamo barriere per difenderci da ciò che non conosciamo.
Caterina ha sedici anni e vive in un povero borgo del Sud Italia, dove la maggior parte dei giovani è priva di lavoro e dove il muro dell'omertà è molto resistente. La sua è una famiglia disastrata. Il padre è alcolizzato e violento, la madre è una giovane donna i cui sogni sono stati infranti troppo presto. In un mondo crudele e oscuro, Caterina cercherà uno spiraglio di luce, ma dovrà scontrarsi con le bugie degli adulti, la prostituzione e la malattia. Tutto sembra precipitare: lei perderà ogni certezza e scivolerà in un baratro sempre più profondo, da cui riuscirà a uscire grazie a un evento inaspettato. Alla fine la vita la ripagherà di ogni sofferenza subita.
Spesso quando si desidera distrattamente qualcosa si finisce per ottenerlo senza sapere che farsene. È quello che scopre Anna, quarant'anni, un passato prossimo doloroso e irrisolto, un presente di lavoro-passione e leggerezza forzata, quando Iride Bandini, celebre autrice per ragazzi conosciuta anni prima, le lascia in eredità una piccola casa, la portineria della sua proprietà: un curioso, eccessivo gesto di gratitudine che invita Anna a cambiare vita senza rifletterci troppo. Dalla città alla campagna, passato un primo periodo in solitario nuovi legami s'impongono, si rendono necessari: un capomastro gentile e devoto, l'ex segretaria e il figlio irrequieto della scrittrice, uno sceicco che non è uno sceicco, una coppia di contadini con bambine, tutti sembrano volere qualcosa da Anna, come se la sua presenza in quel luogo non fosse quasi casuale ma richiesta. E poi c'è una raccolta di fiabe inedite ritrovate in una scatola di latta, ci sono le storie di guerra e d'amore che solo certe case sanno raccontare, e i conti da fare coi propri nodi quando continuano a stringere, a far male. Un romanzo che parla della cura degli altri e delle cose, di madri buone e figli cattivi o viceversa, di vino, cani e fantasmi, del peso da dare a ciò che si fa e alle parole che si scelgono per definirlo.
Come in un feuilleton d'altri tempi, sullo sfondo di Firenze negli anni in cui era capitale, tra le quinte di un mondo politico affaristico e corrotto, si muovono faccendieri e maitresse, nobildonne prussiane e monaci rinnegati, spadaccini e ricattatori, magistrati integerrimi e giudici servili, patrioti idealisti e viscidi voltagabbana, povere peripatetiche divorate dalla sifilide e giornalisti dalla penna avvelenata. Intrighi, violenze, omicidi. Gian Antonio Stella riapre il giallo della Regìa Tabacchi, "la madre di tutte le tangenti". Un romanzo che, attingendo ai documenti originali, racconta una storia così avvincente che pare inventata e invece è drammaticamente vera. Al centro di tutto, la storia di un uomo perbene innamorato pazzo dell'Italia e tradito nelle sue speranze e nei suoi sogni. Un uomo al quale finalmente viene restituito l'onore.
Non tutti hanno la capacità immediata di comprendere fino in fondo i segreti della montagna. Vedono le cime come blocchi turriti, pilastri di roccia scabri e senza valore, ammassi di pietre inutili sorti qua e là per capriccio del tempo. Basta, però, alzare lo sguardo ed essere sovrastati dall'imponenza del mare verticale, con i suoi milioni di granelli di sabbia, per sentire nascere lo stupore. Lo stupore che genera domande. Le domande che generano misteri: chi ci sarà lassù? Vi abita qualcuno? E, se esiste, come sarà fatto? Nei boschi, tra le rocce, dentro l'alba, sotto le foglie, sulle vette ancora inesplorate. Lì dormono i segreti della montagna. E Mauro Corona ci accompagna ancora una volta a scoprirli, tendendoci la mano, aiutandoci a salire. Ci esorta a giocare con il rimbalzo dell'eco, che vuole sempre l'ultima parola, ad ascoltare la voce del vento, che non sapremo mai da dove nasce. Ci conduce lungo i ruscelli a spiare le ninfe dai lunghi capelli d'acqua, ci indica il sentiero per raggiungere il grande abete bianco - adagiando l'orecchio al tronco, sentiremo il suo cuore battere. La montagna è viva, ha cinque sensi protesi a conoscere il mondo. E come tutti gli esseri speciali ha anche un senso in più: la percezione. Grazie a lei, può scoprire in anticipo le barbare intenzioni dei politici che vogliono ferirla, strizzarla, spremerla fino a distruggerla, pur di incassare moneta sonante.
Fabio non si è mai mosso dalla città in cui è nato, ha un figlio lontano e un lavoro che non è diverso da molti altri. Max è tornato da chissà dove e chissà perché. Non ha niente e nessuno. Eppure, per i due che si rincontrano dopo quasi trent’anni, è come non essersi mai lasciati: le corse notturne in bicicletta, la musica, il vino. I cani, quelli salvati e quelli salvatori. Le promesse. E le risate, appoggiati al banco del solito bar. Certe amicizie rinascono come niente, ma si portano dietro anche quello che si voleva dimenticare: gli strascichi di una partenza improvvisa e dolorosa, il senso di colpa per una brutta storia, un perdono mancato. Tra un amore che nasce e un altro che certo non muore, l’attesa di una diagnosi incerta è il momento perfetto per capire cosa si è preso il tempo. E cosa ha dato. “Perché mi hai lasciato solo per tutti questi anni? Eravamo i migliori. I migliori di noi. Tra fratelli figli unici, non si fa.”Un romanzo folgorante sull’amicizia e sull’amore, sul tempo che ci scivola addosso, sulle cose che lasciamo andare, e su quello che abbiamo salvato.
Aprile 1975. A soli quarantotto anni, Matilde Carbiana sta per diventare nonna. Il nipote ha deciso di nascere proprio il giorno del suo compleanno. Eppure, quello che dovrebbe essere un momento di grande gioia pare turbarla. E il turbamento arriva da lontano…
Estate 1943. La cittadina di Venosa è occupata dai nazisti, che terrorizzano gli abitanti. Matilde, giovane e determinata, non ha intenzione di rimanere confinata nella provincia lucana: vuole convincere il padre, viceprefetto della cittadina, a lasciarla andare a Bari per completare gli studi. Fausto Carbiana accetta, ma a patto che la accompagni suo fratello Antonio. A Bari, nella pensione che li ospita, vivono altri studenti, tra cui Gregorio, un giovane medico. L’antipatia iniziale che Matilde nutre per lui si trasforma ben presto in un sentimento profondo. Ma la guerra e gli eventi avversi rischiano di separarli proprio quando hanno capito di non poter più fare a meno l’una dell’altro. Matilde si troverà suo malgrado di fronte a scelte più grandi di lei, che cambieranno per sempre la sua vita. E non soltanto la sua…
La storia degli anni d'oro della casa editrice Einaudi attraverso il racconto di uno dei suoi più prestigiosi collaboratori. Una sequenza di ritratti di figure come Natalia Ginzburg, Cesare Pavese, Italo Calvino, Davide Lajolo, Carlo Emilio Gadda, Leonardo Sciascia, Primo Levi, Gianfranco Contini, Delio Cantimori, Carlo Dionisotti. Le speranze, le ambizioni, le passioni di un editore. "I migliori anni della nostra vita" è a suo modo un libro epico, e come tutti gli epos si porta appresso un valore di esemplarità cui le nuove generazioni hanno diritto di accedere. Ferrero, saggista e scrittore, è stato direttore editoriale di Einaudi e Garzanti, e direttore letterario di Mondadori. Dal 1998 è direttore della Fiera del Libro di Torino.
«Esistono vari modi di strillare un libro magnifico. Ma solo un modo è giusto per "I miei stupidi intenti": leggetelo, leggete questo romanzo in stato di grazia». Marco Missiroli. Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall'uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d'inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola. Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d'altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall'istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un'anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne. I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri.
Francia, 1536. Quando il delfino, Francesco di Valois, viene ucciso, la posizione di Caterina de' Medici a corte si complica. È la prima a essere sospettata dell'assassinio. Ma Francesco i, sovrano di Francia, crede alla sua innocenza e anzi, la spinge a rafforzare la sua posizione in vista del momento in cui, d fianco di Enrico II, dovrà regnare. Caterina si sente però debole, e non solo perché il marito le preferisce l'amante, la bellissima e temibile Diana di Poitiers, ma anche perché non riesce ad avere figli. Convinta di essere vittima di una maledizione, incarica Raymond de Polignac, Valoroso comandante dei picchieri del re, di trovare Nostradamus, personaggio oscuro e inviso a molti, ma noto per le sue abilità di astrologo e preveggente. Lui è l'unico che potrà aiutarla a diventare madre. Fra intrighi di corte, tradimenti, umiliazioni e soprusi, Caterina attende con tenacia, finché non darà alla luce il primo dei suoi figli. Alla morte di Francesco i, quando la guerra di religione incombe, Caterina, ormai regina, non esita a stringere alleanze pericolose, complici le profezie di Nostradamus. La violenza scatenata dai cattolici contro i riformati in seguito alla congiura di Amboise è solo l'inizio di un conflitto destinato a culminare nella tragica notte di San Bartolomeo, quando le strade della capitale s'imporporeranno del sangue degli infedeli e Caterina, reggente di Francia dopo la morte di Enrico li, perderà tutto ciò che ha amato...