
«Chiamatemi Tiresia. Per dirla alla maniera dello scrittore Melville, quello di 'Moby Dick'. Oppure Tiresia sono, per dirla alla maniera di qualcun altro. Zeus mi diede la possibilità di vivere sette esistenze e questa è una delle sette. Non posso dirvi quale. Qualcuno di voi di certo avrà visto il mio personaggio su questo stesso palco negli anni passati, ma si trattava di attori che mi interpretavano. Oggi sono venuto di persona perché voglio raccontarvi tutto quello che mi è accaduto nel corso dei secoli e per cercare di mettere un punto fermo nella mia trasposizione da persona a personaggio. Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi, sono stato regista teatrale, televisivo, radiofonico, ho scritto più di cento libri, tradotti in tante lingue e di discreto successo. L'invenzione più felice è stata quella di un commissario. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant'anni, ho sentito l'urgenza di riuscire a capire cosa sia l'eternità e solo venendo qui posso intuirla. Solo su queste pietre eterne». La "Conversazione su Tiresia" scritta e interpretata da Andrea Camilleri è stata messa in scena per la prima volta al Teatro Greco di Siracusa i giugno 2018 nell'ambito delle rappresentazioni classiche realizzate dall'Istituto Nazionale del Dramma Antico.
Un industriale, una famiglia in crisi, un figlio segreto avuto con un'amante, una fabbrica al centro delle tensioni sociali. Un grande romanzo che parla dei problemi di oggi, scritto da uno dei maggiori narratori contemporanei. Durante una degenza in ospedale Marco inizia a fare i conti con il passato, con le infedeltà alla moglie, con le assenze e i silenzi verso il figlio segreto, con una carriera inghiottita dalle abitudini. Marco è cattolico ma la sua fede non lo ha mai messo al sicuro dalle colpe. Anzi, tutta la sua vita è una lotta tra il voler fare il bene e un continuo cadere in tentazione, in malvagità, in inganni e furbizie. Contro questo male-interiore che ogni volta riaffiora, contro un capitalismo che aliena operai e dirigenti, Marco e tutti gli altri personaggi non sanno ribellarsi ma rimangono come invischiati in un pantano. Conversione è il romanzo in cui si esprime compiutamente l'ispirazione cristiana di Rodolfo Doni e il suo sguardo attento e partecipe alla condizione problematica dell'uomo contemporaneo.
La ragazza dell'albergo di Malpensa guarda partire e non parte. Il suo mondo è fatto di minuscoli brandelli di vite vissute altrove, vite che non sono la sua. Dell'esistenza di Pietro Fogliatti, la ragazza coglie due momenti: la fine di un matrimonio consumato, e un nuovo inizio, la partenza per Shanghai. È lì che il grande progetto imprenditoriale di Pietro vedrà finalmente la luce. Andare a Oriente, per sottrarsi al passato, ma anche per misurarsi con un paese dove i contrasti sono infiniti e i conflitti non esplodono mai. Nel suo bagaglio di imprenditore, Pietro porta con sé il ricordo del padre, morto di tumore per i veleni respirati sul lavoro. Nella sua fabbrica cinese, si dice Pietro, tutto questo non accadrà: niente morti bianche, niente sfruttamento, molti diritti. Ha in mente delle splendide utopie Pietro, e dimentica che le utopie sono un modo raffinato per suicidarsi. A ricordarglielo ci penseranno i soci americani e ci penserà il destino. Ma il destino gli farà anche incontrare Jin, la donna misteriosa che appende fiori a un semaforo, che lava i pavimenti e suona il pianoforte, che appare e svanisce, e che, come Pietro, aspetta segretamente la morte di chi le ha strappato la serenità. Pietro e Jin: due naufraghi, stretti l'uno all'altro per non affondare nel mare d'odio che hanno lasciato crescere intorno. Ma poi, rapidamente, tutto cambia, tutto si perde: Jin, la fabbrica, il sogno... E si perde anche Pietro, scompare dai radar del mondo civile.
La pubblicazione de "La rabbia e l'orgoglio", dopo l'11 settembre, generò un dibattito senza precedenti, divenendo subito un caso mondiale, accolto con clamore sia in Italia che all'estero. Due anni dopo usciva "La forza della ragione" che, ripartendo dal temi sollevati dal primo libro, approfondiva il rapporto tra Occidente e Islam con la veemenza propria della scrittrice fiorentina. Per la prima volta in un volume unico i due libri che hanno mostrato le contraddizioni di quell'Occidente che si sentiva al sicuro da tutto, e che invece assisteva al crollo delle proprie certezze. Due testi per comprendere gli eventi che hanno deciso il corso degli anni a venire. Con la visione profetica della sua scrittura e la forza delle sue parole la Fallaci non può lasciare indifferenti, e scuote le coscienze di tutti noi.
Alle 15:45 dell'11 aprile 1945 Nedo Fiano, prigioniero A 5405 nel Campo di sterminio di Auschwitz, è liberato dalle truppe americane nel Lager di Buchenwald, dove era stato trasferito dai nazisti in fuga. Comincia per l'autore e per molti altri prigionieri un lungo viaggio di ritorno alla libertà e alla vita. Oggi, dopo sessant'anni, questo viaggio non è ancora concluso. Laureato all'Università Bocconi di Milano, alla sua attività professionale di manager Nedo Fiano affianca un'intensa attività di conferenze e testimonianze sulla Shoah. Ora, dopo anni di trasmissione orale della memoria della Shoah, ha scelto di raccontare per la prima volta in questo libro la sua esperienza.
In principio c'era don Abbondio con il suo "Il coraggio, uno non se lo può dare". Un grande personaggio illuminato nella sua neghittosa rinuncia a scegliere il bene. Gabriele Romagnoli percorre le strade del coraggio a partire dal senso caldo dell'esortazione che spesso abbiamo conosciuto nella vita: il coraggio che, da piccoli, ci sprona a camminare, pedalare, pattinare, quello che ci invita a non avere paura, o ad alzare la testa. Non si parla in questo libro del coraggio che fa di un uomo un guerriero armato o un cieco cercatore di morte (inferta o subita). Qui si parla del coraggio che la Francia del premio Carnegie dedicava "agli eroi della civiltà". Fra questi "eroi", un Antonio Sacco che nel 1936 compie il suo atto di coraggio e poi è dimenticato. Per Romagnoli, "Sacco A." diventa un'ossessione e solo in chiusura scopriamo con lui, anzi grazie a lui, le gesta di cui fu protagonista. Ma prima di arrivare a quel giorno del 1936, Romagnoli stila un suo personale catalogo di uomini coraggiosi, come Éric Abidal, il calciatore che vince la Champions League pochi mesi dopo la diagnosi di un tumore; il capitano Rowan, incaricato di portare un messaggio al capo dei ribelli nel mezzo della giungla cubana; il senatore Ross, che col suo voto salva la presidenza degli Stati Uniti; o perfino un personaggio letterario come Stoner, e il suo no che finisce con il segnare una vita e una carriera.
Ha perso la gloria e la fama, che sono andate tutte a lui, l'amico fraterno. Il premio Nobel per la fisica. L'inventore dell'energia atomica. Enrico Fermi. Forse sarebbe bastato poco per condividerle. Ha perso anche l'amore, quello per lei. L'unica ricercatrice del gruppo di via Panisperna. La donna che saliva e scendeva dagli aerei come dalla sua bicicletta. Nella Mortara. Forse sarebbe bastato un attimo per averlo. È il giugno del 1969 quando dal suo letto d'ospedale Enrico Persico ripercorre il tracciato della sua esistenza vissuta all'ombra del genio. Schiacciato dal peso del genio. Non si può competere con il più grande scienziato del Novecento quando si ha la sventura di fare lo stesso mestiere e, ironia del destino, di averne pure lo stesso nome. Da quel letto vediamo Persico inseguire la speranza e l'ambizione, e sentiamo il destarsi di una voce, di segrete accensioni, di timidi stupori, di malcelati rimpianti: la sua è la storia di un eterno secondo, sullo sfondo di un teatro umano irrimediabilmente più grande di lui. Col passo del romanzo, in un frenetico andare e venire del tempo, Alessandra Arachi ci racconta i coriandoli della vita di un uomo.
«La fucilata rimbombò nel silenzio della notte, echeggiò fra le rocce della montagna che sorgeva nera e massiccia nella purezza del cielo, dolcemente soffuso del chiarore lunare. «Era una notte di settembre. La luna, alta e piena, illuminava tutta quanta la chiostra delle montagne che recingono la Conca d'Oro palermitana, gettava un velo argenteo... ». Se c'è qualcuno che sa creare il clima dell'avventura e immergerlo nei colorati contrasti della Palermo storica, fino ad assorbirne tutti i dolori e le feste, questi è Luigi Natoli. "Coriolano della Floresta", pubblicato nel 1914, è il seguito dei "Beati Paoli": dopo il romanzo storico che aveva inventato la setta dei Giustizieri sulla cui verità immediatamente «il popolino» aveva proiettato la propria speranza di giustizia, ecco il romanzo popolare che alimentava la meraviglia dei lettori (e dei narratori orali che ripetevano la saga per chi non sapeva leggere). Ma se il favoloso per avere presa deve iniziare dal reale, così la raffigurazione storica sociale e psicologica, di ambienti individui e moltitudini, distingue questi romanzi da tutti gli altri prodotti della letteratura cosiddetta popolare. La trama si articola intorno all'amore contrastato tra Cesare Brancaleone e Giovanna Oxorio, discendenti da famiglie divise da un segreto che affonda nel passato. Protegge occultamente i due giovani Coriolano della Floresta, capo della setta tenebrosa degli Incappucciati, che nei decenni si è velato dietro false identità. Ma il tema del matrimonio negato è solo il filo che lega le innumerevoli avventure da giustiziere del capo dei Beati Paoli, che movimentano il romanzo avanti e indietro nel tempo. Ed è soprattutto su queste avventure che si concentra l'autore, riunendo l'agilità narrativa e il fervore storico. Luigi Natoli, con perfetta ambientazione di luoghi e grandi eventi, fa correre i suoi personaggi attraverso cinquant'anni, dal 1722 al 1773: epoca di guerre dinastiche e miserie popolari, in cui la Sicilia è il boccone di appetiti potenti. Ma è chiaro che nelle sopraffazioni e nelle rivolte che racconta egli voglia additare anche le miserie presenti dell'isola.
I corpi minori sono corpi celesti di dimensioni ridotte: asteroidi, meteore, comete, ma in questo romanzo "minori" sono tutti i corpi osservati sotto la lente del desiderio. Desiderio che fa gravitare i personaggi attorno ai sogni e alle ambizioni di una vita, o solo di una stagione. Come accade al protagonista, che all'inizio della storia ha vent'anni, più di un talento ma poca perseveranza. Di una cosa però è sicuro, vuole andarsene da Rozzano, percorrere in senso inverso i tre chilometri e mezzo di via dei Missaglia, lasciarsi alle spalle l'insignificanza e la marginalità e appartenere per sempre alla città, dove spera di trovare anche l'amore, che sin dall'adolescenza insegue senza fortuna, invaghendosi di ragazzi tanto belli quanto sfuggenti. In una Milano ibrida e violenta, grottesca e straripante - che sembra tradire le promesse di quiete e liberazione immaginate da lontano -, il protagonista dovrà fare i conti con le derive del desiderio, provando a capire quale sia il suo posto nell'ordine geografico ed emotivo di questi anni irradiati di cortocircuiti tra reale e virtuale, tra immagine ed esperienza incarnata. Quando inizia una relazione con un ragazzo più giovane di lui e bellissimo, si sente finalmente dentro il cono di luce dorata della felicità: ama, ed è corrisposto. Eppure non basta trovarsi nel luogo che si è sempre sognato, non basta l'amore. Si è inchiodati a se stessi, in carne e ossessioni: per riuscire a occupare il proprio posto nel mondo non si può ignorarlo. Partendo da una attitudine rigorosa, analitica, fenomenologica nei confronti del reale, Bazzi trova sintesi espressive illuminanti e restituisce tutta la potenzialità estetica latente in ogni nostro gesto e manifestazione, disegnando un percorso di formazione ricchissimo e ultracontemporaneo.
Il gioco è questo: si chiede ad alcuni grandi scrittori del nostro tempo di scegliere un personaggio storico o mitologico o letterario o immaginario pensandoci bene. Perché deve trattarsi non di un personaggio qualsiasi, ma del loro personaggio: rovistando nel tempo lungo della Storia possono trovare un amore lontano, un maestro, un doppio, un nemico: in ogni caso uno a cui hanno delle domande da fare. E anche inventarsi le risposte diventa una forma d'interrogazione o di rispecchiamento, se ci si lascia guidare da un'ossessione, da una simmetria, dall'ironia o dalla complicità. Così Baricco e Victoria Cabello scelgono Rossini, Camilleri Venerdì di Robinson Crusoe, Vinicio Capossela Bach, Carofiglio Tex Willer, Emma Dante Polifemo, Lucarelli Edgar Allan Poe, Odifreddi Galileo Galilei, Scurati Garibaldi, Walter Siti Ercole, Pincio Kurt Cobain, Gianmaria Testa Fred Buscagline. Un gioco nuovo che si misura con la tradizione: erano i primi anni Settanta quando la Rai rivolse lo stesso singolare invito ad alcuni dei maggiori scrittori e intellettuali italiani, tra cui Italo Calvino, Umberto Eco, Leonardo Sciascia, Giorgio Manganelli, Vittorio Sermonti, Edoardo Sanguinetti.
Una madre che non ha avuto il tempo di esserlo. Un figlio mai cresciuto. Tra di loro, i giorni teneri e feroci, sognati eppure vividissimi che non hanno vissuto insieme. E un dialogo ininterrotto che racconta cosa significa diventare donne e uomini oggi. A più di quarant'anni dai versi che hanno disegnato i contorni di un cambiamento possibile -"Libere infine di essere noi / intere, forti, sicure, donne senza paura" - Dacia Maraini riavvolge il filo di una storia tempestosa, quella al femminile, attraverso le parole di una madre a un figlio perduto, il suo, che cammina verso la maturità pur abitando solo nei ricordi. È così che l'immaginazione si fa più vera della realtà, come accade per tutte le donne che popolano i suoi libri - Marianna, Colomba, Isolina, Teresa - e sono arrivate a noi con le loro voci e i loro corpi. Corpi che non hanno mai smesso di cercare la propria via per la felicità, pieni di vita o disperati per la sua assenza, amati o violati, santificati o temuti, quasi sempre dagli altri, gli uomini. Ed è proprio a loro che parlano queste pagine. Agli occhi di un bambino maschio non ancora uomo. Per ricordare a lui e a tutti noi, sul filo sottile ma resistente della memoria, che solo quando l'amore arriva a illuminare le nostre vite, quello tra i sessi non sarà più uno scontro ma l'incontro capace di cambiare le regole del gioco.